Avendo letto l’avvincente trama de LA SIGNORINA E L’AMORE - TopicsExpress



          

Avendo letto l’avvincente trama de LA SIGNORINA E L’AMORE (Avagliano) e volendo subito entrare nella storia della protagonista che m’intrigava, stavolta dicevo a me stessa che Giovanna Mozzillo, da me apprezzata in altri romanzi, la tirava per le lunghe. Macché! Mai essere frettolosi nei giudizi! Avete presente quella bella poesia dove c’è solo l’orma di due piedi per terra perché il Signore ci sta portando in braccio? Be’, l’autrice ci portava in braccio verso il nocciolo del romanzo, che poi è il frutto stesso, che poi è l’intera narrazione, succosa e palpitante narrazione in queste pagine che sono una miscela di letteratura e storia e romanzo e poesia e sentimento, dove la prima parte (gli anni dal 1925) appare come un lungo corridoio, ma ampio e luminoso, ricco di quadri e panorami indispensabili per entrare nel cuore di Rosella, la protagonista, che ama un amore che non avrà mai contorni tangibili perché non si sviluppa nelle cose giornaliere della vita, ma in quelle quotidiane dell’anima e perciò resterà eterno. Insieme all’affascinante e sicuro, ma tenero e (a modo suo) indifeso, dottore dai capelli rossi, che la incatena a sé. Ma per descrivere un amore così, a maggior ragione visto che non è autobiografico, e scriverne 360 pagine a carattere piccolo (perché Avagliano non ne ha usato uno più grande?), che bravura e che capacità ci vogliono? E che bravura e che capacità ci vogliono per descrivere uno dei periodi storici più vergognosi dell’Italia, il fascismo, e mostrarlo al lettore da vari punti di vista, in vari momenti, e tutti sinceri, genuini, reali, plausibili, spiegando l’evoluzione politica nelle opinioni del popolo, e delle donne? E per descrivere una guerra, senza che renda insofferenti noi, cui Dio ha risparmiato la prova (mai che lo ringraziassimo), e che purtuttavia attraverso questo libro vediamo come in un interessante film proiettatoci davanti agli occhi, quando nelle deflagrazioni, quando nelle fughe verso i ricoveri e nell’umidità dei ricoveri stessi, quando dipinta sulle facce e nella fame dei personaggi di cui non conosciamo le fattezze (e invece sì, si che le conosciamo), e descriverla senza ricorrere a cliché o a macchiette? E, la (mia) lingua batte dove il dente duole, senza deturpare Napoli, più di quanto non l’abbia fatto la guerra e a differenza dei vari mercenari che ne sono seguiti e che ancora esistono? Tanta, direi proprio tanta bravura e tanta capacità. Bonariamente invidiabili. Chapeau, Giovannella!
Posted on: Wed, 03 Jul 2013 14:39:57 +0000

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