IL PAPA E SUCCESSORE DI PIETRO? Matteo 16:18 18. Ed lo altresì - TopicsExpress



          

IL PAPA E SUCCESSORE DI PIETRO? Matteo 16:18 18. Ed lo altresì ti dico, che tu sei Pietro, Come Pietro aveva detto: «Tu sei il Cristo», così Gesù gli dice: «Tu sei Pietro». Il nome di Pietro fu qui confermato dal Signore allapostolo, in segno di onore a cagione della sua fede e della confessione chiara, franca e risoluta da lui fattane in questa, circostanza prima di ogni altro. e su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Il greco petros vale propriamente sasso. mentre petra vale roccia, pietra da fondamenta. Però non è il caso dinsistere su questa distinzione tra i due termini greci giacché Cristo parlava aramaico e in, quella lingua la stessa identica parola Kefa serviva come nome di persona Giovanni 1:42 e come nome di cosa pietra. Nel greco invece, non si poté conservare lidentità perché il nome femminile petra non si prestava ad essere nome di un uomo; e daltra parte il maschile petros sasso non si prestava ad indicare una pietra la fondamenta. Il greco ha dovuto contentarsi della paronomasia o somiglianza delle parole petros e petra: Pietro e pietra. Il francese conserva lidentità: Pierre e pierre mentre linglese non vi si presta Peter e rock. Di questa promessa, di Cristo si danno non meno di quattro interpretazioni. 1. Secondo la Chiesa romana, Cristo dichiarò qui che fonderebbe la, sua Chiesa su Pietro costituito principe degli apostoli e supremo gerarca della Chiesa universale. Cotesta autorità suprema doveva poi passare ai successori di Pietro e questi successori sarebbero i vescovi di Roma. Del preteso pontificato di Pietro in Roma, durante venticinque anni, non è più il caso di parlare, non potendosi provare, con assoluta certezza, neppure la sua venuta in Roma. Né il testo parla di successori di Pietro, poiché la prima pietra dun edificazione non si può sostituire e il privilegio di chi fonda una società o unistituzione non è trasmissibile. Ma lasciando stare lidea di successione apostolica la quale non ha che fare col testo, dobbiamo vedere se il privilegio conferito a Pietro includa veramente quanto i vescovi di Roma, più di tre secoli dopo, cominciarono a pretendere che contenesse. Se a Cesarea di Filippo Pietro fosse stato proclamato capo supremo della Chiesa cristiana, investito di autorità assoluta, come si spiega il fatto che una sì importante dichiarazione di Cristo non sia riferita che dal solo Matteo, mentre non ne dicono verbo gli altri evangelisti, due dei quali, Luca e Marco che scriveva per i Romani riferiscono però la solenne risposta di Pietro alla domanda di Gesù. Come si spiega che, poco tempo dopo, i discepoli vengano da Gesù a chiedere: «Chi è il maggiore nel regno dei cieli?» Matteo 18:1 e che la madre dei figli di Zebedeo venga, insieme con loro, a dire al Signore: «Ordina che questi miei due figli seggano luno alla tua destra e laltro alla tua sinistra, nel tuo regno» Matteo 20:21? Come spiegare che la Conferenza di Gerusalemme sia presieduta da Giacomo e non da Pietro che pure è presente e partecipa alla discussione, e che la decisione sia mandata ai cristiani etnici in nome, non del preteso supremo gerarca, ma in nome «degli apostoli e dei fratelli anziani» Atti 15? Come spiegare che Paolo rivendichi lindipendenza del suo apostolato di fronte a quello degli altri e non si periti, in Antiochia, di «resistere in faccia a Pietro, perché era da condannare» e restringa il campo dellapostolato di Pietro ai Giudei, mentre il suo si estende ai popoli dei Gentili Galati 1:12,17-18; 2:7-8,11-17? Come spiegare che nelle sue tredici Epistole, Paolo non dica una parola, neanche in via di allusione, del primato di Pietro, né la dicano Barnaba agli Ebrei, e Giacomo e Giuda e Giovanni nelle