Arturo Parisi ha avuto la gentilezza di rispondere alle - TopicsExpress



          

Arturo Parisi ha avuto la gentilezza di rispondere alle perplessita’ che gli avevo manifestato dopo la pubblicazione di un appello per l’elezione diretta del presidente della Repubblica, da lui firmato con Barbera, Panebianco e Segni. Ecco di seguito la lettera di Parisi. Comincio dalla fine. Diciamolo pure. Il contesto non aiuta. E saltiamo subito all’inizio. Le perplessità sul presidenzialismo, quelle che hai tu le ho da sempre anche io. Ha ragione Sartori a dire che in questa proposta mi precede da decenni, da professore. Perchè come sa bene, la politica come azione è un’altra cosa. E le perplessità che hai tu non le ho solo sul presidenzialismo, ma perfino sul maggioritario e su ognuno dei sistemi che ho studiato e insegnato all’università. Non c’è medicina che assicuri la vita eterna, e neppure medicine che mentre curano da una parte non facciano ammalare dall’altra. Per questo si insegna che dentro un organismo costituzionale ogni scelta deve avere i suoi pesi e i suoi contrappesi. Per questo riconosco che a maggior ragione questa ipotesi debba armarsi da subito dei suoi pesi e dei suoi irrinunciabili contrappesi. E’ questo il motivo che nel tempo mi ha indotto a cercare il futuro dentro il solco passato, e, in questo caso, i cambiamenti dentro la cornice della costituzione vigente. E’ questo che ci ha indotto ad aspettare la caduta del Muro di Berlino per passare da una regola preoccupata di rappresentare più che di governare, per non esasperare il conflitto con quelli che a causa di quel Muro erano dal governo “convenzionalmente esclusi”. Per questo abbiamo poi rivendicato che la domanda dei cittadini di partecipare direttamente alla scelta del governo e dei governanti non restasse affare riservato ai capipartito, ma tuttavia troppo a lungo accettato che la risposta si fermasse ai comuni, alle province, e alle regioni. E, dopo il passaggio al maggioritario, abbiamo accettato che la scelta del premier fosse affidata alla sua indicazione sulla scheda vicino al nome del candidato nel collegio uninominale, e a lungo proposto solo come ipotesi l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Per avanzare cum juicio, proponendo proprio ai nostri avversari di riscrivere insieme il nostro patto costituente. “Un patto da scrivere insieme” fu perciò nel 1995 la prima riga della prima scheda del programma dell’Ulivo, perchè “sulle regole comuni il mandato è per un confronto aperto e libero, non per conclusioni unilaterali”. E certamente Berlusconi era allora lo stesso di adesso, esattamente lo stesso. Ma la stessa non era la nostra speranza, quella che oggi volge in disperazione. Anche allora sapevamo che la questione italiana era l’assenza di una democrazia forte perchè decidente, e democratica perchè fondata sul consenso dei cittadini. Quello che non sapevamo è che il ritardo nel dar seguito alla domanda di cambiamento esplosa agli inizi degli anni ’90 avrebbe consentito alle spinte restauratrici di allearsi tra loro e invertire la marcia. In pochi mesi, prima con la caduta del primo governo dell’Ulivo nell’autunno del ’98 seguito al fallimento della bicamerale presieduta da D’Alema, e poi con la sconfitta il 18 aprile del ’99 del referendum per l’abrogazione della quota proporzionale del Mattarellum, si invertì la direzione di marcia. a conferma che la porta aperta dal referendum del ’93 si era chiusa. Ecco da dove nasce Gad la sfasatura dei tempi. E’ da quel momento che tutto fu fuori del suo tempo. Dalla tardiva nascita del Pd al rifiuto crescente di porre mano alla Costituzione. Da quel momento iniziò la marcia per tornare al passato e far muro attorno alla “più bella costituzione del Mondo” sotto la guida di quanti come Rodotà giustamente rivendicano la loro coerenza nell’opporsi al cammino iniziato con quello che è ai suoi occhi l’infausto referendum che nel ’93 introdusse in Italia il maggioritario. Sbagliato nei tempi tu dici. E ti do ragione. Ma solo perchè penso che sia troppo tardi quello che tu pensi troppo presto. In una situazione nella quale l’alternativa sembra più che mai tra una democrazia impotente e un potere non democratico, sono io che chiedo come possiamo uscirne. O c’è qualcuno che pensa che possiamo stare fermi? O c’è qualcuno che non si rende conto che o si va avanti o si torna indietro? O c’è qualcuno che non vede che il temuto presidenzialismo è cresciuto nei fatti anche troppo? O c’è qualcuno che non vede che proprio con le norme vigenti, senza una nuova regolazione strigente, può salire sul Colle e dal Colle guidarci proprio chi più temiamo? Fammi chiudere perciò caro Gad almeno con una citazione che traggo da un discorso forte e chiaro rivolto alle Camere in seduta comune. “Per questo il Presidente della Repubblica, rivolge in questa Assemblea solenne, rispettoso ma fermo invito al Parlamento perchè proceda ad..una globale e organica revisione della Carta Costituzionale nell’articolazione delle diverse istituzioni…attraverso una commissione che abbia saggezza e coraggio per discernere ciò che è vivo e vitale da ciò che richiede nuove impostazioni e soluzioni” “Non è più consentito attardarsi in disquisizioni anche eleganti, ma altrettanto inconcludenti.” Era il 28 maggio 1992, in occasione del giuramento del nuovo Presidente della Repubblica. Quello che invitava a mettere mano alla Costituzione con un intervento “globale e organico” era quell’Oscar Luigi Scalfaro che sarebbe passato per il difensore più strenuo della Costituzione “più bella del mondo”, tanto bella che qualsiasi modifica non l’avrebbe potuta che imbruttire. Da allora sono passati ventun anni. La nostra malattia si è ulteriormente aggravata, la stessa malattia che con i sintomi della debolezza e instabilità dei governi e la frammentazione partitica mise fine alla quarta Repubblica francese. Perchè non guardare a quella esperienza? Arturo Parisi
Posted on: Thu, 06 Jun 2013 14:22:39 +0000

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