1 Chi è Maria Rita D’Orsogna ? Cenni biografici ... Sono figlia - TopicsExpress



          

1 Chi è Maria Rita D’Orsogna ? Cenni biografici ... Sono figlia di genitori abruzzesi emigrati negli US A prima che io nascessi . Per tutta la vita ho vissuto fra due mondi diversi – il Bronx e i campi d’Abruzzo – che fanno ugualmente parte di me e che in un modo o nell’altro si complementano nella mia vita. Ho studiato fisica all’Università di Padova e poi s ono venuta negli USA a fare il dottorato, a Los Angeles. È una città che agli europei può sembrare difficile – con spazi enormi, la necessità di una macchina, la mancanza di un vero centro cittadino – ma che io amo particolarmente. È una città dove la maggior parte degli abitanti n on è bianca e in cui nessuno si sente diverso, perché veniamo tutti da paesi, e culture distinte. C’è molta ricchezza umana e culturale qui, e una vo lta arrivata non sono voluta più andare via. È la mia c asa. Professionalmente sono un fisico, professore associato presso il dipartimento di matematica dell a California State University at Northridge, a Los Angeles. Com’è nato il suo impegno in fatto di tutela ambien tale in Abruzzo e in Italia (Adriatico, Basilicata, Pantelleria, etc.) ? Nell’ottobre del 2007 mi telefonò un amico da Lanci ano, in Abruzzo, dove vivono i miei genitori e in conversazione menzionò questo misterioso “centro ol i” di Ortona. Non c’erano molte informazioni all’epoca su quella che poi scoprimmo essere una ra ffineria proposta dall’ENI fra i campi del Montepulciano per trattare petrolio di scarsa quali tà e fortemente inquinante. Capii subito però che estrarre petrolio scadente e raffinarlo fra i vigne ti era qualcosa di nefasto che non avrebbe portato niente di buono all’Abruzz o. Così, anche se da lontano, anche se tutti mi dic evano che era una battaglia persa, mi misi all’opera. Presi dei libri dall’università e studiai meglio la situazione, parlai con colleghi americani, con per sone di Ortona. Una volta che il quadro mi divenne chiaro – sui limiti emissivi di sostanze inquinanti in Ital ia, sull’idrogeno solforato, sugli effetti degli scarti petroliferi nella vita delle persone e sul ciclo a gricolo e ambientale – ho cercato di diffondere il messaggio ai cittadini. Pian piano la battaglia si è allargat a alle concessioni marine d’Abruzzo e in altre parte d’Ita lia: con inviti di coinvolgimenti in altre realtà l ocali come Savona, la Brianza, la Murgia, il Polesine. Ch ioggia, le isole Tremiti, la Basilicata, il Salento , Pantelleria. Come dire di no? Alla fine siamo un Paese solo e salvare l’Abruzzo n on serve a niente se poi invece i pozzi li fanno in altre regioni. Ovviamente il tempo è sempre tiranno, ma cerco di fare il meglio che posso, anche con qualche sacrificio personale in termini di tempo li bero. Il coinvolgimento del nostro Paese a favore della d ifesa dei suoi tesori. Come riuscire ad ottenerlo ? Sicuramente con l’informazione, con un maggior atti vismo da parte dei cittadini, e con la pressione sui nostri politici . I progetti petroliferi riguardano tutta la dorsal e adriatica e si snodano dal Piemonte alla Sicilia. Occorre che l’Italia decida che tipo di nazione vuole essere – un campo di petr olio, o quello che a suo tempo era il giardino del mondo? Non possiamo essere tutto allo stesso tempo. Non possiamo pensare di attrarre turisti in Salento o a Pantelleria ed accoglierli con raffinerie e pozzi di petrolio. Abbiamo l’esempio lampante di Taormina e di Gela. La prima tanti anni fa rifiutò di diventar e sede di impianti petrolchimici, la seconda disse si . A distanza di 50 anni, e’ evidente quale sia stat a la scelta più oculata e chi ha ora una qualità di vita migliore. Pasquale de Vita , il presidente dell’Unione Italiana Petroliera aff erma che l’Italia è in “competizione sbilanciata” con l’Arabia Saudita per la produzione di petrolio perchè nel nostro paese la protezione dell’ambiente pone maggiori vincoli che in Arabia S audita. Ci si deve rendere conto che non siamo e 2 non saremo mai l’Arabia Saudita! Affermazioni come questa possono essere fatte perché, almeno sul tema petrolio, in Italia veramente manca l’informaz ione di base, diffusa . Molte persone pensano che il petrolio li farà