Ingegneria genetica: Per ingegneria genetica si intendono tutte - TopicsExpress



          

Ingegneria genetica: Per ingegneria genetica si intendono tutte quelle tecniche che permettono di identificare, isolare e trasferire artificialmente un gene dal patrimonio genetico di un organismo a quello di un altro essere. E’ una scienza nata vent’anni fa, ed è interdisciplinare: fonde competenze di genetica e di biologia molecolare. L’ingegneria genetica prevede la manipolazione di materiale genetico e altri materiali biologici (cellule, acidi organici, enzimi) in laboratorio. I biologi prelevano un gene dal Dna di una cellula e lo inseriscono nel Dna di un’altra. In pratica con un enzima "forbice" tagliano il Dna della cellula donatrice in un punto preciso, lo asportano, e poi con un enzima "colla" lo attaccano al Dna della cellula ricevente. Il gene può anche essere affidato a dei vettori (microscopiche biglie d’oro) che poi vengono sparati nella cellula ricevente. Il gene viene acquisito e trasferito al posto giusto. L’operazione riesce anche se due organismi non sono parenti genetici. Ha successo persino nel caso il primo appartenga a un animale e il secondo a un vegetale. Con l’ingegneria genetica infatti è possibile creare artificialmente una nuova combinazione di geni, ai esistita prima, superando le barriere naturali. La natura non teme i rimescolamenti. Anzi. Le commistioni sono utili perché forniscono nuove combinazioni e favoriscono l’evoluzione. La riproduzione sessuale ha proprio questo scopo. E non a caso è stata adottata da un numero più ampio di organismi rispetto alla riproduzione asessuata, diffusa soprattutto nelle piante e nei batteri. Tramite quest’ultima nascono cloni, geneticamente identici ai genitori. Con la riproduzione sessuale invece i patrimoni genetici dei due genitori si uniscono e risuddividono in un nuovo assortimento, quello del figlio. La ricombinazione dei geni avviene però all’interno di un certo schema. Esistono infatti barriere molto raffinate che impediscono la casuale mescolanza dei geni, o meglio limitano il numero di combinazioni possibili tra gli individui che appartengono a una specie. Una volta che sia stata raggiunta una gamma di patrimoni genetici stabili, che generano organismi con elevato successo riproduttivo e di adattamento all’ambiente, non ha infatti molto senso tornare indietro, e innescare di nuovo un meccanismo di totale casualità. La riproduzione sessuale mescola le carte, una serie di variazioni genetiche, ma fa in modo che il gioco possa essere ritentato di tanto in tanto, per non perdere possibilità di vittoria in altri ambienti. Questo spiega anche il motivo per cui, in natura, non ha senso parlare di organismi perfetti. L’imperfezione di un momento può significare sopravvivenza nel futuro. E’ favorito dunque l’accoppiamento, tramite il quale si uniscono i patrimoni diversi di due genitori, ma si stabiliscono anche una serie di stratagemmi che isolano geneticamente la nuova specie rispetto alle altre, Per esempio: si sfasano le stagioni dedicate all’accoppiamento, vengono prodotti ferormoni (gli ormoni che favoriscono la maturazione sessuale) diversi, i gameti (ovulo e sperma non sono più compatibili. Nelle piante, per evitare l’endogamia e cioè l’accoppiamento tra parenti stretti, si gioca di nuovo sui tempi (i fiori femminili si aprono in momenti diversi da quelli maschili), e sulla chimica: i fiori producono delle sostanze che impediscono la germinazione del polline parente. Sono in ogni caso più deboli gli stratagemmi che impediscono il rimescolamento tra esseri abbastanza simili, che occasionalmente dunque possono incrociarsi tra loro. Molto forti invece quelli che esistono tra organismi che appartengono a regni lontani. Infine, quando tutte le barriere saltano, e i geni si uniscono in, modo imprevisto, entra in gioco la selezione naturale. Se l’organismo è sbagliato, muore. In un certo senso, non c’è nulla di nuovo nell’ingegneria genetica, sono diverse migliaia di anni che gli agricoltori cercano di migliorare le razze di animali e le varietà di piante per ottenere caratteristiche più interessanti, come il colore di un fiore o la lunghezza di una spiga (vedi il capitolo Trasformare la natura a pag.23). Le biotecnologie tradizionali però sfruttano programmi di incrocio: il polline di una pianta viene fatto incontrare con l’ovulo di un’altra. Lo sperma di un animale viene utilizzato per fecondare, anche se artificialmente, l’ovulo femminile. Anche in questo modo comunque si possono ottenere organismi molto diversi tra loro. Una Frisona che produce 50 litri di latte al giorno ha poco a che fare con una bruna alpina che ne produce una decina. I programmi di incrocio però sono lenti, il risultato è imprevedibile perché i patrimoni genetici dei due genitori si mescolano a caso, e in più, a causa delle barriere sessuali, possono essere praticati solo tra organismi simili. L’ingegneria genetica, a differenza della biotecnologia più tradizionale, invece, non prevede un rimescolamento totale, ma solo l’inserimento di un gene, o di un gruppo ristretto di geni, nel Dna di un’altra cellula. La cellula manipolata dunque non è sostanzialmente diversa da prima. Rimane perfettamente funzionale, per esempio può moltiplicarsi e differenziarsi. E’ in grado però di produrre nuove sostanze chimiche: le stesse che produceva il donatore. Se per esempio un allevatore vuole ottenere una mucca viola, un colore che non fa parte della gamma cromatica disponibile, può incaricare un genetista di trasferire nel Dna dell’animale il gene che codifica questa sfumatura e che proviene da un fiore. C’è però una differenza: la nuova proteina può interferire con quelle prodotte dall’animale. La combinazione realizzata inizialmente dal genetista per l’allevatore è probabilmente stata studiata in modo che non compaiano sgradevoli effetti secondari. Ma una volta che il gene è inserito in un patrimonio genetico, si potrebbe trasmettere ad altri, favorendo nuove combinazioni.
Posted on: Mon, 24 Jun 2013 18:51:47 +0000

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