1) PRODUZIONE INDUSTRIALE: vince il RITORNO ALLA LIRA in modo - TopicsExpress



          

1) PRODUZIONE INDUSTRIALE: vince il RITORNO ALLA LIRA in modo netto C’è poco da dire. Negli articoli in premessa sono stati analizzati ampiamente (con dati, numeri, grafici e statistiche di trend) gli andamenti della produzione industriale in 15 paesi Europei negli ultimi 20 anni. Ne è risultato che l’Euro ha causato un colossale trasferimento di produzione industriale da tutti i paesi periferici verso la Germania, come conseguenza dell’invariabilità dei cambi, che consente al sistema meno inflattivo (quello tedesco) e più efficiente, di sottrarre ampie quote di produzione. Il contesto complessivo (l’Europa nel suo insieme) non ha da lustri una dinamica crescente nella produzione, a causa della concorrenza asiatica, ed al suo interno v’è un vincitore e tanti sconfitti. Per capirsi, dal 2005 ad oggi, l’Italia ha fatto -18% e la Germania +10%: è come se in 7 anni, tutte le fabbriche presenti nel Centro Italia avessero chiuso e si fossero trasferite in Germania in blocco: effetti analoghi a quelli di una Guerra Mondiale. La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO e’ prevedibilmente la stessa degli ultimi 10 anni (ed ancora in pieno corso nel 2012), con una Germania che sottrarrà quote a tutti gli altri. Il trend proseguirà inevitabilmente, fintanto che la Germania manterrà un’inflazione minore o uguale ai partners, e potrà mutare solo quando tale tendenza muterà ed in modo duraturo (considero l’ipotesi fantascienza!). Ovviamente gli aumenti di tassazione indiretta in Italia (IVA, accise) e Spagna (IVA), causa prima di sovra-inflazione, promettono che il differenziale inflattivo tra Germania e Sud Europa permarrà anche nei prossimi 2 anni. In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute nazionali, è ovvio che accadrà qualcosa di analogo a quanto accadde nel 1992-95. L’Italia (e gli altri paesi che svalutarono) all’epoca ebbe un’impennata nella Produzione Industriale e la Germania ebbe una bella batosta. Ciò che accade in corrispondenza di ogni riaggiustamento monetario. E’ vero che l’Italia ha minore peso industriale rispetto all’epoca, ma è anche vero che l’incidenza dell’Import-Export rispetto alla produzione è aumentata molto rispetto a 20 anni fa, per cui è prevedibile vi saranno gli stessi effetti. 2) BILANCIA COMMERCIALE E BILANCIA DEI PAGAMENTI: stra-vince il RITORNO ALLA LIRA in modo netto Anche in questo caso non c’eèstoria. Negli articoli in premessa sono stati analizzati ampiamente (con dati, numeri, grafici e statistiche di trend) gli andamenti delle bilance commerciali e dei pagamenti di tutti i grandi paesi europei negli ultimi 15 anni. L’Euro ha consentito alla Germania di ampliare a dismisura i propri attivi commerciali in una misura pari esattamente alla somma della crescita dei passivi in Spagna, Italia, Francia ed altri periferici. La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO è prevedibilmente la stessa degli ultimi 10 anni. E’ ovvio che molto dipenderà dalla quotazione dell’EURO stesso sul DOLLARO e dalle politiche restrittive imposte all’interno dei singoli paesi. Per dire, nel 2012, l’Italia sta quasi azzerando il passivo commerciale, grazie al calo dell’EURO (fattore su cui l’economia Italiana è assai più sensibile di molte altre, ed in particolare di quella tedesca) ed alle politiche restrittive suicide di Monti (che hanno fatto crollare l’import). La tendenza di fondo pluriennale, però, resterà inevitabilmente connessa con la competitività dell’industria, di cui abbiamo ampiamente scritto sopra. In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute nazionali, è ovvio che accadrà qualcosa di analogo a quanto accadde nel 1992-95 con un ritorno ad un forte attivo commerciale per l’Italia ed una decisa riduzione dei passivi per gli altri periferici che svaluteranno; il tutto ai danni della Germania. 