loro lettere? Come spiegare che Pietro stesso ignori il suo preteso primato nelle due Epistole che abbiamo di lui nel Nuovo Testamento? Egli chiama se stesso «apostolo di Gesù Cristo», «testimone delle sofferenze di Cristo», «anziano cogli anziani» che non devono «signoreggiare» le chiese; chiama Cristo il Sommo Pastore, la «pietra vivente» su cui sono edificate le «pietre viventi che sono i credenti», i nec verbum, quidem, 1Pietro 1:1; 2:4-5; 5:1-4? Come ammettere che il primo successore ex hypothesi di Pietro, sia diventato il principe degli apostoli ancor vivi alla morte di Pietro e fra cui si annoveravano Andrea e Giovanni? Come spiegare il silenzio dei primi secoli circa il primato giuridico di Pietro, circa la trasmissione di esso ai vescovi di Roma? Quel primato non fu incluso in alcuno dei Credo antichi. Uomini come Crisostomo, Ambrogio, Girolamo, Agostino, ecc., hanno inteso il passo Matteo 16:18 in modo diverso dai teologi cattolici medioevali che lo fecero servire alle ambizioni dei vescovi di Roma. In una parola, nulla si trova nel Nuovo Testamento né nella Chiesa dei primi secoli che sia, in favore della interpretazione romana. 2. Una interpretazione antica, esposta da parecchi dottori fra cui Crisostomo, Ilario, Ambrogio, Girolamo, Cirillo, considera la confessione di fede fatta da Pietro come il fondamento su cui Cristo edificherà la sua Chiesa. Si obbietta però che, con questa esposizione, si viene ad escludere un qualsiasi privilegio premesso dal Signore a Pietro. Il «Tu sei Pietro» resta campato in aria. Inoltre nel Nuovo Testamento si parla sempre di persone credenti, di apostoli od evangelisti come di fondamenti, di colonne, di pietre vive, nelledifizio della: Chiesa; non di confessioni di fede sebbene, in un senso, sia esatto che la verità evangelica sta alla base della Chiesa cristiana. 3. Una terza interpretazione sostenuta da molti e preferita anche dallAutore del presente Commentario, come si può vedere nella prima e nella seconda edizione, considera Cristo stesso come la pietra su cui egli edificherà la sua Chiesa: «Tu sei Pietro e su quella pietra che hai confessata, cioè sul Cristo, Figliuol di Dio Vivente, edificherò la mia Chiesa». I sostenitori di questa opinione insistono sulla distinzione tra petros, sasso, e petra. roccia, che meglio conviene a Cristo che a Pietro. Ma largomento non regge di fronte alla considerazione che Cristo ha dovuto, in aramaico, servirsi due volte della stessa parola: Kefa. Si fa valere il fatto che spesso, nellAntico Testamento, lEterno è chiamato la rocca, la rocca della salvezza, la rupe del suo popolo nel senso però di «rifugio». Esempi: Deuteronomio 32; Salmo 71:3; 89:26. È chiamato pure la «roccia dei secoli», Isaia 26:4; e nel Nuovo Testamento, Pietro stesso chiama Cristo la «pietra vivente», la pietra angolare delledifizio 1Pietro 2:4-7, e così Paolo Efesini 2:20; Cfr. 1Corinzi 3. Verità preziosa, che nessuno pensa a negare, giacché le anime credenti non possono poggiare la loro fede sopra un semplice uomo, ma soltanto sul Cristo morto e risuscitato per loro, lo stesso ieri, oggi ed in eterno. Resta però il fatto che se si fa dire a Gesù: «Ed io altresì ti dico che tu sei Pietro e su me stesso edificherò la mia Chiesa...», il «tu sei Pietro» perde ogni senso e al confessore del Cristo non è concesso alcun privilegio. Eppure ci pare innegabile che tale fosse lintenzione del Signore. Siamo quindi condotti ad una quarta interpretazione che, mentre fa giustizia al contesto, si tiene lontana dagli enormi errori del papismo. 