IL SANTO DEL GIORNO Santa Teresa del Bambin - TopicsExpress



          

IL SANTO DEL GIORNO Santa Teresa del Bambin Gesù 01/10/2013 Teresa è proprio l’esempio dell’anima che non resiste alla grazia, ma che ne riconosce in sé gli effetti, frutto gratuito di quella «misericordia divina che ha fatto tutto il buono esistente» in lei (Op. cit. 1,11). «Per tutta la mia vita - scrive - è piaciuto a Dio circondarmi di amore, i primi ricordi sono sorrisi e carezze tenerissime» (Op. cit. 1,14). Teresa nasce in un ambiente familiare che diventa per lei subito e per sempre l’immagine del cielo, ed è proprio attraverso l’esperienza dell’amore famigliare che ella scopre la tenerezza e la sollecitudine del «Padre nostro». È nel rapporto con i genitori, in particolare con papà Martin - la mamma muore infatti quando Teresa ha 5 anni - che impara l’indissolubilità tra obbedienza e amore così che l’una cresce nell’altro dentro una corrispondenza che non conosce costrizione alcuna. In questa unità familiare sono innestate anche le sorelle (Paolina, Maria, Celina, Leonia). L’amore che nutre per loro è immerso nella stessa atmosfera dell’amore per i genitori anche se la predilezione per Celina, di cui le lettere lei indirizzate sono la testimonianza più eloquente, raggiunge un grado ben superiore di passione e dedizione. Teresa non conosce che l’amore puro poiché nulla di impuro mai l’ha contaminata tanto che lei stessa definirà la sua una «famiglia verginale». L’amore totalmente umano e incarnato della sua famiglia è per lei la possibilità di introdursi all’amore celeste così che, in un certo senso, il convento si rivela in piena continuità con la sua vita famigliare se non addirittura sviluppo e compimento di questa. Ma il Carmelo è per Teresa anche e soprattutto l’anticipo del compimento definitivo, l’avverarsi, in pienezza di ogni suo desiderio. La conclusione del primo scritto autobiografico che doveva contenere, secondo l’indicazione della sorella priora, i ricordi della sua giovinezza, si chiude con accenti di gratitudine che lasciano intravedere come Teresa «non abbia più alcun desiderio se non quello di amare Gesù alla follia». E questo amore diventa più che mai programma di vita: suo scopo è infatti la salvezza del mondo mediante l’amore che si consuma in un rinnegamento di sé che ella stessa definisce come «vita di morte». Si tratta di un inizio continuo perché è proprio là dove si arriva, il nuovo punto da cui ripartire. È in questo ricominciare sempre il segreto della sua «piccola via»: la lotta dell’andar contro se stessi, del vincere l’istintività della propria reazione, del proprio comodo, della propria volontà; il lasciarsi trafiggere da quelle che lei chiama «le punture di spillo». Anche ciò che potrebbe sembrare obiezione, lo Spirito che opera in lei, trasforma in occasione per vivere la vita di Cristo che «imparò l’obbedienza da ciò che patì» (Eb. 5,8). L’amore di Teresa si origina dunque e si motiva del fatto che «Cristo per primo ci ha amati e ha dato se stesso per noi» (I Gv. 4,10) e che «nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici» (Gv. 15,13). Ma questo amore che dà la vita coincide con il vivere l’obbedienza alla propria regola come sorgente di certezza e di amore. Non quindi un amore astratto o teorico bensì capace di trapassare nell’altro il sepolcro delle apparenze per scorgervi il volto nascosto di Cristo che pacifica e rende «dolce quello c’è di più amaro». Teresa sacrifica tutto di sé a questa Presenza che la semplicità e la purità del suo sguardo sanno vedere e nella quale ella si annienta e si confonde per rinascere come volontà di un Altro. Il «non scegliere niente» per lei coincide infatti, paradossalmente, con l’aver «scelto tutto» perché il «tutto» che Teresa sceglie è «tutto quello che Cristo vuole» (Op. cit. 1,37). Teresa vive quella che Ignazio di Loyola aveva definito come «la legge dell’indifferenza»; eppure in lei questa via conserva una piena originalità personale: «Io non sono mai delusa perché sono sempre contenta di ciò che il buon Dio fa. Non desidero che la sua volontà». Alle consorelle che durante l’ultimo periodo della sua malattia le chiedono come si sentirebbe se dovesse tornare in salute risponde: «Se fosse la volontà di Dio sarei ben felice di offrirgli questo sacrificio». D’altra parte va detto che proprio all’interno di questa «indifferenza» tutti i sentimenti e i desideri umani si mantengono vivi e presenti in lei così che drammaticità e lotta l’accompagnano senza logorarla; ne fecondano invece l’umanità. Un’umanità, la sua, che si spalanca e si dilata al mondo. Ella vive infatti nel Carmelo la sua «missione nella Chiesa». Non a caso il papa Pio XI che nel 1925 procede alla canonizzazione della santa la dichiara poi nel ’27 patrona principale, con San Francesco Saverio, di tutti i missionari e delle missionarie esistenti sulla terra. Al reverendo Maurizio Bellière, suo «fratello spirituale» Teresa scrive in una lettera: «Lavoriamo insieme all’opera della salvezza delle anime. Io posso fare ben poco, o piuttosto assolutamente nulla da sola, ma mi conforta il pensiero che al suo fianco posso servire a qualcosa». Teresa ha trovato così il suo posto nella Chiesa: «nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore...così sarò tutto!». È pagata, a caro prezzo, questa sua vocazione all’amore. Tuttavia la prova della fede, la «notte del nulla» che Dio non le risparmi acuiscono in lei il desiderio di offrirsi «in olocausto all’Amore misericordioso» e le fanno dire: «quando canta la felicità del Cielo, il possesso eterno di Dio, non provo gioia alcuna, perché canto semplicemente ciò che voglio credere» (Scritto aut. C. 1,280). Anzi è proprio attraverso questa prova della fede e della speranza che durerà per Teresa fino all’ultimo giorno, che la Chiesa - come bene ha detto ancora il Papa - ha ritrovato tutta la semplicità e la freschezza del grido “Abbà Padre!” la cui origine e sorgente è nel cuore di Cristo stesso. (Giulietta Sponza - "Grandi Quaderni di Cl", I santi, 1987)
Posted on: Tue, 01 Oct 2013 13:37:50 +0000

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