I CURIOSI Bisognava prenotarsi perché c’erano troppe - TopicsExpress



          

I CURIOSI Bisognava prenotarsi perché c’erano troppe richieste, e le richieste poi aumentavano di giorno in giorno. Prenotarsi e aspettare il proprio turno. Perché la gente è curiosa. Terribilmente curiosa. Vuol vedere tutto, ficcare il naso dappertutto, e il signor Bizolfo ha trovato il modo di sfruttare questa curiosità della gente. Il signor Bizolfo abitava al terzo piano di una casa del centro. Ben in vista, appeso al portone d’ingresso c’era un cartello che avvertiva il pubblico che la casa dei coniugi Bizolfo era aperta a chiunque acquistasse il biglietto d’ingresso. Il portinaio era incaricato della vendita dei biglietti e davanti allo sportello della portineria c’era sempre una fila lunga una trentina di metri almeno. Io acquistai il mio biglietto un giorno e aspettai il mio turno. Esattamente dodici giorni dopo il mio turno venne e allora mostrai il mio biglietto in portineria e salii le scale fino al terzo piano. L’appartamento dei Bizolfo era aperto ed entrai. C’era molta gente davanti alle porte della sala da pranzo ma con un po’ di fatica arrivai al mio posto. La stanza non era molto grande. Vi era un tavolo nel centro e due file di seggiole ai quattro lati. Le seggiole erano tutte occupate tranne la mia. I posti erano numerati perché alla colazione potevano assistere solo un numero di persone limitato. Così molta gente restava oltre la porta e molti erano costretti ad arrampicarsi su sgabelli e cassette della frutta che si portavano da casa. Io presi posto alle dodici e diciotto minuti. Alla mia destra era seduta una donna e alla mia sinistra un garzone di fornaio che aveva lasciato la bicicletta in cortile. L’altra era gente di vario genere, in particolare quel tipo di gente che si ferma a guardare gli operai che scavano e che aggiustano i tubi o i binari per la strada. La donna che mi stava accanto mi rivolse la parola. «Chissà cosa mangiano oggi», disse. «Mah! Siamo qui per vedere», dissi “a me non importa se mangiano una cosa piuttosto che un’altra.» «Io ho l’abbonamento,» disse la donna «vengo tutti i giorni ed è già una settimana che mangiano pasta asciutta. Ieri l’hanno mangiata al burro, ma le altre volte al pomodoro.» «Se a me piace al burro, la mangio al burro e non al pomodoro», disse l’uomo che era seduto davanti a me «non capisco perché uno debba cambiare tutto a un tratto.» «Colpo di scena”, disse un altro “lo fanno per lo spettacolo.» «Ognuno è padrone di mangiare quel che gli pare» dissi. In quel momento entrò il signor Bizolfo. Entrò col giornale in mano e sedette al tavolo. Cominciò a leggere sbocconcellando il pane. «La stessa abitudine di mio marito» disse la donna che era seduta accanto a me «anche lui mangiucchia il pane prima che arrivi la minestra. Chissà se oggi si dimentica le pillole. Ieri le ha dimenticate e sua moglie l’ha rimproverato. Sono pillole per la digestione. Vede quella scatoletta sul tavolo? Ieri non l’ha vista, finito di mangiare, e guardi che ce l’ha proprio sotto il naso… Ehi… Pss… Le pillole…» La gente zittì. «Zitti là in fondo» gridò uno spettatore. Il signore Bizolfo prese la scatoletta e inghiottì una pillola: certo aveva sentito il suggerimento della donna. «Pettegola!» disse un altro spettatore. «Non capisco che gusto c’è a ficcare il naso negli affari degli altri.» «Pettegola a me?» disse la donna diventando rossa. Per fortuna in quel momento sentimmo un mormorio nel corridoio e un gran battimani. Poi comparve la signora Bizolfo reggendo due piatti colmi. «Gnocchi!» gridò la mia vicina. «Questo proprio non