In verità caro Aris De Natale io credo che nonostante tutti i - TopicsExpress



          

In verità caro Aris De Natale io credo che nonostante tutti i nostri sforzi, tutti i nostri sofismi, sebbene ci arrovelliamo spiegando le cose della vita attraverso concetti logici ed articolati, alla fine, non possiamo riscontrare altro che esiste solo il nulla. Alla fine scopri, come hanno scoperto i migliori pensatori di tutti i tempi, che il concetto di …cosa significa questo, che significato ha la vita…, in realtà non significa niente, e quando accadrà ti sembrerà una grande calamità. Oggi i più grandi pensatori si sentono angosciati e la loro angoscia nasce dalla domanda : “Qual è il significato della vita?“. La vita sembra non avere nessun significato e l’intera preparazione da loro ricevuta, ivi compresa la legge della relatività, ruota intorno alla nozione che “…si può vivere unicamente se c’è un significato..”. Lo Zen sostiene che non c’è alcun significato. Non c’è bisogno di cercare uno; bisogna solo godersi l’incredibile mancanza di significato. Non c’è uno scopo; l’esistenza non sta andando da nessuna parte, non è orientata al raggiungimento di nessun risultato. Semplicemente esiste; è una celebrazione delle gioia, una barzelletta. Un monaco zen un giorno si recò da un Maestro per chiedergli aiuto poiché era da anni che cercava di risolvere il proprio koan (indovinello, per noi che qui parliamo il “significato della vita”); presentatosi dinanzi il Maestro il monaco gli chiese aiuto poiché non riusciva a risolvere il suo koan. “…Il Maestro suggerì lui che prima di procedere nel lavoro con quella domanda, il monaco avrebbe dovuto fargli un inchino profondo….”. Comprendiamo bene questo punto. Il discepolo va dal Maestro con una domanda, vuole ricevere un aiuto. Ha lottato con quel koan, forse per mesi o addirittura per anni. Nello Zen una persona va avanti a scontrarsi con lo stesso problema, lo stesso problema giorno dopo giorno, anno dopo anno; la sua intera consapevolezza è focalizzata su un problema (…qual è il significato della vita?...) e in fondo sa perfettamente che non ha una soluzione. Ma deve lavorarci, deve continuare a “trapanare” quel problema fino ad arrivare al punto dove non incontrerà più nessuna resistenza nella sua mente…così come quando facciamo un buco in un muro con un trapano ed improvvisamente, dopo un po’, la punta va in fondo come se oltre quella iniziale resistenza dell’intonaco ci fosse solo il nulla. Quel monaco può aver lavorato per anni senza mai arrivare a niente, ed è andato dal Maestro a chiedere aiuto; vuole un aiuto tangibile … chi di noi ogni tanto non ha bisogno di un aiuto tangibile?... vuole sapere che fare, vuole qualche suggerimento, una mappa, una guida, un google maps!!! E cosa gli risponde il Maestro? Il monaco gli chiede aiuto ed ..”il Maestro suggerì che prima di procedere nel lavoro con quella domanda, il monaco avrebbe dovuto fargli un inchino profondo..”. Perché richiedere un inchino profondo? Perché chiedere al monaco di inchinarsi a toccare con la fronte i piedi del Maestro? È difficile a dirsi. Il Maestro deve aver guardato nel discepolo e deve aver riconosciuto la natura del problema. Il problema non era il koan, il problema era l’ego! Quando vai da un Maestro, ti inchini a lui spontaneamente, ma quel monaco non l’aveva fatto, era andato dal Maestro unicamente per chiedere di essere aiutato…che significato ha la vita?... Non è possibile dare aiuto direttamente, l’aiuto si può dare soltanto se sei umile…quanta umiltà c’è negli occhi dei “senza tetto”, quanta umiltà esiste nel volto degli “invisibili”….ecco perché tutti loro sono disarmanti per ogni uno di noi…il loro volto confonde il nostro ego; loro sono come