Ieri abbiamo introdotto la vita di Emilio Salgari, oggi scendiamo - TopicsExpress



          

Ieri abbiamo introdotto la vita di Emilio Salgari, oggi scendiamo un po a fondo nelle caratteristiche del suo stile e del suo pensiero. Salgari si legge facilmente, perché non usa mai una sintassi complessa. Spezza i periodi finché può, a tutto vantaggio della chiarezza. In compenso, ostenta un lessico vastissimo: però non lascia il significato dei termini meno noti (o lasciati in lingua originale per mancanza di corrispondenza in Italiano) allipotetica interpretazione del lettore, ma lo spiega dettagliatamente ogni volta. Da questa abitudine (che forse obbediva alla sua esigenza di autodidatta di esibire la propria cultura non accademica e forse serviva pure ad allungare il brodo per portare a termine i romanzi senza sprecare in poche righe o pagine delle idee da cui poteva tranquillamente nascere una nuova storia), nasce ciò che Umberto Eco chiama un po ironicamente il salgarismo, ossia la pratica di fermarsi su ogni dettaglio fino a spiegarlo nei minimi particolari. Eco, infatti, in Come si fa una tesi di laurea (testo utilissimo per imparare a documentarsi e a scrivere correttamente, anche se non si sta preparando una tesi), invitava i lettori a essere precisi, sì, ma senza cadere, appunto, nel salgarismo. Peraltro, il salgarismo serviva anche a nascondere tra le righe un bel po di quei dettagli che un lettore bigotto e ottuso avrebbe subito preso di mira. Le descrizioni fisiche dei personaggi salgariani, del loro abbigliamento, del loro modo di muoversi e di fare qualsiasi cosa, contengono non di rado (di solito, quando il personaggio deve ispirare in qualche altro personaggio dei sentimenti molto forti: i personaggi salgariani sono quasi tutti tremendamente passionali) un bel po di dettagli piuttosto sensuali, anche se espressi sempre in un linguaggio elegante e rispettoso. Confusi nella massa del resto, appaiono evidenti solo a chi li vuole seriamente vedere (chi, più tardi, condividerà a modo suo gli irresistibili sentimenti di passione che ispireranno). Leggete come appare Marianna Guillonk (la Perla di Labuan, nipote del perfidissimo governatore inglese del Borneo, James Brooke) a Sandokan, nel romanzo La Tigri di Mompracem: Era una fanciulla di sedici o diciassette anni, dalla taglia piccola, ma snella ed elegante, dalle forme superbamente modellate, dalla cintura così stretta che una sola mano sarebbe bastata per circondarla, dalla pelle rosea e fresca come un fiore appena sbocciato. Aveva una testolina ammirabile, con due occhi azzurri come lacqua del mare, una fronte dincomparabile precisione, sotto la quale spiccavano due sopracciglia leggiadramente arcuate e che quasi si toccavano. Una capigliatura bionda le scendeva in pittoresco disordine, come una pioggia doro, sul bianco busticino che le copriva il seno... Non so voi, ma io me ne sono già innamorato. Il fatto che nellottimo tv movie della Rai, diretto da Sergio Sollima, interpretato da una squadra di ottimi attori e impreziosito dallindimenticabile colonna sonora dei fratelli De Angelis (da buon salgariano, non posso tacere tutti i dettagli) avesse il volto dellincantevole Carole Andrè, è solo la ciliegina sulla torta. Così invece Tremal-Naik descrive Ada Corishant (la ragazza rapita dai perfidi Thugs per diventare sacerdotessa e poi vittima sacrificale della dea Kalì) in I misteri della jungla nera: Io cercavo i serpenti sulle rive dun ruscello, laggiù, proprio nel più folto dei bambù, quando a venti passi da me, in mezzo ad una macchia di mussenda, dalle foglie sanguigne, apparve una visione, una donna bella, raggiante, superba. Non ho mai creduto, Kammamuri, che esistesse sulla terra una creatura così bella, né che gli dei del cielo fossero capaci di crearla. Aveva neri e vivi gli occhi, candidi i denti, bruna la pelle e dai suoi capelli dun castagno cupo, ondeggianti sulle spalle, ne veniva un dolce profumo che inebbriava i sensi. Sta parlando in prima persona e deve