IL SALVA-ALFANO DELLA POLIZIA: “DEI KAZAKI NON SAPEVA NULLA” - TopicsExpress



          

IL SALVA-ALFANO DELLA POLIZIA: “DEI KAZAKI NON SAPEVA NULLA” Pansa consegnerà fra 48 ore al vicepremier la relazione che scagiona lo stesso numero due del governo e tiene a galla le larghe intese. E la Farnesina si auto-assolve di Giampiero Calapà L’uomo che non sapeva niente – nella spy story che riguarda Mukhtar Ablyazov e il “sequestro” da Casal Palocco con tanto di espulsione della moglie Alma e della figlia Alua, 6 anni – sarebbe il ministro dell’Interno Angelino Alfano. E rimarrà al suo posto nonostante le responsabilità politiche imposte dalla carica, perché sarà “scagionato” dalla relazione che il capo della Polizia Alessandro Pansa consegnerà nelle sue stesse mani fra due giorni. Non è stato informato del sì al blitz della notte del 28 maggio e del-l’espulsione con partenza da Ciampino il 1° giugno. E, come lui, non sapeva nulla il ministro degli Esteri Emma Bonino, da sempre paladina radicale dei diritti degli ultimi dissidenti nei luoghi più remoti del pianeta, che si “auto-scagiona” con lanci di agenzie dettati da “fonti della Farnesina”: “La Farnesina si è subito attivata per aiutare la signora Alma Shalabayeva, una volta appreso del provvedimento di rimpatrio forzato in Kazakistan disposto nei suoi confronti e di cui non era stata messa a conoscenza”. La Farnesina, questa la posizione ufficiale, non sapeva neppure che Alma, la donna prelevata a Casal Palocco con la bambina di sei anni, fosse la moglie di Ablyazov, tanto da inviare un fax alla Questura di Roma, firmato dall’addetto Daniele Sfregola, per precisare che “la signora non gode di alcuna immunità” . E sempre le stesse fonti della Farnesina si giustificano così: “Il ministero degli Esteri non ha alcun accesso a nessun tipo di database dei cittadini stranieri in Italia. Non potevamo fare nessun collegamento tra questa signora, indicata con il suo nome da ragazza e di cui ci veniva solo chiesto se godesse o meno di copertura diplomatica, e la moglie di Ablyazov”. Nessuno sapeva, in questa fiera dello scaricabarile, ad eccezione del ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri, che il 5 giugno scorso, cortocircuito governativo ancora non chiarito, poteva tranquillamente dichiarare di aver, invece, saputo: “Le procedure sono state perfette, tutto in regola e secondo la legge. Mi sono informata subito della questione e tutto si è svolto secondo le regole”. PASSAGGIO dimenticato, cancellato, eliminato da Palazzo Chigi nei giorni seguenti. Perché dell’espulsione dall’Italia di Alma e della figlia di sei anni, prelevate nottetempo nella villa di Casal Palocco da cinquanta agenti armati – della mobile e della Digos – come neppure Bernardo Provenzano o Totò Riina, non sapeva nulla nemmeno Palazzo Chigi. Tanto che il premier Enrico Letta due giorni fa ha firmato questa nota spedita alla stampa: “È grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda, che comunque presentava sin dall’inizio elementi e caratteri non ordinari”. Letta, incontrando i suoi ministri venerdì, ha invocato “trasparenza assoluta, se ne esce solo così”, aggiungendo: “Ora qualcuno deve pagare, se è vero che Angelino non sapeva qualcuno della struttura pagherà”. Pronti. Il prefetto Alessandro Pansa, attuale capo della Polizia, consegnerà fra 48 ore ad Alfano una dettagliata relazione sui fatti accaduti tra il 28 e il 31 maggio, giorno in cui proprio Pansa s’insedia ai vertici della pubblica sicurezza. L’istruttoria di Pansa, alla fine della fiera, risparmierà i rimpalli di responsabilità tra ministeri che hanno segnato questi giorni, presentando il conto, salato, a quel “qualcuno” di cui il premier Letta vuole la testa. Unico indiziato possibile il dirigente del dipartimento ministeriale, attualmente sotto inchiesta interna che, non avvisando Alfano, questo sarà il passaggio fondamentale della relazione di Pansa, ha avallato il blitz richiesto e sollecitato dai kazaki (in visita al Viminale il 28 giugno dopo analoga sortita nell’ufficio di Renato Cortese, capo della mobile della Questura di Roma) nella villa di Casal Palocco. È lui, il dirigente del Viminale ancora anonimo, il colpevole sacrificato in nome della ragion di Stato e delle larghe intese che non prevedono altro vicepremier al di fuori di Angelino Alfano. LA SUA COLPA? Sarà scritto nero su bianco. Aver sottovalutato la situazione ritenendola routine, ottenendo la convalida degli atti a posteriori dal pm Eugenio Abbamonte e dal procuratore capo Giuseppe Pignatone. Aver dato il via libera al-l’operazione senza digitare su Google “Ablyazov”, cosa che gli avrebbe permesso di apprendere come l’ex ministro kazako, oltre che truffatore internazionale, sia considerato dalla stampa mondiale anche dissidente politico che si oppone al tiranno kazako Nazarbayev. Si è fidato soltanto dei kazaki, appunto, confortato dai rapporti dell’Interpol: bollino rosso sul nome di Ablyazov, neppure una riga sullo status di rifugiato politico ottenuto a Londra, ma riferimenti alla condanna a 22 mesi per oltraggio alla corte (ha dissimulato alle autorità inglesi la sua reale consistenza patrimoniale), oltre a risultare un nemico dichiarato di Astana per aver “depredato” miliardi di dollari alle banche kazake. A fronte di tutto questo, spiegherà la relazione di Pansa, forse per sciatteria, forse perché dalla morte di Antonio Manganelli la Polizia era rimasta senza capo – pur se con un reggente in sella, Alessandro Marangoni – il “colpevole”, il pesce piccolo che sarà punito, ha ritenuto di mettere i sigilli dello Stato italiano sull’operazione senza dover avvisare l’autorità politica. Uno scenario difficile da credere, ma che sarà venduto in pasto all’opinione pubblica per permettere al governo delle larghe intese di tirare a campare oltre il periodo balneare, sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi permettendo.
Posted on: Sun, 14 Jul 2013 06:04:51 +0000

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