me l’aspettavo, è una novità.» Qualcuno si alzò in piedi. «Seduti!» disse la gente e quelli che si erano alzati tornarono a sedersi. La signora Bizolfo mise i piatti sulla tavola e il signor Bizolfo mise da parte il giornale e cominciò a mangiare. «Ottimi!» disse, e la moglie sorrise. «Li avrà fatti lei?» disse la donna che mi era seduta accanto. «Non sembra sia molto brava a far da mangiare. L’altro giorno lui ha brontolato perché mancava il sale.» Nessuno badava a quel che diceva la donna. Tutti stavano attenti alla tavola e approvavano con cenni del capo. Il signor Bizolfo terminò il suo piatto e domandò alla moglie se ce n’erano ancora. Si levò un mormorio di stupore. «Ma come fa?» disse uno. «A me riempiono lo stomaco.» «Si vede che a lui no» disse un altro. La signora Bizolfo si alzò e uscì. «Speriamo che ce ne siano ancora» disse una donna. «Io sono stufo! Sempre gnocchi!» disse un giovanotto. «Preferirei che mangiassero qualcosa d’altro.» La signora Bizolfo rientrò con un altro piatto di gnocchi, mentre un mormorio di incredulità si levava nella sala. «Sono contenta che ti siano piaciuti» disse la signora Bizolfo, e il marito ricominciò a mangiare. «Ma non beve vino?» domandò il garzone seduto al mio fianco. «Non so,» dissi «è la prima volta che vengo. Lo berrà perché il fiasco è sulla tavola.» «Ne beve solo mezzo bicchiere per pasto» disse la donna abbonata, «ma verso la fine.» Un gnocco cadde dalla forchetta e andò a finire sui pantaloni del signor Bizolfo. «Ecco!» strillò la moglie «ti sei macchiato i pantaloni.» Bagnò il tovagliolo nell’acqua e si affrettò a fregare la macchia. Qualcuno applaudì, qualcun altro fischiò ma furono subito zittiti. «Non stai mai attento,» disse la moglie del signor Bizolfo «mettiti almeno il tovagliolo.» «Ha ragione! Si metta il tovagliolo!» si sentì una voce. «Scommetto che non ce la fa a mangiare tutti i gnocchi che ha nel piatto.» «Ha rallentato molto.» «È vero, prima li mangiava più in fretta.» «Non ce la fa.» «Dài, forza…» «Coraggio!» «Beva un po’ d’acqua… prenda fiato!» Quattro, tre, due… Forse abbandonava proprio sul traguardo. Ma era un incitamento generale. Infilzò l’ultimo gnocco e posò la forchetta col gnocco infilzato sull’orlo del piatto. «Porto via?» disse la moglie allungando la mano. «No!» gridò uno del pubblico superando le proteste della gente. La moglie ritrasse la mano. Il signor Bizolfo si guardò attorno poi afferrò la forchetta con coraggio, portò il gnocco alla bocca, lo masticò e lo inghiottì. Gli applausi non finivano più. «Bravo!» «Ce l’ha fatta!» «Che uomo!» Il signor Bizolfo si alzò sorridendo e si inchinò agli spettatori. Poi tornò a sedere. Mi alzai e mi avviai all’uscita. «Se ne va di già?» disse la donna che era seduta accanto a me. «Non rimane a vedere il secondo piatto? È il più interessante.» «No,» dissi «il meglio è passato. Ha sfogato tutta la sua abilità nei gnocchi. Che cosa può mangiare d’altro? Ben poco.» La moglie del signor Bizolfo portò due sottilissime fettine di arrosto freddo. «L’avanzo di ieri» disse la donna. Altri spettatori delusi, si alzarono e uscirono con me. Scendemmo le scale commentando mentre alcuni ritardatari salivano. Probabilmente quelli si interessavano soltanto al formaggio e alla frutta. Il portinaio nel suo sgabuzzino continuava a vendere i biglietti. Forse è una buona idea: lasciare le porte aperte e lasciare che la gente entri nelle case a vedere quello che facciamo e come viviamo. A pagamento, naturalmente. in Il Foglio Clandestino, n. 60, 2007.
Posted on: Mon, 29 Jul 2013 07:41:00 +0000

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