A Bronze Age settlement at al-Khidr, Failakah Island, - TopicsExpress



          

A Bronze Age settlement at al-Khidr, Failakah Island, Kuwait LUCIA BENEDIKOVÁ & PETER BARTA Summary This paper presents the preliminary results of an international research project undertaken by the Kuwaiti-Slovak Archaeological Mission (KSAM), which focused on the Bronze Age site of al-KhiΡr, Failakah Island. It offers a summary of stratigraphy and introduces a variety of evidence gathered during four excavation campaigns (2004–2008) by means of archaeology, environmental archaeology, mapping, survey, and geophysics, paired with conservation, restoration, appropriate IT solutions and GIS.The al-KhiΡr site is situated in the north-west of Failakah, on the shore of a natural harbour (al-KhiΡr bay). The Bronze Age (Dilmun) habitation is represented by three mounds: KH–1 on the shore, and KH–2 and KH–3 within the fenced area of an Islamic cemetery. Fieldwork has concentrated on KH–1 (616 m 2 excavated). This at mound with settlements from the rst half of the second millennium BC has yielded an abundance of pottery, copper objects, Dilmun stamp seals, bitumen objects and lumps, knapped and ground stones, bone and shell objects. Unlike archaeobotanical nds, faunal remains and shells constitute a rich and representative assemblage. According to stratigraphic observations, the site has two or three main occupation horizons. The uppermost horizon is represented by rectangular ground plans (stone foundations). However, the understanding of individual buildings is complicated by massive rebuilding and refurbishments, which have extensively changed the layouts. The second horizon represents a large shell deposit and the third, lowermost horizon is characterized by irregular or oval ground plans, the best preserved of which are in the south of the mound. A preliminary interpretation views the oldest evidence on the al-KhiΡr shore as a group of shelters for seasonal shermen, later paired with or replaced by a massive oyster-shell processing activity or garbage area. The third, uppermost horizon settlement with rectangular architecture may represent a redistribution point located close to Shatt al-ΚArab. Keywords : Failakah, al-KhiΡr, Bronze Age (Dilmun), interdisciplinary research, settlement stratigraphy Introduction Al-KhiΡr, a site in the north-west of Failakah Island, was excavated between 2004 and 2008, with four eld seasons, by the Kuwaiti-Slovak Archaeological Mission (KSAM; see also kuwaitarchaeology.org).KSAM was established in 2004 as a joint mission of the National Council of Culture, Arts and Letters (NCCAL), Kuwait, and the Archaeological Institute of the Slovak Academy of Sciences, on the basis of an idea put forward by Shehab A.H. Shehab, Director of the Department of Museums and Antiquities, NCCAL. The mission was designed as an interdisciplinary project focusing on multi-dimensional research of the al-KhiΡr site, as well as on the study of its environmental and historical background on Failakah Island and in the Gulf.In addition to two main partner institutions, the mission has beneted from the presence of specialists from various research elds from other organizations as well as from co-operation with external collaborators from Kuwait, Slovakia, and other countries. Geography and topography Failakah is the second largest offshore island of Kuwait. It is situated in the north of the Gulf at the entrance to Kuwait Bay, 12 to 17 km off mainland Kuwait (Rās as-Сabīyah and Rās al-ΚArΡ in Sālmīyah) and some 110 km south-south-west of the estuary of Shatt al-ΚArab. The north-west– south-east orientated at island with elevations of up to 7.5 m a.s.l., is elongated in shape and approximately 13.8 km long and 1.8 to 6.5 km wide. Geologically, Failakah academia.edu/5592221/A_Bronze_Age_settlement_at_al-Khidr_Failakah_Island_Kuwait DIALOGO CON GLI INTERNAUTI UNA PAGINA DI GABRIELE MANDEL SU AL-KHIDR Un internauta mi chiede informazioni su al-Khidr. D. Ch. - Le informazioni su al-Khidr sono sparse qua e là. La base coranica è nella sura XVIII (la sura della Caverna), soprattutto vs. 65. Vediamo il passo nella traduzione di Alessandro Bausani (Il Corano, Sansoni, Firenze, 1961). Alessandro Bausani ha compilato una interessante nota in