necessariamente fornire meno dettagli di un onnisciente narratore esterno. In ogni caso, mi pare che ce siano abbastanza da farci un pensierino pure su Ada. Detto del salgarismo e ammirato lo stile del maestro, parliamo dei temi. In Salgari ci sono sempre un protagonista che inizialmente era una pasta duomo e poi, a forza di subire angherie da parte di qualche prepotente, ha tirato fuori tutta la parte peggiore di sé stesso, pur conservando in fondo al cuore un briciolo di dolente umanità; e un antagonista che non aveva bisogno di subire alcuna angheria visto che è fatto solo di quella che negli altri sarebbe la parte peggiore e le angherie le infligge al prossimo, spesso paludandole di cause più o meno nobili come il patriottismo o la fede religiosa, ma in realtà per puro sadismo e perverso divertimento. Lantagonista cattivo per natura è sempre in una posizione di netto vantaggio sul protagonista cattivo per necessità, ma questultimo è sempre più intelligente e fantasioso, per cui sembra sempre sul punto di essere sconfitto ma riesce a tirarsi fuori per il rotto della cuffia. I personaggi secondari e di contorno sono sempre molto vivi e complessi e a volte, durante le storie a cicli, se non fanno una brutta fine nel primo romanzo in cui compaiono (caso molto frequente), possono ritornare anche con un ruolo più importante in una storia successiva. Anche loro si dividono in cattivi per natura e cattivi per necessità: nelluniverso salgariano, lesistenza dei buoni non è neppure lontanamente prevista. Non occorre molta fatica per capire (o, nel mio caso, ricordare) quanta presa potessero avere storie simili sulla fantasia di ragazzi e adolescenti abituati a essere ammorbati dallinizio delletà della ragione con improbabili e irraggiungibili esempi di buoni, bravi, belli e perfetti da parte della scuola e della Chiesa. Benedetto Salgari, che non ci facevi vergognare di essere persone normali! Vivevi con la testa nelle nuvole, davi il cattivo esempio, ma il mondo che ci proponevi era molto più simile a quello reale di quello che volevano imporci le istituzioni ufficiali; e tutti, prima o poi, labbiamo pensata uguale a Sandokan o al Corsaro Nero. Ma, quando arrivò il 68 e qualcuno un po meno superficiale e opportunista degli altri approfittò della nuova libertà per cercare modelli di cultura anche popolare ma adatta al modo di pensare che si voleva elaborare per costruirci sopra un mondo nuovo e migliore, ci si accorse che Salgari non era stato né cattivo per natura né cattivo per necessità, ma solo più sensibile e lungimirante degli altri. Si pubblicarono, anche in edizioni destinate a un pubblico di un certo livello, le sue storie meno note, quelle in cui si parlava della tratta degli schiavi, formalmente vietata ma praticata ancora oggi che il capitano è morto da un secolo, quelle in cui la ragione stava dalla parte dei negri e i civilissimi bianchi erano solo dei bastardi privi di scrupoli: ed erano storie che Salgari aveva scritto quando gran parte dei più autorevoli scienziati del tempo era pronta a mettere la mano sul fuoco sulla naturale superiorità dei bianchi sui neri. Si pubblicarono anche le sue storie di emarginati costretti a emigrare in un altro Paese e a subire tutto il peggio che si potesse immaginare da trafficanti di carne umana e sfruttatori di ogni genere, tutti protetti da leggi ipocrite o barbare concepite solo perché gli esclusi di un luogo restassero esclusi anche altrove. Esattamente come succede adesso in molte nazioni che hanno il coraggio, poi, di definirsi civili. Salgari non era portatore di nessuna particolare ideologia. Aveva solo unonestà intellettuale che quasi tutti i suoi (come i nostri) contemporanei nemmeno si sognavano. Altro che diseducativo, è il vero classico che si dovrebbe far leggere nelle scuole! Ma, dato che questo non accadrà mai, tocca a noi perpetuarne la sua memoria, prima che le nuove generazioni la smarriscano.
Posted on: Wed, 13 Nov 2013 11:51:27 +0000

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