Evo Morales? “E chicazz’è?”, si chiederà qualcuno, e non a - TopicsExpress



          

Evo Morales? “E chicazz’è?”, si chiederà qualcuno, e non a torto. Evo Morales è un capo di Stato, e più esattamente il Presidente della Bolivia, in visita ufficiale in Italia nei giorni passati, visita che evidentemente non è stata ritenuta meritevole del dovuto interesse da parte della nostra palude informativa, tanto da passare quasi inosservata o da meritare una pagina numero 15 del Corriere. Ma chi è veramente Evo Morales? Un perfetto “nessuno” per alcuni, per altri “un narco-indio bacato in testa”. Per molti però Evo Morales è il primo Presidente indio del continente americano; è stato uno dei tanti cocaleros, i contadini coltivatori della foglia di coca, e poi anche sindacalista, lottando per i diritti della sua gente, fino a portarla ad un ciclo di proteste, culminate in quella che può essere definita la prima “guerra dell’acqua” della storia umana, in grado di far dimettere due Presidenti. La sua elezione nel dicembre 2005 costituisce un unicum nella storia sudamericana, con ben il 54% delle preferenze a suo favore, in uno dei Paesi più poveri al mondo, che fino a quel momento parole come democrazia e dignità neanche sapevano dove fossero di casa, con circa 10 milioni di abitanti composto dal 80% da indios di varie etnie e con oltre 6 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà. Con una eredità del genere, tipicamente sudamericana, dovuta a decenni di sfruttamento delle risorse naturali da parte del cosiddetto “neocolonialismo” delle multinazionali, nel giro di un anno e mezzo questo signorotto di mezza età sta rispettando il patto con i propri elettori: “gli idrocarburi sono dei boliviani. In Bolivia il neoliberismo deve finire” aveva detto, e infatti arrivò il Decreto che nazionalizzò i circa 60 giacimenti di idrocarburi presenti in Bolivia e che invertì la tendenza in essere fino a quel momento (82% degli utili alle multinazionali, il resto come mancia allo Stato), intimando alle multinazionali 180 giorni di tempo per rinegoziare i nuovi contratti e ad accettare stavolta loro il 18% degli utili, altrimenti sarebbero state costrette ad andarsene. Perchè la Bolivia è ricca di risorse naturali: ha le seconde riserve naturali di gas del continente dopo il Brasile, e produce circa 40.000 barili di petrolio al giorno, e “el Evo”, come viene chiamato, l’aveva promesso: “cominciamo dagli idrocarburi, poi toccherà alle miniere, quindi alle foreste fino alla terra”. Ma non è solo attraverso gli interventi statali a carattere straordinario che questo contadino si sta distinguendo. Evo Morales sta cercando di recuperare il ritardo storico della Bolivia nei confronti anche dei suoi competitor e partner commerciali non solo attraverso i nuovi flussi finanziari e gli introiti derivati dal petrolio, ma anche nel riconoscimento dei valori della tradizione delle comunità indigene di cui fa parte, riscoprendo concetti ancestrali come pacha (terra) e inti (sole) e valorizzando le nuove esperienze delle comunità agricole autogestite, ridando così al suo popolo quella dignità senza la quale è difficile percorrere la strada della democrazia. E’ la stessa dignità che viene restituita anche ai cocaleros, per anni resi strumenti ed allo stesso tempo ostaggi sia dei narcotrafficanti che delle ingerenze contraddittorie degli Stati Uniti, che vogliono le foglie di coca depenalizzate per produrre la Coca Cola ma penalizzata per tutto il resto, fissando nel tempo e nelle genti il luogo comune che vuole la foglia di coca sinonimo di cocaina; un po’ quello che è successo con la pianta di canapa, come il “terrorista” Beppe Grillo ha ben spiegato in un suo spettacolo. Va detto infatti che la foglia di coca è coltivata nelle Ande fin dal 3000 a.c., è una tradizione della cultura boliviana, e il suo uso è necessario alle popolazioni andine, poichè non solo la sua masticazione non provoca nessun effetto allucinogeno e di dipendenza ma anzi consente di poter vivere e lavorare alle altitudini elevate, alleviando contemporaneamente fame e fatica, grazie ad un elevato contenuto di vitamine, mentre cosa ben diversa è il cloridrato di coca, meglio conosciuta come “cocaina”, ottenibile attraverso diversi procedimenti chimici e che utilizza grandi quantità di foglie per ottenerne qualche grammo. E’ sfatando questo luogo comune che Evo Morales sta costruendo la sua battaglia, cercando di fare pressioni proprio sul marchio prestigioso della Coca Cola, sottolineando la paradossalità nel fatto che la bibita viene venduta comunque in tutto il mondo nonostante le restrizioni degli Stati Uniti mentre il povero cocalero rischia la prigione se viene trovato in possesso di qualche foglia. Gran personaggio, questo cocalero, con il suo concetto di “non violenza” e di “umanesimo” (diverso, secondo lui, dal castrismo cubano e dal “populismo” di Chavez in Venezuela, nonostante la stima e i rapporti commerciali in essere con le due altre realtà “ribelli” in Sudamerica) e soprattutto attraverso