E se Mandela avesse fatto il finto morto per non incontrare - TopicsExpress



          

E se Mandela avesse fatto il finto morto per non incontrare Obama? 29.luglio.2013 · Lezione di Geostrategia Africana n° 57 Ieri, 18/07/2013, il giorno del suo 95mo anniversario, come per miracolo, Nelson Mandela è resuscitato dal lungo coma in cui le circostanze e i media l’avevano fatto precipitare. E se tutto questo circo fosse stato orchestrato solo per evitare di assecondare l’ipocrisia del presidente americano che è diventato l’uomo di cui oggi l’Africa ha più paura? Ciò che si sa per certo è che Mandela non voleva stringere la mano di Obama. Ma perché? Cos’è successo da quando il senatore Obama si metteva in posa trionfale al fianco di Mandela? Nel frattempo, Obama è diventrato presidente degli Stati Uniti. E il figlio nero dell’Africa è diventato uno dei peggiori predatori del continente africano. Dalla Costa d’Avorio alla divisione del Sudan, passando per la distruzione della nazione libica per trasformarla in un alloggio di jihadisti. Durante il suo primo viaggio come capo di stato in Sudafrica, Obama non ha potuto incontrare l’ex presidente Nelson Mandela che si è finto morto nel suo letto d’ospedale per non stringere la mano di colui che definisce: « l’assassino del mio amico e fratello Muammar Gheddafi », il quale aveva fatto tanto per aiutare i militanti dell’ANC che combattevano mentre lui era in carcere. L’occidente celebra Mandela per i suoi 27 anni dietro le sbarre, ma dimenticano che durante quel periodo, c’erano persone che combattevano e morivano a causa delle loro pallottole. Dei martiri che l’Occidente ha deliberatamente scelto di far dimenticare mediatizzando abbondantemente i 27 anni di carcere di Mandela, per nascondere meglio il sacrificio estremo di Steve Biko e dei suoi compagni, che hanno donato la loro vita per la libertà in Sudafrica proprio mentre tutte le amministrazioni europee e degli Stati Uniti d’America finanziavano e aiutavano i nemici di Mandela che lo tenevano in prigione. Come una donna, rappresentante a Parigi dell’ANC, Dulcie Evonne September, 53 anni, assassinata con 5 pallottole in testa all’inizio delle scale dell’ufficio dell’ANC a Parigi. Indagava per trovare le prove del sostegno militare della Francia al regime razzista del Sudafrica. Oggi, ogni star di Hollywood va di moda se può esibire la sua foto con Mandela. Al di fuori della moda che consiste nel fermarsi sul tempo passato da Mandela in prigione, nel visitare la sua cella, sono a conoscenza di ciò che era l’apartheid? E perché non ne parlano mai? Perché Obama non ha mai citato neanche un nome dei veri eroi della lotta contro l’apartheid? L’Africa deve continuare a partecipare a questo circo o deve addirittura fingersi morta per evitarlo? OBAMA VUOLE AIUTARE I PAESI ARABI, MA IN REALTA’ AIUTA AD INSTALLARE L’ISLAMISMO IN NORD AFRICA. Il 18 luglio 2013 la città americana di Detroit nello stato del Michigan depone il bilancio, cioè, dichiara il fallimento. Si tratta dell’ennesimo fallimento di una città americana che si aggiunge ad una lunga lista. Altre municipalità la seguiranno visto che crollano a causa dei debiti e visto che quegli avventurieri, cosiddetti politici, non hanno capacità di gestione per continuare a pagare i pompieri, i poliziotti, gli spazzini delle strade, i servizi per l’acqua potabile, i vivai, le mense scolastiche, le piscine comunali, ecc. Detroit non è altro che l’albero che nasconde la foresta di una gestione catastrofica della cosa pubblica in quasi tutto l’occidente. Evidentemente, la « democrazia » e la « buona governance » che Obama esigeva dai paesi arabi nel 2009 come condizioni per essere aiutati finanziariamente dagli Stati Uniti si fanno sempre aspettare nel suo stesso paese. Finanche il più ingenuo degli arabi che ascolta queste parole non può non chiedersi perché il Signor Obama non applica le sue condizioni