KARL MARX Esposizione del suo pensiero 1. I conti con - TopicsExpress



          

KARL MARX Esposizione del suo pensiero 1. I conti con Hegel Qualunque sia il giudizio sui movimenti politici che essa ha ispirato e sullinflusso che ha avuto sugli eventi storici, non vè dubbio che la dottrina di Karl Marx, per la diffusione che ha avuto, per lincidenza che ancora esercita, direttamente o indirettamente, sulla vita dei popoli e degli Stati, merita uno sforzo autentico di conoscenza; cioè merita ben altro che la sua riduzione a formule stereotipe, usate a proposito e a sproposito, o a slogans che, pur se efficaci sul piano pratico, spesso mortificano la sua ricchezza, la sua articolazione e la sua profondità. Nato il 5 maggio 1818 a Treviri, siscrisse, a 17 anni, alla Facoltà di Giurisprudenza dellUniversità di Bonn; ma completò i suoi studi allUniversità di Jena con una tesi sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e di Epicuro. Come studente non fu molto partecipe alla vita accademica; tuttavia, in questo periodo, si dedicò abbondantemente, secondo le sue personali esigenze, a letture di argomenti filosofici, letterari, storici e naturalmente giuridici. Soprattutto ebbe contatti col gruppo di Bauer e Ruge, coi quali approfondí la conoscenza del pensiero di Hegel. Per linvoluzione reazionaria della politica prussiana, che si fece sentire anche nellambiente accademico con lesonero dallinsegnamento di Bauer, Marx, dopo la laurea, accantonò il suo progetto di carriera universitaria, e si dedicò al lavoro di giornalista politico presso la Gazzetta renana, che, proprio nel periodo in cui egli fu redattore capo, acquistò in diffusione e autorevolezza. Quando nel 1843 il governo prussiano vietò la pubblicazione della rivista per le sue posizioni critiche nei confronti della vigente politica repressiva, Marx, insieme alla moglie Jenny von Westphalen, si trasferí a Parigi. Qui, in collaborazione con Ruge, diede alle stampe il primo e unico numero degli Annali franco-tedeschi, sul quale, accanto agli scritti di Heine, Engels ed altri, pubblicò la sua Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel e il saggio La questione ebraica. Nella Critica della filosofia hegeliana del diritto viene sottoposto a severo esame critico il procedimento filosofico di Hegel. Non ci soffermeremo, tuttavia, su questo aspetto del discorso marxiano, che ritroveremo, in termini piú o meno identici, anche in opere successive. Qui conviene piuttosto sottolineare che Marx riconosce ad Hegel il merito di aver adoperato il metodo dialettico, che, consentendo di scoprire nel reale lopposizione tra le varie determinazioni concrete, è particolarmente utile nellanalisi degli Stati moderni. Infatti esso rivela, al di là della loro apparente unità e omogeneità, le loro interne contraddizioni; ne scopre lautentica essenza. Lo stato borghese è contraddistinto dallineliminabile separazione tra società civile (ossia lorganizzazione economica e sociale) e organizzazione politica. Questi due elementi sono opposti tra loro; ma la loro opposizione è una vera contraddizione dialettica; ossia ogni elemento, nellopporsi allaltro, allo stesso momento lo genera, lo tiene in vita e lo garantisce come separato da sé. Questa opposizione dialettica sta a fondamento di altre opposizioni, come quella ad esempio tra luguaglianza proclamata sul piano giuridico-politico e la disuguaglianza tra gli uomini che sta alla base dellordinamento economico in cui la borghesia prospera. Grazie al metodo dialettico Hegel ha compreso molte di queste cose; tuttavia, rileva Marx, egli ritiene che la contraddizione sussista tra le essenze ideali di società e di stato; e poiché queste essenze sono momenti dellarticolazione del Pensiero, dellIdea, che nel suo procedere supera la loro opposizione, egli ritiene allora che gli opposti reali sono destinati ad essere conciliati in una nuova unità. Per Marx invece non cè sintesi che superi, integrandole, le contraddizioni. La contraddizione non è ideale, ma materiale; sussiste tra forze ed elementi concreti, empirici; per cui essa può essere dissolta solo con lazione; anzi con unazione che rivoluzioni lassetto materiale, economico che la produce. Nella Questione ebraica si ritrovano gli stessi temi fondamentali della Critica, organizzati però secondo un nuovo ordine sistematico. Degno di nota è il fatto che qui Marx stravolge