proposito: 60 segg. - Comincia qui ex abrupto un curioso racconto, a costruir lantica tela del quale contribuiscono la leggenda di Gilgamesh, il Romanzo dAlessandro (Magno) diffusissimo in Oriente in innumerevoli versioni orali e scritte, un racconto rabbinico sulle prove imposte da Elia a rabbi Joshua ben Levi. È qui (v. 65) che compare il popolarissimo quanto misterioso personaggio di Khadir o Khidr, comunque mai nominato nel Corano con questo nome, che tanta parte avrà nelle leggende, nella letteratura e nelle speculazioni mistiche dei popoli musulmani. Questo personaggio (per maggiori notizie sul quale si veda lart. Khadir in Encyclop. de lIslam; cfr. anche CH. VIROLLEAUD, Khadir et Tervagant, in Journal Asiatique, CCXLI (1953), 2, pp. 161-166), è da qualcuno avvicinato ad Elia, del quale possiede però solo alcuni tratti. Dato il nome (che significa il Verde) è più probabile si tratti di un antichissimo dio della vegetazione e della primavera a formare la cui più tarda personalità hanno contribuito le numerose leggende vaganti in Oriente come quelle sopra citate. Di lui alcune leggende citate dai commentatori dicono che dovunque egli stia verdeggia la terra, o che fa diventar verde qualsiasi cosa che tocchi. È più che Profeta (è infatti guida di un Profeta, Mosè) è immortale, come Elia, Gesù e Idrîs (v. III, 55; IV, 157; XIX, 56-57). Leggende popolari di vari paesi islamici (specialm. in India) vi hanno poi ulteriormente intessuto motivi locali. Alcuni commentatori, forse per evitare di far guidare un Profeta da un personaggio a Lui superiore, vedono in Mosè una persona diversa dal Mosè profeta, un Manasse discendente di Giacobbe. Il Pesce (salato, quindi morto) serve ad indicare la via: infatti rivive perché immerso nella Fonte dellAcqua di Vita, presso il qual luogo abita Khadir. La Roccia è quella da cui scaturisce lAcqua di Vita. Il Confluir dei due Mari è ora inteso come lIstmo di Suez ora come Stretto di Gibilterra, ora (allegoricamente!) come lincontro dei due mari di saggezza Mosè e Khadir. La prova di pazienza si trova solo nella leggenda rabbinica di Elia. Senza queste (daltronde piuttosto incerte) precisazioni tolte ai commentatori, ben difficile sarebbe intendere il racconto, fatto tutto dallusioni lampeggianti che, se forse contribuiscono ad aumentarne la misteriosa suggestività, ne annientano totalmente la chiarezza. Parecchi riferimenti si trovano (cfr. lindice analitico) in Vite e detti di santi musulmani a cura di Virginia Vacca, UTET, e un racconto su di lui si trova anche nei Racconti arabi antichi anchessi curati da Virginia Vacca e riediti a cura mia per Il leone verde. Accenni si trovano quasi in ogni testo sul sufismo, come sicuramente ci sono accenni in Guénon, in Idries Shah, e in molti altri autori e luoghi. Il discorso potrebbe farsi lunghissimo e complesso, con paralleli con le tradizioni ermetiche, e con figure simili in altre tradizioni (per es. San Giorgio). Cè comunque in italiano una interessante pagina di Gabriele Mandel che costituisce una buona sintesi di comè visto al-Khidr nel sufismo e dice cose interessanti su Ibn `Arabî. Si trova in un libro che non mi pare più in circolazione, e la riproduco pertanto qui sotto, sperando che lautore non si secchi. Mantengo le convenzioni di trascrizione dellautore. Da: Gabriele Mandel, Il sufismo vertice della piramide esoterica, SugarCo, Milano, 1977, pp. 57-61. A Murcia, cittadina della Spagna di sud-est, nacque il 28 luglio 1165 Ibn al arabî. Il suo nome completo era Mohammad ben alî ben Mohammad ibn al arabî alHâtimi atTaî, o anche Abû Bakr Mohammed ibn alî Muhyi adDîn ibn al arabî. I suoi genitori erano molto religiosi, e tre suoi zii erano sufi. A otto anni si trasferì a Siviglia, ove seguì gli studi classici, al termine dei quali divenne segretario del governatore. Sposò Maryam, figlia di un signorotto potente. In seguito ad una grave malattia e ad una visione che - dirà più tardi - venne a determinare la sua guarigione, sì volse allo studio del misticismo sufico. Alla ricerca di un maestro visitò tutti gli illuminati della Spagna, una cinquantina, e scrisse un libro su di loro. A ventanni (1184) fu iniziato al sufismo. Conobbe e frequentò uno dei maggiori maestri sufi. del tempo, Ibn Rushd (Averroè) ma non ne apprezzò laristotelismo