Brasile, Russia e adesso Asia “Barilla raddoppia in 7 anni” IL - TopicsExpress



          

Brasile, Russia e adesso Asia “Barilla raddoppia in 7 anni” IL VICEPRESIDENTE PAOLO BARILLA SPIEGA COME IL GRUPPO DI PARMA ARRIVERÀ A QUOTA 6 MILIARDI DI RICAVI ENTRO IL 2020. LA PASTA TORNA AL CENTRO DELLE STRATEGIE PERCHÉ È IL PRODOTTO CONSIDERATO PIÙ “ITALIANO”, CON I SUGHI, RISPETTO ALLE MERENDINE Paolo Possamai Parma P arola d’ordine: sostenibilità. Parola da declinare sui versanti ambientale, finanziario, economico, dell’assetto industriale. E in senso lato, sono in questione la responsabilità sociale dell’azienda e il buon nome della famiglia. Dietro questi elementi, il piano di sviluppo immaginato a casa Barilla: arrivare alla soglia di 6 miliardi di ricavi, con il raddoppio del fatturato da qui al 2020 (al netto della cessione di Lieken). Di questo orizzonte parlerà in Bocconi l’11 giugno Paolo Barilla, vicepresidente del gruppo emiliano, nell’incontro intitolato “Buono per te, buono per il pianeta”. Ma se l’approdo sta a quota 6 miliardi, per quali vie sarà possibile cogliere un obiettivo tanto ambizioso? Barilla suona solo due tasti, per la risposta di sintesi: «Punteremo maggiormente su pasta e sughi, saremo molto più internazionalizzati, a partire da Brasile, Russia e Asia». Spingere di più sulle vendite all’estero significa più export o nuove fabbriche fuori Italia? «L’una e l’altra. Fino ai primi anni ’90 avevamo in Italia il 93% del nostro business, poi è seguita la fase dell’espansione. Siamo sbarcati in America del Nord nel ’96, oggi abbiamo il 30% di quota di mercato. Il prossimo capitolo sarà il Sud-America e in particolare il Brasile. In Sud-America la diffusione della pasta è legata agli emigrati italiani, ma la tipologia del consumo presenta molta più variabilità poiché usano grano tenero, mettono l’uovo ma senza dosaggi predefiniti, non conoscono la pasta gastronomicamente attrezzata. Dico tutti questi aspetti perché, quali che siano i Paesi in cui ci proponiamo di entrare, ne dovremo studiare le specifiche tradizioni culinarie e comprenderle nel nostro catalogo ». Ma è immaginabile aggredire il Sud-America solo per via di esportazioni o dovrete attrezzare uno stabilimento ad hoc? «In Brasile abbiamo costituito una joint venture con un produttore locale e stiamo valutando la possibilità di realizzare un impianto produttivo nei prossimi anni. Di sicuro, oltre certi volumi è imprescindibile avere un polo di produzione e costi ottimizzati. In Brasile avevamo 18 milioni di fatturato nel 2012, quest’anno verosimilmente saremo attorno ai 30 e poi ci poniamo obiettivi molto ambiziosi: al 2016 attorno ai 100 milioni. Sarà quello un check point per dire se siamo stati efficienti». Un ulteriore tassello della globalizzazione di Barilla riguarderà poi la Russia. «La Russia è un grande mercato per la pasta e dunque spingeremo al massimo sui nostri primi piatti. Nel 2014 inizieremo ad avere distribuzione più capillare, oltre a Mosca e Pietroburgo, investiremo in comunicazione e advertising. Abbiamo l’ipotesi di introdurre nuove linee di produzione per la pasta, dentro a una fabbrica di nostra proprietà finora dedicata ai prodotti da forno». Resta da dire dell’Estremo Oriente. «Abbiamo aperto un ufficio a Singapore, dove opera un team misto fatto da italiani e asiatici, molto concentrato nel capire le abitudini gastronomiche, il valore attribuito al prodotto italiano, eventuali declinazioni del prodotto italiano secondo il gusto locale. In fondo, ovunque andremo a proporre lo stesso racconto: se nutrizione e salute sono sotto la lente di ingrandimento, con un tasso di saggezza sempre più elevato