HA ANCORA SENSO CONSIDERARE IL PATRIARCATO COME L’ARCHITRAVE - TopicsExpress



          

HA ANCORA SENSO CONSIDERARE IL PATRIARCATO COME L’ARCHITRAVE DELLE SOCIETA’ CAPITALISTICHE OCCIDENTALI? Stavo rispondendo al commento di un amico durante una discussione in un topic aperto sulla bacheca del MFPG e, come spesso mi succede, mi sono reso conto che ne stava scaturendo un vero e proprio articolo. Ho pensato che potesse essere utile pubblicarlo come tale. Di seguito l’articolo: “Un punto è importante da chiarire. Non si tratta di chiedere abiure a nessuna. Sono assolutamente convinto che l’esperienza di militanza femminista fatta dalle “femministe a sud” o anche da altre donne, sia sicuramente stata autentica. Su questo non ci piove. Si tratta invece di fare due operazioni, entrambe non facili, me ne rendo conto. La prima è quella di prendere atto dell’evoluzione del femminismo, cioè delle forme in cui storicamente e politicamente questo si è determinato e affermato. E qui torniamo all’esempio del socialismo reale che facevo prima. Non ci si può limitare a dire, mutatis mutandis, che la “colpa” della degenerazione del neofemminismo politico-mediatico-istituzionale è delle femministe false, opportuniste e “cattive”, perché, come ripeto, questo può essere tutt’al più un escamotage ma non è un’analisi seria e corretta delle cose. Qui però devo aprire una parentesi doverosa perché mentre penso che le origini storiche, sociali e filosofiche del comunismo siano autentiche ben al di là e oltre il “comunismo” fattosi stato, lo penso molto meno o solo in minima parte del femminismo che a mio parere, è in sé una ideologia “minata” alle origini. Mentre cioè l’esperienza storica comunista è tutta interna a quella che Giambattista Vico definiva come eterogenesi dei fini, il femminismo è oggi ciò che a mio parere era già in erba, anche se non ancora manifesto o molto ben camuffato (ciò non significa che moltissime donne ci abbiano creduto in buona fede e l’abbiano anche sostenuto attivamente). In parole ancora più povere, ciò che voglio dire è che mentre il comunismo NON si è realizzato (su questo credo che ci siano pochi dubbi), il femminismo a mio parere invece si, e come. Ed è quello che vediamo sotto i nostro occhi e che viviamo tutti sulla nostra pelle. La differenza non è da poco, fermo restando che poi ciò che conta sono gli effetti e le ricadute concrete, in entrambi i casi. La seconda operazione è quella, altrettanto faticosa, che dicevo già prima. Si tratta cioè, per le “femministe a sud” (e tutte quelle donne che ancora si dichiarano femministe ma hanno di fatto imboccato un altro percorso, che se ne rendano conto e ne prendano atto in via definitiva), di rielaborare completamente la loro analisi che secondo me è a dir poco obsoleta e priva ormai di ogni fondamento. Non voglio ripetere ciò che ho già detto molte altre volte anche perché ci ho scritto già diversi articoli e altri ne scriverò, però non ha veramente più senso continuare a descrivere la società capitalistica attuale come dominata dal patriarcato e dal maschilismo. Non vorrei esagerare ma mi sembra un po’ come quelli che si ostinavano a sostenere la concezione tolemaica nonostante la rivoluzione copernicana e Galileo. La realtà ci dice l’esatto contrario. Ci dice cioè che Il sistema capitalistico assoluto attualmente dominante DEVE distruggere, nel senso di devitalizzare, disinnescare, spappolare dal punto di vista psichico e culturale (a parte che lo hanno fatto e lo stanno facendo anche dal punto di vista materiale…) il maschile e il paterno perché, come ho spiegato mille volte (ma sono disposto a ripeterlo fino all’inverosimile), questo sistema ha necessità di disarticolare qualsiasi forma o istanza (etica, sociale, religiosa, politica, comunitaria ecc. ) che non sia riconducibile al capitale stesso, alle forma merce e alla loro infinita e illimitata riproduzione. Il maschile e il paterno rappresentano dunque due potenziali ostacoli. Il primo per la sua energia vitale e trasformatrice (e potenzialmente anche antagonista). Il secondo (il paterno) perché è quello che per una serie di ragioni (che ora sarebbe troppo lungo spiegare) è preposto per natura e per cultura (che non possono MAI essere separate) alla trasmissione di un sistema di valori che potrebbe non corrispondere a quello dominante. Da qui il processo di omogeneizzazione in corso che ha come obiettivo quello di distruggere le differenze (maschile-femminile, paterno materno), di rimescolare completamente le carte , naturalmente a tutto detrimento del maschile. E’ quest’ultimo che si vuole “femminilizzare” al fine di poterlo meglio “addomesticare”. Il padre deve quindi essere ridotto a “mammo” e/o a “bancomat” (che sia separato o meno non ha nessuna importanza…). Questa nuova figura antropologica e sociale che viene salutata con entusiasmo ed enfasi “progressista” come si trattasse di chissà quale grande passo in avanti dell’evoluzione maschile, è in realtà il tentativo (purtroppo forse destinato a riuscire, lavoriamo per invertire il processo) di annichilire il maschile, cancellandone i suoi tratti distintivi, e di fatto ad omogeneizzarlo al femminile. Chiariamo subito, onde evitare possibili fraintendimenti, che il fatto di criticare la “femminilizzazione” del maschile e la sua omogeneizzazione al femminile, non significa affatto avere una concezione “negativa” del femminile. Significa solo che il maschile è il maschile e non si vede per quale ragione debba “femminilizzarsi”. Il