4. Secondo questa interpretazione che si fa largamente strada nellesegesi moderna, la risposta di Cristo a Pietro va intesa così:. «Dio ti ha dato di conoscermi, e tu per primo, fra i miei seguaci, mi hai confessato come il Cristo, il Figlio di Dio; ed io altresì ti dico: Tu sei Pietro, luomo dalla salda fede, luomo dalle ardite iniziative, atto come strumento umano di fede ardente a fondare la società dei credenti di cui sarai la prima pietra e io ti darò il privilegio e lonore, quando ne, sia venuta lora, di essere il primo banditore del Vangelo, colui che comunicherà la fede che possiede ad altre anime che saranno le prime, pietre viventi delledifizio della mia Chiesa. Avrai così il privilegio di essere il primo ad adoperare le chiavi della predicazione cristiana per aprir le porte del regno di Dio a migliaia di credenti». Il privilegio promesso a Pietro, è cosa del tutto personale, non trasmissibile, di natura onorifica e che fa di lui non già il capo ed il padrone della Chiesa Cristo la chiama la mia Chiesa, ma il primus inter pares tra i suoi colleghi nellapostolato, ai quali il Capo Supremo della Chiesa ha conferito, mediante una misura speciale del suo Spirito, le stesse prerogative che a Pietro Giovanni 21:21-23. Il suo è dunque un primato meramente storico a motivo del posto speciale che gli è stato affidato nellopera della fondazione della Chiesa di Dio. Gli Evangelisti, nel dare il catalogo degli apostoli, chiamano Pietro «il primo» e riferiscono parecchi fatti in cui Pietro si rivela come uomo diniziativa. Dopo la Pentecoste, Pietro occupa manifestamente, nei primordi della storia della Chiesa narrataci negli Atti, il primo posto. Mediante il suo ministerio viene fondata la chiesa di Gerusalemme composta di Giudei e, più tardi, egli è chiamato ad evangelizzare e a battezzare i primi credenti fra i pagani Atti 1-11. A questa parte del primato donore conferitogli si riferisce egli stesso nella conferenza di Gerusalemme quando dice: «Fratelli, voi sapete che, fin dai primi giorni, Iddio scelse fra voi me, affinché dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero...» Atti 15:7. Parole queste che mostrano in qual senso Cristo ha potuto parlare di edificar la sua Chiesa su Pietro ed in qual senso Paolo ha potuto scrivere agli Efesini 2:20 chessi erano «stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare sulla quale ledificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo del Signore». In quel senso medesimo va intesa la visione in cui Giovanni, contemplando la Gerusalemme celeste nota che «il muro della città aveva dodici fondamenti e su quelli stavano i nomi dei dodici apostoli dellAgnello» Apocalisse 21:14. Anche oggi, quando parliamo di servitori di Dio che hanno fondata la Chiesa in una data regione, intendiamo dire che sono stati gli apostoli di quel dato paese, ossia che Cristo si è valso della loro opera di credenti per formare altri credenti entrati come pietre viventi a far parte del grande edificio spirituale. Pietro ebbe il privilegio nel periodo delle prime origini di formare colla sua predicazione, le prime pietre vive della Chiesa di Cristo che nessuna avversa potenza doveva riuscire mai ad abbattere; e siccome egli fu lapostolo particolare dei circoncisi, ben sintende che il privilegio concessogli venga ricordato nel Vangelo di Matteo scritto soprattutto per i Giudeo-cristiani. È questa la prima volta che incontriamo la parola ecclesia, che ritroveremo unaltra volta ancora nel Nuovo Testamento, cioè in Matteo 18:17, ove ha un significato più ristretto. Qui essa abbraccia tutta quanta la società o fratellanza dei credenti in Cristo, la quale fa riscontro alla radunanza dIsraele caal, che nella versione dei 70. porta il nome di ecclesia. Gesù chiama «mia Chiesa» la società chegli voleva costituire; espressione ammirabile, che non si trova altrove nei Vangeli, la quale indica che, la Chiesa è proprietà di Cristo, per cui egli lama, e ne prende cura. e le porte dello Hades non la potranno vincere. Parole