Il Ministero del Lavoro denuncia: mercato ormai saturo, fermate - TopicsExpress



          

Il Ministero del Lavoro denuncia: mercato ormai saturo, fermate l’immigrazione (qelsi.it) In una relazione pubblicata ed ufficializzata qualche giorno fa dalla Direzione Immigrazione e Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro si può leggere che: La crisi economica ha colpito duramente i lavoratori stranieri in Italia. È calata la domanda da parte delle imprese, aumentano velocemente i disoccupati e, a breve termine, non si prevedono miglioramenti. Far arrivare altra manodopera dall’estero con un nuovo decreto flussi creerebbe solo una guerra tra poveri. La priorità è reimpiegare chi è già qui e ha perso il posto, prima che perda anche il permesso di soggiorno. E’ una denuncia tremenda perché segna un punto di svolta assolutamente drammatico in questa epopea di trasmigrazioni per lo più clandestine od irregolari. Sinora, ad essere danneggiati qui da noi erano solo gli italiani, soprattutto i lavoratori dal profilo medio-basso, i braccianti, gli stagionali ed i precari, che hanno progressivamente visto scemare o compromesse le proprie opportunità di lavoro, come le statistiche sulla disoccupazione stanno a dimostrare. Adesso, per la prima volta, e da fonti insospettabili, si ammette che flussi di nuovi immigrati renderebbero ancora più precaria la già difficile situazione di tutti quelli che sono già arrivati in Italia, alcuni da molto tempo, specialmente di quelli provvisti di permessi di soggiorno a scadenza. Lo dicevamo da tre anni almeno, questo, con l’unico risultato di vederci tacciare di razzismo da chi, evidentemente, ritiene di tutelare meglio questi poveri diavoli privandoli oggettivamente della possibilità di lavorare e di poter condurre un’esistenza perlomeno dignitosa. Va sottolineato che a redigere quella relazione sono esattamente gli stessi esperti del lavoro chiamati a valutare se e quanto aprire le frontiere, fornendo nel merito precise indicazioni e chiare raccomandazioni alla politica cui poi spetta l’ultima parola. I dati parlano chiaro: a metà 2013 il tasso di occupazione degli stranieri si attestava al 58,1 %, contro il 55,4% registrato tra gli italiani. Rispetto al secondo trimestre del 2012, c’è stata una riduzione del tasso di 1,2 punti tra gli italiani, ma di 3,5 tra gli immigrati, il che testimonia quanto avvertivamo prima, cioè che questi incessanti flussi migratori, dopo avere eroso il lavoro degli “italiani”, ora stanno incidendo soprattutto nei confronti degli immigrati già presenti sul nostro territorio. Sull’altro fronte, il tasso di disoccupazione tra gli stranieri è cresciuto fino al 17,9%, contro l’11,3% registrato per gli italiani. Il Ministero parla di 511 mila immigrati, 157 mila Ue e 354 mila extracomunitari, in cerca di lavoro nel secondo trimestre 2013, con un sensibile incremento rispetto ai 371 mila di un anno fa. Drammatico il dato relativo agli inattivi: attualmente sono 1milione e 250mila le persone in età da lavoro che hanno smesso di cercare una occupazione cercando di sopravvivere in qualche modo.Tra questi si annoverano giovanissimi arrivati per un ricongiungimento familiare oppure nati e cresciuti qui, ma anche profughi arrivati sulle nostre coste, per lo più in modo clandestino. Queste persone rappresentano una vera bomba sociale pronta ad esplodere da un momento all’altro. Da una parte, qualora molti di questi decidessero di mettersi in cerca di un lavoro, finirebbero con l’aggravare una situazione relativa all’occupazione che obbiettivamente è già disastrosa. Quelli che invece il lavoro non lo cercheranno mai vanno a costituire un bacino in espansione che finirà con l’alimentare micro e macro-criminalità, l’abusivismo, ed ogni altro tipo di pratica illegale, dando luogo ai