3) OCCUPAZIONE e PIL: vince il RITORNO ALLA LIRA (a meno di uno scenario catastrofico di Default a catena dell’intera Europa) Anche in questo caso è prevedibile che un ritorno alla LIRA rafforzi il PIL e l’occupazione. Negli articoli in premessa sono stati analizzati ampiamente (con dati, numeri, grafici e statistiche di trend) gli andamenti dell’occupazione, della disoccupazione e del PIL dei grandi paesi europei negli ultimi 15 anni. L’Euro ha consentito alla Germania di riprendere la sua corsa del PIL e dell’occupazione, e ciò è stato fatto ai danni di diversi paesi periferici, in primis dell’Italia, che è il secondo paese manifatturiero europeo. La Germania non ebbe immediatamente benefici dall’introduzione dell’Euro e dei cambi fissi. Rammentate che fino al 2000-2005 si diceva che la Germania era il grande malato d’Europa? Era vero, visto che aveva un’andamento del PIL asfittico (come l’Italia, che però era reduce da una corsa per ridurre il deficit dal 10% ed oltre al 3%), peggiore di ogni nazione europea. La Germania ha avuto pazienza, ha anticipato alcune riforme, volte essenzialmente a contenere il costo del lavoro interno (anche favorendo i lavori a bassissimo salario) e l’inflazione; ovviamente ogni anno ha portato a casa un piccolo vantaggio inflattivo sui concorrenti, che col passare degli anni è diventato un grosso vantaggio e proprio dal 2005, ha iniziato a vedere andamenti di PIL ed occupazione estremamente favorevoli (ai danni degli altri, come testimoniato dai grafici allegati negli articoli in premessa). La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO è prevedibilmente la stessa degli ultimi 7 anni (ancora in pieno corso nel 2012). Tra l’altro, se la Germania manterrà l’atteggiamento che ha tenuto nei confronti della crisi Europea negli ultimi disastrosi 3 anni e mezzo (e non vedo perché debba cambiare linea), è ovvio che chiederà l’adozione a tutti i periferici di misure sempre più restrittive (leggi Manovra Monti) che inevitabilmente affosseranno sempre più il PIL ed aumenteranno la povertà e la disoccupazione. Nel contempo la Germania sara’ impattata dal minore export verso i paesi “canaglia”, e compenserà in parte la cosa, grazie a tassi di interesse bassissimi ed afflussi copiosi di capitale. In caso di disgregazione dell’EURO e ritorno alle valute nazionali, e’ ovvio che la Germania rivaluterà fortemente, ed i periferici svaluteranno, con impatti seri su produzione ed export tedeschi (e quindi su PIL ed occupazione), mentre ovviamente chi svaluterà avrà le conseguenze opposte. Ovvio che molto dipenderà da come avverrà la disgregazione dell’EURO: se venisse accompagnata da una serie di default di alcune nazioni, l’impatto sarebbe devastante non solo per la Germania ma pure per i paesi sottoposti a default, in tale scenario, nel medio periodo le nazioni sottoposte a default e simultanea svalutazione avrebbero una netta ripresa (come accaduto sempre nel passato in situazioni analoghe), mentre il quadro per la Germania resterebbe fosco sia nel breve che nel medio periodo (a lungo termine le cose potrebbero cambiare). Ci sono 3 studi recenti sugli impatti della disgregazione dell’EURO: in uno si diceva che TUTTA l’Europa avrebbe visto il PIL crollare (ed associo questo andamento al caso di default generalizzati di vari paesi), ed in altri 2 studi si prevedeva un forte calo del PIL in Germania ed una ripresa nei paesi periferici (ed associo tale previsione, ad uno scenario più morbido, di abbandono di alcuni paesi dell’area euro, con risoluzione successiva della crisi con svalutazioni ed utilizzo da parte delle banche centrali degli strumenti di flessibilità tradizionali, quali QE, tassi, etc). Ovviamente gli Studi valgono quello che valgono. All’epoca dell’introduzione dell’EURO a fine anni 90, c’erano fior fiore di studi, unanimi nell’affermare che l’EURO avrebbe portato benefici all’economia ed al PIL dell’Eurozona consistenti. Nella realtà è accaduto l’esatto opposto, e l’Eurozona ha vissuto il peggior andamento del PIL da 50 anni a questa parte, sia in termini assoluti, che relativi nel confronto ad USA e resto del mondo.
Posted on: Tue, 17 Sep 2013 23:18:29 +0000

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