di « buona governance » nel suo stesso paese, gli USA, e l’altra della « democrazia » ai suoi migliori amici nella penisola araba che sono tutte delle monarchie e che sono il simbolo stesso della negazione dei diritti fondamentali degli esseri umani a vivere in libertà, come il semplice diritto di una bambina di salire sulla sua bicicletta o di una donna di guidare una vettura. Se il Signor Obama pretende in modo generico dai paesi arabi ciò che non pretende dai suoi migliori amici come il Qatar o l’Arabia Saudita, è la prova che lui stesso non ci crede. Nei fatti, questo messaggio di Obama riguardava solo i paesi africani. Ciò spiega il sostegno dell’amministrazione Obama a tutti i nuovi governi islamisti giunti al potere in Egitto, in Tunisia e in Libia. Che la Sharia al potere sia l’obiettivo di questi governi non dà affatto fastidio a Washington che fornisce loro la propria protezione. Lo sfratto del protetto Morsi dal potere in Egitto non è stato ancora digerito da Obama che gli ha parlato al telefono prima del suo ultimo discorso alla Nazione per dire che lo manteneva al potere nonostante una petizione firmata da 22 milioni di egiziani. In Tunisia, la situazione è ancora catastrofica sul piano delle libertà individuali con assassini politici (come quello dell’oppositore Chokri Belaïd), ma questo non impensierisce Obama che dà tutta la sua benedizione a ciò che chiama Islam moderato al potere. E’ Obama che seppellisce in Nord Africa le speranze di Mandela di federare il continente africano dal Capo a Sirte. Trasforma semplicemente la Libia in un angolo tanto pericoloso che finanche un ambasciatore americano non può sentirsi sicuro. Infatti è stato ucciso. QUANDO TONY BLAIR TIRAVA IL COLLO A NELSON MANDELA Oggi sono diventati tutti amici stretti di Nelson Mandela. Ma dopo le belle parole pronunciate davanti a lui, quanti di loro gli hanno dato una mano per permettergli, durante e dopo il suo mandato al potere, di raggiungere il suo ideale e il suo obiettivo di coesione razziale attraverso la giustizia sociale? Cerchiamo di capire, attraverso l’esempio britannico, qual’è stato l’atteggiamento generale dei leaders politici occidentali con Mandela durante il suo mandato. Dopo l’apartheid, per contrastare l’egemonia dei privati bianchi nel sistema finanziario sudafricano, Nelson Mandela chiederà l’aiuto di tutti i paesi occidentali, i quali rifiuteranno. Tony Blair, all’epoca primo ministro britannico, andrà più in là in questo rifiuto piazzando tonnellate d’oro sul mercato per rompere il prezzo del principale prodotto da esportazione del Sudafrica, l’oro, e mettere il nuovo Sudafrica di Nelson Mandela in grandi difficoltà finanziarie, da una parte per dimostrare che si stava meglio al tempo dei bianchi e dall’altra per costringere il paese a tendere la mano all’occidente che aveva, per questa mano tesa, preteso ed ottenuto che non sia mai fatta, per esempio come in Zimbabwe, la riforma agraria per restituire ai veri proprietari le numerose terre fertili del paese ancora oggi, nel 2013, nelle mani dei soli bianchi. Quando Nelson Mandela lascerà il potere nel 1999, con un bilancio non molto soddisfacente, è l’anno in cui un certo Gordon Brown, numero due del governo di Tony Blair e Cancelliere dello Scacchiere (nome dato nel Regno Unito al Ministro delle Finanze), mette sul mercato tutto l’oro della Banca d’Inghilterra, la banca centrale britannica, già dal 1999, per mettere in ginocchio il Sudafrica e dare al mondo l’immagine di un Sudafrica mal gestito da Nelson Mandela, Tony Blair getta sul mercato 395 tonnellate d’oro, incassando la somma di 3,5 miliardi di dollari. Ci vorranno 7 anni affinché, nel 2006, un giornale britannico, il The Times, abbia il coraggio di denunciare quell’operazione. Perché a forza di voler mettere in ginocchio l’Africa, l’Europa si è messa molto spesso il dito nell’occhio. Tony Blair aveva avuto successo