IERI SERA SONO STATO INVITATO UD UNA MOSTRA DI PITTURA DA UN - TopicsExpress



          

IERI SERA SONO STATO INVITATO UD UNA MOSTRA DI PITTURA DA UN AMICA, CON RELATIVO VERNISSAGE, QUESTE SONO LE CONSIDERAZIONI TRATTE DA ME STAMATTINA DOPO UN APPROFONDITO STUDIO ANTROPOLOGICO E SOCIALE: Il buffet è la metafora veritiera della vita: tutti arraffano senza ritegno dal bene pubblico, per il solo piacere di avere più degli altri qualcosa che non ci si è in nessun modo guadagnati e che, anzi, ha pagato qualcun altro. Da questo osservatorio speciale potremo godere di uno spettacolo sulla fauna umana molto, molto istruttivo. Su come non diventare. Ricordiamoci che l’idea del cibo gratuito alletta tutti, dal nobile snob (soprattutto il nobile snob) alle classi sociali meno abbiette, fino a noi: che si tratti di un aperitivo letterario, una raccolta fondi, un vernissage o della presentazione della nuova scopa elettrica, se c’è da mangiare ci catapultiamo. Attenzione, però: l’occasione è ghiotta, ma rischiamo una pessima figura. A me è bastato essere invitato ad una mostra di pittura allietata da un vernissage per analizzare i comportamenti tipici. Arrivo in galleria, ammiro i quadri e prestando attenzione alle didascalie, saluto la gallerista, mi complimento con la pittrice, quindi mi sento in piena regola per prendere il mio onesto spritz e osservare il circo umano che dà spettacolo. Con lo stesso stile sobrio di Moira Orfei. Abbiamo la tavola imbandita davanti a noi, e alle spalle un’orda di persone affamate che nemmeno i leoni del Colosseo dopo due settimane di digiuno: sarà una sorta di selezione naturale, e finalmente ho capito che la palestra serve non per smaltire le cene, ma per poterle affrontare. Ci vuole preparazione atletica e uno scatto da fare invidia a Usain Bolt. Ed eccoci allo start: compassato professionista, ricco imprenditore, piacente e attempata giocatrice di bridge, arrampicatrice sociale dell’ultim’ora e semplice impiegato si affollano al tavolo, in una mischia vista solo nelle migliori partite di rugby e lì, di fronte a tutto quel ben di Dio, riempiono i piatti di qualsiasi cosa, purché prima di chiunque altro, più di chiunque altro. Entro tre secondi mi sono convinto che discendiamo dalle cavallette, altro che scimmie. E sogno pure di vincere un Nobel con questa teoria, ma questo è un altro discorso e comunque in caso di vittoria offrirò una cena. A buffet, ça va sans dire. Ne frattempo al tavolo del buffet si scannano per sottrarsi la salsina di rafano che non piace quasi a nessuno: “ma te la offrono e cosa fai, la lasci tutta agli altri?”. Non rispettano la fila, lasciano sul tavolo i loro tovaglioli usati, quando provo ad avvicinarmi per un altro spritz mi arrivano gomitate alla milza da far piegare in due Rocky Balboa ai tempi d’oro. Cavalieri d’altri tempi, che, alle donne in ufficio aprirebbero la porta e offrirebbero il caffè passano avanti con mezzucci che nemmeno nei peggiori bar di Caracas. Al rush finale donne eleganti allungheranno la mano a guisa di scimpanzé (addio Nobel) per sottrarci l’ultima chela di granchio che – ve lo devo dire – è pure fatta in Cina con alimenti che il mare non l’hanno visto mai neppure in cartolina. Persone uscite dal fior fiore dei collegi spengono sigarette dentro il piatto, il mio. Mi calpestano i piedi rovesciando olio sulla mio pantalone blu. Esattamente quella che mi ha prestato mio fratello, il suo preferito. E che lui non sa di avermi prestato.
Posted on: Sat, 05 Oct 2013 10:39:07 +0000

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