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Il nostro Presidente non si preoccupa : VERGOGNA !!!! Nel periodo 1901-1951 si sono registrate in Italia sei alluvioni, di cui le più disastrose nel 1951, Polesine e Calabria, con 184 vittime. Nel periodo 1998-2008, a partire dalla tragedia della Val di Sarno (159 vittime), si erano registrate sette alluvioni devastanti. Negli ultimi, soli, quattro anni abbiamo avuto nove alluvioni disastrose generate da piogge intense e «bombe d’acqua». Prima Giampilieri (Messina), poi il Veneto e le Marche, Genova e le Cinque Terre, la Lumigiana e il Vibonese, Barcellona (Me) e Massa Carrara, Taranto e ora la Sardegna: in quattro anni un susseguirsi di disastri, con morti e feriti, a cui segue il solito rito politico. Ci sono quelli che in malafede denunciano l’eccezionalità dell’evento naturale e piangono sui morti, feriti e dispersi. Gli altri denunciano la scarsa cura del territorio, la speculazione edilizia, il mancato preallarme della Protezione Civile. Dopo un paio di giorni, di accesi dibattiti e talk show televisivi, la vita politica e mediatica si riprende il suo spazio. La questione ambientale, i rischi a cui siamo esposti, la prevenzione di cui tutti parlano ma nessuno la fa, scompaiono dall’orizzonte. C’è la crisi, i tagli lineari e non, la decadenza del Cavaliere, il Nuovo Centro Destra e le primarie del Pd, e poi ancora le Province che si aboliscono e cambiano nome, le contro-Riforme che vengono annunciate, Bruxelles che ci boccia e ci chiede di fare gli esami di riparazione, e via dicendo. Fino alla prossima alluvione, alla prossima bomba d’acqua, che metterà in ginocchio un altro pezzo dell’ex Bel Paese. C’è qualcosa di profondo che non va e di cui bisognerebbe prendere coscienza. Da trent’anni si discute del rischio idrogeologico nel nostro paese, ma le istituzioni non fanno niente per prevenirlo. Eppure le risorse economiche ci sarebbero, ma non vengono spese come ricordava ieri il ministro Carlo Trigilia. Tanti hanno scritto che prevenire costerebbe molto meno che ricostruire e riparare i danni post-catastrofe. Giusto, ma solo in una visione ideale, che non tiene conto del tasso di profitto e dell’incentivo a investire. La prevenzione richiederebbe interventi capillari sul territorio, opere di ingegneria naturalistica e una pluralità di tecnici, piccole e medie imprese specializzate, operai idraulico-forestali che finalmente verrebbero utilizzati per la funzione per cui sono stati assunti. Un meccanismo molto complesso e poco conveniente per chi gestisce il territorio (a cominciare dalle Regioni). Invece, l’intervento post-catastrofe è un affare dal punto di vista economico e politico, fa girare molti più soldi, più tangenti, più extraprofitti, allarga le reti clientelari della classe politica locale e nazionale. La dichiarazione dello «stato di emergenza» è un grande business. Un esempio per tutti: il terremoto dell’Aquila. Chi non ricorda le risate notturne dei due imprenditori appena appresa la notizia della catastrofe? Ma, pochi sanno che, grazie al terremoto, nel triennio 2010-2013 l’Abruzzo è la sola regione italiana in cui sono aumentati fatturato e occupazione nell’edilizia, che sono letteralmente crollati nel resto d’Italia. D’altra parte, lo stesso meccanismo vale per altri disastri che si ripetono, d’estate, ogni anno: gli incendi. controlacrisi.org/notizia/Ambiente/2013/11/21/38194-il-grande-affare-dei-disastri/
Posted on: Thu, 21 Nov 2013 17:32:40 +0000

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