una medicina unica per le persone che sono in cerca della “realtà”; ecco perché sono tanto affascinanti… Non puoi esigere di essere aiutato, puoi soltanto implorare di ricevere aiuto; soltanto allora è possibile aiutarti. Non intendo dire che al Maestro non piacerebbe aiutarti; lui vorrebbe farlo, ma tu non capiresti, non saresti in grado di ricevere quell’aiuto a meno di non stare davanti a lui con una ciotola da mendicante nel cuore, con un’attitudine priva dell’ego. Inchinarsi è soltanto un gesto….quanto volte i ragazzi alla stazione si inchinano per porgere il mangiare, un maglione, un indumento, un oggetto utile, una carezza….quante volte le ginocchia di chi aiuta gli “invisibili” tocca il freddo del pavimento…quante volte questa meravigliosa gente che cerca di aiutare fa l’esperienza di privarsi del proprio ego…anche per un solo istante!!...che cosa meravigliosa! Però è possibile davvero imparare solo quando abbandoni il tuo ego. Certo esistono molti modi per imparare; puoi andare all’università, allora non hai bisogno di abbandonare il tuo ego. Anzi, più egoico sei e più bravo diventi, perché l’ego ama competere, l’ego è ambizioso, l’ego è geloso, l’ego combatte con gli altri : con l’ego avrai successo. Se all’università o nel tuo lavoro ti comporti con umiltà, non avrai nessuna possibilità di accrescere il tuo status. No, nella vita di tutti i giorni devi essere ferocemente competitivo, devi essere violento ed aggressivo. Quando vivi usi il tuo ego, ma quando vai da un Maestro accade un apprendimento di tipo completamente diverso…quando i ragazzi vanno dai “maestri invisibili”….è un disimparare… perché dai quei Maestri dovrai inchinarti. Con un’osservazione superficiale di questa storia zen, non può che sembrare quella di un monaco che pone solo una domanda, che sta chiedendo di essere aiutato con il suo problema. Guardata superficialmente, la situazione sembrerebbe dire che il Maestro è egoico : perché mai un Maestro richiede un inchino profondo? Questo è il problema, quando si ha a che fare con una mente egoica. Se osservi la situazione a partire dell’ego ti sembrerà che il maestro sia egoico; come potrebbe aiutare quel monaco? Come possono gli “invisibili” aiutare noi tutti? Il monaco si trova in difficoltà e, invece di affrontare l’argomento, invece di mostrare compassione verso il suo problema, il Maestro gli chiede di eseguire prima una formalità…. “inchinati in ginocchio e porgimi il cibo” … a me che sono un senza tetto! Piega le tue ginocchia e tocca il freddo del mio letto…. Ma tutti ci domandiamo, come avrà fatto il monaco ... che razza di Maestro è? Se pensiamo in questi termini non abbiamo capito nulla! Chiedere ad una persona di fare un inchino profondo potrebbe inibirla, potrebbe essere di intralcio…andrà via sicuramente…oggi il mondo intero è stato allenato, educato ai modi dell’ego. Ma come fanno tutti i migliori psicoterapeuti, a volte ti chiedono qual è il problema che ti affligge…vedono benissimo qual è, eppure ti chiedono : “qual è il tuo problema?”. Perché vogliono che ne parli. Sentono che parlarne ti fa avvicinare a loro; loro ti danno qualche spunto e tu ti avvicini. Anziché dirti: “il tuo problema è questo”, anziché essere loro, il Maestro o gli invisibili ad indirizzarti direttamente al problema, preferiscono che tu sia a dirlo a loro. Questo ti aiuta …e disse qualcuno “..i senza tetto, sono degli antidepressivi naturali..” a restare egoico perché senti che stai spiegando qualcosa ….porgendo il cibo, accarezzando il volto di qualcuno…; il tuo ego si sente soddisfatto. Ovviamente, questi maestri della strada, piano piano, ti convincono a suicidare il tuo ego …ma questo è il passo finale che non puoi pretendere sin dall’inizio. “..Mentre