AS Le radici del movimento rosacrociano si pensa possano essere - TopicsExpress



          

AS Le radici del movimento rosacrociano si pensa possano essere emerse dalla tradizione ermetica rinascimentale che vide in Ficino e Pico Della Mirandola i due massimi vertici di questo risveglio culturale ed esoterico. L’accostamento dei simboli della rosa e della croce possiederebbe un riscontro storico nella figura semi-leggendaria di Christian Rosenkreutz, protagonista di un romanzo alchimistico-letterario pubblicato nel 1616 con il titolo Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz. Rosenkreutz avrebbe costituito la prima figura pubblica di una società esoterica segreta di antichissimo lignaggio anche se, storicamente, non sono state rinvenute prove concrete a favore della presenza di tale società. Lo studioso Spencer Lewis afferma addirittura che tale tradizione sarebbe di fonte egizia, preservatasi dall’antico impero tebano della XVIII dinastia (1580-1321 a.C.). Affiancando la tradizione ermetica Lewis asserisce l’esistenza di quattro Signori Occulti che, prima di Tebe, avrebbero vegliato sull’evoluzione dei popoli del deserto. Questa però costituisce la più antica tradizione conservata dal neo-ordine rosacrociano moderno. Una possibile spiegazione avanzata negli ultimi decenni potrebbe verosimilmente ricollegare il messaggio rosacrociano con il movimento neoplatonico tedesco antecedente la Guerradei Trent’anni, ovvero a fermenti culturali e politici germanici del tempo, tesi quest’ultima sostenuta dalla studiosa Francis Yates. La confraternita dei rosacroce si strutturò però, fin dai suoi primordi, nel totale mistero. A seguito, soprattutto, di diversi manifesti pubblicati dal 1614 dall’ordine, studiosi ed esoteristi di tutta Europa vollero conoscere ed entrare all’interno di questa confraternita per poterne scoprire e condividere gli ideali. L’unica risposta fu il silenzio, totale e assoluto. Nessuno conobbe mai chi avesse pubblicato tale materiale né chi fossero i vertici o i membri di questo gruppo. Se la storiografia ufficiale colloca la loro comparsa nel 1614, con la pubblicazione del manifesto Fama (titolo generale in cui vengono incluse due opere, la Fama Fraternitatis e la Confessio Fraternitatis), esistono prove convincenti di una precedente circolazione di materiale rosacrociano almeno dal1612, in conseguenza cioè della risposta di un certo Adari Haselayer ad uno dei diversi appelli dei rosacroce. Esattamente un anno dopo il primo manifestarsi dell’ordine vengono celebrate le nozze di Federico V Palatino ed Elisabetta figlia di Giacomo I d’Inghilterra, alla base del successivo scoppio della Guerra dei Trent’anni e, secondo la Yates, motivo principale della rivelazione pubblica dell’Ordine. Se da un lato è possibile ipotizzare uno scopo prettamente politico dietro la pubblicazione di detti volantini è altresì vero che negli stessi, oltre a programmi per la creazione di un nuovo mondo, erano presenti importanti e profondi concetti esoterici che affondavano le proprie radici nel più remoto passato umano. I fratelli rosacroce, come amarono definirsi, esposero i propri concetti e le proprie dottrine attraverso l’uso sapiente di metafore ossia di concezioni esoteriche rivoluzionarie. Gli stessi manifesti costituiscono una rappresentazione allegorica di tale visione incentrata prevalentemente sulla diffusione di una nuova cultura alternativa a quella religiosa imperante. Il già citato manifesto Fama narra la storia ‘allegorica’ del mitico fondatore dell’ordine presentando altresì un grandioso progetto di rivoluzione del mondo che, al tempo, spaventò i sapienti di tutta Europa. Tale progetto prospettò infatti l’avvento di una nuova era che, da i non iniziati, venne interpretata come il temuto raggiungimento del limite della conoscenza umana ovvero una rivoluzione del mondo conosciuto. Per rincarare la dose l’ordine dei rosacroce affermò che tale rinascita sarebbe stata addirittura «rivelata agli uomini dalla bontà di Dio» e avrebbe permesso di penetrare ogni mistero del creato per condurre il genere