fenomeni di forte allarme sociale che è facile immaginare per la sicurezza individuale, collettiva e l’ordine pubblico. Il ministero segnala anche 123 mila immigrati in cassa integrazione, 16 mila beneficiari di indennità di mobilità, e 185mila di indennità di disoccupazione. Solo il 56,8% dei disoccupati extracomunitari ed il 59,2% di quelli comunitari, contro l’80% registrato tra gli italiani, ha avuto contatti con un Centro per l’Impiego, che va ritenuto un passaggio fondamentale per attivare le misure per il reinserimento lavorativo, con orientamento, consulenza e formazione. Sottolinea quindi la relazione che : Il mercato del lavoro degli stranieri, sia per la componente Ue che extra Ue sembra aver risentito significativamente della contrazione della domanda di lavoro complessiva ed i dati relativi all’occupazione nei diversi settori lo confermano. Gli unici comparti nei quali cresce la manodopera immigrata sono quelli del commercio (+26,2% lavoratori Ue in un anno) e dei servizi alla persona e familiari (+5,3% lavoratori extraue). C’è invece un calo significativo in un anno nel settore delle costruzioni, -2,9% di occupati italiani, -8,2% di comunitari, -14,4% di extracomunitari, e nell’industria dove si sono rispettivamente registrate diminuzioni del -1,9%, -8,2% e -7,3%. In altri termini, più la crisi progredisce, più saranno gli stranieri a pagarne il prezzo di una crescente precarietà e di ulteriori, pesanti disagi. Il che è comprensibile per almeno un paio di motivi. Intanto quelli che arrivano sono più disperati di quelli che trovano qui, per cui si accontentano di paghe a prezzi stracciati e turni di lavoro massacranti facendo concorrenza sleale ai “colleghi immigrati” che li hanno preceduti. Esattamente quello che cominciò a succedere qualche anno fa ai lavoratori italiani di basso profilo professionale quando si sono ingrossate le fila degli extracomunitari. Poi perchè mediamente la domanda di lavoro, depurata di tutta la manovalanza ed il bracciantato, nel pieno della crisi tende a riguardare categorie a più elevato profilo professionale nelle quali certo gli italiani sono molto più presenti che non gli immigrati. Scontate a questo punto le conclusioni degli esperti del Ministero del Lavoro e le loro indicazioni alla politica: Il quadro descritto mostra il perdurare delle criticità del mercato del lavoro, se non addirittura l’insorgenza di fenomeni di recessione occupazionale in alcuni particolari settori economici. Da un lato, la costante contrazione della domanda (cioè la richiesta di lavoratori da parte di datori di lavoro, ndr) e, dall’altro il considerevole incremento delle persone in cerca di occupazione, determina una condizione in cui l’offerta di lavoro garantita dai lavoratori stranieri già presenti in Italia è più che sufficiente. “La domanda di lavoro attesa può essere ampiamente soddisfatta nell’ambito dei settori, dei territori e dei profili richiesti, compreso il settore domestico, dall’offerta di lavoro disponibile, anche in assenza di una nuova programmazione di quote generali tramite i decreti flussi annuali. C’è invece il rischio che, aumentando l’offerta di lavoratori (cioè il loro numero, ndr), si generino tensioni nel mercato tali da riprodurre un ampliamento del lavoro irregolare e questo penalizzerebbe soprattutto gli immigrati regolari disoccupati”. “Le politiche del lavoro di breve-medio periodo dovranno pertanto essere orientate a riassorbire lo stock di disoccupazione che si è accumulato in questi ultimi anni, puntando ad un forte rafforzamento delle politiche attive e dei servizi per il lavoro al fine di ridurre le asimmetrie informative”. Questa, piaccia o no, è la realtà dei fatti che descrivono una situazione ormai insostenibile creata in Italia ed Europa da chi per anni ha accettato o permesso