Il nostro mister non da tregua ai ragazzi. Doppie, durissime - TopicsExpress



          

Il nostro mister non da tregua ai ragazzi. Doppie, durissime sedute atletiche tutti i giorni e lunghe lezioni tattiche. Neanche un’ora di riposo dopo 14 di volo. Bonucci: «E’ normale. E si deve ancora cominciare a fare sul serio! Full Metal Conte, ci sta. Dettami, indicazioni, qualche bercio per tenere alta la tensione sempre e comunque. Qualche altro bercio per mantenere alti i ritmi. Anzi altissimi! Così ieri, nella seduta mattutina (seconda del ritiro alla Stanford University): «Pressa! Sali! Si deve aggredire! Se vogliamo essere una squadra “corta” dobbiamo farli ‘sti movimenti!». E quando scopre che c’è chi riprende la saduta, con telecamera o computer che sia, allora sì che lo Special One del Salento diventa sergente di ferro, e pure un po’... imperatore tiranno. «Ennò, eh! Così no!». Fulminando i malcapitati... Geloso, da buon stratega, delle sue metodologie di lavoro e strategie. Questo è il metodo Conte: rigore, autorità, autorevolezza. E poca “fuffa”, come si suol dire: poche perdite di tempo o chiacchiere inutili. Se una cosa pui farla oggi, non rimandarla a domani. Pronti via, dunque, non appena la squadra è sbarcata a San Francisco, l’ha portata subito ad allenarsi nonostante fuso orario, nonostante le 15 ore di viaggio, nonostante il jetleg. «Siamo qui per lavorare, mica per fare i turisti!». E lo stesso Leonardo Bonucci , che ormai conosce a fondo il modo di lavorare del suo tecnico, ha sottolineato: «Sì, certo, siamo arrivati e il tecnico ci ha subito portato in campo, ci ha chiesto di far delle cose. E’ normale, siamo professionisti. Ma il bello deve ancora arrivare, dobbiamo ancora cominciare a fare sul serio...». Ecco, appunto, da ieri quel “fare sul serio” ha assunto connotati più specifici. Posto che “fare sul serio” non significa soltanto macinare chilomeri e inanellare ripetute su ripetute, significa anche sottoporsi a full immersion di tattica, ripetizioni ad libitum di movimenti e schemi: pure questo può essere sfiancante se fatto per due ore filate. Pure questo, porta a vincere gli scudetti, provando ad andare anche oltre e realizzare dunque il sogno Champions. MOTIVATORE Ma Conte è anche ufficiale gentiluomo. Cioè uno che all’occorrenza cambia modo di porsi: motivatore raffinato, perfetto a livello didattico, sa che a volte abbasare la voce serve almento quanto alzarla, se non di più, se si intende calamitare le menti a sé . Ha piena coscienza del fatto che i suoi uomini, la truppa, sono pronti a seguirlo in tutto e per tutto. Al pari di quanto lui segue la truppa: in maniera maniacale, da perfezionista e professionista assoluto. Ieri, a tratti, ha “preso per mano” i suoi. «Bravissmo», «Bene così», «Provaci a far correre, bene!». Ufficiale gentiluomo, appunto. Ora che, finalmente, ha a disposizione praticamente tutta la squadra - nazionali compresi, eccezion fatta pe Pogba che si aggregherà al gruppo martedì e il lungodegente Pepe rimasto in Italia - vuole fare in modo che nuovi e vecchi si integrino alla perfezione. Ieri ha scelto di favorire innanzitutto l’intesa tra compagni di reparto. Angelo Ogbonna , di fatto, è stato ancora una volta designato quale alterego di Leonardo Bonucci. I due si sono mossi in simbiosi, e con loro - appunto - si è mosso Conte telecomandando la manovra. Indicava il tocco di palla, indicava il movimento da eseguire, indicava il passaggio da fare. Poi è arrivata la volta del trio di difesa “tipo”, nel suo complesso, con tutti i nazionali schierati. DI PESO E a seguire ancora, attenzione concentrata sulla fase di attacco e possesso palla. Per la gioia dei tifosi, ma anche dei diretti interessati. Pirlo imposta, in mezzo al centrocampo a 5 in formato “classic” e davanti si alternano gli attaccanti. Carlos Tevez da una parte e Llorente dall’altra. A Tevez si alternano Vucinic e Matri , a Llorente si alternano Quagliarella e Giovinco . Spagnolo e argentino stanno cercando di sfruttare queste prime occasioni per mettersi in mostra, ma anche per affinare fin da subito l’intesa con Pirlo e gli altri centrocampisti che dovranno servir loro palloni da trasformare in gol. Pure in questo caso, manco a dirlo, è tuttavia Conte il vero protagonista dell’azione: fa degli scatti per far vedere che tipo di movimenti fare (roba da farsi scambiare per un giocatore per brillantezza e prontezza di riflessi), oppure fa scattare gli altri. A tratti letteralmente li sposta