Con gli F35 aumentano i rischi di guerra «Cacciabombardieri, - TopicsExpress



          

Con gli F35 aumentano i rischi di guerra «Cacciabombardieri, fregate e altri sistemi d’arma hanno dietro costi che non possono essere giustificati solo con la minaccia terroristica, con la creazione di posti di lavoro o ancora con una generica sicurezza del Paese. Un Paese, ricordiamolo, in forte declino, che ha ridotto drasticamente le spese sociali, per la scuola, per l’università, per la ricerca, per i beni culturali, per la sicurezza dei suoi cittadini nei luoghi pubblici, ma che, desideroso di proiettare la propria azione sugli scenari internazionali, non esita a sostenere ben 25 missioni nel mondo, a volte con risultati per nulla scontati e non automaticamente positivi». Mentre siamo in attesa della discussione definitiva del Senato ecco la «doverosa conclusione» di un ragionamento di Maurizio Simoncelli sull’affare degli F35, il più grande progetto aereonautico di tutti i tempi. Simoncelli è docente di sociologia e vicepresidente dell’Archivio Disarmo, un centro di ricerche internazionali con sede a Roma. L’Archivio ha messo on line il paper di Fulvio Nibali su La spesa militare in Italia – Rapporto 2013, da cui emergono politiche di spesa non solo connesse ad un modello di difesa mai deliberato dal Parlamento italiano, ma neppure in sintonia con i pesanti tagli effettuati in ambito sociale. Di qui le considerazioni di Simoncelli su scenari di investimento come l’acquisto dei cacciabombardieri F-35 che appaiono «oggettivamente proibitivi». I ritardi nello sviluppo e nella consegna dei velivoli, uniti a evidenti difetti di progettazione, hanno fatto lievitare i costi unitari dei caccia del programma Joint Strike Fighter fino a 127 milioni di euro sollevando l’ipotesi secondo cui sarebbe meglio rinunciarvi e destinare le risorse economiche ad altri settori. «Inoltre – dice Simoncelli – se il prezzo degli F-35 è lievitato in maniera così esorbitante, la riduzione del numero di velivoli sarebbe finanziariamente inutile e il motivo secondo cui il sistema d’arma sarebbe vitale non troverebbe adeguata giustificazione in una situazione di crisi economica. Viene ricordato che la creazione di 10mila posti di lavoro sbandierata dai sostenitori del progetto viene ridimensinata da fonti sindacali a quota 1.500 visto che solo lo stabilimento FACO/MRO&U di Càmeri (Novara) ha bisogno di nuovo personale. «Infine c’è da ricordare che il contratto definitivo per la fornitura del sistema d’arma non è ancora stato firmato e che eventuali penali per il mancato acquisto dell’F-35 non esistono». La Nota Aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2012 e il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2013-2015 rivelano che gli stanziamenti previsti per gli anni 2012 e 2013 relativi allo sviluppo dell’F-35 (548,7 e a 500,3 milioni di euro) sono le più consistenti dell’intero bilancio della Difesa. Inoltre, a maggio del 2013 la Marina Militare ha annunciato l’acquisto di dodici navi con un costo di circa 250 Mln€ per ciascuna. Navi “dual use”, secondo quanto affermato dall’ammiraglio De Giorgi. Si tratterebbe di sistemi militari, ma con possibilità di ospitare in stiva duecento letti e fornire acqua potabile ed elettricità. La giustificazione è sempre la medesima: ricadute tecnologiche e posti di lavoro. Ma, come per gli F-35, le prospettive occupazionali non necessariamente sono così rosee e non sempre sono legittimabili con investimenti destinati al campo militare che, possibilmente, tolgono fondi a università, scuola e ricerca.
Posted on: Mon, 15 Jul 2013 18:41:48 +0000

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