Infiltrazioni d’acqua dal tetto: integra la truffa il silenzio - TopicsExpress



          

Infiltrazioni d’acqua dal tetto: integra la truffa il silenzio maliziosamente serbato da parte del costruttore – Cass. Pen. 28703/2013 Cass. Pen., Sez. II, 4 luglio 2013 (ud. 19 marzo 2013), n. 28703 Presidente Davigo, Relatore Diotallevi Depositata il 4 luglio 2013 la sentenza numero 28703 della seconda sezione penale in tema di truffa con cui la Surema Corte ha affermato il principio di diritto secondo cui il silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze (nel caso specifico Infiltrazioni d’acqua dal tetto) da parte di chi abbia il dovere giuridico di farle conoscere può integrare l’elemento oggettivo del reato di truffa: si tratta, infatti, di un raggiro idoneo a determinare il soggetto passivo a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe dato. La vicenda riguardava, infatti, un’ipotesi di truffa che sarebbe consistita nell’omissione, da parte del costruttore, del dovere di informazione sancito dall’art. 1337 c.c., in particolare per i vizi occulti, relativi alla costruzione del tetto. Dopo l’assoluzione in appello con la quale l’imputato era stato assolto dal reati di truffa “perchè il fatto non sussiste”, la parte civile ha proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha ritenuto che la fattispecie possa integrare il disposto dell’art. 640 c.p. La giurisprudenza di questa corte – osservano i giudici – ritiene che ricorrano gli estremi della truffa contrattuale tutte le volte che uno dei contraenti ponga in essere artifici o raggiri diretti a tacere o a dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l’altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto. (Sez. 2, n. 32859 del 19/06/2012 – dep. 21/08/2012, D’Alessandro, Rv. 253660). Più specificatamente, gli artifici o i raggiri richiesti per la sussistenza del reato di truffa contrattuale possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere, indipendentemente dal fatto che dette circostanze siano conoscibili dalla controparte con ordinaria diligenza. (Sez. 2, n. 41717 del 14/10/2009 – dep. 30/10/2009, P.C. in proc. Malandrin, Rv. 244952). Come deve ritenersi essere avvenuto nel caso di specie. Dunque, il silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere giuridico di farle conoscere integra l’elemento oggettivo ai fini della configurabilità del reato di truffa, trattandosi di un raggiro idoneo a determinare il soggetto passivo a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe dato. In applicazione di questo principio è stato ritenuto correttamente configurato il reato di truffa, essendo il reato in esame configurabile, non soltanto nella fase di conclusione del contratto, ma anche in quella della esecuzione allorquando una delle parti, nel contesto di un rapporto lecito, induca in errore l’altra parte con artifizi e raggiri, conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno. (Sez. 6, n. 5579 del 03/04/1998 – dep. 13/05/1998, Perina, Rv. 210613)
Posted on: Wed, 24 Jul 2013 11:04:48 +0000

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