di peso: «Qua, devi stare qua, lo vedi dove sei messo?», punzecchia. Salvo poi, l’azione dopo, tornare l’insegnate paziente e soddisfatto ceh si complimenta. Eccolo il metodo Conte, che pure i nuovi acquisti stanno imparando ad attrezzare, o temere... Full Metal Conte, ufficiale gentiluomo che non ama perdere. Né partite, né tempo. Addirittura, nei momenti da pausa, pur di non stare con le mani in mano, si concede una corsetta attorno al campo. Fonte: Tuttosport (articolo a firma di Fabio Riva) IL CAMPUS DOVE NASCONO LE STELLE MADE IN USA Tutti al lavoro nella “Casa dei campioni”. La Stanford University che ospita la Juve ha sfornato geni dell’informatica. E anche McEnroe e Woods PALO ALTO, 28 luglio 2013 - Ma guarda un po’, il motto della Sport Academy della Stanford University - appunto, il campus che in questi giorni e fino al 4 agosto ospita la Juventus - è: «The home of Champions». Vale a dire, la casa dei campioni. O, volendo, tecnicamente, anche la casa della Champions. Chissà... Di certo, il fatto che proprio da Stanford siano passati top player del calibro di John McEnroe e Tiger Woods lascia ben sperare. Oltre ai suddetti campioni che hanno scritto la storia del tennis e del golf, da Stanford sono passati - anche e soprattutto - oltre 50 premi Nobel (molti dei quali ora insegnano lì) e quasi una ventina di premi Pulitzer. Più una quantità non precisata di altre persone note che - premiate o meno - hanno contribuito a cambiare il mondo, come Larry Page & Sergey Brin (inventori di Google), William Hewlett & Dave Packard (fondatori della omonima Hewlett-Packard). Il prestigio del campus e’ evidente, oltre che dalla lista delle guest stars, dal campus medesimo: 33 chilometri quadrati di lusso e servizi. Un ospedale con annesso centro di ricerca, una chiesa (la Memorial Church), un centro commerciale, un museo di arte moderna, ristoranti nonché una infinità di strutture sportive. Dagli stadi per il football americano e baseball, ai campi da calcio passando per diverse piscine e campi da tennis. ECCELLENZA Ma la domanda da un milione di dollari (anzi, più concretamente, da 50mila dollari all’anno: cioè grossomodo il costo che una famiglia deve sborsare per mantenere un figlio a Stanford) è: perché la Stanford Uiversity è una delle facoltà più famose del mondo (nella top 3 insieme con Harvard e Berkeley), centro di eccellenza assoluto? Domanda girata a una docente di Stanford, la dottoressa Ermelinda Campani, direttrice del programma di studi che Stanford ha aperto in Italia, a Firenze, ben 53 anni fa. La disamina: «Lo è per tante ragioni. Potrei citare le statistiche sui premi Nobel, potrei ricordare i personaggi noti che hanno studiato qui. Ma voglio sottolineare anche altri punti: il rigore con cui vengono scelti i professori, il rigore con cui vengono scelti i ragazzi (ogni anno ne vengono accettati 2.300-2.400 sui 37 mila che presentano domanda), l’attenzione con cui viene incentivata la ricerca, l’eterogeneità degli studenti iscritti: etnie diverse, background diversi e tra i più disparati che favoriscono lo sviluppo di sinergie. Per non tacere del rapporto simbiotico che si è creato tra Stanford e la Silicon Valley: l’università trova motore nel mondo esterno e viceversa». MADE IN ITALY... Una curiosità legata alla nascita dell’Università di Stanford: tutto cominciò in Italia, nel 1884. A Firenze, laddove morì il figlio del magnate e governatore della California Leland Stanford, che era in visita in Italia con la famiglia. Affranti dal dolore, il magnate e la moglie, prima di lasciare Firenze, si ripromisero: «Non potremo più far studiare nostro figlio, allora faremo studiare i figli della California». E così fecero, a partire dal ritorno in patria. Sottolinea la direttrice Campani: «Fondazione caratterizzata da un atto di generosità che ha segnato la storia di Stanford: sia concettualmente, tramite la condivisione di idee all’insegna del principio che gli americani chiamano win-win, vinci tu e vinco io; sia finanziariamente, grazie alle molte donazioni di filantropi ed ex studenti. Perché sarà anche vero che tra tasse, libri e dormitorio una famiglia può potenzialmente arrivare a spendere 50 mila euro l’anno per mantenere il figlio a Stanford, ma è anche vero che l’82 per cento degli iscritti ottiene un aiuto finanziario. Non è una scuola per ricchi, è una scuola per meritevoli». #c
Posted on: Sun, 28 Jul 2013 05:30:54 +0000

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