Dirigere persone credo sia una degli incarichi più impegnativi e complessi possa capitare: implica non solo competenza del settore di cui si è responsabili, ma profonda conoscenza dell’animo umano. Non tutti nascono abili a questo, ci sono uomini e donne autorevoli, che proiettano attorno a sé sicurezza, che sono riferimento costante per i collaboratori, che trovano soluzioni senza cercare colpevoli; ci sono invece gli autoritari, spesso impreparati, che conoscono invece solo la logica dell’imposizione e del terrore. Una volta era ruolo prettamente maschile, e l’immagine del capo con la segretaria sulle ginocchia riempiva le scene dei film di basso livello, oggi le cose sono giustamente cambiate. La manager entra nel locale con passo deciso, ha i ray-ban scuri giorno e notte, estate e inverno, nessuno deve vedere i suoi occhi che chissà quale segreto contengono. Ha sempre abiti scuri, secondo me li cambia a seconda degli impegni del giorno: se deve incontrare altri manager maschi, minigonna ma non troppo con spacco si vede/non si vede (gli uomini, notoriamente meno intelligenti delle donne anche se mandati a studiare alla Bocconi, sono sollecitati da un simile spettacolo nel circuito neuronale numero due, sesso, e abbassano la guardia…), per una giornata di lavoro in ufficio pantaloni comodi. La giacca invece è sempre simile, abbottonata esattamente in modo che s’intraveda il reggiseno wonderbra corazzato d’acciaio (la manager ha tette utilizzabili come armi letali, vanno contenute in apposito materiale a prova di incidenti nucleari, senza però sfacciate opere di puntellamento verso il cielo o peggio ancora capezzolini sfuggenti come vorrebbe la moda di oggi). I capelli sono in perfetto stato, non una ciocca osa disallinearsi, sarebbe cassintegrata all’istante, non sorride mai ma s’intuisce che fra i suoi denti non sono esistono incisivi e molari, li ha tutti quanti canini come si compete a un predatore carnivoro. Il profumo è leggero, di quelli costosi che non sai definire ma che ti fanno pensare: “buono! Chissà quanto costa!” Io vorrei tanto essere come lei quando ordina: le mie collaboratrici quando parlo guardano il soffitto, scrivono al computer oppure spesso sono loro a sgridarmi; questa donna parla in un soffio di ghiaccio, lentamente, parola per parola, in modo chiaro e conciso (non come i clienti che non sapendo cosa vogliono, trattengono la cameriera per mezz’ora ragionando ad alta voce su calorie e gusti e sul pasticcino preferito dalla zia, tanto che alla fine lei prende in mano la situazione e porta ciò che vuole); ti aspetteresti che il personale attenda la comanda inginocchiato accanto al suo tavolino in pensoso raccoglimento. Sul tavolo nessun cellulare: i veri potenti non lo usano, non si abbassano a rispondere a chiunque, c’è la segretaria per questo, figuriamoci inviare sms come una ragazzina innamorata…. L’unica distrazione è il quotidiano, vedendolo rosa all’inizio il vice-titolare pensava a un’appassionata di calcio, ci ha messo un po’ a capire che si trattava del “Sole”. Epici gli incontri con il proprietario della porta-stronzi parcheggiata di traverso: si annusano a distanza come lupi di branchi diversi che si rispettano ma non familiarizzano. Una volta è venuta con un bambino, forse suo figlio, anche se appare difficile pensarla in posa scomposta mentre lo mette in cantiere, forse l’ha fatto costruire in officina dalle sue maestranze oppure l’ha preso col leasing; lui era inamidato come un piccolo notaio, si vede subito che gioca in borsa anziché con le figurine e la mamma la sera gli legge il bilancio consolidato della ditta e non quelle stronzate tipo Henry Potter. Aliù non ci prova nemmeno a rifilarle qualcosa, la chiama “donna capo-tribù” ma mi ha fatto notare uno sguardo, sfuggevole ma significativo, per uno dei palestrati….forse anche i capo a volte tribù si lasciano andare… Buona giornata, amici di FB
Posted on: Thu, 25 Jul 2013 05:31:08 +0000
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