Candreva racconta la sua rivincita: Fiero se diventassi capitano. - TopicsExpress



          

Candreva racconta la sua rivincita: Fiero se diventassi capitano. Alla Roma? Non accetterei Rewind, torniamo a quel 31 gennaio 2012 ultimo giorno di mercato. In casa Lazo sembrava fatta per il centrocampista del Cska Mosca Keisuke Honda, un colpo importante per la società biancoceleste che era in piena corsa per il terzo posto che avrebbe garantito laccesso ai preliminari alla Champions League. I tifosi laziali già pregustavano il colpaccio dopo un tira e molla infinito tra le due società, ma nel tardo pomeriggio la beffa, tra Cska e la Lazio salta tutto. Lentusiasmo si tramuta in rabbia e delusione, la gente laziale vive lennesima beffa al fotofinish. Proprio al fotofinish arriva dal Cesena a sorpresa Antonio Candreva che non aveva di certo brillato nella sua esperienza in Romagna. Viene accolto malissimo dai laziali Candreva perchè etichettato romanista, per qualche dichiarazione rilasciata mesi prima. Candreva da grande professionista non ha badato alle chiacchiere e a queste ha risposto con gol e prestazioni da vero fuoriclasse. Ora il centrocampista romano è un punto inamovibile nellundici di Petkovic e soprattutto uno degli idoli della Curva Nord. Lesame più difficile della vita, così lo definisce Candreva sulle colonne di Sportweek, settimanale in edicola con la Gazzetta dello Sport ogni sabato. LARRIVO A ROMA – Laccoglienza per Candreva non fu delle migliori, nel primo allenamento di Formello che coincideva poi con la vigilia di Lazio – Milan, cera uno striscione ad attenderlo che recitava “Benvenuto allInferno”: “Me lo ricordo eccome. Lo guardai e provai delusione, amarezza, impotenza. E ricordo che, all’uscita, Andrea Moretti, il mio agente, mi fece sdraiare sul sedile posteriore della sua auto per evitare che i tifosi ammassati all’esterno mi riconoscessero”. I tifosi non avevano dimenticato le dichiarazioni di Candreva poco tempo prima: “Sono cresciuto a Tor de’ Cenci, quartiere romanista. Ho cominciato a giocare nel Lodigiani, storico serbatoio giallorosso. La mia prima partita alla Juve l’ho giocata contro la Roma: alla vigilia mi chiesero quali fossero i giallorossi che preferivo e io feci i nomi di Totti e De Rossi. Dissi la verità, nient’altro. A Candreva non pare normale che nel calcio italiano un professionista non possa dichiarare simpatia per chi porta i colori dellaltra squadra della città, ma ha capito che quasi sempre la sincerità alla fine non paga: “Infatti nelle interviste sono diventato più banale. Dire quello che si pensa lascia addosso fastidiose etichette”. I fischi si sono trasformati in applausi grazie anche al carattere del centrocampista biancoceleste: “ Sicuro di me senz’altro, orgoglioso tanto. Volevo far ricredere chi mi criticava perché il vero Candreva non era quello visto alla Juve e poi a Cesena, il giocatore che un po’ si era perso. Ma sinceramente non credevo che sarei riuscito a trasformarli in applausi, quei fischi. Perché non ero me stesso. Ero triste, cupo. In campo non riuscivo a fare le cose che sapevo. Era difficile uscire di casa, era difficile andare a Formello ad allenarmi. Non ho mai temuto però per la mia incolumità, Non sono mai stato aggredito fisicamente. Ma di insulti ne ho presi tanti (ride). Visto come sono andate le cose, posso dire che mi hanno dato la spinta a non mollare. Poi è arrivato quel 7 aprile, la partita col Napoli, e lì è cambiato tutto. Era destino”. E in quel Lazio – Napoli spazzò via tutto: “Una settimana prima era morto Giorgio