"Spesso ci viene detto che uno dei rischi a cui si espone chi è - TopicsExpress



          

"Spesso ci viene detto che uno dei rischi a cui si espone chi è cresciuto con i mass media, specie le generazioni più giovani, è una crisi della memoria storica. Senza memoria non c’è sopravvivenza. Le società si sono sempre affidate alla memoria per conservare la loro identità, fin da quando gli anziani delle tribù sedevano ogni sera sotto un albero, narrando le imprese degli antenati. E quando, con un atto di censura, si cancella una parte della memoria sociale, la società entra in una crisi di identità. In questo senso, le università sono ancora luoghi in cui le memorie comuni possono essere inventariate e conservate. Ma la memoria non è solo inventario, è anche filtro. La memoria storica non è fatta solo di ciò che crediamo sia importante ricordare, ma anche di ciò che pensiamo debba essere dimenticato. Una delle funzioni della memoria sociale e culturale è fare da crivello. Una cultura, in quanto memoria storica, non è solo un deposito di dati: è anche il risultato del loro filtraggio, e della capacità che abbiamo di scartare tutto ciò che riteniamo inutile o non indispensabile. [...] E tuttavia, una cultura non si limita a suggerire agli individui di dimenticare ciò che andrebbe rigettato perché inutile, ma spesso nasconde ciò che essi dovrebbero ricordare. È il ruolo della censura, che assume molte forme, fino alla damnatio memoriae. Una cultura però può censurare non solo per cancellazione e reticenza, ma anche per eccesso di informazione. Ho sempre sostenuto che c’era poca differenza fra la Pravda stalinista e l’edizione domenicale del New York Times: la Pravda censurava le informazioni indesiderate, il Sunday Times invece conta ben 600 pagine, che sicuramente contengono All the News that’s Fit to Print, tutte le notizie che vale la pena stampare, ma che con altrettanta sicurezza nessuno riuscirà a leggere per intero, neppure nell’arco di una settimana. Rischiamo di restare sommersi da un eccesso di informazioni, e la differenza fra il silenzio e il troppo rumore è davvero minima. [...] Ma le università sono anche un modo per offrire un eccesso di filtraggio. Le culture (o quantomeno la nostra cultura occidentale, con la sua impostazione filologica) hanno interesse a recuperare dati la cui perdita ci sembra una sventura. Per questo abbiamo bisogno del lavoro di specialisti, storici o archeologi: a loro chiediamo di risuscitare concetti ed esperienze che sono accidentalmente sprofondati nell’oscurità. Con quest’atto, la memoria collettiva può far riaffiorare i dati perduti e può risistemarli, se non in un’Enciclopedia Comune, almeno in una settoriale. In questo modo, una cultura matura sceglie di mettere alcune informazioni in stato di latenza. Le informazioni in eccesso vengono, per così dire, congelate in modo che, al bisogno, gli esperti possano riscaldarle in un ideale forno a microonde e farle rinvenire, allo scopo di, ad esempio, decifrare un antico documento appena scoperto. I luoghi di latenza sono assimilabili al modello della biblioteca o dell’archivio, indispensabili contenitori di una sapienza che può essere rivisitata, anche se non è stata frequentata per secoli. Le università, quindi, non sono solo luoghi di indispensabile filtraggio, ma anche, con le loro biblioteche e i loro archivi, custodi di indispensabili informazioni latenti. Vorrei terminare con l’ultima ragione per cui il ruolo delle università è ancora fondamentale, soprattutto in un mondo che diventa sempre più virtuale: le università sono fra i pochi luoghi in cui le persone si incontrano ancora faccia a faccia, in cui giovani e studiosi possono capire quanto il progresso del sapere abbia bisogno di identità umane reali, e non virtuali."
Posted on: Sun, 06 Oct 2013 12:37:35 +0000

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