Esco di casa per andare al lavoro, e mi rendo conto che forse sono - TopicsExpress



          

Esco di casa per andare al lavoro, e mi rendo conto che forse sono l’unico che stanotte ha dormito con serenità. Mi considero un uomo tranquillo. Il mio mattino a casa prima di uscire è fatto di relax, colazione in famiglia e un buon caffè, un po’ come nella pubblicità del Mulino Bianco. Poi scendo le scale lentamente, risveglio poco alla volta i riflessi, arrivo all’automobile e (molto importante) accendo la radio. Solo musica. Con ampio margine di tempo, calcolando anche il traffico più congestionato, cerco di arrivare in orario all’appuntamento, ma quando ci arrivo mi sento un po’ deluso. E’ lo stato d’animo che si riflette nelle persone che incrocio con la mia automobile, al semaforo, nelle strade trafficate di Roma, che mi mette così a disagio; per non smarrirmi o per non cadere nella banalità di chi ascolta la sua musica incurante del mondo esterno, a volte devo agitarmi volutamente oppure, che so, suonare il clacson all’impazzata….così, per aggrapparmi alla realtà che mi circonda, pur di non isolarmi. Perchè anche io faccio parte del Moderno, l’ho aiutato a dominare la civiltà, i suoi istinti, soprattutto a gestire meglio le sue paure, i suoi sentimenti, quindi non sono certamente meglio di chi ringhia alle sette del mattino a via Appia perchè è appena scattato il semaforo verde e io sono fermo ancora in folle a pensare, e questo disagio che riscontro nel prossimo è anche opera mia, perchè sono parte integrante di un meccanismo di controllo sociale ormai collaudato. Sono anche io un numero, ho un ruolo in questo Sistema che, se da una parte mi consente di avere un margine di libertà non indifferente, dall’altra mi condanna a comprendere il mio vero status: uno schiavo, sicuramente con una catena molto molto lunga, ma comunque schiavo. Raggiungere degli obbiettivi professionali e accantonare quei sogni di un mondo diverso che quarant’anni fa squarciavano l’incubo e la fine di un Nuovo Medioevo,…ecco com’è la mia quotidiana tranquillità: con molto meno “maggio francese”, ma con la consolazione di potermi permettere almeno del buon…formaggio francese. Dopo quattro ore di lavoro molto intense, attraversando la città e la Storia che a tratti piange nel vedere questo fiume di scatole metalliche dedite a raggiungere ognuna ancora la propria meta, vado ad ingoiare la mia quotidiana e indigesta pillola di informazione, quindi mi leggo un giornale comodamente seduto al bar, sintonizzato sullo strombazzare delle automobili e sul vociare dei tavoli vicini. Anche così riesco ad essere tranquillo, assorto nella lettura di notizie disparate, che parlano di falsa politica e di economie sconquassate, mentre neanche le consuete parole e la Storia potranno mai fermare questa guerra così assurda, nella “terra tra i due fiumi”, l’Irak, guerra voluta dal Moderno, dalle cosiddette democrazie occidentali, nel luogo che è stata la vera culla della civiltà umana. Penso allora a quando ero adolescente e nella mia povertà mi soffermavo sui nuovi palazzi, lanciando un urlo per fare la eco, sperando di vederli crollare come le mura di Gerico, di quei palazzi come mostri che ingoiavano la miseria, per costruire altra miseria racchiusa nelle mura di un nuovo edificio, lontano dal senso della comunità, lontano anche dal credere di vedere cancellato un tessuto sociale come quello della “borgata”; quello che è successo in pratica con la costruzione del “serpentone” di Corviale, dove intere famiglie sono state conficcate e isolate in questo blocco di cemento, e che invece non sta succedendo in Irak, o nei campi profughi in Palestina, dove non solo non si costruisce ma si distrugge, dove una civiltà millenaria non solo viene umiliata ma addirittura