CARRARA, I NEGOZIANTI E LIMPORTANZA DELLA CORTESIA C’è chi - TopicsExpress



          

CARRARA, I NEGOZIANTI E LIMPORTANZA DELLA CORTESIA C’è chi dice che i negozianti a Carrara siano scortesi, scostanti e maleducati. Non è vero e lo dimostrerò con una piccola storia vera. Un paio di mesi or sono stavo mettendo a punto un gioco da tavolo e mi servivano delle fiches, di quelle che si usano per il poker e che di solito si trovano nei negozi di giocattoli o nelle tabaccherie. Avevo già fatto tre o quattro tentativi infruttuosi ed ero sul punto di desistere, quando mi ricordai di una tabaccheria nella piazza della chiesa e mi decisi a fare l’ultimo tentativo. Entrai nel negozio e diedi un occhiata in giro. Sulla destra c’era un mobile d’angolo a vetrina, dentro la vetrina le fiches che mi servivano. Sorrisi soddisfatto. “Buongiorno” dissi al negoziante. Costui – un giovanotto sulla trentina, stempiato e tarchiatello – alzò gli occhi e mi degnò di uno sguardo, cosa che a Carrara nella gerarchia della comunicazione interpersonale costituisce indubbio segno di rispetto. Mi parve addirittura di udire un incomprensibile borbottio uscire dalle sue labbra, cosa sulla quale non potrei giurare, ma che, se vera, avrebbe rappresentato un inestimabile atto di deferenza nei miei confronti. Interpretando il suo sguardo come l’implicita domanda: “Desidera signore? Posso esserle utile?” che nell’essenziale dialetto locale si traduce con “Cos t’vo?”, risposi: “Avrei bisogno di una scatola di fiches.” Per circa mezzo minuto il giovane non proferì parola né mosse muscolo. Evidentemente i suoi neuroni stavano lavorando alacremente. Infine riemerse dalle sue meditazioni e scosse lentamente e gravemente il capo un paio di volte, cosa che in italiano, lingua ampollosa e ridondante, si tradurrebbe come: “Caro signore mi duole veramente informarLa che il prodotto che Ella desidera non è presente nel nostro esercizio.” Per lui la scrollata di capo aveva chiuso la conversazione, ma io raccolsi tutto il mio ardimento ed indicando la vetrina affermai entusiasticamente: “Ma sì che ci sono, eccole, sono quelle lì nella vetrina.” L’uomo, visibilmente irritato, rinnovò lo scuotimento di capo, alzò la mano ed indicò un mobiletto basso appoggiato proprio davanti alla vetrina. Io guardai il mobiletto, poi guardai nuovamente lui. Lui guardò me. Dopo la cerimonia degli sguardi, constatando che nonostante tutto mi trovavo ancora lì stolidamente davanti a lui, il negoziante fu costretto suo malgrado a rivolgermi la parola. “Non te le posso dare. C’è davanti il mobiletto.” Con rapidità passai mentalmente in rassegna le possibili motivazioni per le quali il mobiletto non potesse essere spostato almeno momentaneamente dalla sua posizione. Scartai problemi scaramantici, normativi, esoterici e ornamentali e, non avendo individuato una vera e propria causa ostativa, mi azzardai a proporre: “Potremmo spostarlo il mobiletto.” Il giovane sussultò, divenne rosso, una vena sulla tempia gli si gonfiò e prese a pulsare. Notai anche che stringeva nervosamente i pugni. “Non adesso” proclamò a denti stretti. “Se vuole, posso darle una mano io” mi offrii, sfidando incoscientemente la sorte. Egli rimase un attimo a riflettere, incerto se considerare la mia proposta come un semplice atto di stupidità o una sanguinosa provocazione. Poi, fortunatamente scelse la prima ipotesi: scosse per la terza ed ultima volta la preziosa testa e concluse: “Non ora. Ripassa tra una decina di giorni.” Capii che non potevo fare più nulla: avevo già osato troppo e ogni ulteriore tentativo si sarebbe sicuramente ritorto sulla mia incolumità personale. Quindi sorrisi e conclusi deferentemente: “Va bene signore, grazie comunque dell’attenzione signore ed arrivederLa.” Questa volta, ne sono certo perché lo udii distintamente uscendo, il grugnito ci fu e questo saluto lo serbo ancora tra i miei ricordi più belli della cortesia dei negozianti di Carrara, in barba a tutti coloro che li considerano maleducati.
Posted on: Tue, 29 Oct 2013 07:39:23 +0000

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