materialistico, opponendogli la conoscenza per via intuitiva e la fede nei poteri soprannaturali delluomo. Si dice che un giorno apparve, grazie a uno sdoppiamento o ad un invio di pensiero, ad Averroè, pur essendo lontano da questi parecchi chilometri. Tutta la narrazione della sua vita è fiorita di esperienze simili: visioni premonitrici, stati di trance e di estasi, profonde introspezioni contemplative, comunicazioni medianiche. Con serietà egli studiò tutti i fenomeni paranormali, e quanto oggi viene chiamato parapsicologia o spiritismo. Come era costume di alcuni sufi, si recava spesso nei cimiteri, ove si dice che in stato di semi-trance comunicasse con i morti sepolti nel luogo. Alcuni sufi, tra i quali il maestro alKumî, ne furono testimoni e ne lasciarono memoria in scritti vari. A seconda delle teorie, potrebbe essere questa una intercomunicazione con il proprio profondo, con linconscio collettivo, con entità superiori; comunque sia i sufi traevano nozioni e messaggi di qualità elevata. A trentanni, mentre si trovava in viaggio, Ibn arabî ebbe un incontro-visione che non si sa se collocare sul piano fisico, su quello mistico o su quello simbolico. Egli stesso lha raccontato così: « Ero a bordo di una nave nel porto di Tunisi. Non stavo bene; i passeggeri dormivano. Stavo per appoggiarmi al parapetto e contemplare il mare. Vidi dimprovviso, alla luce della luna piena, qualcuno venire verso di me sulla superficie dellacqua. Salì e mi si fermò accanto. Si tenne dapprima su una gamba e alzò laltra per darmi modo di vedere che non era bagnata. Fece lo stesso con laltra gamba. Mi parlò per un attimo, poi mi salutò e sallontanò [ ... ] Quando tornai nella città uno sconosciuto mi venne incontro e mi chiese come avevo passato la notte con alKhidr sulla nave, e che cosa ci eravamo detti». Lincontro misterioso con alKhidr era destinato a ripetersi, durante un pellegrinaggio al santuario di Rota, nel Nordafrica. In questa circostanza Ibn arabî discusse con lui della propria scienza, e dei validi argomenti teorici con i quali, in molti libri, aveva dimostrato la realtà di grandi intuizioni mistiche. Giunti ad una moschea, vi entrarono assieme ad altri asceti. Fra questi cera lo sconosciuto che a Tunisi era andato incontro ad Ibn arabî chiedendogli del suo primo incontro con alKhidr. Questo sconosciuto, con grande meraviglia dei presenti, prese un tappetino, lo distese a mezzaria - ovesso miracolosamente rimase - e su quello recitò le sue preghiere. Poi se ne andò. AlKhidr spiegò allora ad Ibn arabî che quel fatto, più di tutte le sue argomentazioni teoriche, era servito a risvegliare la fede in un ateo presente alla preghiera. Poi scomparve. A questo punto sorgono vari interrogativi: 1° Ibn ‘arabî credeva davvero in tutto ciò che raccontava, sperimentando realmente queste vicende sopranormali, oppure era uno dei tanti mistificatori che su questo argomento ancor oggi zavorrano il terreno della ricerca obiettiva? 2° Usava la simbologia sufica per far intendere con parabole una verità trascendente? 3° Se era in buona fede e partecipava effettivamente a questi fenomeni, chi è il misterioso alKhidr? Leggiamo, su Ibn arabî, quanto afferma lo storico positivista Philip Hitti (1964): « il XII secolo vide in Oriente linizio di una grande organizzazione della vita religiosa musulmanap parallela allo sviluppo degli ordini monastici della cristianità medioevale, e Ibn arabî - che rappresentava la scuola illuministica (ishraqi) o pseudo-empedoclea, neoplatonica e panteista fondata da Ibn Masarra e Ben Gabiriol -, fu luomo che dette a questo movimento sufi la sua struttura filosofica speculativa [ ... ] In giurisprudenza Ibn arabî appartenne nominalmente alla scuola zahirita (dellinterpretazione letterale) del suo compatriota Ibn Hazm; in questioni speculative egli passò per batinita (esoterico); nella teoria filosofica fu monista panteista, come dimostra la sua dottrina della wahdat al-wugiud (unità dellesistenza). Il tema centrale del suo pensiero afferma che le cose preesistono come idee (ayan thabita) nella conoscenza di Dio, dalla quale vengono emanate e alla quale ritornano. Non esiste la creazione ex nihilo; il mondo è semplicemente laspetto esteriore di Dio, che ne è laspetto interiore. Tra lEssenza e i suoi attributi, cioè