umano verso uno stato di perfezione e conoscenza assoluta. Tale messaggio venne subito interpretato, da alcuni, come l’avvento della fine dei giorni, dell’apocalisse divina. Ben presto però ci si rese conto che questi messaggi celavano un significato ben più recondito e che quanto era stato scritto doveva essere interpretato come la manifestazione di una nuova rinascita culturale della specie umana. L’elemento caratterizzante la dottrina dei rosacroce è una impostazione di tipo teosofico. Rosenkreutz, che si narra fosse morto in Marocco a Fez nel 1486, nel corso di numerosi viaggi compiuti in Africa ed in Asia sarebbe venuto a contatto, oltre che esserne stato iniziato, con i segreti esoterici della tradizione orientale da cui avrebbe attinto insegnamenti superiori e sconosciuti. Il suo peregrinare gli avrebbe permesso altresì di entrare in diretto contatto con ambienti legati alla cabala e alle scienze occulte. Tale vita erratica avrebbe permesso quindi a Rosenkreutz di acquisire una conoscenza magica ed esoterica senza precedenti. Secondo le Nozze Chimiche, che ormai unanimemente viene attribuita al pastore luterano Johann Valentin Andreae, il suo compito sarebbe stato inoltre quello di convincere cabalisti e teosofi a fondare una nuova società segreta il cui scopo sarebbe stato la rinascita dell’umanità in un nuovo misticismo ed in una nuova comprensione della magia. L’impenetrabilità ed il mistero della cerchia rosacrociana non scoraggiarono studiosi di tutta Europa che, risvegliati dai moniti lanciati dall’ordine, iniziarono a creare nuovi gruppi esoterici cercando di rispecchiare, negli intenti e nella propria filosofia, il pensiero e la linea ideologica tracciata dai manifesti. Lo scopo principale di queste nuove affiliazioni, come fu tracciato negli intenti originari, ricalcò in toto l’antico spirito alchemico ricercando nella pratica e nel profondo della coscienza il segreto della Pietra Filosofale ovvero la comprensione delle leggi della natura e dell’uomo. Lo stesso Francovich, nella sua Storia della Massoneria in Italia, afferma che il vero filone sapienziale dei Rosacroce affonda le proprie radici in una tradizione segreta costituita da una linea ininterrotta di iniziati che si tramandarono per generazioni i segreti per la salvezza dell’umanità. La tradizione vorrebbe anche che questi Oscuri Maestri si aggirino ancora oggi fra la gente alla ricerca di uomini particolari cui trasmettere le proprie conoscenze ed i propri segreti iniziatici. Il moderno Ordine dei Rosacroce moderno possiede una affiliazione ideale con l’antico ordine, che mai si palesò realmente, improntando le proprie dottrine con una visione del mondo vicina al cristianesimo ma non disdegnando di rivolgersi ed attingere ai miti e ai riti dell’antico Egitto. Alcune circostanze del tutto particolari sembrano aver destinato anche l’Italia ad un ruolo di primo piano nella manifestazione storica del movimento dei Rosacroce. Nello specifico Venezia ricoprì un ruolo di tutto rispetto in quel fermento, e nella proliferazione, di ideali rosacruciani. Nei primi decenni del XVII secolo Venezia versava in una situazione politica del tutto particolare essendosi opposta fermamente al Papato e ad alcune riforme che voleva operare. Tra i più importanti personaggi che manovrarono dietro la rivolta veneziana troviamo un altro uomo di chiesa, padre Paolo Sarpi. Sarpi apparteneva all’Ordine dei Serviti e, fin da giovane età, era stato versato nello studio filosofico e teologico dedicandosi però anche alle scienze con particolare riguardo alla matematica. La sua influenza culturale era parimenti eguagliata da una altrettanto veloce ascesa nelle gerarchia ecclesiastica tale che nel 1585 era stato investito dell’incarico di Procuratore Generale a Bologna. Obblighi religiosi lo chiamano a Roma dove ebbe contatti con i più importanti uomini del suo tempo, e anche con diversi esoteristi. Ritornato a Venezia continuò negli studi che tanto sembravano affascinarlo non trascurando però di incontrare ed instaurare rapporti di amicizia con uomini del calibro di Galileo e