il significato dei diritti delle società borghesi, maturati nella lotta antifeudale della Rivoluzione Francese e codificati nella Dichiarazione del 1791. I diritti delluomo e del cittadino, su cui si fondano le società liberali moderne - egli dice - sono astratti, prescindono dalle reali condizioni materiali desistenza degli uomini, e travestono, dando loro nobiltà politica, i cardini dellordinamento socio-economico del mondo borghese. Essi, infatti sono i diritti dellindividuo chiuso in se stesso, egoista, astratto dalla sua stessa specie e dalla società. Sono espressioni dellatomismo sociale che caratterizza la borghesia. Essi dunque non sono i diritti delluomo in quanto tale, né di tutti gli uomini, ma del borghese che rivendica la sua indipendenza dagli altri e, in generale, da ogni potere, religioso politico sociale; che chiede allo stato solo di essere tutelato nel suo isolamento; e che concepisce come unico nesso con gli altri quello basato sullinteresse privato. La società borghese dunque è solo una cornice esterna agli individui; i quali non si identificano in essa, come non si identificano nello Stato in cui essa si esprime; tanto è vero che negli ordinamenti liberali vige il sistema rappresentativo con cui i cittadini non riconoscono a se stessi unimmediata identità politica, ma eleggono dei loro rappresentanti ai quali solo riconoscono la facoltà di esercitare le funzioni politiche. In questo periodo, evidentemente, Marx pensa alla società come a una comunità armonica e compatta, in cui luguaglianza si fonda sulla solidarietà; in cui quindi non cè separazione tra stati sociali; in cui lindividuo si identifica col corpo sociale, che ne costituisce lessenza. Per giungere a questo tipo di società Marx individua fin da ora la necessità dellabolizione della proprietà privata, fonte di tutte le contraddizioni tipiche delle società borghesi e principale ostacolo per lattuazione di unautentica uguaglianza. 2. La critica delleconomia politica Lanno 1844 fu molto fecondo per Marx: fece la conoscenza di Engels, con cui iniziò unintensa collaborazione che sfociò nella redazione di La sacra famiglia; stabilí contatti con la Lega dei Giusti, una società segreta con ideali comunisti; tenne rapporti stabili con Proudhon; prese le definitive distanze da Ruge; e infine diede corpo al frutto della ricerca a cui in quel periodo sera dedicato, redigendo i Manoscritti economico-filosofici. Questopera nacque dallo studio attento e critico delleconomia politica, la scienza che ha avuto i suoi pilastri in A. Smith e D. Ricardo. Essa presenta temi che Marx non abbandonò piú, e che anzi rifluirono, sia pure parzialmente modificati e con veste scientifica piú rigorosa, nelle opere mature. Il mondo borghese, che finora era stato analizzato sotto laspetto socio-politico, viene qui esaminato nelle sue articolazioni economiche. La società borghese moderna è, dal punto di vista economico, società capitalistica; il capitale, dunque, imponendo certi tipi propri di rapporti economici tra gli uomini, genera nella società ogni scissione e ogni contraddizione. La stessa società borghese, però, ha elaborato una scienza economica che occulta quelle scissioni e propone una visione mistificante di una società naturalmente armonica: il suo principio è che legoismo dei singoli è il fondamento della felicità collettiva; proprio in vista di questo obiettivo il lavoro degli operai si armonizza naturalmente con la proprietà dei mezzi di produzione dei capitalisti; questarmonia produce la ricchezza della nazione; col crescere di tale ricchezza, aumenta il benessere della società, con il quale è assicurata la felicità di tutti gli individui; bisogna allora lasciar fare, lasciare che le leggi naturali che presiedono ai fenomeni economici si esplichino senza limitazioni; bisogna assicurare libertà dazione sia sul piano del commercio che su quello della produzione; infatti il perseguimento di un piú alto profitto spingerà i capitalisti ad arricchire il patrimonio tecnico e le tecniche di produzione, e, correlativamente, a razionalizzare lattività produttiva con la divisione del lavoro, che, aumentando la capacità produttiva, procura maggiore ricchezza sociale. Ma, osserva Marx, leconomia politica si regge su un equivoco di fondo: essa propone semplicemente come economia un determinato tipo di economia, quella capitalistica; essa propone se stessa