nel suo piano, poiché a causa di quell’operazione il prezzo dell’oro aveva toccato il suo livello più basso nella storia, annullando tutti i programmi sociali previsti dal successore di Mandela, un certo Tabo Mbeki, facendo credere al mondo che i Neri fossero incapaci di fare meglio, laddove i Bianchi erano riusciti. Sì, ma come riporta giustamente il magazine Times nel marzo 2006, è la decisione più stupida che un governo europeo abbia potuto prendere per danneggiare un paese africano, poiché il solo annuncio di quell’operazione fece precipitare il prezzo dell’oro al quale finalmente il Regno Unito vendette il suo oro. Quell’andamento, che non poteva rimanere basso in eterno, da allora è aumentato ed è giunto al doppio, a 600 dollari l’oncia nel 2006; il magazine dice che quell’oro varrebbe oggi la somma di 7 miliardi di dollari, cioè il doppio. Grazie al caso, è lo stesso Gordon Brown che aveva svenduto l’oro, che prenderà il posto di Tony Blair come primo ministro britannico, e che si troverà in grandi difficoltà finanziarie per pareggiare i suoi diversi bilanci, e sarà in seguito spazzato via alle successive elezioni per lasciare il suo posto a un certo Cameron. Il quotidiano The Independent del 20 marzo 2006 rincara la dose sottolineando che le difficoltà del momento e l’inizio della crisi economica sarebbero state meno gravi per il paese se il suo oro non fosse stato svenduto 7 anni prima, poiché nel 2006 cominciava la fiammata dei prezzi dell’oro sul mercato. COME GHEDDAFI SOCCORREVA IL SUDAFRICA E’ un uomo che verrà in soccorso ancora una volta di Nelson Mandela e quell’uomo è Muammar Gheddafi. Non esistono cifre ufficiali rese pubbliche sugli investimenti pubblici di quest’intervento libico in Sudafrica, ma si stima che si aggirino intorno a diversi miliardi di dollari secondo le cifre comunicate dagli amici di Obama. Grazie a quegli investimenti, i neri ebbero finalmente accesso al credito per creare le loro imprese mentre le banche, tutte di proprietà dei bianchi, si rifiutavano di farlo con la scusa che i neri non avevano mai gestito un’impresa e quindi non era possibile concedere loro un credito. In quel momento nasce la prima classe media di neri sudafricani sotto Tabo Mbeki. Per capire perché Mandela si finge morto per evitare di incontrare il presidente americano, bisogna risalire ad un mese prima l’arrivo di Obama nel paese. La nuova Libia di Obama (visto che gli uomini al potere sono stati messi lì da Obama e dalla sua amministrazione) esige dal Sudafrica la restituzione dei miliardi che Gheddafi aveva investito nel paese per contrastare l’egemonia dei bianchi. E’ la goccia che fa trabboccare il vaso per le persone vicine al primo presidente sudafricano democraticamente eletto, Nelson Mandela. E’ il giornale britannico Sunday Times che riporta nel maggio 2013 la cifra di 80 miliardi di dollari che Obama, attraverso i suoi amici libici, starebbe chiedendo ai paesi africani con una frase tanto grottesca quanto scandalosa: « tutti i fondi e gli averi illegalmente detenuti, ottenuti, depositati o nascosti in Sudafrica e nei paesi vicini da Muammar Gheddafi ». E’ ciò che recita il testo che i 2 ministeri libici della Giustizia e delle Finanze hanno indirizzato ai loro omologhi sudafricani. La sola risposta ufficiale sudafricana fino ad oggi è di Jabulani Sikhakhane, portavoce del ministro sudafricano delle finanze, Pravin Gordhan, che ci dice il 2 giugno 2013: « Il processo di verifica della domanda delle autorità libiche è in corso ». E ARRIVO’ OBAMA E’ in questo contesto teso che il presidente americano decide di fare il suo viaggio in Africa, per immortalare questo momento che gli manca: Obama, primo presidente nero degli Stati Uniti col primo presidente nero del Sudafrica. Tuttavia essere nero non basta più. Il mondo è una giungla in cui gli interessi economici sono più importanti delle affinità razziali. Questo, quanto