Giunti che fummo in un luogo dove l’acqua scrosciava con rumore - TopicsExpress



          

Giunti che fummo in un luogo dove l’acqua scrosciava con rumore simile al ronzare di un’arnia, ci si avvicinarono tre ombre fuggite alla turba del loro tormento. Esse mi gridavano di fermarmi, incuriosite dal fatto che le mie vesti non sembravano quelle di un morto. Vidi sui loro corpi l’effetto delle fiamme più vecchie e delle recenti – al solo ricordo mi percorre un brivido di fastidio. Ascoltando le loro urla, Virgilio si fermò un attimo, e si volse verso di me invitandomi alla cortesia - aggiungendo che, nonostante la scomodità del luogo, una sosta mi avrebbe fatto bene. I tre ci venivano incontro continuando le loro urla e, quando giunsero presso di noi, si disposero in crocchio senza smettere di muoversi convulsamente: sembravano degli uomini convocati a un’ordalia, che studino l’avversario prima dell’inizio del combattimento - giravano in tondo senza requie. Essi mi chiesero, nonostante il disprezzo che avrei dovuto provare per loro e per quei luoghi, se in nome della fama che avevano avuto in vita, gli avessi potuto dire chi ero, e cosa facevo all’inferno – come i miei piedi potessero calpestare quel suolo senza tema. Uno dei tre, che poi seppi essere Jacopo Rusticucci, si prese la briga di presentarmi Guido Guerra, nipote di Gualdrada dei Ravignani – il suo aspetto non doveva ingannarmi: in vita era stato uomo pieno d’onori, tanto di senno quanto di spada. In seguito m’introdusse Tegghiaio Aldobrandi, di cui lodò le virtù, e mi disse il suo nome, Jacopo, aggiungendo che la causa del suo peccare era stata la moglie (era un sodomita). Dopo averli ascoltati, avrei voluto uscire dalla cortina riparatrice per abbracciarli, ma poi mi vinse la paura – Virgilio se ne sarebbe adirato, e io mi sarei bruciato. E così gli dissi che non nutrivo alcun disprezzo per le loro persone, anzi – la loro condizione mi addolorava e mi avrebbe a lungo addolorato - già Virgilio mi aveva detto della loro onorabilità e del rispetto che avrei dovuto portare a convegno presso di loro. Poi gli dissi che ero di Firenze, e che avevo già ascoltato delle loro vite e opere – provavo affetto per loro. Infine conclusi che ero alle prese con un viaggio straordinario, lungo cui avrei lasciato da parte la colpa per conoscere la gioia dei frutti dell’infinito Bene – del bene mistico della Fede, che non si affanna a volere spiegare le incongruenze del mondo e accetta la vita come un dono. Jacopo mi augurò vita lunga, e altrettanta lunga fama dopo la morte, insieme augurando alla nostra città di vivere giustamente e valorosamente, nonostante Guglielmo Borsiere fiorentino gli avesse già portato pessime notizie del destino di Firenze. Io non potei dunque che lamentarmi della decadenza della città, ormai piena di parvenus – le ricchezze dei commerci ne stavano deturpando il volto, ridisegnandolo con i tratti dell’orgoglio e della superbia! Essi si guardarono l’un l’altro stupefatti, come gente che scopra una propria verità detta dagli altri, e poi si dissero d’accordo con le mie parole, lodando la franchezza del mio animo. Infine m’invitarono a rinnovare la loro felice memoria nel mondo, e ruppero il crocchio, scappando come uomini che abbiano ali al posto delle gambe - nel tempo di un amen. Al che Virgilio mi consigliò di riprendere il cammino: camminammo tanto vicini all’acqua scrosciante, che a fatica avremmo potuto intendere le nostre stesse parole. Il Flegetonte, sanguinante e rumoroso, sembrava in quel frangente l’Acquacheta, che nasce sul Monte Veso e sgomita a oriente sulla costa dell’Appennino: quel fiume, prima di perdere irrequietezza e nome presso la pianura, scende da San Benedetto d’Alpe come un enorme flusso d’acqua costretto in un minuscolo vettore (così, in un unico flusso impetuoso, senza rivoli che ne calmino l’andare, scendeva il Flegetonte verso le rive più basse dell’Inferno). Io presi una corda che avevo cinta al corpo – essa era il simbolo della lotta alla lussuria – e quando l’ebbi sciolta e ravvoltolata la passai a Virgilio: egli la lanciò parecchio in lungo, sul lato destro del burrone che ci era sotto. Pensai che egli mi avrebbe dovuto qualche spiegazione, o forse che qualcuno avrebbe dato un segno dall’altro capo della corda, mentre egli con molta attenzione seguiva la strada della corda lungo il burrone (sembrava un uomo che sappia dove sta andando, ma non possa vedere quel luogo che con gli occhi dell’immaginazione, mentre cautamente sembrava valutare tra i pensieri la strada della corda). Fatto ciò, Virgilio mi rassicurò – presto la situazione si sarebbe sbloccata e sarebbe giunto chi ci avrebbe portato avanti. Ora io starei zitto, perché ci sono cose che non potreste credere vere, eppure non posso tacere: non passò qualche momento, che ci si parò di fronte una creatura assurda e meravigliosa – essa andava con la lentezza di un marinaio che esca dall’acqua dopo avere sbloccato un’ancora allo scoglio, mentre ci veniva incontro muovendo le gambe a rana.
Posted on: Wed, 31 Jul 2013 09:36:32 +0000

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