Di Gianni Panichi Storia del tango, una storia in divenire. Il - TopicsExpress



          

Di Gianni Panichi Storia del tango, una storia in divenire. Il tango Argentino dalle origini ad oggi: dall’inferno al paradiso e ritorno. Il Tango…. Cosa indica e significa questa parola? Da dove viene? Quali le sue origini? Che cosa lo rende unico? In tanti hanno cercato di rispondere a questi interrogativi, ma la ricerca non ha portato a risposte definitive o condivise all’unanimità, forse anche questo è un elemento distintivo del tango. Il tango appartiene a tutti, decretato dall’ UNESCO nel 2009 patrimonio dell’umanità come “ un bene culturale immateriale”, in quanto è un esempio del processo di sedimentazione culturale ed è di per sé un campione eccezionale della trasformazione della società nelle varie fasi sociali e storiche. Nella dimensione storica del tango si riscontrano almeno due considerazioni condivise da vari testi: 1) l’origine del tango è da ricercare in quell’immenso movimento migratorio che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, è andata a cercare fortuna nel Paese dell’argento che ha dato i natali al Tango, L’Argentina. Gli emigranti sbarcarono in tutti i porti sudamericani del Rio de la Plata, in fuga da guerre e carestie. Le nascenti metropoli di Montevideo, Rosario e Buenos Aires accolsero questo immenso movimento migratorio, si calcola che tra il 1875 e il 1914 siano arrivati in Argentina circa cinque milioni di migranti, per quattro decenni il 15% del movimento migratorio mondiale interessava quella regione, chi scrive annovera tra i suoi parenti uno zio che emigrò in questo paese. Gli uomini e le donne che lo hanno praticato per primi erano parte del popolo di emigranti, in particolare Italiani e Spagnoli, ma anche Francesi, Ungheresi, Ebrei e Slavi, che si insediarono, più precisamente, nell’area geografica del Rio della Plata (tra Argentina e Uruguay). La maggiore città del Rio della Plata, Buenos Aires, diventa verso la fine dell’Ottocento l’incrocio geografico di ritmi natii e di contaminazioni importate. Nelle zone popolari della capitale argentina, metropoli in fase di rapida crescita, si incontrano esperienze e culture differenti. A queste famiglie di emigranti Europei si aggiunsero gli schiavi liberati e gli Argentini della seconda e terza generazione, provenienti dalla Pampas, che convivevano in squallidi appartamenti in quartieri costruiti dal nulla, detti “Orilla”, creando così una miscela unica e irripetibile di tradizioni etniche e culturali che diventò l’ingrediente magico di unprocesso CREATIVO. Nei vicoli dell’Orilla, i nuovi Argentini condividevano un destino di disillusione, disperazione e di oppressione. Questi sentimenti forti venivano espressi in canzoni cantate in “Lunfardo”, il dialetto degli emarginati una sorta di lingua comune fortemente influenzata dal Francese e dall’Italiano, Le canzoni cantavano la tristezza delle persone, ma anche la loro felicità, le loro gioie, la nostalgia e la distanza, ma anche la speranza e le aspirazioni. Cantavano la solitudine, ma anche la lealtà e la fratellanza nell’avversità. La canzone, come in tante altre parti del mondo, divenne la consolazione in musica dell’uomo. Essa richiede come suo completamento espressivo la danza ed è così che nei vicoli di Buenos Aires, si suona, si canta e si balla il tango. 2) Una mitologia per molti, una ipotesi storica per altri, vuole che la gestazione del tango non sia delle più illustri. La domanda di sesso a pagamento è determinata dall’incremento demografico migratorio, che ha per conseguenza una elevata presenza di postriboli nelle zone popolari della Città di Buenos Aires, in quanto dominata numericamente dall’elemento maschile. Di conseguenza si verificò una forte disparità numerica tra maschi e femmine con un rapporto anche di 3 a 1, con una conseguente forte domanda di amore, inteso certamente come sesso, ma anche come desiderio di compagnia femminile che potesse ridurre la nostalgia per le donne lasciate nei paesi d’origine. E’ qui, per una delle tesi o dei miti più diffusi e controversi, che nasce il tango, in un caleidoscopio di popoli, bisogni e lingue diverse. Tra la fine del 1870 e inizio del 1880, il tango comincerà a mutare di pelle e acquisire una sua ben definita fisionomia prendendo via via le distanze dai suoi numerosi antenati (la habanera africana, il candombe cubano, il tango andaluso, la milonga, ecc.) Il tango può essere definito un’espressione artistica popolare poliedrica, che si manifesta attraverso diverse forme; le più significative sono la musica, la poesia e la danza, correlate fra loro da un continuo rimando sinergico. Il tango è una musica popolare, che diviene canzone quando le note si combinano con i versi della poesia; è anche una danza dell’abbraccio e dell’improvvisazione, che si realizza attraverso l’interpretazione della melodia e dei