meno, è il messaggio che il presidente americano ha inviato all’Africa sin dal suo primo mandato. E, quando al suo arrivo in Senegal, egli parla di omosessualità, nessuno è babbeo. Tutti hanno capito che oggi il tema dell’omosessualità è usato dall’occidente in Africa per distrarsi ed evitare di affrontare i veri temi. Ed ogni volta funziona. Così, invece di chiedersi se il loro presidente Macky Sall possa rompere veramente col Franco CFA che impoverisce i paesi africani che lo usano, i senegalesi si sono divisi tra coloro che sono per il loro presidente, che si è dichiarato contro l’omosessualità, e chi per il presidente americano che aveva scientemente proposto il tema. E’ in quest’inganno che l’Africa è stata fatta piombare negli anni ’80 con la bugia dell’Aids, con la complicità delle Nazioni Unite attraverso l’OMS, come dimostra il mio libro « In Fuga dalle Tenebre » e il successo di questa distrazione ben orchestrata, un vero circo macabro, che ha come attori veri assassini e vittime reali, è durato 30 anni. Visto che la ricetta dell’Aids non funzionava più, presto presto è stato trovato un nuovo tema: l’omosessualità. E come al solito gli africani ci si immergono come dei bebé che vedono il miele. Obama lo sa e, dopo l’Unione Europea, partecipa anche lui alla distrazione degli africani in Senegal. E funziona. Attraverso i suoi amici libici, quanti soldi esige Obama dal Senegal per gli investimenti di Gheddafi? Sicuramente non se ne è parlato. C’è da chiedersi finanche se lo stesso presidente senegalese sia al corrente di questa manovra sotterranea americana. E poi arriva la tappa sudafricana. E Mandela che fa il morto. Il giorno stesso dell’arrivo di Obama in Sudafrica, è la famiglia dell’ex presidente sudafricano che fa circolare una voce: la famiglia starebbe discutendo sul luogo in cui seppellirlo. Per una volta, i servizi segreti americani impegnati per la visita di Obama non si sono sbagliati sullo stato di salute di Nelson Mandela che non era così catastrofico come lo si era lasciato intendere. Ma quando si parla della scelta del cimitero, allora là le insistenze dell’entourage di Obama per andare a visitare Mandela in ospedale si sono fermate. Quanto meno avrà capito, come il presidente Hollande ad Addis Abeba il 25/05/2013 quando non c’era nessun pubblico per il suo discorso spostato alle 20:45, che in Africa, non sappiamo fare finta di niente. USURPAZIONE DELLA BANDIERA SUDAFRICANA DA PARTE DEGLI OMOSESSUALI OCCIDENTALI Da qualche anno c’è in Sudafrica un malessere che deriva dal fatto che i sudafricani hanno l’impressione che Mandela sia stato uno strumento nelle mani dei bianchi per fare accettare loro la violenza delle ingiustizie sociali di un tempo. A ciò si aggiungono anche i simboli. La bandiera sudafricana, con i colori dell’arcobaleno, usata per convincere i neri a non cedere ai sentimenti di vendetta contro i bianchi, è stata semplicemente rubata dapprima dai pacifisti italiani, in seguito è stata convertita in “rainbow flag”, ossia la bandiera della comunità lesbica, gay, bisessuale e transessuale (LGBT). Una polemica ha avuto luogo in Francia durante i fuochi d’artificio del 14 luglio 2013, quando sulla Tour Eifel sono stati lanciati due fuochi arcobaleno. Gli oppositori del matrimonio per tutti hanno gridato allo scandalo, per aver strizzato l’occhio agli omosessuali. Gli organizzatori hanno dovuto difendersi il giorno dopo su tutti i maggiori canali radio e tv spiegando che era un giusto omaggio a Nelson Mandela su un letto d’ospedale. Finanche il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, ha dovuto giustificarsi con un comunicato dicendo: “Il comune si è fatto carico della responsabilità di mettere Parigi sotto il segno della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza e di rendere omaggio a Nelson Mandela. Punto.” Questa confusione conferma il malessere dei sudafricani di fronte