Capitolo 7 Pedinamento pericoloso “Andiamo?” chiese - TopicsExpress



          

Capitolo 7 Pedinamento pericoloso “Andiamo?” chiese nervosamente Leon, avvicinandosi alla macchina del capo. “Che ti prende?” ribatté Pablo con uno sguardo perplesso. Era evidente che al suo assistente era successo qualcosa, e forse aveva intuito anche quale persona riguardasse. Violetta Castillo. Quella ragazza era furba, fin troppo furba. Nascondeva molte cose, ma non sarebbe riuscita a farla franca a lungo. “Niente, davvero” rispose Leon, alzando il tono di voce. Era furioso e abbattuto allo stesso tempo. Non poteva credere a come lo aveva trattato; solo perché era ricca, questo non le dava il diritto di giocare con i suoi sentimenti, i sentimenti di un giovane apprendista di Scotland Yard. “Oggi condurremo qualche interrogatorio per la morte di Natalia. Ci hanno dato l’opportunità di utilizzare la sala professori” spiegò Pablo con aria stanca. Non aveva dormito tutta la notte per pensare; la domanda che continuava ad attanagliarlo sul perché Natalia non avesse parlato lo stava logorando. Ma adesso c’era altro che non comprendeva: come mai Ludmilla non voleva parlare di ciò che sapeva? I due si diressero nel corridoio, e si affacciarono nell’aula di danza nel pieno della lezione per chiamare Jackie e farle qualche domanda. Non appena si affacciarono, Violetta, che stava provando una coreografia singola sotto lo sguardo attento dell’insegnante, alla vista di Leon poggiò male un piede cadendo clamorosamente. I compagni scoppiarono a ridere, come anche Jackie, mentre Francesca accorse in suo aiuto, aiutandola a rialzarsi. Fu a quel punto che Pablo notò un particolare, qualcosa che gli fece cambiare idea sull’ordine con cui avrebbe voluto iniziare gli interrogatori. “Vorremmo parlare con Francesca Artico, se ce lo concede” esclamò con un mezzo inchino. Leon lo guardò sorpreso, ma rimase in silenzio: non dovevano chiamare prima Jackie? L’insegnante annuì, dando il permesso alla sua studentessa. L’italiana si irrigidì di colpo, poi abbozzò un sorriso nervoso e seguì i due nell’aula professori sotto lo sguardo attento e preoccupato di Violetta. “Che rapporti aveva con Natalia?” esordì l’investigatore, sedendosi sulla sedia dietro la scrivania, con affianco Leon in piedi che prendeva appunti. “Natalia?” chiese con voce tremante Francesca come per essere sicura della domanda, o forse per prendere tempo e pensare alla risposta. Pablo annuì, tirando fuori un sigaro. “Le spiace?” chiese premurosamente. “No, non si preoccupi” disse l’italiana, cominciando a torcersi le mani. Seguì con lo sguardo ogni piccolo gesto con cui il suo interlocutore stava accendendo il sigaro, non perdendosi nemmeno un dettaglio. Aveva paura…paura che l’avessero scoperta. “Eravamo buone amiche, ma non così tanto da confidarci segreti e cose del genere” rispose Francesca. Pablo annuì soddisfatto, poi cominciò ad armeggiare nelle sue tasche alla ricerca di qualcosa con la mano libera. Piccole volute di fumo si alzavano fino a raggiungere il soffitto, infrangendosi al minimo contatto e disperdendosi nell’ambiente circostante. “Eccola!” esclamò soddisfatto l’investigatore, estraendo una cintura nera da donna. Francesca la osservò e cercò di nascondere il terrore che l’attanagliava. Non poteva essere eppure… “E’ un modello come quelle che indosso io” disse Francesca, temendo il peggio. Cosa voleva dire? Perché le aveva mostrato quell’oggetto? “Esatto, ne porta una anche adesso se non sbaglio” le fece notare Pablo, dando un’altra tirata con il sigaro. La ragazza annuì e deglutì. “Con questa è stata strangolata Natalia” aggiunse dopo un po’ con assoluta calma. Silenzio. Leon aveva smesso di scrivere e fissava esterrefatto la cintura che indossava in quel momento la sospettata: erano identiche. Guardò Pablo e notò la