suoi ritmi e l’ascolto delle sue parole. Anche estraendosi dal contesto musicale e da quello della danza, le parole sono, infatti, una delle dimensioni in cui il tango si esprime e si rende riconoscibile: “Il tango cantato è molto più di un semplice modo di ballare o di fare musica. Il tango cantato arricchisce il mondo delle rappresentazioni della gente; riempie la collettività con una serie di metafore che permettono all’identità di esprimersi. Il tango è diventato uno strumento che permette di descrivere le difficoltà dell’esistenza, di trasformarle in opera, di porle sul piano poetico. In breve, il tango è una risorsa che dà sicurezza e identità” (Hess R. 1996, p85 da Psicotangoterapia Edoardo Giusti p.19-20). Discepolo, uno dei primi compositori di tango, disse: “ Il tango è un pensiero triste espresso in forma di danza”. Ma il tango non è solo un pensiero, è un’emozione, una sensazione, un enigma. È una danza non solo del momento, ma della potenzialità del momento. È la danza di uno sguardo scambiato e la danza dell’abbraccio, della comunicazione dei corpi e del qui e ora. Il tango, in origine, è l’occasione d’incontro tra le diverse presenze culturali emigratorie ed elemento d’identità di una terra in divenire, come l’Argentina. Diviene uno stile di vita, una visione del mondo, un sentimento che pervade la mente e il corpo capace di comunicare nella sua rappresentazione lo spirito di un’intera nazione. Successivamente, diventa un prodotto e una filosofia esportabile. È facilmente intuibile come, date le sue origini, i luoghi in cui veniva eseguito e la collocazione sociale prevalente dei primi praticanti, l’accettazione del Tango da parte della cultura ufficiale e della società nel suo complesso, fosse perlomeno problematica. Le sue caratteristiche, ai loro occhi, erano quelle di una danza che esprime il lato oscuro della vita, ballo “maledetto” malvisto dalla borghesia. Nel 1907 il tango giunge in quella che era la capitale culturale del mondo Parigi; qua avvenne il miracolo, venne immediatamente accolto dalla buona società parigina, venne sdoganato dagli attributi, generati dal mito postribolare e popolare delle sue origini, con cui lo stigmatizzava il moralismo dell’epoca. All’epoca Parigi era, agli occhi di molti, il centro culturale del mondo, la capitale della moda e della raffinatezza. Negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra, la società parigina della “Belle Epoque”,edonista, cosmopolitica e piena di “joie de vivre”, poco condizionata da pregiudizi e che amava ballare in ogni occasione mondana, accolse con entusiasmo la novità, trasformandola in una moda: era il periodo degli “anni ruggenti”, in cui la ricerca del piacere e di nuove sensazioni era, almeno per le classi più abbienti, un imperativo, e di conseguenza il Tango, il cui arrivo in Europa era stato preceduto da una solida fama di danza “peccaminosa”, provocando la classica “eccitazione del proibito”, si diffuse rapidamente diventando la moda del momento, essendosi su di esso “spostata la libido” (per dirla alla maniera di Freud che in quegli anni costruiva la scienza della Psicanalisi) del “tout Paris” ai danni di altri balli precedentemente alla moda. Nel 1913 fu così indicato come “l’anno del Tango”. Una volta impostatasi la moda del Tango nei saloni e nelle dimore più rispettabili della capitale francese, la buona società rioplatense non ebbe più motivo di prolungare un ostracismo, che peraltro rischiava d’isolarla da quelli che erano ormai i gusti prevalenti negli ambienti che dettavano la moda sulla scena mondiale. A Parigi il Tango ebbe, insomma, una riabilitazione irreversibile e, tornata nei luoghi di origine, quella che era fino allora considerata una danza della gente di malaffare, venne prontamente accettata da tutte le classi sociali. Il tango ha percorso un enorme cammino dalle sue umili origini, ma ha ancora una lunga strada da percorrere. La sua storia è inestricabilmente legata alla sua leggenda, alla esagerazione romantica e alla reminiscenza nostalgica. Ed è proprio questo che lo rende così ricco. Ha compiuto da tempo cento anni e continua a vivere. Ma perché questa popolarità? Perché il tango non è un ballo inventato da coreografi professionisti o maètres de ballet per soddisfare un desiderio passeggero del pubblico della danza, ma è un ballo naturale con movenze naturali. E’ un ballo nato per la gente comune, inventato dalla gente comune. È una danza che abbraccia tutta la gamma delle emozioni dall’esasperazione all’estasi. Non è un ballo sessuale bensì un ballo sensuale, stimola, più che soddisfare. È una danza di pura passione e di tendenza intimistica, di dominazione e di seduzione. È il ballo dei bassifondi come dell’alta società, è lo spirito del canyenguè, lo spirito dei vicoli di Buenos Aires.
Posted on: Fri, 09 Aug 2013 08:49:10 +0000

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