una politica dissennata ed autolesionista non solo per gli autoctoni, il cui territorio è stato invaso in modo disordinato, illegale e sregolato, ma anche per gli stessi immigrati, il cui numero, aumentando a dismisura al di fuori di qualsiasi programmazione, ha fatto trasformare quelle che erano state vagheggiate come delle “Terre Promesse” in altrettanti inferni di disperati. Ma nonostante ciò, l’irresponsabilità regna sovrana e cè ancora chi accoglie con ottusa soddisfazione o, in qualche caso addirittura con giubilo i dati demografici pubblicati dall’Eurostat, l’ufficio statistico della Ue, che a leggerli bene sono disarmanti. Nel rapporto ufficiale che riguarda i 28 stati membri dell’Unione, la popolazione al 1° gennaio di quest’anno ha raggiunto la ragguardevole cifra di 505,7 milioni di persone, con una crescita del 2,2 %, ovvero nel complesso di 1,1 milioni rispetto all’anno prima. Se si tiene conto che questa crescita è avvenuta mentre il Pil europeo era in picchiata, ecco che l’aumento demografico artificioso dovuto per lo più ai migranti, che in molti a cominciare dal nostro Ministro dell’Integrazione definiscono e contrabbandano come “una preziosa risorsa economica”, in effetti ha avuto l’effetto contrario di un generale e diffuso impoverimento. Quello che allarma è che questa caduta verso le soglie di povertà è per la massima parte attribuibile alla forte immigrazione. Infatti, l’incremento di 1,1 milioni di persone è dovuto solo in parte minoritaria al saldo naturale, cioè alla differenza tra nuovi nati e morti, che ammonta a 200 mila persone (+0,04 %). Invece, si giustifica soprattutto con la migrazione netta, cioè la differenza tra quanti si sono trasferiti nell’Ue e quanti l’hanno lasciata, che dà un saldo attivo di ben 900 mila persone (+0,17 %). C’è poi da rilevare un altro aspetto che viene sempre taciuto o sottovalutato. Se i tassi naturali di crescita demografica nei Paesi europei sono relativamente bassi, dei validi motivi per suggerire agli eurocittadini questa scelta e sostenere questa tendenza dovranno pure esserci. Però, la libertà di scelta demografica viene meno se poi si registrano alluvioni di immigrati che scompaginano e rendono inefficace qualsiasi politica economica, o qualsiasi programmazione sociale e di gestione del territorio e delle sue risorse. Nel corso del 2012 circa l’80% dell’incremento della popolazione Ue è stato determinato in modo artificioso, dall’immigrazione selvaggia. Emblematico il caso dell’Italia, che con un saldo attivo di crescita naturale della popolazione quasi zero, si ritrova suo malgrado con il suo +6.2 ‰ tra i Paesi Ue con la maggiore crescita appena dietro Lussemburgo (+18‰) e Malta (+7,4‰), ma davanti a Svezia (+5.4‰) ed Austria (+5.2‰), mentre hanno registrato consistenti flussi netti negativi Irlanda (-7.6‰), Lituania (-7.1‰), Lettonia (-5.8‰), Estonia (-5.7‰), Grecia (-4.0‰), Portogallo (-3.6‰) e Spagna (-3.5‰). Come si può rilevare, nei principali Paesi del Mediterraneo le quote di immigrazione sono addirittura diminuite e l’Italia risulta essere l’unico Paese in cui sono invece aumentate. Quindi la colpa degli sbarchi-fiume lungo le nostre coste non è della posizione geografica, ma dell’inettitudine politica e mancanza di volontà a trovare soluzioni per il controllo e la programmazione di flussi legali di immigrati. E’ di questo che il governo deve prendere atto e regolarsi di conseguenza. La relazione del Ministero del Lavoro è un importante input nel merito. Il resto, tutto il resto è connivenza e demagogia che produce miseria e precarietà per tutti, ma alimenta i privilegi di quelli che in questa situazione ci sguazzano per arricchirsi alle spalle di poveri disgraziati.
Posted on: Thu, 21 Nov 2013 21:46:15 +0000

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