CONTRO IL PRESIDENZIALISMO PER LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE - TopicsExpress



          

CONTRO IL PRESIDENZIALISMO PER LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE APPELLO NESSUN PRESIDENZIALISMO - DIFENDIAMO LA COSTITUZIONE La sciagurata esperienza del ventennio fascista e la lotta di liberazione hanno influito significativamente sui contenuti della nostra Costituzione (principi fondamentali, diritti dei cittadini, pluralismo sociale e istituzionale, organizzazione garantista della Repubblica, ruolo del Presidente della Repubblica quale garante e custode della Costituzione). Le basi dell’unità antifascista sono state il punto di riferimento ai fini della elaborazione ”di un programma dello Stato di largo respiro, da consegnare alle generazioni future” (Cheli, Il problema storico). Circostanze storiche e influenze culturali hanno conferito alla Costituzione repubblicana “un’autorità morale e un’autorità politica assolutamente incontestabili” (Crisafulli, Lo spirito della Costituzione). Il processo attuativo si è svolto però attraverso un cammino lentissimo e sinuoso e neppure oggi appare concluso; negli ultimi decenni si sono invece realizzate forzature e modifiche di regole e consuetudini istituzionali fino alla più recente tendenza demolitrice dell’intero impianto costituzionale. Il primo attacco è rappresentato dalla riforma del Titolo V che di fatto ha svuotato significativamente la parte dei principi fondamentali e più di recente le modifiche all’art. 81 con l’introduzione del principio del pareggio di bilancio (previsto nel Trattato UE e che comporterà ulteriori modifiche di qui al 2014). Si assiste ad una progressiva dissolvenza della democrazia con l’aggravante del raggiro di molti risultati referendari (Ministero dell’agricoltura, finanziamento dei partiti, contro la privatizzazione dell’acqua e dei pubblici servizi), con la perdita di competenze dello Stato nella tutela del paesaggio e dei beni artistici, con la riforma elettorale (porcellum) che snatura la rappresentanza, con cessioni di sovranità (Governo Monti e fiscal compact). Si evidenzia un deficit della democrazia che giunge oggi al governo delle “larghe intese”: e la fragilità della politica blinda il proprio potere nella riforma costituzionale in senso presidenziale (non necessaria e che nasce da una visione istituzionale accentratrice e dai diktat dei poteri finanziari); nel mentre non si presta la dovuta attenzione alla risoluzione dei problemi veri del Paese e prima di tutto quelli relativi al lavoro (disoccupazione, emigrazione giovanile, povertà emergente), alla moralizzazione della politica e della classe dirigente. Proporre il presidenzialismo o semipresidenzialismo (o elezione diretta del Capo dello Stato, del Governo,…), mettere in discussione il procedimento di revisione costituzionale (art. 138 Cost.), azzerare o indebolire la repubblica parlamentare, significa portare un attacco alla Costituzione, alla stessa democrazia, in definitiva, come autorevolmente dichiarato, sarebbe “l’anticamera della dittatura”. Per rafforzare la democrazia e garantire il controllo e la partecipazione popolare, è invece indispensabile procedere ad una seria riforma del sistema elettorale, all’introduzione nel nostro ordinamento del referendum propositivo, alla correzione del bicameralismo. La debolezza della politica e l’incapacità istituzionale di gestire l’esistente sono direttamente proporzionali alla perdita di coesione sociale, all’alienazione dei cittadini dalla vita pubblica, alla perdita di dialogo tra quelle forze che sulla base della solidarietà e di alti ideali e principi morali hanno scritto la Costituzione prefigurando uno Stato sociale e di diritto. In tale condizione, la scelta presidenzialista è assai pericolosa e prefigura scelte autoritarie. In questo contesto si fa APPELLO a tutte le/i cittadine/i, le realtà politiche e sociali che si riconoscono nella Costituzione, contro il presidenzialismo, per recuperare e rafforzare la democrazia, per la difesa delle libertà, del lavoro e dell’uguaglianza. COMITATO PER LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE E DELLA DEMOCRAZIA – ROMA TIBURTINA - FB: Comitato Difesa della Costituzione Roma Tiburtina Contributo al dibattito sul tema: di Raniero La Valle - È in corso un attacco alla Repubblica e alla Costituzione; non parlo del precipitare verso il presidenzialismo che è di tutto il PDL, degli ex fascisti e di una parte consistente anche del Partito democratico: questo si discuterà quando si entrerà nel merito delle riforme costituzionali. Parlo della legge costituzionale che detta nuove e fantasiose procedure per la modifica della Costituzione, che il governo Letta d’accordo con Napolitano ha purtroppo presentato come uno dei punti fondamentali del suo programma e che, con arbitraria procedura d’urgenza, è in questo momento in discussione al Senato. Tale legge non è una legge che direttamente modifica la Costituzione, ma la “deroga”, in quanto prescrive una procedura non costituzionale per la revisione costituzionale; è una legge di modifica che sarà la madre di tutte le modifiche e che perciò giustamente dai Comitati Dossetti è stata chiamata “legge grimaldello”. Si tratta infatti dell’arma che mancava per le agognate riforme della Seconda parte della Costituzione, la quale, finora, grazie agli strumenti di garanzia che la presidiano, ha resistito a tutti i venti e le maree. Il grimaldello sta per l’appunto nel disegno di legge costituzionale che, accantonando l’art. 138 della Carta che la protegge, scardina le porte d’ingresso della revisione costituzionale e mette la Costituzione, resa in tal modo “flessibile” da rigida che è, alla mercé dell’attuale maggioranza parlamentare, innaturale e iconoclasta; e nello stesso tempo impedisce che si facciano, rispettando le regole, le vere e puntuali riforme che sono opportune e coerenti (a cominciare dalla differenziazione del bicameralismo, con la novità di un Senato della Repubblica e delle autonomie). La battaglia per far fallire questa legge interrompendone l’iter parlamentare, è dunque la battaglia estiva da fare, e la più urgente. La normativa che sancisce la deroga dovrebbe essere infatti approvata in seconda lettura (trattandosi di una legge costituzionale) tra l’ottobre e il novembre prossimi, e il tempo è poco perché si tratta di convincere il Parlamento a far cadere la legge, o almeno a non approvarla con la maggioranza dei due terzi, ciò che permetterebbe il ricorso al referendum popolare per una sua conferma o bocciatura. Il tempo è poco anche perché in questi mesi, prima che la legge grimaldello vada in vigore, bisognerebbe modificare la legge elettorale “Porcellum”; dopo non sarà più possibile perché la riforma elettorale entrerà nel pacchetto delle riforme costituzionali e quindi se ne parlerà tra due anni, e nel frattempo il “Porcellum”sarà blindato come immodificabile, sicché o non si potranno sciogliere le Camere o si dovrà votare ancora una volta con la legge vigente, che ci ha procurato i Parlamenti deformi che sappiamo. Ma perché questo accanimento per cambiare la Costituzione, che giunge fino al tradimento dei principi e delle regole su cui essa è fondata? Il governo, che si è autoproclamato dominus e arbitro della riforma costituzionale, ha presentato al Senato una relazione che accompagna il disegno di legge grimaldello, dicendone tutto il bene possibile. Ma la vera relazione, negli stessi giorni, è quella che si ricava da un documento della Jp Morgan, la famosa banca d’affari americana che ha così grandi responsabilità nelle speculazioni che innescarono nel 2008 la crisi mondiale. Per quanto la si possa accusare di avventatezza, la Morgan di capitalismo se ne intende. E in un documento del 28 maggio scorso ha scritto, nero su bianco, che la colpa del dissesto economico europeo è delle Costituzioni nate dopo la caduta delle dittature, e “rimaste segnate da quell’esperienza”: insomma delle Costituzioni antifasciste. Esse mostrerebbero una forte influenza delle “idee socialiste” (l’apporto dei cattolici e dei liberali è ignorato) ragion per cui è oggi difficile applicare le misure di austerità; infatti a causa di quelle Costituzioni i Parlamenti sono troppo forti nei confronti dei governi, le regioni troppo influenti sui poteri centrali, ci sono le tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori e – addirittura! – c’è “la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo”. Già si era detto che la convinzione dominante a Bruxelles e a Francoforte (cioè nella Banca e nelle istituzioni europee e nella Banca tedesca) fosse che per affrontare la concorrenza internazionale si dovrebbero abbandonare “molte delle conquiste della civiltà europea degli ultimi cinquant’anni”, ed ecco che i banchieri americani danno il nome a queste conquiste da cancellare: sono le Costituzioni. in Italia si sta provvedendo. Glielo lasceremo fare?
Posted on: Sat, 29 Jun 2013 01:04:56 +0000

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