arricchire e che è tutto necess ario per i nostri stili di vita del 21esimo secolo. Invece non è così: intanto ad arricchirsi saranno gli inve stitori stranieri e non certo i cittadini, visto ch e le royalties, e in generale le percentuali che restano sul territorio in Italia, sono bassissime. Il più grande giacimento europeo è in Basilicata e produce solo il 6% del fabbisogno nazionale . Questo vuol dire che volenti o nolenti, continuerem o a importare petrolio dall’estero a lungo. La Basilicata è un ottimo esempio della mancanza di in formazione: quando i petrolieri – ENI e Total – arrivarono circa 15-20 anni fa promisero mari e mon ti. Oggi la Basilicata è la regione più povera d’Italia , trovano petrolio nel miele, le dighe sono inquinat e da idrocarburi, con morie di pesci, alcune sorgenti idriche sono state chiuse, seppelliscono immondizi a tossica petrolifera nei campi e trivellano nei parc hi. Vigneti, meleti e campi di fagioli che sorgono vicino a pozzi e raffinerie sono rovinati. I tumori aumentano e così pure la disoccupazione e l’emigrazione. È questo che vogliamo per l’Italia? Per il 6% del f abbisogno nazionale di petrolio? Non sarebbe più intelligente invece incentivare seriamente l’indust ria del fotovoltaico obbligando edifici e fabbriche ad installare pannelli solari o obbligando i costrutto ri a costruire edifici eco-sostenibili e a risparmi o energetico? Il governo centrale fa poco per diffondere informaz ione, e anche per monitorare che tutte le attività petrolifere siano condotte nel rispetto de lle regole . A fronte di tutti questi disastri ambientali in Basilicata non ho mai sentito il Ministero dell’ Ambiente pretendere maggiori controlli, fare multe salate o aprire cause contro l’ENI e a difesa dei c ittadini. Mai. Spesso gli investitori stranieri sanno ciò che acca de in Italia prima e meglio degli italiani stessi . Io stessa prendo la maggior parte delle informazioni d ai siti stranieri. Com’è possibile tutto questo? Co me mai il governo norvegese spiega ai suoi cittadini s ulle sue pagine web e in inglese, in modo che tutti capiscano, che le estrazioni di petrolio “causano i nquinamento all’aria, all’acqua e ai fondali marini ”, mentre il governo italiano non dice niente? Abbiamo limiti legali spesso migliaia di volte più alti che in altri paesi – per la diossina, per l’id rogeno solforato ad esempio – oppure dei limiti in mare pe r le trivelle che sono veramente ridicoli. Fino al 2010 si potevano costruire piattaforme dove si voleva. Nel 2010 arriva il decreto Prestigiacomo che impone il limite a circa 9km da r iva. In California, per contro, è dal 1969 che non si costruiscono più impianti petroliferi in mare, e la zona di interdizione alle trivelle off-shore è di circa 160 chilometri per proteggere turismo e pesca. Il r affronto non regge: 9km contro 160. Che protezione può offrire un pozzo a 9.5 chilometri da riva? Qui in Italia molto spesso il cittadino comune ques te cose non le sa. Ma anche quando le sa, l’attivismo degli italiani è spesso deludente. Ci s ono cittadini eroici, ma la persona media crede che ci sarà qualcun altro che li salverà oppure, accetta t utto fatalisticamente, ritenendo che è inutile perd erci tempo perchè tanto è tutto già deciso. Questo è un atteggiamento sbagliato perchè non si cresce – e ch e esempio diamo ai giovani se ci arrendiamo prima anc ora di cominciare? O se lasciamo credere loro che l’idealismo non porta da nessuna parte? Vincere inv ece è possibile, se ci si crede davvero e se si è t utti uniti. Basta solo guardare com’è finita la storia del “Cen tro Oli” di Ortona : l’ENI lo considerava un progetto di punta, aveva tutti i permessi pronti, i l presidente della regione Abruzzo all’epoca Ottavi ano del Turco e il sindaco di Ortona Nicola Fratino era no favorevoli; l’assessore all’ambiente Franco Caramanico aveva detto che si trattava di una occas ione che l’Abruzzo non poteva perdere, e le trivell e erano pronte per partire. Avevano detto sì anche Be rsani, Di Pietro e Pecoraro Scanio. Invece grazie all’informazione, e all’attivismo intelligente dei cittadini siamo riusciti a scongiurare la costruzio ne di
Posted on: Thu, 12 Sep 2013 15:07:37 +0000

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