a questo ladrocinio della loro bandiera che dava loro l’impressione di essere il popolo più tollerante della Terra nonostante tutto ciò che hanno subito. E’ anche per questo che quando Obama sceglie il tema dell’omosessualità per il suo discorso a Dakar, non può immaginare di tirare una corda molto sensibile in Sudafrica. IL DECLINO DELL’OCCIDENTE CHE PRETENDE DI AIUTARE L’AFRICA Quando il giorno dopo in Tanzania, Obama promette 7 miliardi di dollari per illuminare tutta l’Africa, nessuno ci crede, neanche lui stesso. Non si sarebbe sbagliato tanto grossolanamente sull’ammontare necessario per illuminare tutta l’Africa. In ogni caso, se non è riuscito a salvare Detroit dal fallimento, una delle città che l’aveva votato di più, il cui debito era di 20 miliardi di dollari, c’è bisogno di fare un corso di economia o di contabilità per chiedersi come possa aiutare 54 paesi africani che sono quasi tutti in buona salute economica? La buona governance significa innanzitutto non spendere i soldi che non si hanno. E su questo è l’Africa a dare lezioni agli occidentali e non il contrario. Spetta ai comuni africani dare lezioni di buona governance finanche in condizioni di estrema povertà e non l’inverso. Al contrario delle municipalità occidentali, i comuni africani non possono emettere obbligazioni, non possono indebitarsi sui mercati finanziari. Ed è una cosa buona. Bisogna riuscire con ciò che si ha. Grazie a questa regola di non chiedere l’universo che non ci appartiene le municipalità africane stanno in piedi da sempre. E’ troppo facile costruire le metropolitane, le piscine, ecc. con i soldi che non si hanno, ma prima o poi bisognerà rimborsarli e quel giorno sta arrivando per tutto l’occidente. Ed è la catastrofe un po’ dappertutto. Il fallimento di Detroit, nascosto sotto la propaganda: « prima grande città a dichiarare il fallimento » in verità è l’ennesima città americana che deposita i libri contabili in tribunale a causa dell’incapacità di gestione dei suoi dirigenti. Come può il Signor Obama, che vuole condividere gli aspetti positivi e negativi della buona governance con i dirigenti africani, non provare vergogna quando pronuncia quelle parole sapendo che tutto il mondo è al corrente della pessima capacità di gestione della cosa pubblica da parte dei politici americani in particolare e occidentali in generale? Come possono delle persone che hanno dimostrato la loro incompetenza nell’amministrare le città nei loro paesi occidentali spiegare agli africani, che hanno tutti i loro comuni con budget in positivo, come gestire la cosa pubblica? Il 12 ottobre 2011, Harrisburg, la capitale delo stato della Pennsylvania ha depositato il bilancio per cattiva gestione. Il 28 giugno 2012, è la 13ma città californiana di Stockton di 300.000 abitanti che deposita il bilancio per gli stessi motivi. Allo stesso modo agiranno altre 21 città americane prima di Detroit, per la stessa ragione: l’incompetenza dei politici americani a pareggiare le spese e le entrate dei loro comuni. Tra tutti i 28 paesi dell’Unione Europea, solo il piccolo stato di Monaco ha un bilancio in equilibrio. Tutti gli altri sono deficitari. Tutti i lander tedeschi languono sotto i debiti. Per esempio, nella città di Oberhausen, è dal mese di maggio 2012 che tutte le piscine, i teatri e le biblioteche municipali sono chiuse per mancanza di fondi, per non parlare del licenziamento di 1000 impiegati comunali in una piccola città di 200.000 abitanti che ha 1,8 miliardi di euro di debiti. La conseguenza è che il centro degli affari sociali è stato obbligato ad aumentare il proprio personale a 350 impiegati per rispondere ai numerosi poveri che si aggirano per quei centri per cercare qualcosa da mangiare. Una delle conseguenze più inattese, è che la maggior parte dei negozi del centro che prima vendevano le più importanti marche di lusso, oggi si sono quasi tutte riconvertite per