Ho il piacere di riportare una lettera che un mio confratello - TopicsExpress



          

Ho il piacere di riportare una lettera che un mio confratello (compagno di studi) ha inviato al Vescovo Ausiliare di Roma incaricato per il lavoro missionario della diocesi. In questa relazione, nascosta tra le righe non scritte, c’è anche una mia modesta presenza. Andai in Missione subito dopo la Pasqua del 1974 e ricordo che con lui cominciammo a pensare seriamente all’espansione dell’Ordine Carmelitano autoctono. Il mio racconto missionario lo metterò in seguito, anche se, da qualche anno, già esiste stampato. Relazione missionaria di P. Marcellino del Sacro Cuore (Claudio Forcellini) Scusate se la presente vi arriva in ritardo, quando forse non si pensava più che una risposta dovesse ancora seguire. Meglio tardi che mai! Il tempo... Anch’io, come altri, posso accusare il tempo di essermi tiranno! Scusa barbina! L’importante è che arrivi anch’io...anche se con la ‘tradotta’. Rispondo alla lettera del 22.01.13, inviatami dal Centro Missionario a nome S. Ecc. Mgr. Zuppi Matteo, nuovo Vescovo Ausiliare incaricato per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese nella Diocesi di Roma. Innanzitutto voglio esprimere a Mgr. Zuppi Matteo sorpresa gioia e riconoscenza per delicato pensiero avuto verso tutti i missionari, sparsi un po’ ovunque nel mondo, appartenenti alla diocesi di Roma. Sì, il cordiale saluto di S. Ecc. mi conforta nelle difficoltà che l’impegno missionario mi ripresenta all’albeggiare di ogni giorno. Sarà mio dovere venire personalmente a rendere visita al nostro vescovo in occasione di un mio prossimo rientro a Roma... (dovrei vincere la mia naturale reticenza a disturbare un superiore che ha tante cose molto più importanti e urgenti a districare). Sono veramente sensibile e commosso per l’impegno manifestato ad essere più vicino ai missionari e stringere con loro un rapporto sempre più fraterno. A questo punto non posso evitare di rispondere a quanto Lei, Ecc., mi domanda. Cercherò di essere chiaro ed esaustivo. Scrivere di me... Sono reticente scrivere di me, come Lei Ecc. domanda. Nel caso presente, tuttavia, non credo ci sia da tirar fuori dal sacco cose straordinarie. Dando uno sguardo a ritroso alla mia vita di missionario, vedo che essa si è svolta in modo molto ordinario; vedo che è stata preparata e facilitata considerevolmente da altri missionari, di varie nazionalità, che mi hanno preceduto o che ho incrociato sul cammino missionario. Ho avuto modo di imparare molto da loro, molto da ammirare, tutto da imitare. I primi mesi di missione, riservati a familiarizzarmi con la lingua, gli usi e le persone del posto, li trascorsi alla scuola di ‘vecchi’ missionari. Sono stato mandato a lavorare in un terreno già dissodato ed irrigato dal sudore di altri che avevano lavorato in condizioni molto più difficili di quelle incontrate da me. Agli uni è stato dato dissodare, ad altri, seminare, ad altri ancora, irrigare... Io sono arrivato a raccogliere frutti già maturi! Bella impresa! Visto che Lei, Eccellenza, desidera alcune notizie sulla mia vita e sulla mia esperienza missionaria, prendo coraggio e ci provo. Non sono romano ‘de Roma’. Sono originario della Romagna, di Rimini, nato a Parigi il 06.12.1930 dove mio padre, sammarinese di origine, vi si era trasferito per ragioni di lavoro. In seguito la famiglia, sempre per ragioni di lavoro, dovette trasferirsi a Roma nel 1938 quando avevo 8 anni e da allora vi si è radicata in modo stabile. Altri fratelli e sorelle sono venuti al mondo a Roma. Tutti i miei studi, dagli ultimi anni delle elementari in poi, si sono svolti a Roma. Sono entrato nei Carmelitani Scalzi a Roma nel 1942 e continuato con gli studi sempre a Roma o nei dintorni. Gli studi teologici a Roma, San Pancrazio, Collegio Teologico Internazionale dei Carmelitani Scalzi ‘Il Teresiano’. Ordinato sacerdote a Roma, basilica Santi Apostoli, da Sua Em. il (fu) Card. Cento, 20 gennaio 1957. Sono partito per il Congo il 10 dicembre del 1968. Da allora sono già passati 45 anni. Partivo che avevo già 38 anni; dunque non proprio un uccellino implume! Eravamo un gruppetto di cinque; altri avrebbero seguito a date successive. I miei compagni della prima ora erano tutti più giovani di me; alcuni