«Mi buttai sul picchiaduro. “Street Fighter 2”. […] Il mio - TopicsExpress



          

«Mi buttai sul picchiaduro. “Street Fighter 2”. […] Il mio sogno da ragazzo era proprio quello di possedere una sala giochi e passare le giornate a smanettare in mezzo ai coin–op. […] Inserii la moneta e selezionai il lottatore. “Street Fighter 2”: l’epitome dei picchiaduro, i beat’em up, quei giochi dove per vincere bisogna randellare il nemico di santa ragione, senza alcuna pietà. […] Per un torneo in scioltezza mi affidai a uno dei due esperti di arti marziali, il giapponese Ryu e l’americano Ken: identico repertorio di mosse, tutte piuttosto semplici da mettere in pratica. […] Alla guida di Ryu sbaragliai senza sforzo chiunque mi si parasse sulla strada: il coriaceo marine Guile, il cui “Sonic boom” (una doppia falce acuminata che lanciava dai pugni) non mi faceva nemmeno il solletico; il gommoso santone indiano Dhalsim, una specie di versione magra del Bonzo, che allungava invano verso di me gambe e braccia; quel troglodita di Blanka, che liquidai con irrisoria semplicità. Mi accingevo quindi a sfidare i quattro cattivi finali, quelli che non si potevano selezionare: tutto facile con Balrog, pugile suonato che per i veterani come me era poco più che una passeggiata di salute; qualche patema d’animo contro Vega, il diabolico torero che mi accolse nella sua arena pronto a matarmi: […] Scontro fisico con Sagat, il temibile maestro di boxe tailandese, ultimo ostacolo prima dello scontro finale nel santuario di M.Bison. Arrivarono in quel momento Pigiamino e Muriatico. La presenza del secondo era avvertibile anche solo a livello olfattivo. Puzzava in una maniera indescrivibile, come se si portasse appresso una corazza di ferraglia arrugginita. La giacca blu scuro che aveva addosso era l’unica che gli avessi mai visto dacché lo conoscevo. Aveva i capelli neri sempre impiastricciati sulla fronte, non sapevo se per il gel o perché non si faceva uno shampoo dal secolo scorso. […] Pigiamino si diceva spacciasse nei paesi vicini per conto di Scottafava. In effetti pareva suo figlio, tutto rinsecchito, col sorrisino ebete e i denti gialli e l’alito da fumatore incallito. Era già parecchio stempiato e da un po’ s’era fatto crescere il pizzetto. Il soprannome non gli veniva tanto dall’indole da pantofolaio, che peraltro non gli difettava, quanto piuttosto per il suo vestiario: magliette a maniche lunghe con fantasie a righe indecenti, smesse da chissà chi prima che se n’appropriasse lui, pantaloni felpati bucherellati qua e là, scarpe di tela di quelle usa e getta che gli empori tentano disperatamente di sbolognare in stock di dieci paia e così via. Ancor prima di salutarmi, Pigiamino infilò una moneta nella fessura appena sotto il mio joystick: era il segnale che intendeva farmi perdere contro Sagat. Il codice d’onore dei videogiocatori prescriveva infatti di non intromettersi nelle fortune o disgrazie altrui; […] Il risarcimento preventivo del gettone fatto sprecare metteva tuttavia al riparo il burlone di turno dalle ire del giocatore, costretto a fare buon viso a cattivo gioco e sperare d’esser più abile dell’altro, prolungando la partita e guadagnandosi di fatto il credito extra.» (da “Conversione da coin–op”, 2006)
Posted on: Tue, 30 Jul 2013 09:28:05 +0000

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