intese a mettere in risalto limportanza divina e permanente delledificio nella cui fondazione Pietro avrà una parte cospicua. La parola greca Hades, Ebrei Sceol, nella Scrittura viene a significare ilregno della morte; e siccome la potenza di quel regno è nelle mani di Satana Ebrei 2:14, le parole si possono riferire anche allinfluenza ed alle macchinazioni di lui. Dello Hades si parla come di luogo che ha delle porte Giobbe 38:17, e altrove, le quali spalancandosi a guisa di apertura dabisso inghiottiscono le generazioni umane. Siccome Satana è il distruttore, ed ha possanza sulla morte, noi non ci allontaneremo dal vero ammettendo che la locuzione «porte dello Hades» rappresenta tutta quanta la possanza e lastuzia del regno di Satana; le quali però non prevarranno mai. PASSI PARALLELI Matteo 10:2; Giovanni 1:42; Galati 2:9 Isaia 28:16; 1Corinzi 3:10-11; Efesini 2:19-22; Apocalisse 21:14 Zaccaria 6:12-13; 1Corinzi 3:9; Ebrei 3:3-4 Matteo 18:17; Atti 2:47; 8:1; Efesini 3:10; 5:25-27,32; Colossesi 1:18; 1Timoteo 3:5,15 Genesi 22:17; 2Samuele 18:4; Giobbe 38:17; Salmo 9:13; 69:12; 107:18; 127:5; Proverbi 24:7 Isaia 28:6; 38:10; 1Corinzi 15:55 Salmo 125:1-2; Isaia 54:17; Giovanni 10:27-30; Romani 8:33-39; Ebrei 12:28 Apocalisse 11:15; 21:1-4 PRIMA ESISTEVANO SOLO VESCOVI DA PIETRO IN POI FINO A AL VESCOVO CIRINO E NON VI ERANO CAPI DEI VESCOVI CIRINO SI PUO DEFINIRE IL PRIMO CHE SI DEFINI PAPA E DA LUI CHE INIZIO IL POTERE PONTIFICIO E NO DA PIETRO LEGGERE LA NOTA SOTTOSTANTE Nella prima metà del V secolo, non esiste ancora la figura del Papa quale sovrano assoluto della Chiesa cattolica. Durante il IV secolo, il vescovo di Roma gode di un prestigio e di un’autorevolezza molto particolare e superiore a quella di tutti gli altri vescovi della cristianità: tuttavia è ancora un primus inter pares. Il “potere pontificio” (in senso assolutista) comincia ad essere costruito con l’avvento di Siricio (384) sul trono di Pietro: nei suoi 15 anni di pontificato, la cattedra di Roma subì una profonda trasformazione in senso autocratico. Pochi mesi dopo la sua elezione, per la prima volta avvenne che il vescovo di Roma scrivesse ad un altro vescovo, Imerio di Tarragona, “decretando” anziché opinando, ovvero non più come un vescovo che si dirigeva ad un altro vescovo, ma quale sovrano che disponeva di un sottoposto. Questa lettera, che porta la data 11 febbraio 385, costituisce il primo “decretale pontificio” e in essa “risalta lo stile del monarca assoluto che accumula precise espressioni di comando o di divieto con tono ampolloso e patetico, senza addurre i motivi giuridici degli ordini dell’autorità [espressa dallo stesso Siricio], la cui volontà è legge che non abbisogna di altre giustificazioni. […] Le risposte di Siricio ai quesiti di Imerio sono in forma di veri e propri ordini sulla forma delle lettere imperiali; esse non soltanto espongono e inculcano il vigente diritto ecclesiastico, ma decidono i casi dubbi e creano un nuovo iure.”( F.X. Seppelt e G. Schwaiger, Storia dei Papi, 3 voll., Ed. Mediterranee, Roma 1975). E nel 386 a Roma si tenne un Concilio che affermò categoricamente il primato del vescovo di Roma su tutti gli altri: colui che occupava la cattedra romana non era più solamente un vescovo, ma anche e soprattutto era il Pontifex Maximus. Giustamente molti storici vedono in Siricio il primo vero papa. Con Siricio nasce un sodalizio molto stretto tra potere papale e potere imperiale. Non dimentichiamo che allora l’imperatore era Teodosio I, colui che fece del cristianesimo la religione di stato e che per primo perseguitò coloro che non aderivano al cristianesimo. Con laccoppiata Siricio-Teodosio il cristianesimo diventa integralista. Scompare anche lultimo culto misterico che ancora sopravviveva, quello isiaco, che