giovanissimi, da poco ordinati sacerdoti; ad alcuni di loro avevo impartito corsi durante il ciclo di formazione teologica. Uno, più anziano degli altri, ma di un anno più giovane di me, era stato mio compagno di studi. Queste precisazioni sono per dire che ero il ‘vecchio’ del gruppo. Riandando agli anni lasciati alle spalle, e fissando lo sguardo al presente, mi accorgo di essere rimasto solo sulla breccia; alcuni, tre, sono stati frettolosi a passare dall’altra parte del Grande Fiume e cogliere già la ‘palma’ della vittoria; altri, per varie ragioni, han dovuto abbandonare il campo e fare ritorno in Patria. In realtà non sono rimasto ‘solo’, ma in compagnia di un stuolo di altri carmelitani... congolesi. L’impegno di noi missionari romani, infatti, si è allargato come sfida prioritaria, anche alla formazione alla vita religiosa del Carmelo di giovani congolesi. Per il momento, la presenza carmelitana in Congo si compone di 9 comunità, dislocate in varie provincie del Congo: 2 a Kananga, capoluogo della del Kasayi Occidentale, 2 a Kinshasa, capitale del Congo, 1 a Goma, capoluogo del Nord-Kivu, all’Est del Paese, 3 a Bukavu, capoluogo del Sud- Kivu, 1 a Lubumbashi, capoluogo del Katanga. Gli impegni sono vari: 3 case di Formazione, 3 case di Preghiera e Accoglienza, 5 comunità parrocchiali, 2 Istituti Scolastici, 1 Centro Sociale ‘Foyer’, un Centro Medico e Maternità, ecc... ‘Sfida’ particolare La sfida che la formazione alla vita religiosa di giovani autoctoni richiedeva è nata dal nuovo impegno che i Pastori delle Chiese locali attendevano dalle Famiglie Religiose che avevano avuto il merito del primo annuncio del Vangelo e aver impiantato le nuove Chiese locali. Oramai la chiesa missionaria era strutturata in maniera autoctona: i vescovi erano quasi tutti congolesi; il clero per la maggior parte era congolese; i Seminari Maggiori e Minori, rigurgitanti giovani aspiranti al sacerdozio, erano posti sotto la responsabilità di sacerdoti locali, così anche formatori, professori, parroci... Alcuni missionari di ‘vecchio pelo’ pensavano e si dicevano: cosa stiamo facendo ancora qui? Non c’è più spazio per noi; lasciamo tutto, facciamo le valigie e partiamo... magari andremo in altri parti del mondo dove la presenza missionaria può avere ancora giustificazione e importanza. Effettivamente si notava in alcuni una certa ‘dismissione’... Per alcuni era arrivato tempo di ammainare bandiera! Forse, in fondo in fondo, non si accettava di non essere più i protagonisti delle varie situazioni... Mi riferisco particolarmente ai miei ricordi che rimontano agli anni dal ‘68 al ‘73. Ricordo molto bene che in riunioni importanti del clero, ‘nuovo’ e ‘vecchio’, nonostante i contrasti di parere, rivendicazioni, rimproveri e accuse da parte di alcuni del nuovo clero locale diocesano, si faceva strada la convinzione che per i missionari l’ora di fare le valige non era ancora suonata. Le nuove Chiese locali, impiantate e organizzate ormai sufficientemente con strutture locali proprie, si aspettavano dai missionari che le avevano messe al mondo con tanti sacrifici, che vi impiantassero anche il carisma proprio di ciascun Istituto. C’era anche da dire che l’autosufficienza in personale e strutture non era progredita e pervenuta allo stesso livello in ogni diocesi del Paese. C’era ancora molto da lavorare, e per molto tempo. in altre parti del Paese. I Carmelitani Scalzi La richiesta di carmelitani nella diocesi di Kananga, Kasayi Occidentale, era stata avanzata dallo stesso vescovo, Ms. Bakole Martin wa Ilunga. La sua intenzione era di diversificare la presenza missionaria nella diocesi importandovi nuovi istituti religiosi con un soffio nuovo di Spirito. In realtà nella diocesi di Kananga già dai 1934 vi era presente un Carmelo femminile, precisamente a Kabwe. E’ stato il primo Carmelo dell’Africa Nera. Il vescovo risentiva l’importanza di avere anche il ramo maschile dei carmelitani presente nella sua diocesi. A rispondere a questa richiesta fu la provincia dei Carmelitani Scalzi di Roma. - Al nostro arrivo, dopo congrua preparazione all’inserimento missionario, ci fu affidata la missione di Ntambwe e, in un quartiere della città, chiamato Kananga 2, una parrocchia nella chiesa annessa alla casa-conventino appartenente ai carmelitani