da parte del consumatore, noi andiamo a dire che la pasta è tra gli alimenti a minor impatto ambientale, coerente con il tema della sostenibilità. Per raggiungere gli obiettivi, l’azienda si ispira alla Doppia Piramide alimentare e ambientale elaborata dal suo centro di pensiero, il Barilla Center for Food & Nutrition, nel 2009. La Doppia Piramide mostra come i cibi per i quali è suggerito un consumo più frequente sono anche quelli che preservano meglio la salute del nostro pianeta». State valutando la possibilità di acquisire aziende locali? «Acquisizioni ne faremo per produrre localmente il primo piatto italiano, ma non stiamo ancora valutando brand o impianti perché prima dobbiamo valutare la nostra capacità di reggere la nuova strategia paese per paese. Abbiamo oggi molta più consapevolezza e maturità, siamo forti anche dei passi falsi fatti all’estero negli anni passati. E siamo determinati a consegnare un’azienda più forte e globale ai nostri figli e alla comunità ». Ma nell’applicare il nuovo business plan quali indizi state cogliendo dal mercato? «Le prime sensazioni sono positive, in Brasile per esempio siamo soddisfatti di questo primo assaggio. Nel nostro cruscotto vediamo che nel 2013 le vendite in Europa dovrebbero crescere del 2%, in America del 10% dove a trainare è la pasta, negli altri Paesi dovremmo registrare un aumento dell’11% come effetto soprattutto di esportazioni dall’Italia. Nei primi 5 mesi siamo più o meno in linea con il budget. In Italia stiamo soffrendo la situazione di difficoltà generale, ma il presidio resterà molto forte: la nostra strategia globale non implica in alcun modo un abbandono della nostra madrepatria. Per noi fratelli, anche per quel che ci ha lasciato nostro padre in termini di valori, la responsabilità dell’imprenditore verso la comunità sociale in cui siamo nati e operiamo non è materia da mettere tra parentesi». In Italia state valutando ipotesi di acquisizioni? «Per il momento no. Abbiamo inaugurato in Emilia lo scorso anno un nuovo stabilimento dedicato ai sughi, che ha ancora circa il 50% di capacità produttiva residua ». Nei giorni scorsi avete chiuso la vendita della tedesca Lieken, che pesava circa 750 milioni di euro sui ricavi consolidati. Qual è la ragione di questa cessione? «Lieken produce pane soprattutto per le marche private, noi abbiamo deciso di concentrarci sui nostri marchi nella bakery e al massimo su pasta e sughi. Le merendine avranno un peso inferiore ai primi piatti, questa è la scelta di fondo della nostra strategia sul piano dei prodotti, perché sulla scena globale la pasta di qualità viene intesa come una prerogativa italiana e per un motivo di sostenibilità per un’azienda alimentare come la nostra». Avete le risorse finanziarie sufficienti a attuare un piano ambizioso, sia per il target di fatturato e sia per la brevità dei tempi? «La situazione finanziaria presente è del tutto sostenibile. Non abbiamo ceduto Lieken per fare cassa, ma per mettere ordine e difatti il rapporto con i nostri partner finanziari principali s’è rafforzato dinanzi al racconto lineare della nostra nuova strategia. Ci vedono molta coerenza. Del resto, nell’ultimo quinquennio la nostra posizione finanziaria netta è migliorata di un centinaio di milioni di euro l’anno. E comunque non abbiamo ancora bisogno di nuove importanti linee di credito, perché manca l’obiettivo di una grossa acquisizione ». Qui accanto, Paolo Barilla, vicepresidente del gruppo emiliano che è appena entrato sul mercato brasiliano e dal 2014 sarà operativo in Russia (10 giugno 2013)
Posted on: Fri, 27 Sep 2013 17:06:02 +0000

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