il monaco si prostrava doverosamente, il Maestro gli assestò un bel calcio!..” Che umiliazione! Prima gli chiede di fare un inchino profondo e poi lo colpisce, lo prende a calci, lo tratta come fosse un pallone o un ciottolo in mezzo alla via. …ma ha fatto bene a dargli il calcio, ha mirato esattamente al problema. Da quel calcio nasce qualcosa di importante; quel calcio è stato quasi come un elettroshock. “…quel calcio inaspettato dissipò l’oscura incertezza in cui il monaco era sprofondato negli ultimi tempi…” Quel calcio è stato davvero inaspettato. Quando ti stai inchinando a una persona in completa umiltà, non ti aspetti che ti assesti un calcio. Stai mostrando tutta la tua umiltà, come puoi immaginare che ti darà un calcio? Ma è proprio questa la logica dello zen, la sua logica specifica. Dato che il calcio è inaspettato può sortire un effetto. La mente è incapace di gestire l’inaspettato, entra semplicemente in uno stato di shock; non è più in grado di spiegare, non è più capace di razionalizzare; resta semplicemente scioccata. La mente si ferma, incontra un gap, un intervallo; quel calcio ha fatto nascere un attimo di sospensione. Ma quel calcio non si può dare a tutti indistintamente, quel monaco era degno…e noi lo siamo? “…quando sentì il tocco del piede del Maestro, conseguì un’immediata illuminazione….” Lo Zen è l’unica religione al mondo che insegna l’illuminazione improvvisa. Asserisce che l’illuminazione non ha bisogno di tempo; può accadere in un istante. La parola che meglio descrive cosa sia lo Zen proviene dalla fisica : “balzo quantico”. Un balzo talmente improvviso…in un singolo istante non sei più lo stesso; la tua intera consapevolezza cambia. Ma non sto dicendo che se improvvisamente ricevi un calco, ti illuminerai, prima del calcio dovrai aver “trapanato” la tua mente fino al suo esaurimento. “…in seguito raccontò a tutti coloro che incontrava : “da quando ho ricevuto quel calcio da Ma Tsu, non sono riuscito a smettere di ridere….” Quando per la prima volta riusciamo a vedere, nasce in noi una grande risata: ti fa ridere vedere quanto la tua infelicità fosse ridicola, ti fa ridere vedere l’assoluta follia di tutti i tuoi problemi, ti fa ridere vedere l’assurdità di tutta la tua sofferenza. Non c’era nessun bisogno di soffrire. Ti trovavi in un incubo creato da te; tu ne eri l’autore ed eri l’attore che lo interpretava, eri il regista, eri lo schermo ed eri il proiettore, eri lo spettatore…eri tutto quanto! Era semplicemente opera tua, un tuo incubo. Il discepolo ha ragione quando asserisce “da quando ho ricevuto quel calcio, non sono riuscito a smettere di ridere”. Si, è proprio così. La nostra infelicità era ed è semplicemente stupida, ridicola: ci siamo aggrappati, ecco perché ha continuato ad esistere. Continuiamo a gridare : “…non la voglio questa infelicità, non la voglio..” e intanto ci restiamo aggrappati. Quando un giorno saremo in grado di vedere, quando riceveremo quel “calcio”, quando i nostri occhi si apriranno e potremo vedere, quando la nostra mente, il nostro ego, si sarà suicidato, non riusciremo a credere di aver potuto andare avanti in quel modo per così tanto tempo. Cosa hai realizzato? Nulla, assolutamente nulla. In realtà, quando ci illuminiamo perdiamo solo qualcosa e non realizziamo nulla… perdiamo la nostra infelicità e non realizziamo nulla. Qualsiasi cosa noi crediamo di realizzare è semplicemente stata sempre presente e adesso ridiamo di questa assurdità. Lesistenza non ha un significato. Il significato è un concetto creato dalluomo e, poiché cerchi costantemente un significato, inizi a sentirti insignificante.
Posted on: Thu, 31 Oct 2013 10:34:29 +0000

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