sua tranquillità; ma a che gioco stava giocando? “Immagino ci sarà una spiegazione, e immagino che non sia sua…” sussurrò Pablo. Francesca implorava pietà con lo sguardo, non reggeva più quella pressione, si sentiva accusata, senza possibilità di fuga. “Io…”. “Lasciatela stare, non vedete che è scossa?!” li interruppe una voce all’entrata della stanza. Violetta aveva aperto la porta con furia, facendo puntare su di sé l’attenzione dei presenti. Rimase ancora un po’ sulla soglia, sostenendo lo sguardo pacato di Pablo, poi si avvicinò all’amica poggiandole una mano sulla spalla, per sostenerla. “Leon, ti prego, portala fuori, devo finire l’interrogatorio” esclamò pacificamente l’uomo con un sorriso soddisfatto. Era tutto sempre più chiaro ai suoi occhi…le dinamiche, i moventi, la psicologia dei coinvolti in quel caso così assurdo. Il ragazzo annuì titubante, prese Violetta per un braccio, mentre i loro sguardi si incrociarono. Leon abbassò subito il suo, per non dover ricordare ciò che era successo quella mattina. La ragazza non oppose resistenza per qualche minuto, ma poi, quando furono fuori dall’aula, cercò di rientrare dentro. “Non puoi entrare!” esclamò Leon, senza mollare la presa. “Lasciami stare” ribatté freddamente Violetta, a pochi centimetri da lui. “Devi smetterla di fare la ragazzina viziata!” urlò lui nel corridoio deserto, in preda alla rabbia e al rancore. L’idea che non lo amasse quanto lui gli faceva male, troppo male. Non pensava davvero quelle parole, ma gli erano uscite in modo incontrollabile. Violetta sgranò gli occhi; il suono di uno schiaffo risuonò nell’aria. “Non dirlo mai più…” sussurrò Violetta con la mano ancora a mezz’aria. Aveva gli occhi lucidi, era sicuro che di lì a poco sarebbe scoppiata a piangere. Leon si tastò piano la guancia rossa dolorante. La ragazza si lasciò cadere lungo la parete con le mani che le corpivano il viso e cominciò a piangere. “Scusa, io non volevo…non lo penso davvero” disse il giovane, sedendosi accanto a lei e prendendole la mano timoroso. “Ho perso mia madre a cinque anni. Si è suicidata, soffriva di una brutta forma di depressione, e mio padre non è stato in grado di fare nulla per aiutarla. Non l’ho mai detto a nessuno. Per tutti è morta in seguito a una malattia, sarebbe come infangare la sua memoria se la verità venisse a galla” disse d’un tratto Violetta con voce calma. Il suo sguardo era oscurato da un velo di tristezza. Leon rimase colpito per quelle parole, e per il fatto che si fosse confidata con lui, proprio lui, nessun altro. Senza pensarci due volte fece passare il braccio intorno alla sue spalle e la strinse forte a sé in un abbraccio. “Mi dispiace, sono uno sciocco, uno stupido inetto, incapace di tenere a freno la lingua. Non lo penso davvero, solo che io…” borbottò il ragazzo più a se stesso che a lei. Violetta, si strinse ancora più forte e poggiò la testa al suo petto: “Non è colpa tua. E poi adesso sei qui, mi stai abbracciando, e mi sento protetta per la prima volta da quando non c’è più”. Non riusciva a credere a quello che le era uscito dalla bocca. Si scostò, arrossendo vistosamente, mentre Leon la guardava incantato. “Io…devo andare a lezione” disse, alzandosi di scatto, sempre più rossa. In quel preciso istante uscirono anche Pablo e Francesca, che a quanto pare avevano concluso con le domande. Violetta si precipitò ad abbracciare l’amica: “E’ andato tutto bene?”. “Natalia è stata strangolata con una cintura identica a quelle che indosso io tutti i giorni” disse con voce tremante l’italiana. Violetta si staccò dall’abbraccio, guardando freddamente linvestigatore: “Non le sembra un po’ poco per accusare una persona di omicidio?”