gradualmente annientata dalla democrazia “importata”. Con tali riflessioni arrivo in ufficio, accolto dal viavai dei colleghi indaffarati; sono ancora tranquillo, mentre il mio cellulare continua il suo concerto quotidiano fatto di richieste, solleciti, chiarimenti, appuntamenti,…in attesa di sentire i tuoi cari, i tuoi amici, ma tanto non è possibile: visto che ci siamo tutti, la riunione inizia prima. Ma mentre ascolto di strategie di vendita, di obiettivi, di forecast, dalla finestra volgo lo sguardo al cupolone di San Pietro, e così mi faccio distrarre oltre che dal malumore per il prolungarsi delle proiezioni anche da una certa contrarietà per il ruolo della Chiesa nella Storia, con un passato inquisitorio fatto di torture ed esecuzioni, oltre ad presente fatto di segreti e complicità come nella vicenda Calvi e il Banco Ambrosiano, oltre alle relazioni poco chiare con i regimi dittatoriali in Sudamerica, come le tranquille partite a tennis dell’allora Nunzio apostolico in Argentina mons. Pio Laghi con i vertici militari della dittatura, mentre la sua Chiesa poneva tra gli “obiettivi” e le “strategie” il silenzio assoluto sui continui “voli della morte” e sulle torture all’ESMA. Un po’ disgustato, torno a concentrarmi sulle conclusioni della riunione, faccio qualche osservazione neanche tanto convinta, e dopo aver raccolto gli appunti per defilarmi, all’improvviso mi rendo conto che è cominciato un brutto temporale: dalla finestra, e dal forte rumore avvertito, si intuisce che di lì a qualche metro c’è stato un tamponamento, e siccome la discussione in corso tra i conducenti in attesa della polizia municipale ha inevitabilmente paralizzato il traffico aumentato per la strozzatura della carreggiata, ritengo sia inutile andar via ora e torno nel mio ufficio, cercando di recuperare il tempo perso aggiornando almeno l’agenda con gli appuntamenti settimanali, sperando di combinare nella stessa zona appuntamenti mai presi o visite con potenziali Clienti mai contattati, e alla fine riesco a pianificare ben quattro giorni di lavoro….avendo dato però priorità assoluta alla mia fidanzata: è il suo compleanno, e avevo promesso di chiamarla quanto prima per portarla fuori a cena. Un pallido raggio di sole illumina il pavimento dell’ufficio e sdraiando lo schienale della poltrona approfitto cinque minuti per chiudere gli occhi, tanto per rilassarsi ancora un pò. Riesco pure a sognare, e mi ritrovo al fianco di Spartaco alla guida del suo esercito di ribelli che marcia verso il Quirinale mentre i carabinieri con i loro scudi di plexiglas e i lacrimogeni cercano di fermarci: vengo ferito, e di colpo mi sveglio, accorgendomi di aver battuto il capo contro la parete laterale. Si sono fatte le quindici e trenta, e ora il tempo è sereno. Raggiungo la mia automobile e avviandomi in direzione dell’Eur, passo vicino il Circo Massimo, e la tentazione di ammirare in questo antico scavo adibito a stadio è più forte del ritardo che farò con l’appuntamento; apro il cofano posteriore dove ho la borsa della palestra, mi cambio velocemente in macchina, e con tuta e scarpe da ginnastica mi incammino nel verde dell’Aventino, respirando la terra bagnata e soprattutto abbandonando l’asfalto della città e il grigio odore dei gas di scarico delle automobili. Dopo aver avvisato il potenziale cliente, un pò contrariato del ritardo, con sommo piacere mi accingo a spegnere il telefonino e a sedermi sotto gli alberi, a osservare i passanti, i ragazzi che si baciano, una coppia di anziani che cammina mano nella mano e, ripreso a passeggiare, vedo su una panchina un povero mendicante coperto di stracci che parla da solo, con lo sguardo nel vuoto; anche in questo piccolo mondo, all’interno di una metropoli piena di contraddizioni, anche nel sereno incontro tra la