tra Dio e luniverso, non vi è una vera differenza. Qui il misticismo musulmano diventa panteismo. Il divino si manifesta nellumano, e luomo perfetto (al insan al-kamil) è naturalmente Maometto. Maometto è anche il kalima, il logos, come lo era Gesù. Il vero mistico, secondo Ibn arabî, ha una sola guida, la luce interiore e troverà Dio in tutte le religioni. Linflusso della scuola illuministica, della quale Ibn arabî fu il maggior rappresentante spagnolo, è evidente non solo in circoli sufi persiani e turchi, ma anche nei cosiddetti scolastici agostiniani, come Duns Scoto, Ruggero Bacone e Raimondo Lullo [ ... ] Nellopera al-Isra ila Maqam al-Asra (Il viaggio notturno verso la meta del più magnanimo) dove sviluppa il tema dellascesa del Profeta al settimo cielo, Ibn arabî anticipa Dante». E Louis Massignon (1922): «La forte personalità intellettuale dIbn arabî domina tutta la storia moderna del misticismo musulmano; egli ne è il rinnovatore incontestato, il Maestro per eccellenza non solo fra i sunniti arabi e turchi, ma anche per gli imamiti persiani». E Idries Shah (1964): «E’ uno dei grandi sufi del Medioevo la cui vita e le cui opere oggi sappiamo essere profondamente penetrate nel pensiero sia dellOriente che dellOccidente. Fu conosciuto dagli arabi come Shaikh al Akbar: il più grande dei maestri; e dallOccidente cristiano col titolo di Doctor Maximus». Non si può giungere a ciò se si è un mistificatore. Lopera di Ibn arabî (252 libri) rimane tuttoggi a conferma della sua serietà. Daltronde ai suoi tempi nessuno dei suoi molti detrattori e nemici laccusò mai dessere un ciarlatano o un visionario. E alKhidr, quel misterioso personaggio che gli apparve più volte dal nulla, chi era? Ne parla il Corano: Mosè, fuggendo dallEgitto, si dirigeva alla confluenza dei due mari, quando «trovò uno dei nostri servi che abbiamo gratificato con la nostra misericordia e al quale avevamo insegnato una scienza emanante da noi. Mosè gli chiese: «Posso seguirti, affinché tu mi insegni un poco della scienza della buona direzione, alla quale tu sei stato iniziato? (Corano XVIII, 65-66) ». Secondo la tradizione e lesegesi, il personaggio incontrato da Mosè è presente, si può dire, in tutte le leggende orientali sotto altri nomi. Ad esempio nellEpopea di Gilgamesh per i Persiani, nelle vesti del profeta Elia per gli Ebrei. Egli è giunto di là dai confini del sapere umano, per cui rimane in perpetuo sulla terra, percorrendola da un capo allaltro. Allorché incontra una persona che riconosce degna, la inizia alla Conoscenza, investendola così del potere di comunicare la Verità segreta agli altri. Nel mondo islamico il suo nome è alKhadir, o alKhidr, o Khider: il Verde. Per i sufi è la « guida che può insegnare » ad un eletto, senza che questi debba appartenere ad una silsila, senza che questi debba avere altro maestro che lui. Secondo Si Boubakeur Hamza (1972) rappresenta «la precarietà della scienza, della saggezza e della giustizia umane, in rapporto a quelle assolute di Dio. Gli uomini precipitosi nei loro giudizi rimangono allesterno delle realtà profonde. Larmonia prestabilita da Dio nella sua creazione è inaccessibile alla loro comprensione, eccezion fatta per qualche eletto. I mistici dellIslàm hanno ripreso il tema per meditarlo e viverlo nel loro sforzo di raggiungere realtà di là dalle apparenze. Mosè credeva di possedere tutto lo scibile che un uomo può possedere. Dio gli rivelò che uno dei suoi servi lo superava nellambito della Conoscenza. Il profeta Mosè volle conoscere questo felice privilegiato: si trattava del profeta AI-Khadir o Khider (il Verde), eternamente in viaggio, che si svela a volte a qualche raro eletto da Dio e la cui esistenza sembra di fuori dal tempo e dallo spazio. Su questo misterioso personaggio che era arrivato al limite usuale delloceano della terra (scienza esteriore) e alloceano del cielo (scienza interiore) e che, avendo bevuto alla sorgente della vita ha ricevuto in dono la saggezza suprema, vi sarebbe molto da dire». In questo stesso senso i sufi intendono liconoclastia delle immagini di Dio, al quale si può giungere attraverso il simbolismo e lastrazione, e non con i mezzi della condizione umana usuale.
Posted on: Thu, 09 Oct 2014 12:15:15 +0000

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