. Pablo annuì sorridendo: “E infatti non sto accusando nessuno, signorina Castillo. E ora, dovrei fare qualche domanda anche a lei, se non le dispiace”. La ragazza si irrigidì e seguì l’investigatore dentro. Leon si alzò e fece per entrare, ma il capo gli fece un cenno per dirgli di rimanere lì. Come mai non lo voleva? Forse lo riteneva già troppo emotivamente coinvolto per seguire il caso. Arrabbiato come non mai decise di fare un giro per lo Studio per sbollire la frustrazione. All’uscita incrociò Diego, che si era acceso una sigaretta con molta noncuranza del fatto che ci fossero le lezioni da seguire. “Ah, signor Vargas” borbottò annoiato, avvicinandosi all’assistente. “Le vorrei fare qualche domanda” disse Leon, andando dritto al punto. “E con quale autorità?” chiese divertito il giovane, sistemandosi la giacca elegante. Fece finta di ignorare le sue parole. “Di cosa stava parlando stamattina presto con la signorina Castillo?” lo interrogò. “Non penso che le mie questioni private la riguardino, signore” rispose, sottolineando l’ultima parola così da lasciare intendere un misto di derisione e ironia. Leon si avvicinò, questa volta minaccioso. “Le consiglio di dirmelo. Ai miei occhi rimane sempre il sospettato per eccellenza di questo delitto” lo intimò a bassa voce, digrignando i denti. Diego scoppiò a ridere, gettò la sigaretta per terra e la calpestò con il piede per spegnerla. “Il ruolo del duro non le si addice, per quanto possa essere apprezzabile l’impegno che ci mette” concluse, voltandosi e tornando dentro l’edificio. Dopo aver interrogato Violetta, che non ebbe nulla di interessante da dire, fu il turno di Camilla Torres, la giovane ballerina, apprendista di Jackie. “Mi è stato confermato che lei la mattina si deve presentare prima alla scuola per sistemare alcune attrezzature della palestra e ideare nuove coreografie da mostrare all’insegnante di danza, Jackie” cominciò a dire Pablo, sempre con il suo solito tono pacato. “E’ vero, infatti anche quel giorno mi sono presentata presto allo Studio” confermò la ragazza con sicurezza. “E ha visto Natalia?” chiese l’investigatore con enfasi. “Si…l’ho incontrata, povera ragazza. Era visibilmente tesa, mi ha detto che doveva incontrare un’amica, una sua compagna di classe. Le ho chiesto se potessi esserle utile in qualche modo, anche perché aveva cominciato a tremare. Mi rispose che sperava solo che quella storia avesse fine al più presto. Non so però a cosa si riferisse. Mentre entravo ho notato che si era diretta al giardino dietro la scuola” concluse Camilla. Pablo annuì segnandosi il tutto sul taccuino che il suo assistente aveva lasciato lì. L’aveva visto fin troppo in confidenza con quella Violetta, e non voleva che fosse troppo partecipe al caso in vista di ciò. “Se non ha altro da chiedermi, io dovrei andare…” disse Camilla, facendo per alzarsi. “Ma certo! E scusi per il disturbo” la saluto Pablo, accompagnandola alla porta. In quel preciso istante vide passare Angie che parlava con Ludmilla. “Non capisco davvero come sia stato possibile…” disse l’insegnante perplessa di fronte alla rimostranze della studentessa. “Non succederà più” concluse, allontanandosi ed emettendo un lungo sospiro. “Signorina Angie!” la richiamò l’investigatore, facendola voltare. La donna si sciolse in un dolce sorriso, che fece rimanere Pablo di sasso. La penna gli cadde di mano, mentre le mani cominciarono a sudare. ‘No, Pablo, no! Non pensare a quello a cui stai pensando, non farlo! Il caso, maledizione, il caso!’ pensò l’investigatore, cercando di farsi forza per non cedere di fronte a tutta quella bellezza. “Signor Galindo” esclamò lei, avvicinandosi. “Immagino sia qui per il caso” aggiunse poco dopo, giocando con le punte dei suoi capelli di un biondo scuro. Pablo era troppo preso ad osservare quel gesto e a rimanerne incantato per formulare una risposta. “Immagino sia qui per il caso” ripeté a voce più alta, facendolo riscuotere. L’uomo raccolse in fretta la