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#FarePD "... Il prossimo Congresso nazionale del PD, inoltre, dovrà avviare un ripensamento sul modello organizzativo, dando attuazione a una riforma in senso federale del partito, sia per quanto attiene al delicato tema della ripartizione delle risorse economiche, sia in merito una revisione dei criteri di composizione degli organi nazionali (assemblea e direzione), per i quali e necessario prevedere l’elezione di una quota non inferiore alla meta direttamente da parte delle organizzazioni territoriali e una più forte valorizzazione del ruolo degli amministratori locali. Anche da un’innovazione del genere passa l’ormai indispensabile ridimensionamento del correntismo come forma primaria di selezione degli assetti dirigenti del partito. Rafforzare l’interazione fra centro, organizzazioni territoriali e amministratori locali e la via per fare in modo che le diverse aree assumano non una configurazione correntizia verticale (che rende subalterna la vita politica dei territori alle dinamiche interne del centro del partito), ma una fisionomia politico-culturale. Differenti matrici e prospettive per affrontare gli stessi problemi, non il modo per guardare a problemi e obiettivi diversi, come rischia di avvenire nel caso di una cristallizzazione correntizia. Da questo punto di vista, bisognerebbe prendere in considerazione l’idea di dotare il partito di una propria autonoma struttura dedicata all’analisi sociale e all’elaborazione culturale, anche per fare in modo che la pluralità oggi esistente di associazioni, centri studi e fondazioni riconducibili alle diverse aree e personalità del PD non si traduca in dispersione e incomunicabilità dei risultati, ma possa essere messa in rete e condotta a esiti di sintesi che rendano realmente fecondo il pluralismo di radici culturali del partito. I rischi di trasformazione del partito in una giungla di comitati elettorali, perfettamente oliati e funzionanti in occasioni di congressi e primarie e praticamente assenti nella vita quotidiana di circoli e organi territoriali di direzione politica, sono sotto gli occhi di tutti. Far finta di non vedere la realtà in nome di un’acritica difesa del feticcio delle primarie non contribuisce certo a trovare soluzioni capaci di combattere gli effetti disgregativi del correntismo e delle affiliazioni puramente personali. Senza contare, inoltre, che la riduzione del partito a una mera confederazione di correnti e comitati elettorali, impegnati ciascuno in un’autonoma raccolta di risorse e finanziamenti e in una competizione sregolata tra loro, acuisce il rischio di fenomeni degenerativi sul piano della trasparenza e del rigore dei comportamenti. Contrastare la china involutiva del correntismo e anche la condizione per riproporre in termini non puramente declamatori la questione morale come tratto qualificante dell’azione del PD e della selezione dei suoi gruppi dirigenti e dei suoi candidati a tutti i livelli. I processi sociali di frammentazione e individualizzazione hanno messo in crisi i partiti di massa in tutta Europa. Da nessuna parte però è avvenuta, come da noi, una delegittimazione dei partiti tale da contestare la loro stessa funzione democratica. Solo da noi -caso unico tra tutte le democrazie continentali- il principio del finanziamento pubblico dei partiti, pur se ridimensionato e soggetto a una regolamentazione rigorosa, viene contestato alla radice. A cosa ha condotto però la contrapposizione con la società civile e il radicamento di una pervasiva ideologia anti-partito a livello popolare e di classi dirigenti? A un’incapacità di mediazione e di sintesi unificanti, a una maggiore disarticolazione territoriale e sociale, a una perdita di orizzonte nazionale di molti interessi settoriali che, ancor di più in una fase di crisi economica come quella attuale, hanno rafforzato il loro carattere corporativo. Per contrastare tali fenomeni abbiamo bisogno di un partito che, da un lato, riaffermi l’autonomia e l’essenzialità della politica, dall’altro, ne riconosca i limiti. Un partito che unisca orgoglio e umiltà, che sappia riconoscere i confini della sua azione e si ponga perciò l’obiettivo di un rapporto strutturalmente aperto con la società, un rapporto di affiancamento e collaborazione con movimenti democratici e civici, che pretendono politicità senza per questo pretendere di sostituirsi alla politica. La prospettiva di un grande partito popolare e riformista costituisce l’unica speranza per l’Italia. I recenti avvenimenti ci dicono che, se vogliamo realizzare questa speranza, dobbiamo lavorare ancora molto sul piano politico-culturale e su quello organizzativo, ma che il progetto del PD, in quanto legato a una necessita storica del Paese, rimane piu forte delle sue debolezze."
Posted on: Thu, 13 Jun 2013 22:17:43 +0000

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