l’indigenismo che ha ridato slancio ad un socialismo che sembrava ormai definitivamente seppellito con il golpe del 1973 in Cile dopo l’uccisione del Presidente Salvator Allende. Ma è un po’ tutto il continente sudamericano che sembra alla ricerca di un riscatto; dopo la riconferma del Presidente “operaio” Lula Da Silva alla guida del Brasile, e con Chavez in Venezuela, la Bachelet in Cile, la Kirchner in Argentina, la Bolivia si appresta ad entrare in un Nuovo Millennio che vede segnare il passo del neoliberismo nordamericano, attraverso la cancellazione sistematica dei Governi-fantoccio che dissanguavano e sfruttavano ad appannaggio di pochi, e il riscatto avviene attraverso un “nuovo modo di fare politica” e un nuovo modo di reinterpretare il socialismo, che non disdegna il libero mercato e l’iniziativa privata se il risultato è quello di risolvere le condizioni basilari di esistenza della popolazione, senza bisogno di elemosine e senza bisogno degli aggiustamenti dettati dal neoliberismo e dalla globalizzazione, e proprio grazie a profezie elaborate in concetti come “nuovo modo di fare politica”, a ruoli istituzionali che non devono però consentire di “non comandare comandando, ma di comandare obbedendo”, il fatto di porsi come “anticamera di un nuovo mondo” che racchiuda democrazia, libertà e giustizia, è doveroso ricordare però che il vero precursore di questo “nuovo umanesimo” è stato Rafael Sebastian Guillen, meglio conosciuto come “subcomandante Marcos”, assieme ai zapatisti dell’EZLN nel Chapas messicano, che dal 1994 sono il simbolo del risveglio (armato, in questo caso) dell’orgoglio indio e di tutti i popoli oppressi dal giogo neocolonialista. Gran personaggio, questo Evo Morales, ma anche grande umiltà. Con la sua variopinta casacca al posto di giacca e cravatta, ha incontrato Napolitano, Prodi, D’Alema, Bertinotti, alcuni industriali e anche (pensa un po’) il “pupone” Totti, ma soprattutto ha stupito per la sua disponibilità a parlare davanti a più di mille studenti presso l’aula magna dell’ Università La Sapienza di Roma, e visitando l’edificio occupato di via De Lollis incontrando i rappresentanti di alcuni movimenti sociali italiani, tra i tanti Action, Attac, A Sud, e di rilievo anche la presenza della Fiom e di padre Alex Zanotelli. Proprio in questo incontro, “el Evo” ha dimostrato la sua coerenza, riconoscendo le enormi difficoltà che sta incontrando e gli errori commessi da quando è Presidente, e non ha nascosto qualche autocritica al suo processo di democratizzazione attraverso la realizzazione di una Assemblea Costituente per riscrivere la Costituzione che di fatto ha rallentato il processo di cambiamento in corso, vuoi anche per le ancora influenti oligarchie economiche presenti nel Paese e anche, a quanto denuncia, per le forti “pressioni” degli Stati Uniti nel sostenere l’opposizione. Certamente avrà tanta strada da fare, il cocalero, lui che di strade e di scalate con le pezze ai piedi e al sedere, su per le Ande, ne deve aver fatte tante, insieme al suo popolo di contadini e pastori di lama. Chissà, forse è per questo che non merita lo spazio dovuto presso gli organi di informazione: certo il binomio contadino-politico è un po’ demodè ai giorni d’oggi, nonostante in questi giorni, neanche a farlo apposta, ricorra il cinquantenario dalla morte di un altro coraggioso contadino-politico, stavolta italiano: Giuseppe Di Vittorio. Che lo spirito di Di Vittorio e la rivincita socialista di un continente rappresentato dalla pelle brunita e dalla sagoma tipicamente indio di Evo Morales crei un qualche imbarazzo al nostro Governo di sinistra, o di ciò che rimane della Sinistra? Chissà. Di certo è che Evo Morales è sì un politico ma sembra quasi un vicino di casa, è un politico ma allo stesso tempo sembra ancora un giardiniere o un coltivatore. Di uno così ne avremmo tanto bisogno pure noi. Perchè di uno così non puoi non fidarti, anzi gli lasceresti pure volentieri le chiavi di casa, che magari nel suo ritaglio di tempo ti sistema pure l’aiuola del giardino, e lo fa con il sorriso di chi s’aspetta solo il rispetto e il saluto, e nient’altro. Possiamo dire altrettanto dei nostri ben remunerati politici in giacca e cravatta? Comunque sia, il Presidente boliviano è considerato il personaggio politico dell’anno, tanto da essere uno dei candidati a Premio Nobel per la Pace. Che sia politico o contadino, con la caparbietà dimostrata finora, anche di razionare il suo stipendio, portandolo da 25mila dei nostri euri mensili fino a 2mila euri –se si pensa che in Bolivia c’è chi è costretto a sopravvivere con uno stipendio di 3 euri mensili- Evo Morales ha dimostrato soprattutto di non farsi “alienare” dalla politica, dai ricatti di potere e soprattutto dalle minacce di “iraqizzazione” della Bolivia, e di mantenere stretto il suo legame con il passato e la sua gente. Proprio come la nostra classe politica e la nostra “Repubblica delle banane”…
Posted on: Sun, 04 Aug 2013 12:00:36 +0000

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