Chinaglia: per i laziali, più di un idolo. Allo stadio c’era un’elettricità particolare. Io non ero neanche sicuro di giocarla, quella partita. Vivevo un momento molto duro: la gente non mi voleva. Le chiacchiere sul mio presunto tifo romanista facevano di me un nemico, il fatto che fossi arrivato all’ultimo giorno del mercato di gennaio dopo che erano circolati i nomi di Honda e Nilmar mi davano il valore di uno scarto: non riuscivo a immaginare una situazione peggiore. La mattina della partita viene da me Reja, il nostro allenatore all’epoca, e mi dice: tu oggi giochi. Mi si accende una scintilla, capisco che è la mia ultima possibilità. Gioco alla grande, faccio gol, corro sotto alla Nord, la nostra curva. Quel giorno sono rinato”. In Lazio – Lecce i tifosi biancocelesti chiamarono Candreva sotto la Curva: “Sì. Il mio nome era stato sempre fischiato all’annuncio della formazione. Quella volta, all’ingresso in campo, i capi ultrà mi aspettavano sulla pista. Mi avvicinai, e dissero: “In questi mesi hai dimostrato impegno. Hai dimostrato di tenerci. Da oggi ti lasceremo tranquillo, perché per noi sei entrato a far parte della Lazio. Io dissi finché starò qui darò il duecento per cento per questa maglia. Lo avrei fatto comunque, adesso a maggior ragione: mai sono stato coccolato come qua, da aprile 2012 a oggi. Il concetto di senso d’appartenenza per me significa davvero qualcosa, ora. Ma non dimentico che senza quel gol al Napoli oggi probabilmente non sarei qui”. Magari un giorno Candreva diventerà capitano della Lazio: “Ne sarei fiero, ma in squadra c’è gente con più anni di servizio e più esperienza rispetto a me: penso a Ledesma, a Radu. Io mi candido a punto di riferimento nel gruppo: ci provo già, anche se potrei fare di più”. A sancire la pace in modo definitivo ci ha pensato il gol nel derby della scorsa stagione: “Sì. Capii di essere entrato nella storia del club”. TEST DI LAZIALITA – Il giornalista Fabrizio Salvio mette alla prova Candreva con un test di lazialità. Allora è venuto il momento del test di lazialità. (sguardo perplesso) Il ritornello, almeno quello, dell’inno della Lazio: … Senza musica non mi viene…».Lazio sul prato verde… «… vola, Lazio tu non sarai mai sola. Vola un’aquila nel cielo, più in alto sempre volerà!. La formazione del primo scudetto, stagione 1973-74. Nun me fa fa’ brutte figure… Pulici… (mmm)… Wilson…. In ordine: Petrelli… Wilson… O… Oddi, Martini. Centrocampo: Re Cecconi… . Fru… Frustalupi . Na… Nann… Nanni. Vi… Vince… Vincenzo D’Amico! Poi Chinaglia e Garlaschelli. Dài, qualcuno l’ho preso!. Chi ha più presenze nella storia del club? Alessandro Nesta. No, Favalli. Quello che ha fatto più gol? Piola. La figlia m’ha pure premiato. Quello che ha segnato per primo in una coppa europea? Chinaglia. Se la chiamasse la Roma? No. Non accetterei mai. IL RUOLO – Candreva nasce come trequartista ma si è saputo affermare come esterno di centrocampo: “Se non sono esploso prima è anche colpa mia. Non sono stato abbastanza continuo, ma è vero che è difficile esserlo se non sei pronto mentalmente. Ed è impossibile riuscirci se non giochi. All’estero, se uno è bravo, non guardano la carta d’identità. I più forti al mondo nel mio ruolo sono David Silva e Ribéry, in Italia invece Cerci e El Sharaawy”. La rivincita di Candreva: “ Provo solo l’orgoglio di aver fatto vedere che lavorare a testa bassa paga. Poi, certo, ci vuole anche fortuna. Ma la fortuna te la devi andare a cercare”
Posted on: Sat, 16 Nov 2013 13:28:43 +0000

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