Il mio di viaggio verso Castellana Bandiera (radiocronaca di un - TopicsExpress



          

Il mio di viaggio verso Castellana Bandiera (radiocronaca di un ‘viaggio’ Padova – Venezia Lido la sera della proiezione ufficiale del film di Emma, Via Castellana Bandiera, 29 agosto 2013) Partiamo da Padova alle 18,30, alla fine decidiamo di arrivare fine a Mestre e poi, da lì, raggiungere piazzale Roma con i mezzi pubblici. Io sono, nelle tre ore che precedono l’evento, ho cambiato idea almeno 826 volte, alla 827esima – esternata – ricevo un calcio proprio in corrispondenza della vescica al piede sinistro, quello più malandato. Decido di fare una cosa strana per un evento che non riguarda il mio lavoro: indosso una maglia scollatissima e che ‘sfodero’, di norma, solo quando devo andare per Uffici importanti, penso però che il posto dove sto per recarmi non è meno VIP del mio lavoro e quindi tiro fuori una maglia che mi piace, con cui sto bene e che – meno poeticamente – mette in bella evidenza una parte carina del mio corpo: il décolleté. La mia accompagnatrice quando mi vede fa: “guarda che non andiamo per Uffici, ché ti sei messa? La divisa da donna?”. Ringhio un attimo però le strappo un “epperò, di solito esci presto per andare al lavoro e non ti avevo mai vista agghindata così, sembri quasi una donna quando ‘ti dimentichi’. Il ‘ti dimentichi de che’, le domando. “Di te, della solita parte da rompi cazzo”. Anche lei però, la guardo, è molto bella. Non l’avevo più guardata con quegli occhi da quando ci siamo mollate, quattro anni fa, prima di decidere di mettere su – comunque – casa assieme. Lei mi ha amata nell’unico momento in cui mi dimostro umana: quando, per cercare di arrivare a conquistare, “mi dimentico” di me e sono idiota, semplicemente, una bambina di tre anni, deficiente aggiungerei anche. Sì, decido anche che si può fare: metto anche il profumo, quello lo uso solo quando vado per Ministeri e sono costretta a sembrare ‘comprensiva’, collaborativa, accondiscendente, propositiva, serena e affidabilissima, soprattutto. Venezia è una città che amo, tuttavia mi domando perché il comune si ostini a rendere la vita così difficile ai turisti evitando come la morte cartelli e indicazioni precise, visto che la città ospita uno dei maggiori eventi culturali dell’anno. Zero indicazione per l’attracco alla linea MC (Mostra del cinema) che, per altre barche diventa MDC (Mostra del Cinema), imbucato in un angolo senza illuminazione dove ci rintaniamo con altri avventurosi veneziani intenti a capire come fare a raggiungere il Lido. La mia accompagnatrice che conosce sette lingue, compreso il romanesco, ha il suo daffare a spiegare a turisti francesi come raggiungere Piazza San Marco senza prendere i mezzi: i turisti si domandano perché il biglietto delle barche costa quasi di più d’una notte in Ostello. “Ma hanno tolto l’IMU” penso io. Alla fine ci imbarchiamo alle 20:46, direzione Lido/Casinò, con noi salgono una schiera ordinata di VIP tra cui un noto Funzionario che conosco per lavoro, ci guardiamo, anzi, mi guarda, si avvicina e mi fa: “ma sa che non l’avevo riconosciuta? Lei è così..” – Dio, penso, che cazzo dirà adesso, io sono, penso – “così diversa dal solito”. Se la cava bene perché l’attracco dell’imbarcazione ci scuote come alberi di frutti senza frutta. “Dottore, perché di solito ci vediamo di mattina e – converrà – Venezia, di sera, è proprio bella” e lui mi spiazza con un, assurdo, “anche a lei dona molto la sera”. Le vie del signore sono proprio sfinite, penso. Il motoscafo che ci porta al Lido, in una pesca che del miracoloso ha poco, alle Zattere tira su una coppia di donne lì per il Festival; quella che nella coppia fa l’uomo – scarpe che manco mio zio, trent’anni fa, indossava – corporatura generosa ma costretta in una giacca di taglia inferiore alla sua ‘reale’ portata mi si piazza vicino e fa la classica telefonata “informativa”/dichiarazione di guerra. “Sì, le cose stanno cambiando Francè – chiaramente è una coattona di Roma – ti dico che le cose stanno cambiando, il film di Emma segna un passaggio”. Mi sta incollata, troppo, mi sfiora continuamente per sbaglio e anche se non ci provo più con nessuno da anni capisco che la sua tecnica è assolutamente obsoleta. Rido perché mi viene in mente quella parola lì: obsolescenza delle immobilizzazioni mi viene in mente, una voce di Bilancio. La compagna dell’aspirante ometto sta sottocoperta a chattare col suo telefono, una padella che manco fossi della Nasa penso sempre io, da utilizzatrice di vecchi e sorpassati apparecchi a tasti! La magnificenza di Molino Stucky illuminato a festa mi fa scivolare in secondo piano tutto il resto e mi perdo in pensieri miei, ripenso all’incontro con Cristina Lupoli Dalai il giorno prima, penso che ho avuto poco tempo per ‘pensare’ e troppo per ‘vivere’ in questi due giorni, non ci sono abituata. Quando la voce d’altri tempi annuncia la proiezione del film mi alzo in piedi, tutta la platea si alza tranne un cornuto davanti a me che mi dice “senta, se sta seduta vedo anche io” e lì mi parte il vaffanculo: “senta, casomai è lei che dovrebbe alzarsi”. “Molto gentile” mormora. “Guardi, lei tanto ci capirà un cazzo di ‘sto film – visto che sua moglie le ha appena detto che quella bionda è la regista – quindi, anche se non vede è lo stesso, domani in ufficio potrà dire lo stesso di averlo visto”. “Lei è una maleducata!”. Si spengono le luci… inizia il film.
Posted on: Fri, 30 Aug 2013 08:55:28 +0000

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