vendere roba di minore qualità e altri articoli di seconda mano che in passato i buoni e generosi tedeschi offrivano alle organizzazioni umanitarie per i poveri dell’Africa e del Sud America. Per capire la gravità della situazione di quello che la propaganda ci presenta come il paese economicamente più virtuoso d’Europa, bisogna sapere che Oberhausen è il centro della Ruhr, la regione fortemente industriale nell’ovest della Germania. E’ qui che è nato il miracolo economico e industriale tedesco dopo la seconda guerra mondiale. In questa regione solo 8 comuni su 396 hanno un bilancio in ordine. Tutti gli altri 388 sono deficitari e super indebitati. In questo stato regionale della Renania del Nord Westfalia di cui fa parte la regione della Ruhr, l’indebitamento del lander è di 190 miliardi di euro, il che equivale all’ammontare della metà del debito dei paesi africani, cioè il debito di almeno 25 paesi messi assieme. CONCLUSIONE Mandela ha fatto il morto per non incontrare Obama? Il suo entourage non ha risposto a questa domanda. Ma quando si mettono insieme diversi fatti, non c’è più bisogno di porgli questo fastidioso quesito. Quando il 30 giugno 2013, il presidente Obama visita l’ex prigione di Mandela a Robben Island vicino Città del Capo, in Sudafrica, dichiara: « Nelson Mandela è il padre che avrei voluto avere ». Tocca a noi porci una domanda tanto semplice quanto ovvia: Obama sarebbe il figlio che Mandela avrebbe voluto avere? Per rispondere a questa domanda, mi piace ricordare l’atto più significativo del ritiro dal potere di Nelson Mandela come presidente del Sudafrica, ricordando le sue stesse parole pronunciate solo a qualche centinaio di metri dal luogo in cui si trovava Obama a Città del Capo. Il giorno stesso in cui lasciava il potere, voleva incidere nel marmo della storia sudafricana una cosa a cui teneva molto. In effetti si tratta di due cose in una: vuole ufficializzare la sua amicizia personale con la Guida libica Muammar Gheddafi che è stato invitato d’onore alla sua cerimonia d’addio al potere, e l’amicizia tra i due popoli libico e sudafricano. E’ il 13 giugno 1999 a Città del Capo. E’ l’ultimo giorno di presidenza di Nelson Mandela. Ha organizzato una grande celebrazione per dire arrivederci al popolo sudafricano e comunicare al suo popolo il suo testamento pubblico di uomo di Stato. Questo testamento lasciato alle future generazioni di africani in generale è questo patto d’amicizia tra il Sudafrica e la Libia, i due estremi della federazione africana. Kwame Nkrumah voleva unire l’Africa dal Capo al Cairo. Nelson Mandela ha cercato di unire l’Africa dal Capo a Sirte. Ci tiene a ringraziare colui che considera suo amico e fratello, la Guida libica Gheddafi. Il punto più toccante della cerimonia nel discorso di Mandela è quando pronuncia queste parole: « It was pure expediency to call on democratic South Africa to turn its back on Libya and Qaddafi, who had assisted us in obtaining democracy at a time when those who now made that call were the friends of the enemies of democracy in South Africa. Had we heeded those demands, we would have betrayed the very values and attitudes that allowed us as a nation to have adversaries sitting down and negotiating in a spirit of compromise ». In altre parole: « Era una futile richiesta chiedere al Sudafrica democratico di girare le spalle alla Libia e a Gheddafi che ci ha aiutato ad ottenere la democrazia, in un momento in cui, coloro che ora la sostengono erano gli amici dei nemici della democrazia in Sudafrica. Se li avessimo ascoltati, ciò avrebbe significato tradire i veri valori e lo spirito che ci hanno permesso di sederci al tavolo con i nostri avversari per negoziare in un’atmosfera di compromesso ». La lezione di Mandela è molto chiara. Ascoltare il presidente americano Bill Clinton che pretendeva di far girare le spalle alla Libia avrebbe significato girare le spalle