penna e mise il taccuino davanti al suo viso, per non doversi di nuovo incantare: insomma lui ci teneva ad essere professionale. “Si, infatti sono qui per il caso” rispose, facendo finta di leggere qualcosa di importante tra le pagine bianche. “Immagino anche che mi dovrà interrogare” disse piano l’insegnante, riponendo alcuni fogli in una cartellina di cartone azzurra. “Lei…no! Anzi, si! Beh, si, devo interrogare tutti” ribatté continuando a tenere lo sguardo sul taccuino. “Prego, entri…” sussurrò scostandosi per farla entrare e rischiando di inciampare, andando a sbattere contro lo stipite della porta. Si passò una mano sulla fronte, che scoprì essere umida per il sudore, mentre Angie lo guardava con un misto di divertito e premuroso. “Sta bene, signor Galindo? La vedo pallido” . Si, certo. Sto benissimo rispose in fretta Galindo. ‘Forse ho la febbre. Certo, sarebbe plausibile, razionalmente plausibile’ pensò Pablo, seguendo la donna all’interno dello Studio. Leon si aggirava per la scuola, poiché Pablo non aveva voluto che partecipasse agli altri interrogatori. Lo trovava profondamente ingiusto. Lui non era troppo coinvolto emotivamente, magari poteva essere leggermente interessato a quella ragazza, Violetta. Leggermente interessato? D’accordo, parecchio interessato. Forse un pochino troppo. Si diede dello stupido per tutte quelle scuse che stava cercando di accampare per convincere se stesso: era innamorato. E non era una semplice cotta, era un sentimento profondo che lo faceva stare bene, ma allo stesso tempo gli faceva male. In parte sentiva di essere ricambiato, ma tutti quei rifiuti dimostravano il contrario. E non gli interessavano le parole di Violetta: se lei l’avesse davvero amato, avrebbe corso il rischio e non avrebbe lasciato che le sue paure le impedissero di provare ad essere felice al suo fianco. Si appostò dietro un albero non appena vide Diego impegnato in una conversazione proprio con Violetta. Le lezioni dovevano essere finite da un po’, perché la ragazza sembrava rilassata. “Allora ci penso io, lo vado a prendere ora” esclamò Diego, guardandosi intorno per essere sicuro di non essere sentito. “Si, perché io non posso farlo” disse Violetta con lo sguardo basso e l’aria colpevole. “Non importa, ma ricorda che mi devi un favore. Io sto aiutando te, ma tu mi devi qualcosa in cambio” concluse il ragazzo con un’aria seria. I due si separarono, e Leon decise di seguire il ragazzo. Il suo primo pedinamento. Era sempre più sicuro che il colpevole del delitto fosse Diego, e seguirlo era l’unico modo per incastrarlo; sperava vivamente che Violetta non fosse coinvolta, ma averla vista confabulare con Diego non giocava certo a suo favore. “Si sieda pure…Di cosa stava parlando con Ludmilla?” chiese curioso Pablo, mentre la penna gli sfuggì di nuovo, cadendo a terra. “Le stavo spiegando che gli spartiti con alcuni esercizi che mi aveva consegnato sono misteriosamente scomparsi” spiegò Angie dubbiosa. “In che senso?” la interrogò Pablo. “Sono letteralmente spariti dal mio armadietto che si trova in questa stanza” spiegò Angie. Leon seguì Diego lungo alcune strade che non conosceva bene. Si stavano allontanando dal centro della città. Il ragazzo prese una corriera che stava passando e lui salì, tenendolo d’occhio per sapere dove scendesse. “Quindi lei non teneva il suo armadietto chiuso a chiave?” chiese l’investigatore, appuntandosi tutto sul taccuino. “No…ma è importante tutto questo per il caso?” domandò la donna perplessa. “Temo di si” rispose Pablo con aria assorta. Diego scese in una zona periferica, in quelli che si potrebbero definire i bassifondi della città. Leon continuò a stargli dietro lungo le vie strette e buie, dei veri e propri vicoli, che davano un senso di soffocamento. “Pensa che qualcuno possa averli rubati? Che possa essere stato