ALBERT CAMUS – dai ‘Taccuini 1935-1951’ Non abbiamo il - TopicsExpress



          

ALBERT CAMUS – dai ‘Taccuini 1935-1951’ Non abbiamo il tempo di essere noi stessi. Abbiamo solo il tempo di essere felici. Il pensiero è sempre in anticipo. Vede troppo lontano, più del corpo che vive nel presente. Sopprimere la speranza significa ricondurre il pensiero al corpo. E il corpo deve imputridire. In ogni vita c’è un piccolo numero di grandi sentimenti e un grande numero di piccoli sentimenti. Se si sceglie: due vite e due letterature. Come la morte di uno scrittore porta a esagerare l’importanza della sua opera, così quella di un amico porta a sopravvalutare il suo posto fra noi. Il passato insomma è interamente creato dalla morte, che lo popola di illusioni. … Come quei libri in cui troppi brani sono sottolineati a matita perché si possa avere una buona opinione del gusto e dello spirito del lettore. È sempre vano voler separare la propria responsabilità, anche soltanto dalla crudeltà dalla idiozia degli altri. Non si può dire: «La ignoro», si collabora o la si combatte. Non c’è nulla che sia meno giustificabile della guerra o dell’appello agli odi nazionali. Ma, una volta scoppiata la guerra, è futile e vile volere trarsi in disparte col pretesto che non se ne è responsabili. Le torri d’avorio sono cadute. Il compiacimento, su se stessi e sugli altri, è vietato. È impossibile e immorale giudicare un avvenimento restandone al di fuori. È solo dall’interno di questa assurda sventura che si conserva il diritto di disprezzarla. […] Il problema, in arte, è un problema di traduzione. I cattivi scrittori: coloro che scrivono tenendo conto di un contesto interiore che il lettore non può conoscere. Bisogna essere in due quando si scrive. La prima cosa, ancora una volta, è imparare a dominarsi. Detestabile lo scrittore che parla, che sfrutta ciò che non ha mai vissuto. Ma attenzione, un assassino non è l’uomo più indicato a parlare del delitto. (Ma è almeno l’uomo più indicato a parlare del proprio delitto? Neppure questo è certo). Bisogna supporre una certa distanza tra la creazione e l’atto. Il vero artista è a metà strada tra le sue fantasie e i suoi atti. È colui che è «capace di». Potrebbe essere ciò che descrive, vivere ciò che scrive. Ma l’atto da solo lo limiterebbe, sarebbe colui che ha fatto. C’è sempre una filosofia per la mancanza di coraggio. La prima cosa che uno scrittore deve imparare è l’arte di trasporre ciò che sente in ciò che vuol far sentire. Le prime volte ci riesce per caso, ma poi bisogna che intervenga il talento a sostituire il caso. Alla radice del genio c’è dunque una parte di fortuna. Non avrei dovuto scrivere: se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe – se il mondo mi sembrasse avere senso, non scriverei. Aver la forza di scegliere ciò che si preferisce e di attenervisi. Se no, è meglio morire. La reputazione. Ve la danno i mediocri e la condividete con i mediocri o con i gaglioffi. L’uomo che sarei se non fossi stato il bambino che fui. Perché un pensiero cambi il mondo, bisogna che cambi prima la vita di colui che lo esprime. Che si cambi in esempio. Da Taccuini 1935-1942 e 1942-1951, Bompiani, Milano 1992. in Il Foglio Clandestino, n. 64, 2008.
Posted on: Mon, 07 Oct 2013 08:27:02 +0000

Trending Topics



>

Recently Viewed Topics




© 2015