belgi già presenti sul posto. Il nostro impegno missionario fu simile a quello degli altri missionari; si seguivano le direttive del primo vescovo congolese in questo impegno essenziale: la promozione integrale dell’uomo. Questo voleva dire: umano e spirituale, religioso e materiale, morale e intellettuale... Così l’impegno missionario si articolava su queste due direttive. Io e i miei compagni ci siamo fatti carico di questa visione del Pastore diocesano amministrazione dei sacramenti, catechesi, predicazione, creare nuove strutture per il culto e la catechesi: chiese e cappelle; ma anche case, scuole, foyer, ambulatori, maternità, ricoveri per poveri, ponti, strade e quanto potesse riferirsi al mondo del sociale... In fondo, nulla di nuovo; si trattava di seguire l’istinto originario evangelico della Chiesa, continuare e attualizzare nella linea tracciata già dai ‘vecchi’ missionari, perfezionarla e completarla. La Chiesa è missionaria, predica il vangelo e dà testi- monianza a Cristo Gesù anche con le opere sociali, caritative, educative, ecc. Così, fin dagli inizi, ci siamo impegnati nella missione di Ntambwe, nella parrocchia del ‘Padre Nostro’, a Kambote, a Bikuku, ecc. Questo per rispondere alle nuove sfide e attese della Chiesa locale, erede della Chiesa Missionaria, del suo dinamismo e responsabilità: cimentarsi in campo educativo-religioso nella trasmissione del carisma proprio di ciascuna famiglia religiosa meritevole di aver collaborato alla fondazione della stessa Chiesa Locale. Il carisma del Carmelo ha certamente vari e grandi valori ecclesiali e universali da trasmettere, specie nel campo della spiritualità. La trasmissione di questi valori era legata alla formazione di giovani locali che ne facevano domanda. Inculturare e radicare il carisma proprio della Famiglia Religiosa nel tessuto strutturale delle nuove Chiese congolesi, andava di pari passo con la formazione alla vita religiosa di giovani congolesi. Noi saremmo stati sempre degli ‘estranei’ e meno adatti a questa inculturazione del carisma teresiano. Già da tempo vari giovani bussavano alla porta del Carmelo... Bisognava dare loro risposte e opportunità... Bisognava pur cominciare da qualche parte e non aver paura di incognite. E così abbiamo fatto. Concretamente, per quanto riguarda noi carmelitani romani, la formazione alla vita religiosa di giovani congolesi si è imposta come sfida dopo 10 anni dal nostro arrivo in missione. Dopo aver temporeggiato e richiesto pareri a destra e a sinistra, ci siamo decisi di aprirci su questo nuovo fronte. Il sottoscritto è stato incaricato dai Superiori Maggiori a ‘sfondare’ sui vari orizzonti e creare le strutture materiali necessarie allo scopo: Kananga, Kinshasa, Bukavu, Lubumbashi... [Consistenza della Famiglia Carmelitana Teresiana maschile in Congo: Attualmente i carmelitani sacerdoti sono poco più di quaranta; alcuni impegnati anche al di fuori del Congo: Roma (Coll. Internazionale), Belgio, Germania... Compresi i giovani nelle varie tappe della formazione, siamo poco più di settanta. E’ vero che dei primi carmelitani inviati in Congo sono l’ultimo a rimanere sulla breccia, ma non sono rimasto solo... La nostra presenza non è stata sterile! Ottima compagnia, vero?] Lubumbashi Credo che in ordine di tempo questo sia l’ultima più impegnativa complessa sfida affidatami dai superiori. Per quanto riguarda questa realtà credo meglio aggiungere a parte una relazione più dettagliata. La missione di Lubumbashi, in verità, ci ha aperto porte verso orizzonti più vasti e variati. Mi permetto di segnalare anche altri due progetti importanti ancora allo studio e alla ricerca di Sponsor: a. un nuovo progetto scolastico, b. un progetto agricolo. Comunque, per avere un quadro abbastanza completo di quello che è la Missione dei Carmelitani OCD a Lubumbashi, Eccellenza, mi permetto di mandarle, sempre via ‘e.mail’, un altra relazione a parte. A conclusione, domando, Eccellenza, la sua benedizione sulla persona del missionario carmelitano di Roma e su quanto si sta ancora realizzando a Lode della Gloria di Dio, l’espansione e onore della Santa Chiesa Cattolica nostra Madre, e per il bene degli uomini nostri fratelli.
Posted on: Tue, 25 Jun 2013 08:52:45 +0000

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