processo, dicevo, è già in atto da un bel pò di tempo ed è in corso di ulteriore implementazione e perfezionamento. La possibilità di adottare i figli da parte delle coppie gay o lesbiche è soltanto una primissima avvisaglia di questo processo, uno dei primissimi passaggi, salutato anch’esso enfaticamente dalle fanfare progressiste e politicamente corrette come la nuova frontiera delle sorti magnifiche e progressive del nuovo ”uomo nuovo”, cioè del nuovo soggetto umano finalmente “liberato” dalle pesanti catene dell’appartenenza sessuale. Fra non molto avremo a disposizione dei laboratori con degli uteri artificiali ai quali, pagando (sia chiaro, pagando) potremo rivolgerci per avere (comprare…) un figlio, e dal momento che si paga potremo anche scegliere il colore della pelle, dei capelli, ecc. Poi in molti si incazzano e gridano allo scandalo quando qualcuno parla di nazi-femminismo… Se queste sono le premesse, a me pare proprio che il “sogno” hitleriano miserabilmente infrantosi e preso a sonori calci nel culo nelle steppe russe, si riproponga oggi sotto altre spoglie. O no?.... Sarà divertente (si fa per dire…) quando questo figlio un domani si rivolgerà ad un non ben precisato genitore A o B, chiedendo incuriosito non se l’ha portato la cicogna bensì:”Genitore B (che qualcosa mi dice sarà il “padre”…), quanto mi hai pagato? Chi ha deciso il colore della mia pelle? L’hai decisa tu insieme al genitore A o l’ha decisa solo il genitore A?...”. Questa offensiva di ordine, diciamo così, antropologico, segue quella sociale, in atto ormai da tempo, diciamo per lo meno dal crollo dell’URSS in avanti. Il capitalismo, privo di ostacoli sul suo cammino trionfale (che non siano le sue contraddizioni strutturali interne, l’attuale crisi economica) sia interni che esterni, con l’eccezione di qualche stato-nazione che ancora gli resiste (Cuba, Venezuela, Iran, Siria, senza volerli mettere sullo stesso piano perché si tratta di esperienze storico-politiche completamente diverse fra loro, e senza per questo volerli prendere a modello…) ha già smantellato e sta smantellando in gran parte del mondo occidentale non solo quelle residue forme di stato sociale che ancora sopravvivevano ma ogni forma di organizzazione sociale. Ha precarizzato e sta precarizzando tutto il mondo del lavoro: fra non più di vent’anni al massimo l’intera forza lavoro sarà ridotta ad un massa di precari senza diritti e senza nessuna possibilità di contrattazione sia individuale che tanto meno collettiva). Ma questa devastazione sociale non era e non è sufficiente, perché il “progetto” ha ben altre ambizioni . L’attacco, come ho spiegato, è portato oggi (questa è la grande novità) anche da un punto di vista antropologico. Ecco perché diciamo che oggi il capitalismo si declina economicamente a destra ma culturalmente a “sinistra”.Perchè è quest’ultima (che non ha NULLA a che vedere con la sinistra storica che nel bene e nel male abbiamo conosciuto fino ai primi anni ’60 del Novecento), quella incaricata dal sistema (ci cui fa parte ma solo come ancella, come del resto l’attuale “destra”, che però è chiamata a d assolvere ad altri compiti) a questo “lavoro”. L’obiettivo, come abbiamo detto già molte volte, è quello di lavorare ad un processo di atomizzazione e indifferenziazione sociale dove le persone sono ridotte a “individui” non sociali, cioè a monadi non comunicanti fra loro se non attraverso il “linguaggio” e la modalità della forma merce e dello scambio mercantile, in un contesto dove l’individuo stesso, completamente indifferenziato, è ridotto esso stesso, concettualmente parlando, a merce. Oggi la relazione maschile/femminile, secondo la nostra analisi, è pressoché quasi completamente mercificata (il quasi lo scriviamo perchè, fortunatamente, esiste sempre, anche nei contesti più totalitari e pervasivi, un margine di irriducibilità degli esseri umani, direi che è uno dei fattoti distintivi dell’ontologia sociale umana), concettualmente, culturalmente e psicologicamente prima ancora che praticamente. Quando anche la riproduzione umana lo sarà (perchè sarà sottratta alle leggi naturali), il quadro sarà completo e il processo di mercificazione sarà ultimato. Stiamo parlando, come credo sia chiaro, di quella famosa “ingegneria sociale e antropologica” di cui tanto si parla anche nell’ ambito del movimento maschile. Il problema è che molti continuano ostinatamente a sbagliare bersaglio (sono speculari nell’errore, alle “femministe a sud”) e a individuare la controparte nella “sinistra”, intendendo con questa non l’ala “rosa” e “progressista” del sistema capitalistico (avrebbero in parte ragione, se non dimenticassero anche la sua variante di “destra”) ma la sinistra storica ottocentesca e novecentesca (che peraltro non esiste più…), non capendo o non volendo/potendo capire che questo processo è intrinseco al sistema capitalistico che si sta trasformando alla velocità della luce mentre loro stanno ancora dibattendo se il femminismo sia figlio della Kollontai, della dialettica hegelo-marxiana o dell’UDI. Alla luce di questa sia pur brevissima e sommaria riflessione, ha senso continuare a sostenere che l’architrave delle società capitalistiche occidentali è nella cultura e nella struttura patriarcale e maschilista? Ho sempre avuto una grandissima passione per i documentari sui dinosauri, proprio perché ci parlano di un mondo lontan(issimo) che non esiste più…
Posted on: Fri, 01 Nov 2013 19:15:02 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015