l’assassino? Ma non ha alcun senso!” esclamò esterrefatta Angie. Pablo annuì piano: “Così si spiegherebbe già quello strano fenomeno. Mi sembrava tutto troppo semplice, troppo ovvio”. “Non la capisco!” disse la donna, rinunciando a comprendere la mente contorta del suo interlocutore. “Ma lo sa che quando riflette e assume quell’espressione ha un non so che di buffo e attraente allo stesso tempo?” aggiunse poco dopo, accompagnando il tutto con una risata dolce. Pablo arrossì all’istante, cominciando a trafficare con il primo oggetto che gli capitasse a tiro. Fece un respiro profondo continuando a concentrare la sua attenzione su quello strano soprammobile di vetro a forma di coccinella sul tavolo. Diego svoltava in continuazione: destra, sinistra, destra. Leon gli andava dietro con circospezione per evitare di essere scoperto. Improvvisamente lo perse di vista. Digrignò i denti: come aveva fatto a lasciarselo scappare? Proseguì lungo la strada che aveva preso, finendo sotto un ponte trasandato con uno strano odore di muffa. Doveva pensare a come comportarsi.Forse era meglio tornare allo Studio, così ne avrebbe parlato con il suo capo. Dun tratto sentì la presenza di qualcuno: dei passi si stavano muovendo dietro di lui. “Ho paura che qualcun altro possa correre pericoli” sussurrò Pablo. Cercò di voltarsi in tempo, per sorprendere il suo inseguitore, ma non fu abbastanza rapido. Una botta in testa, e Leon cadde sulla fredda strada. “E potremmo dover avere a che fare con un altro omicidio…” disse piano l’investigatore, avvertendo improvvisamente una scossa di brividi. Lunica cosa che vide il giovane assistente in quel momento fu buio. Buio e oscurità. NOTA AUTORE: eccomi con un nuovo capitolo. Allora si...forse non è un granchè (ma sarete voi a dirmelo), ma è comunque essenziale per il proseguimento della storia. Come vi avevo promesso nuovi indizi sono venuti a galla...E tanto mistero! Ma andiamo con calma, che questo giallo è sempre più intricato (e lo è anche per la mia povera testa, che ad ogni capitolo deve fare mente locale xD). Allora Francesca sembra essere la principale sospettata dellomocidio di Nata. O almeno così sembra. Non sappiamo cosa pensa il nostro Galindo, almeno per ora...Violetta si intromette durante linterrogatorio e viene portata fuori da Leon: oddio quanto sono belli! Ho amato la loro scena lungo il corridoio deserto *-* ankcgqiueogf *muore* Ma Violetta continua a non volersi lasciare andare (per ora...), vediamo quanto durerà la sua resistenza (che di fronte a Leon non può essere così forte xD). Nel frattempo Camilla ci fa capire che Nata aspettava Ludmilla (ma questo lo potevamo intuire anche dal biglietto...), piuttosto anche lei è sospetta: da sola nello Studio di mattina, senza testimoni, potrebbe benissimo aver ucciso lei Natalia. Pablo, che tanto critica il nsotro Leon, si sta prendendo una bella cotta per Angie, ma questo non gli impedisce di riflettere lucidamente sul caso. La scomparsa degli spartiti per Pablo è un altro tassello che risolve una questione in sospeso (capite quale?). Una questione che ci porta a sospettare già di qualcuno...e su, aiutatemi, non mi fate dire tutto! xD Leon sente di nuovo Diego e Violetta confabulare, e decide di pedinare Diego, ma lo perde di vista e viene aggredito da un personaggio misterioso (chi sarà?). Tanti colpi di scena in questo giallo...e tanti indizi. Se vi state perdendo affidatevi alle mani sapienti di Pablo che ben presto (penso) ricapitolerà la situazione! O comunque rileggetevi anche i precedenti capitoli, che forse unidea potreste cominciare a farvela (o forse no xD Questo caso è davvero complicato O.O). Buona lettura a tutti, e fatemi sapere che ve ne pare :D Il giallo continua!
Posted on: Thu, 28 Nov 2013 17:39:20 +0000

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