anche ai bianchi sudafricani poiché bisogna, secondo il loro punto di vista, girare le spalle a tutti coloro con i quali non si è d’accordo invece di cercare sempre di sedersi intorno a un tavolo per trovare un compromesso. Questo discorso, che trovate integralmente a questo indirizzo pougala.org/mandelakadhafi, è stato spedito da Mandela a Jacob Zuma il 21 febbraio 2011 con un titolo tanto chiaro quanto l’acqua: « Noi non possiamo girare le spalle a Gheddafi ». Ciò non è servito a niente perché il 17 marzo 2011, Jacob Zuma cederà, contro tutte le previsioni, alle pressioni di un certo Barack Hussein Obama e fornirà la voce determinante del Sudafrica per autorizzare i predatori di sempre ad andare ad uccidere l’architetto della democrazia sudafricana, Muammar Gheddafi. Il presidente Obama è innanzitutto un americano. E’ il frutto della cultura americana. E come ogni americano, unisce due elementi odiosi: la completa ignoranza del mondo e l’arroganza di salvare il pianeta. Il signor Obama si è mai posto una sola volta la domanda per sapere quale dolore ha dato al vivente Mandela nel vedere il suo amico e fratello Gheddafi ucciso da un figlio d’Africa e il suo corpo trascinato come un volgare brigante nella polvere delle strade di Sirte? Questa città simbolo che Mandela voleva unire al Capo. I servizi segreti americani non gli hanno detto che il nipote di Nelson Mandela porta il nome del figlio che Mandela avrebbe voluto avere? Questo nipote si chiama Gheddafi e non Obama. Il che la dice lunga. Quando il presidente americano vuole incontrare Nelson Mandela, si chiede in quale condizione deplorevole ha fatto piombare la Libia sulla quale l’ex presidente sudafricano, lasciando il potere, aveva poggiato tutte le sue speranze per una comune prosperità tra i due popoli? Invece di farsi questa domanda, ha preferito inviare ai due ministri di Zuma la fattura che l’opera di Mandela aveva fatto guadagnare al Sudafrica dalla parte della Libia. Quindi, con questi gesti, Obama contesta tutta l’opera di Mandela. In Sudafrica, più i bianchi si attaccano all’eredità di Mandela e più i neri si convincono del sospetto che era stato agitato dal partito di sinistra sudafricano PAC (Pan African Congress) che ha sempre pensato che Mandela fosse un traditore, come il fatto di rifiutarsi di rinominare il paese col suo vero nome africano: AZANIA e, soprattutto, perché non ha nazionalizzato le grandi imprese del paese già detenute dai bianchi e, quindi, non ha proceduto con la redistribuzione delle ricchezze, lasciando le cose nell’ingiustizia conclamata dove erano sempre state ai tempi dell’apartheid. I neri sudafricani hanno l’impressione che qualcuno ha rubato loro la vittoria sull’apartheid. La sfiducia contro Mandela da parte di alcuni neri sudafricani, viene dal fatto che non hanno una risposta per questa domanda: com’è possibile fare 27 anni di prigione per lottare contro un’ingiustizia razziale e, il giorno in cui si ha il potere, continuare con la stessa ingiustizia come se niente fosse successo? E più i bianchi celebrano Mandela e più loro si convincono del loro sospetto. Quasi tutti in questo paese hanno a cuore le parole dell’ex marito dell’attuale compagna di Mandela (Graça Machel). Samora Machel diceva ai suoi amici del bar nel periodo della lunghissima e sanguinosa guerra per l’indipendenza del Mozambico, una delle più tardive dell’Africa arrivata nel 1975 e seguita da una guerra civile finanziata dal Portogallo che non voleva mollare l’osso: « Il giorno in cui sentirete i bianchi parlare bene di me, quel giorno lì, non condividete più i vostri segreti con me perché vorrà dire che vi avrò già traditi ». Douala, 19/07/2013 Jean-Paul Pougala Traduzione: Piervincenzo Canale africanews.it/e-se-mandela-avesse-fatto-il-finto-morto-per-non-incontrare-obama/
Posted on: Mon, 29 Jul 2013 01:57:44 +0000

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