Crociate alla rovescia. Oriana Fallaci e il mondo islamico L’11 - TopicsExpress



          

Crociate alla rovescia. Oriana Fallaci e il mondo islamico L’11 settembre 2001 l’America viene colpita al cuore da un attentato portato a termine dai fondamentalisti islamici capeggiati da Osama Bin Laden. L’azione terroristica causa il crollo del complesso del World Trade Center, ed oltre 3000 morti. L’evento sconvolge il mondo, l’Occidente si sente sotto attacco. Oriana Fallaci, allora, rompe un silenzio decennale e, dalle colonne del «Corriere della Sera», lancia il proprio “j’accuse” contro il mondo musulmano. Secondo la scrittrice, la continua pressione dell’immigrazione islamica verso l’Europa, scelte politiche discutibili ed episodi di intolleranza da parte dei musulmani stanno portando alla decadenza della cultura occidentale, incapace di difendersi dal fondamentalismo islamico. Esisterebbe, secondo la Fallaci, un vero e proprio piano di islamizzazione dell’Occidente, testimoniato anche da decenni di conflitti tra le due civiltà. L’intervento della giornalista-scrittrice segna l’inizio di un dibattito che tocca tutti gli ambiti della società italiana ed europea, le forze politiche, le ideologie, e di cui ancora oggi è possibile sentire l’eco. Alcuni passaggi di questo lungo intervento segnano un punto di non ritorno nelle coscienze collettive e aprono una profonda riflessione in tutto l’Occidente, suscitando forti critiche e segnando una specie di linea di demarcazione tra le due civiltà. L’articolo della Fallaci esce il 29 settembre 2001, e già dal giorno successivo i quotidiani prendono posizione, schierandosi a favore o contro la scrittrice attraverso le parole dei loro direttori e ospitando le reazioni dei “colleghi” letterati. A dicembre del 2001 la Fallaci decide trasformare il suo articolo in un vero e proprio libro, dal titolo La Rabbia e l’Orgoglio, edito Rizzoli. Da questo momento il dibattito acquista un valore internazionale, con discussioni in America, Francia e Germania, e con personaggi ed intellettuali provenienti dalla cultura islamica che esprimono il loro giudizio sulle idee dell’autrice italiana. Tra questi Oram Pamuk, il quale, in un articolo per il «Corriere» del 14 maggio 2009, scrive: «In gioventù ho avuto molta ammirazione per lei, ma più tardi […] non riusciva più a distinguere tra gli esseri umani e la sua idea di Islam». Negli anni successivi vengono pubblicati altri due romanzi, La forza della Ragione (2004) e L’Apocalisse (2005), in cui la scrittrice porta avanti le sue idee, convinta dell’esistenza di una “crociata alla rovescia”. Un rapporto complicato quello tra la Fallaci e l’Islam, tanto che l’Osservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia dichiara, in quel periodo, che tali fenomeni sono in crescita e che l’Europa sta scoprendo il concetto di “islamofobia”. Tra i fattori alimentanti, l’Osservatorio cita proprio l’articolo della Fallaci e i numerosi interventi che ne sono conseguiti. L’articolo e i libri segnano, in un certo senso, uno spartiacque nella produzione letteraria italiana, e ancor di più nella produzione personale della Fallaci, famosa per i suoi toni decisi, il suo coraggio e la sua schiettezza, ma che mai si era spinta a tal punto. In effetti l’incontro/scontro tra la Fallaci e il mondo islamico ha radici lontane, che risiedono in un passato di giornalista e inviata di guerra. Tra le personalità intervistate negli anni ’70, Arafat: ma il confronto, riportato in Intervista con la storia (1974), tra «un arabo che crede nella guerra e un’europea che non ci crede più» si rivela «immensamente difficile». L’attrito fra le due personalità è acuito dalla posizione filo-israeliana della scrittrice in merito al conflitto israelo-palestinese («Lei non può chiederci d’esser contro gli ebrei […]. Li abbiamo visti perseguitare, li abbiamo perseguitati. Non vogliamo che ciò si ripeta.»). Ma l’episodio forse decisivo e di maggiore valenza simbolica è sicuramente l’intervista a Khoemeni, nel 1979: il nuovo condottiero dell’Iran accetta di incontrare la giornalista solo a patto che lei si coprisse il capo con il velo. La Fallaci, dopo averlo definito “tiranno”, si levò il chador d’impeto, in segno di sfida e polemica. Il lavoro di giornalista riserva alla Fallaci un nuovo contatto con il mondo musulmano. Nel 1982 parte per intervistare Ariel Sharon, Presidente dello stato di Israele, e sceglie Beirut come sua nuova casa. Lì la scrittrice è anche alla ricerca della giusta storia da raccontare, quella del suo nuovo romanzo, sulla guerra e sul destino umano. Lo scenario è ancora una volta quello di un conflitto armato, un conflitto che non considera “suo”: «Questa è la vostra guerra Abu Ammar, non è la nostra E in questa vostra guerra noi non siamo che spettatori», disse ad Arafat nel succitato colloquio. Nel Medio Oriente la Fallaci è odiata dai fondamentalisti islamici per i recenti episodi delle interviste, ed in quel clima partorisce comunque la sua opera. Il lavoro si interrompe due volte, per la morte del padre e nel 1986, quando, dopo il bombardamento americano in Libia, sente il bisogno di intervenire in difesa degli Usa, prendendo ancora una volta una posizione netta tra le due culture. Nel 1990 esce Insciallah, romanzo che si presenta come una trasfigurazione letteraria del conflitto in Libano e del fondamentalismo islamico dei primi anni ’80. Un anno più tardi scoppia la Guerra del Golfo e la Fallaci, nonostante le nuove restrizioni imposte ai giornalisti, riesce comunque a scrivere per il «Corriere» alcuni memorabili reportage. Proprio in quegli anni si trasferisce definitivamente a New York, dove inizia un’altra battaglia, quella contro il cancro. La Fallaci gli dichiara guerra, convinta che a infettarla sia stata la «nuvola nera» del Golfo, prodotta dal fumo dei pozzi di petrolio. Chiama il cancro «l’Alieno che è in me», e cresce il suo odio verso l’Islam. L’attacco dell’11 settembre risveglia un leone in gabbia, provoca una ferita su cicatrici non rimarginate. La produzione letteraria che ne consegue non deve perciò essere considerata come un evento isolato, ma la punta di un iceberg, che ha la propria base decenni prima. I suoi scritti hanno un impatto mediatico senza precedenti, ma la Fallaci sembra come annebbiata, va avanti per la sua strada gettando senza distinzione concetti, idee e invettive nel calderone del suo odio e della sua penna graffiante: nel 2006 protesta contro la costruzione di una moschea a Colle Val d’Elsa, minacciando perfino di farla saltare in aria. In particolare, quello che sembra mancare in quest’ultima fase della sua carriera è un’altra caratteristica che ha sempre contraddistinto i suoi lavori: la qualità, intesa come pertinenza delle informazioni e solidità dello stile narrativo. Come se l’isolamento nel quale si era chiusa a causa della malattia le avesse fatto perdere le coordinate. Le considerazioni di Magdi Allam, giornalista musulmano convertito al cristianesimo ed amico della Fallaci, contenute in un articolo pubblicato sul «Corriere» del 16 settembre del 2006, sembrano essere esaustive in tal senso:
Posted on: Wed, 28 Aug 2013 18:40:28 +0000

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