Corte europea dei diritti dell’uomo, V sez., 20 gennaio 2011, - TopicsExpress



          

Corte europea dei diritti dell’uomo, V sez., 20 gennaio 2011, ric. n. 36036/04, Makedonski c. Bulgaria Violazione dell’art. 2 §2 del Protocollo 4 della Cedu (libertà di circolazione) Violazione dell’art. 6 della Cedu (equo processo) Violazione dell’art. 13 della Cedu (diritto ad un rimedio effettivo) in combinato disposto con l’art. 6 della Cedu (eccessiva durata del processo). La Corte condanna la Bulgaria per non aver sottoposto a revisione la decisione di privare il ricorrente del diritto di lasciare il Paese adottata a seguito della sottoposizione del medesimo ad indagini preliminari. Secondo i giudici l’art. 2 del protocollo n. 4 impone agli Stati membri di vigilare che la restrizione del diritto ivi garantito conservi i caratteri della legittimità e della proporzionalità durante tutto il periodo in cui essa trova applicazione. Nel caso di specie, il divieto di espatrio era stato mantenuto fermo nonostante il Pubblico Ministero avesse chiesto l’archiviazione. (a cura di Annalisa Stefani) Corte europea dei diritti dell’uomo, I sez., 20 gennaio 2011, ricc. nn. 20106/06, 16212/08, Jularic e altri c. Croazia Violazione dell’art. 2 della Cedu (diritto alla vita e ad una investigazione effettiva sulle cause del decesso) I ricorrenti sono parenti di persone uccise oppure fatte sparire forzatamente durante la guerra nella ex-Yugoslavia negli anni 1991-1995. I ricorsi sono inammissibili nella parte in cui riguardano avvenimenti antecedenti al 1997, anno in cui la Croazia è entrata a far parte della Convenzione europea. La Croazia viene condannata per la violazione dell’art.2 della Cedu in quanto dal 1998 le indagini sulla morte e sulla sparizione delle vittime sono state svolte con gravi ritardi e imprecisioni, che non possono essere giustificate neanche tenendo conto della necessità per la Croazia di riorganizzare il sistema giudiziario a seguito del riassetto politico-territoriale conseguente alla guerra. (a cura di Valentina Pagnanelli)Corte europea dei diritti dell’uomo, I sez., 20 gennaio 2011, ric. n. 31322/07, Haas c. Svizzera Non violazione dell’art. 8 della Cedu (diritto al rispetto della vita privata e famigliare) Nel ricorso in esame, la Corte era chiamata a stabilire se la Svizzera avesse un’obbligazione positiva di garantire che il ricorrente potesse ottenere senza prescrizione medica un medicinale che gli avrebbe garantito una morte sicura e indolore. La Corte ricorda che l’art. 8 ricomprende il diritto di scegliere in quale modo e in quale momento mettere fine alla propria vita, purché il soggetto sia in grado di formare liberamente la propria volontà ed agire di conseguenza La Corte osserva che non esiste un consenso unanime in Europa sul trattamento dell’assistenza al suicidio e che la maggioranza degli stati europei conferiscono maggior rilievo al diritto alla vita che al diritto alla morte. La Corte pur considerando legittimo il desiderio del ricorrente di porre fine alla propria vita in modo dignitoso ed indolore, ritiene legittimo lo scopo (consistente nella prevenzione di possibili abusi) perseguito della legislazione svizzera che richiede una prescrizione medica, concessa sulla base di una perizia psichiatrica del richiedente, al fine di ottenere la somministrazione della sostanza e conclude all’unanimità per la non violazione dell’art. 8 della Cedu. (a cura di Elisabetta Crivelli) Corte europea dei diritti dell’uomo, V sez., 20 gennaio 2011, ric. n. 19606/08, Payet c. Francia Violazione dell’art. 3 della Cedu (divieto di trattamenti inumani e degradanti) Violazione dell’art. 13 della Cedu (diritto a un ricorso effettivo) Il ricorrente è un cittadino francese tuttora in carcere ritenuto “prigioniero ad alto rischio” per aver più volte tentato la fuga. La Francia viene condannata per la violazione dell’art. 3 della Cedu a causa delle pessime condizioni carcerarie nelle quali il ricorrente ha scontato la sua pena a partire dal 2007. Tra gli elementi denunciati: presenza di sporcizia, mancanza di luce ed acqua, strutture precarie e cadenti. I continui trasferimenti (26 in totale) del prigioniero non costituiscono invece una violazione dei diritti fondamentali. Il sistema della “rotazione” è stato ritenuto dalla Corte europea un rimedio ragionevole per impedire al carcerato di fuggire. Secondo i giudici europei con esso si realizza un giusto equilibrio tra esigenza di sicurezza dello Stato e dignità del prigioniero. (a cura di Valentina Pagnanelli)
Posted on: Sat, 06 Jul 2013 15:46:51 +0000

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