si trasforma nel culto mariano (ciò che non può essere soppresso, lo si trasforma). L’energico e coraggioso Innocenzo I (401-417), quando nel 410 Alarico entrò in Roma, abbandonata dall’imperatore che si era rinchiuso in Ravenna, fu colui che affrontò il sovrano goto, mitigandone la rapacità e presentandosi agli occhi dei romani quale vero defensor Urbis, al posto dell’inetto imperatore e del Senato, preoccupato unicamente di mettere a salvo le ricchezze dei suoi membri. Con Innocenzo I per la prima volta il papato costituì un potere politico di riferimento, più credibile ed efficace dello stesso potere imperiale. Ma la lotta per il primato della Chiesa sul potere imperiale fu per molti versi portata a pieno compimento da Leone Magno (440-461) in una situazione molto simile al passato, quando Genserico saccheggiò Roma, priva di un imperatore. Mentre Innocenzo I fu il “primo papa […ma] in modo estremamente embrionale, […] in Leone I le caratteristiche e le funzioni storiche del pontefice romano appaiono a uno stadio di sviluppo inequivocabile e netto. […] Leone non fu soltanto il primo papa perché nessun suo predecessore lo eguagliò nell’attribuirsi esplicitamente questo ruolo e nel realizzare le funzioni conseguenti, ma anche e soprattutto perché egli anticipò in se stesso, in modo esemplare, costituendo addirittura il prototipo per i secoli a venire, la figura ideale del pontefice romano”(Claudio Rendina, I papi, Storia e segreti, Ed. Newton, Roma 1993). Leone Magno perseguì sino alla sua morte l’idea di convertire l’impero romano in una teocrazia dove l’imperatore sia il braccio esecutivo del papa, sommo e incontrastato vertice del potere. Nella misura in cui il vescovo di Roma si converte in un monarca per tutto l’impero cristiano, e quindi andando anche oltre il limes romano, l’Urbs diventa piccola per ospitare due sovrani, a meno che uno non sia, di fatto, sottoposto all’altro. Ecco la ragione per cui Leone Magno e i suoi immediati successori, Ilario (461-468) e Simplicio (468-483), parimenti energici e autocratici, usarono di tutto il proprio potere per far sì che almeno a Roma sedesse un imperatore debole, pronto ad accettare la loro autorità, non solamente in termini morali, ma anche civili, legiferando conformemente all’interesse del papato. I pontefici non sarebbero stati peggiori governanti degli imperatori. Al contrario, forse sarebbero stati anche migliori, se non fosse che, nella loro visione escatologica, i barbari costituivano la spada divina che castigava un impero peccatore, in quanto empio nei costumi ma, soprattutto, tollerante verso le eresie. Il papato impose agli imperatori d’Occidente di dedicare quelle risorse viepiù scarse, per edificare Chiese e Oratori e combattere le eresie, piuttosto che per difendere militarmente l’impero agonizzante. Addirittura, nella loro visione non ci si sarebbe dovuti neppure opporre ai barbari, in quanto comunque era la volontà divina che sarebbe prevalsa: pertanto era assai più utile, come affermava Leone Magno, riunirsi nelle Chiese raccolti in preghiera, piuttosto che rafforzare le legioni. Se poi l’impero crollava trafitto dagli spadoni gotici, era Dio a volerlo e, alla fine, sarebbe stato a fin di bene per purificare l’umanità peccatrice e, attraverso la furia barbarica, redimerla. In Occidente s’impose il primato della Chiesa sul potere imperiale e in venticinque anni l’impero crollò. Fu così che figure imperiali altrimenti valide – Avito, Maioriano e Antemio – avversate dal Senato e dal Papato, rinunciarono alla res publica per concentrarsi solo sulla propria sopravvivenza. In Oriente, invece, il primato restò nelle mani degli imperatori e l’impero sopravvisse.
Posted on: Thu, 21 Nov 2013 10:14:46 +0000

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