Giordano Bruno. Dopo due denuncie alla Santa Inquisizione Sarpi continuava nel proprio operato che, nel 1605, tocco l’acme del dissidio con Roma. Dopo circa vent’anni di lotte giurisdizionali con lo Stato Pontificio una nuova sfida sembrò aggravare ulteriormente il rancore della Serenissima sui privilegi e le immunità ecclesiastiche. Sarpi, nel frattempo, era stato nominato teologo e canonista della Repubblica, posizione che gli permise di denunciare apertamente quelli che lui definì gli abusi e le pretese infondate del Cattolicesimo Romano. Il suo attacco si direzionò infatti proprio su quei principi dottrinali e religiosi che la Chiesa Cattolicaaveva sostenuto durante la Controriformaribadendo il dominio papale ovvero una supremazia nei confronti di tutte le altre religioni. Sarpi faceva parte invece di quella corrente di pensiero che, come Bruno o Campanella, voleva vedere realizzato un rinnovamento esteriore, oltre che interiore, della Chiesa Cattolica; ossia una nuova presa di coscienza che risvegliasse il vero spirito religioso e recondito di questa religione ma che ne diminuisse i dogmi e le pretese, a suo dire, in buona parte creati per la sete del potere temporale. Non tardò molto ad arrivare una scomunica da Roma che non fece altro che infervorare ulteriormente il religioso. Contatti e piani per una guerra contro lo strapotere ispanico-cattolico permisero al Sarpi di iniziare anche a raccogliere documentazioni storiche e dottrinali che potessero permettere lo smantellamento della pretesa di supremazia del Papato. Un duro ed intenso lavoro che culminò nella pubblicazione, a Londra nel 1618, dell’Istoria del Concilio Tridentino, testo che verrà pubblicato l’anno successivo in Italia a cura di Marc’Antonio de Dominis, già vescovo di Spalato. Il fattore che richiama maggiormente il nostro interesse, in rapporto all’ordine rosacrociano, è il sottotitolo che fu assegnato all’opera: «Istoria del Concilio tridentino, nella quale si scoprono tutti gli artifici della corte di Roma per impedire che né la verità di dogmi si palesasse, né la riforma del Papato si trattasse». Sarpi evitò di far stampare il proprio nome sul volume che invece fu firmato da un certo Pietro Soave Polano, un ingegnoso anagramma del nome Paolo Sarpi Veneto. Affiancando la vita e le opere del Sarpi con la pubblicazione del manifesto rosacruciano Fama fraternitatis sembrerebbe non del tutto casuale l’inserimento nel manoscritto tedesco di ‘un testo di uno scrittore italiano che inneggia ad una riforma generale dell’universo’. Frase che a sua volta era stata tratta dai Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini (1566-1613) amico di Sarpi nonché grande studioso di esoterismo. Forse gli ideali del Sarpi avevano raggiunto i compilatori dei manoscritti rosacrociani, o forse egli stesso faceva parte di questa cerchia di personaggi. Lo stesso Boccalini sembrerà avere un ruolo fondamentale nella pubblicazione della già citata Fama fraternitatis. Il suo Ragguaglio verrà infatti pubblicato assieme alla Fama, pur se nei contenuti lo stesso Boccalini si dimostrerà estremamente pessimista rispetto al testo rosacrociano. Anche Giordano Bruno non poteva non essere presente all’interno del fermento italiano che probabilmente ispirò la compilazione dei manifesti. Durante la sua permanenza veneziana Bruno venne infatti a contatto, oltre che con Galileo, anche con Sarpi con il quale intrattenne intense conversazioni di natura sia religiosa che filosofica. La Yates nel suo testo affronta nello specifico l’influenza che Bruno ebbe sugli studiosi suoi contemporanei ma anche di come « un segreto influsso bruniano potrebbe aver contribuito allo sviluppo del genere di riforma adombrata dai manifesti rosacrociani». Una traccia implicita di tale influenza potrebbe essere ritrovata nell’ascendente che lo stesso Bruno ebbe sul pensiero di Boccalini che allo stesso tempo fu noto ad Andreae, probabile autore delle Nozze chimiche, sul quale espresse la propria stima.
Posted on: Sat, 23 Nov 2013 05:20:58 +0000

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