pace e la natura, i ”risultati” del Moderno invadono la quiete all’ombra di un parco, quasi come un monito per coloro che vogliono sentirsi liberi o quanto meno cercano ristoro e conforto in un parco cittadino. Devo andare: il cliente, già stizzito, non va fatto attendere più di tanto. L’appuntamento è durato parecchio, anche troppo, ma ha avuto un esito felice, ho chiuso un buon contratto e l’esperienza mi insegna che dopo un successo bisognerebbe cercarne subito un altro, che non bisogna allentare la presa, che forse è la giornata giusta, ecc., e vorrei provare a contattare un commerciante che si trova lì a due passi, ma è tardissimo e debbo cenare con lei. Riesco all’ultimo momento pure a trovarle un regalo, e un fioraio benevolo nei pressi di casa sua mi usa la cortesia (..aveva ormai chiuso) di prepararmi un bel mazzo di rose e di presentarmi come si deve al suo compleanno. Eccomi così ritornato alla normalità, con un sorriso nel vederla così contenta, ma anche con la malizia di chi è seduto al ristorante con una bella donna e una buona bottiglia di vino…pensando al dopo; tutto sommato, il mio mondo è soprattutto lei, nella sua voce, perchè con lei mi sento un altro, e mi piace tantissimo perchè c’è qualcosa in lei che non mi fa sentire tranquillo, anche nei suoi richiami sul fatto che la trascuro un po’, e non ne ha tutti i torti. E’ una normalità temporanea ma che adoro, perchè cancella la mia giornata, i miei incontri con l’umanità sacrificata al lavoro e dedita ai commerci, i miei salti temporali alla ricerca di ciò che poteva o doveva essere, navigando nei caratteri e nelle parole delle persone conosciute finora (tante, soprattutto per lavoro) e cercando disperatamente di immaginare la giornata successiva diversa dalla precedente, e così quella successiva ancora, e quella ancora dopo. Sono le due del mattino e torno a casa; è terminata la normalità e domani la giornata lavorativa non è delle più semplici, con Roma che, come tutte le città, e il mondo intero, non sembra voler cambiare. E’ la vita, mi dicono. Nel ciclo naturale della vita noi esseri umani siamo diventati unici ed esclusivi, grazie all’evoluzione della specie e alle scoperte scientifiche, ma nulla sembra renderci migliori, nelle più buone intenzioni, rispetto all’uomo primitivo. Abbiamo abbandonato la spada per raccogliere il fucile, grazie al quale abbiamo poi smarrito la valenza umana dell’avversario, che nelle guerre moderne è reso ancora più simile ad un insetto nocivo da sterminare con i bombardamenti e le armi di distruzione di massa. Non ci sarà mai più Achille che piangerà la morte per mano sua dello straziato Ettore; i lirici greci potevano permettersi di osannare le gesta e l’eroismo dei contendenti, le virtù di chi era fiero di aver sangue ateniese o troiano, mentre oggi non conosciamo il nemico, ma lo temiamo; oggi non conosciamo il nemico, ma la Paura ci fa dimenticare il motivo per cui lo combattiamo, la guerra è divenuta ormai un grande videogame, con la sola differenza che il gioco sembra non finire mai e chi viene colpito a morte, muore veramente, e non verrà mai cantato da nessun Omero. E’ la vita, dicono, e io ne faccio parte, tra tranquillità e normalità. Domani vivrò di nuovo l’eterno passaggio delle consegne tra la Storia e il Moderno, unitamente agli appuntamenti, permettendomi ogni tanto di girare lo sguardo e prendere fiato, sperando a chiusura giornata di fare in tempo per poterla almeno andare a trovare. Intanto che salgo le scale di casa, penso se potrò prendere sonno facilmente, e subito; la sveglia è alle 6, ma per fortuna sono uno che dorme sì poco ma con serenità. Perchè, se non s’è capito, io sono un uomo tranquillo.
Posted on: Sun, 04 Aug 2013 11:58:12 +0000

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