Con l’arrivo dei consulenti italiani ed etiopi e la formazione - TopicsExpress



          

Con l’arrivo dei consulenti italiani ed etiopi e la formazione del team per la visita di campo inizia il vero e proprio lavoro di formulazione del nuovo progetto sulla resilienza in Afar. Il 3 settembre partiamo alla volta dell’Afar per una settimana fitta d’incontri con tutti i principali interlocutori del nostro progetto per capire i bisogni delle comunità locali e per individuare la strategia adatta a rispondervi. La tabella di marcia della missione e’ serrata già dal primo giorno: dopo 6 ore di macchina ad Amibara, un distretto del sud, abbiamo incontrato i responsabili locali delle cooperative, delle questioni di genere, e i vari amministratori distrettuali. Dalla discussione emerge una questione fondamentale che ci accompagnerà durante tutta la missione: le capacità tecniche e gestionali delle amministrazioni pubbliche locali sono decisamente carenti – c’e’ un evidente capacity gap da colmare. Questo primo incontro ci ha svelato le numerose sfide con cui il nostro progetto si confronterà. Prima tra tutte, l’incubo della prosopis juliflora, una specie invasiva di arbusto soprannominata green desert per la capacità di impedire la crescita di qualsiasi altra pianta intorno a sé e della sua velocità di espansione (circa 55.000 ettari all’anno). Si stima che questa pianta, le cui spine sono tossiche per animali ed esseri umani, abbia già infestato circa 1 milione di ettari di pascoli in Afar. E per un popolo di pastori transumanti, la riduzione della superficie dei pascoli e’ un vero e proprio disastro. Prima di partire alla volta di Semera, capitale dell’Afar e sede degli uffici regionali di tutti i ministeri, visitiamo una comunità di pastori sedentari nel distretto di Amibara. Mentre gli uomini si prendono cura del bestiame, le donne raccolgono e vendono latte crudo sulla strada principale. A vedere tanti animali una domanda è sorta spontanea: perché non creare una latteria dove il latte può essere pastorizzato, confezionato e venduto anche sui mercati urbani? In tutto l’Afar non c’e’ un solo stabilimento di lavorazione del latte, per un motivo: dove le temperature spesso toccano i 40 gradi la refrigerazione diventa essenziale a conservare latte e suoi derivati, e in Afar, al di fuori dei centri urbani, e’ raro trovare un frigorifero... A Semera ci hanno accolto 42 gradi e il coordinatore regionale dei progetti sulla resilienza. In 2 giorni, abbiamo incontrato gli esperti dell’ufficio in Afar del Ministero dell’Agricoltura. La lista delle sfide che l’Afar ha davanti a sé sembra non finire mai: oltre alla suddetta prosopis juliflora, ci sono i conflitti inter-clanici (sia quelli ancestrali, sia quelli basati sul controllo delle risorse), la riduzione delle terre di pascolo per via dei grandi investimenti agricoli privati o del Governo, la mancanza o inadeguatezza di infrastrutture stradali e di mercato che permettano ai pastori di vendere il loro bestiame, la carenza di servizi veterinari nelle aree rurali più remote e le pessime condizioni igieniche delle strutture esistenti, la difficoltà di proporre strumenti finanziari come il microcredito per motivi religiosi (l’Islam vieta l’imposizione di tassi d’interesse sui prestiti, che vengono considerati come usura). Ripartiamo alla volta di Chefra, un altro dei distretti d’intervento del nostro progetto. Nel tragitto visitiamo @Afar Pastoralist Development Association (APDA), organizzazione non governativa gestita da un’energica signora australiana che vive in Afar da una vita ed e’ sposata con uno dei più importanti capo-clan della Regione. Una discussione molto interessante dove Malika (questo il suo nome preso dopo il matrimonio) ci racconta alcuni interessanti approcci per sviluppare interventi con le popolazioni pastorali. E’ chiaro, il punto d’entrata è lavorare con le comunità: pianificare, progettare, sviluppare e gestire con loro è l’unico modo per garantire la sostenibilità di qualunque intervento. A Chefra, al confine con la regione Amhara, abbiamo visitato una comunità agropastorale, ossia sedentaria, che affianca alla pastorizia la coltivazione di cereali e verdure. Le donne ci descrivono le loro attività di coltivazione, ingrassamento degli animali e vendita del latte; e ci dicono che un’alluvione improvvisa ha distrutto il loro generatore di corrente e i magazzini, oltre a rovinare gran parte delle loro terre coltivate. Nonostante l’Afar sia noto per le sue zone desertiche, le inondazioni fluviali sono piuttosto frequenti nei distretti al confine con l’Amhara, con effetti disastrosi per la sussistenza delle comunità che ci vivono. Abbiamo visitato il mercato settimanale del bestiame, costruito una decina di anni fa tramite un progetto della cooperazione americana. Qui confluiscono venditori e acquirenti dei distretti vicini per un arco di circa 50 km, che si traduce in ore e ore di marcia a piedi. Mancano però due dettagli fondamentali: l’allacciamento all’acqua e i servizi veterinari. L’Afar è una regione caldissima: una giornata intera senz’acqua a quelle temperature può essere sopportabile per i cammelli – che comunque vengono venduti raramente in quanto costituiscono una vera e propria “banca” per gli Afar – ma certamente non per capre e pecore. Una giornata senz’acqua significa che al tramonto, il pastore venderà le sue bestie a qualsiasi prezzo pur di non rischiarne la morte. Per quanto riguarda i servizi veterinari, sono fondamentali per garantire lo stato di salute dell’animale, e quindi la qualità della sua carne. Dopo un incontro con una cooperativa pastorale di risparmio e credito (pastoral savings and credit cooperative, o PASACCO) formata esclusivamente da donne, siamo ripartiti alla volta di Bati, in Amhara, città di sosta per le nostre 3 tre notti di missione. E di fronte a un piatto di ravioli al sugo preparati dal nostro ospite Pasqualino, proprietario italo-etiope dell’unico albergo della città, si è conclusa la nostra missione. Nel video, alcune ‘schegge’: una comunità sedentaria di pastori vicino ad Awash e una delle loro bambine che scuote il latte in una borraccia di pelle di capra per farne del burro; la moschea di Semera; un villaggio di agro-pastori a Chefra e le loro donne, che ci hanno invitato a pranzare con loro; il mercato settimanale del bestiame di Chefra, dove abbiamo intervistato venditori e acquirenti per comprendere le modalità di compravendita; il mercato permanente a Chefra. Qui la scheda numero 1 che, dopo la scheda num. zero della settimana scorsa, vi aggiorna sugli ultimi step del percorso di formulazione di questa iniziativa: itacaddis.org/docs/2013_10_03_01_37_39_SCHEDA%20UNO_RESILIENZA.pdf ALESSIA
Posted on: Thu, 03 Oct 2013 13:50:53 +0000

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