Caro Federico, le voci non ufficiali di questi ultimi momenti - TopicsExpress



          

Caro Federico, le voci non ufficiali di questi ultimi momenti parlano che il rientro in divisa degli gli agenti che ti hanno ucciso senza una ragione, in un’alba di una domenica mattina infame, bastarda e assassina sarebbe previsto tra otto mesi o giù di lì. Due poliziotti, quello “dell’abbiamo bastonato di brutto per mezz’ora”, tale Pontani Enzo e Monica Segatto (l’unica che con te a terra fu vista percuoterti con il manganello) testimone tra l’altro di quello che stava vedendo con “… moderate che ci sono le luci accese…” quindi correa di quell’azioni improvvide, ora sono agli arresti domiciliari. La legge (sentenza definitiva di cassazione) li ha condannati a tre anni e 6 mesi di carcere (ridotti a sei mesi a causa dell’indulto) senza se e senza ma. Queste persone sono dipendenti dello Stato, stipendiate da tutti i cittadini. Lo Stato attraverso suoi organi (giudici), in tre gradi di giudizio le ha ritenute inidonee a ricoprire un ruolo così importante e delicato, quale può essere quello della Polizia di Stato. Per i regolamenti interni della polizia esistono anche le commissioni disciplinari che hanno il compito di decidere sul futuro dei propri dipendenti, come in questo caso e dopo il carcere. Per le leggi vigenti di questo corpo, carcere non equivarrebbe a licenziamento nel caso di condanna per omicidio colposo. Soltanto il disonore che hanno arrecato potrebbe portarli al licenziamento. Certo che prevedere e immaginare che queste persone possano tornare a vestire una divisa o anche a ricoprire incarichi amm.vi all’interno della stessa Polizia di Stato, dal mio punto di vista, di padre, di cittadino, sarebbe come un’offesa al lavoro di tanti altri “poliziotti onesti”, ma anche e soprattutto di tantissimi lavoratori di altri settori che in questi periodi mai così grigi e bui vengono licenziati, non per aver ucciso, ma per “sbagli” della nostra politica. Che dire: · se non si licenzia chi abbia ucciso un innocente senza una ragione, bastonandolo di brutto per mezz’ora, rompendogli addosso due manganelli, occultandoli anche…, nonostante le sue chiare invocazioni di aiuto (basta… aiutatemi), sovrastandolo di botte e calci, fino a portarlo allo schiacciamento del cuore; · se non si licenzia chi abbia affermato il falso, essendone invece portatore di verità e giustizia, per quella divisa indossata; · se non si licenzia chi abbia creato patimento e sofferenza alla giustizia nonchè alle persone coinvolte, intralciandone addirittura il percorso e costringendole ad uno sforzo non di loro competenza; · se non si licenzia chi abbia, dopo una condanna definitiva, ad offendere una madre colpita nel suo amore più grande con delle parole inqualificabili, a dimostrazione della personalità violenta di chi in realtà quella mattina incontrò; quando si licenzia allora? E’ emblematico quando in uno degli innumerevoli passaggi il Tribunale di sorveglianza di Bologna, che decise per il carcere ai quattro responsabili della morte di un ragazzo, negando altre forme alternative di pena (domiciliari o assegnazione ai servizi socialmente utili), si afferma: “Tanto evidenziato, occorre dunque considerare la gravità della condotta delittuosa, anche se qualificata come colposa, per come accertata e ritenuta in via definitiva, a carico del Forlani, come dei coimputati, senza riconoscimento di ruoli marginali o secondari. Come bisogna considerare il comportamento oltremodo negativo degli agenti (indistintamente), dopo il fatto ed in ambito processuale, come ben stigmatizzato dal primo Giudice – “… alla gravità della colpa si associano gli aspetti negativi più propriamente processuali con l’assenza di concreti segni di pentimento e di consapevolezza degli errori commessi, tradottisi in palesi menzogne ed in ostacoli frapposti all’accertamento della verità…” – e da ultimo sottolineato dalla Cassazione” Gli è andata bene, oserei dire. Queste 4 persone torneranno dunque in libertà dopo avere scontato una piccola pena, ben più grave se analizzato tutto il contesto attraverso le parole scritte che nessuno potrà mai cancellare per sempre lì a ricordarcelo, per i motivi presenti, e non tenuti nascosti grazie a Dio, nelle motivazioni di condanna dei tre vari gradi di giudizio. Il futuro di questi signori? Vi sono tanti datori di lavoro in giro e a questo punto auguro che gli venga offerto un lavoro adeguato alle loro capacità, ma non nella Polizia di Stato che dovrebbe essere sinonimo di lealtà, rettitudine, trasparenza, rispetto delle leggi e rispetto della vita. Cosa è emerso invece in questa disgustosa storia? Lascio al mondo la risposta, io comincio a essere stanco. Violenza, omissioni, depistaggi, menzogne che hanno costretto gli avvocati della parte civile ed una piccola famiglia ad uno sforzo pazzesco per riportare un minimo di legalità, per restituire rispetto e dignità alle stesse forze di polizia ,senza mai generalizzare ma focalizzando le responsabilità individuali. Se non si allontanassero queste persone da un corpo di polizia che ho sempre ammirato e che vorrei continuare ad ammirare e rispettare, dopo aver tra l’altro avuto l’onore di conoscere il capo della polizia che ci portò le sue scuse a nome della polizia, sarebbe un messaggio veramente preoccupante a mio modo di vedere, perché questo significherebbe che avendo una divisa addosso “si può uccidere senza una ragione, omettendo, depistando e offendendo”. Spero che l’olezzo proveniente da questa… “fogna” finisca presto, al fine di consentire alla società civile di ripartire, istituzioni e cittadini insieme, per guardare al futuro con una rinnovata fiducia, fermo restando il rispetto non ad un eroe, ma alla vita di un ragazzo ucciso, che avrebbe potuto essere il figlio di chiunque e che non aveva fatto del male a nessuno. La solidarietà, la vicinanza, le onorificenze, il dire che si è con “noi” perché abbiamo ragione o meglio la legge ci ha dato ragione, sono cose molto importanti, ma per cambiare o almeno il tentare di farlo serve qualcosa di concreto, soprattutto nei fatti. Come qualche giorno fa ha scritto lo scrittore Roberto Saviano: “prendete le distanze da quei poliziotti, perché di chi difende quei colpevoli non può e non potrà mai difendere la società”, e forse si tornerà in uno “Stato”, quasi normale. Lino Aldrovandi, papà di Federico
Posted on: Wed, 26 Jun 2013 09:47:15 +0000

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