quindi come una scienza che individua leggi obiettive, naturali, eterne ed immutabili e non, come sarebbe giusto, come modello per interpretare e guidare il nuovo assetto socio-economico della società borghese. A dirla in breve: essa è il frutto teorico deglinteressi dei capitalisti; per cui si spiega bene perché essa nasconda a se stessa le contraddizioni che la società capitalistica produce. Marx quindi procede allanalisi dellassetto capitalistico utilizzando e criticando, insieme, gli stessi concetti, le stesse leggi delleconomia politica, cioè della scienza con cui la borghesia ha razionalizzato il suo predominio, risolvendo le proprie interne contraddizioni nella necessità delle leggi economiche. Lo stesso economista - rileva Marx - ci dice che perché sia assicurato il profitto al capitalista, al lavoratore spetta del prodotto solo quanto è necessario affinché egli esista non come uomo, bensí come lavoratore, cioè solo quanto permetta la riproduzione della sua forza produttiva; che il capitale è lavoro accumulato, cioè lavoro che il capitalista ha comprato e che il lavoratore ha venduto al solo fine della sopravvivenza. La divisione del lavoro impoverisce il lavoratore fino a fame una macchina; il lavoratore è condannato ad una miseria stazionaria, perché nello stato progressivo della società, il lavoro delloperaio produce quella ricchezza che domina la sua esistenza e la tiene nella condizione della miseria, mentre nello stato di declino della società è il lavoratore che, come elemento piú debole della società, pena durissimamente, paga i costi della crisi. Insomma: leconomia politica considera come lavoratore soltanto il proletario, cioè colui che, senza capitale e rendita fondiaria, vive puramente del suo lavoro, di un lavoro unilaterale, astratto. Essa può quindi stabilire il principio che il lavoratore deve, come un cavallo, guadagnarsi tanto da poter lavorare. Non lo considera come uomo nel tempo in cui non lavora, ma lascia questa considerazione alla giustizia criminale, ai medici, alla religione, alle tabelle statistiche, alla politica e agli sbirri dellaccattonaggio. (Manoscritti economico-filosofici) In altre parole: nella società borghese loperaio è considerato merce; il salario è il prezzo della schiavitù; il lavoro ha valore solo in funzione del capitale; il capitale è il risultato dello sfruttamento; la miseria delloperaio è proporzionale al suo potere produttivo e alla quantità della sua produzione; il rapporto capitale-lavoro e capitalista-operaio non può essere se non conflittuale; la società borghese e quindi scissa immediabilmente in due classi, quella dei capitalisti e quella dei proletari; la concorrenza, che è la legge su cui si fonda lordinamento capitalistico, determina la progressiva scomparsa dei capitalisti piú deboli, cioè determina laccumulazione del capitale in poche mani, e la progressiva estensione quantitativa dellarea proletaria. Tutto ciò deriva, per Marx, dallessenza della proprietà privata; bisogna indagare dunque come questa produca questi fenomeni; ma allora bisogna introdurre nellanalisi il metodo dialettico, abbandonando quello della scienza economica. Solo con tale metodo si riesce a cogliere la contraddizione tra lavoro e capitale e la contraddizione interna sia al lavoro che al capitale. Che cosè infatti il lavoro salariato? lavoro vivente che genera capitale. E che cosè il capitale? lavoro morto, accumulato, detenuto dal capitalista, che genera e sostiene il lavoro vivente. Dunque il lavoratore produce il capitalista e il capitalista produce il lavoratore. È vero, allora, che lavoro e capitale sono interdipendenti, ma sono anche radicalmente opposti; è vero che si generano lun laltro, ma è pur vero che si negano reciprocamente. Pertanto la società borghese si fonda sul conflitto tra operaio e capitalista, tra lavoro e capitale. Per eliminare questa contraddizione - poiché non è possibile alcuna conciliazione - bisogna eliminare uno dei due termini opposti; ma in tal caso non cè scelta: non resta che distruggere il capitale. 3. Lalienazione Nei Manoscritti, poi, Marx si sofferma sulla condizione di alienazione delloperaio nel suo concreto rapporto di lavoro; condizione che viene esaminata nei suoi quattro aspetti diversi ma correlativi e simultanei. Il lavoratore infatti viene estraniato a) rispetto al prodotto del suo lavoro b) rispetto alla sua attività lavorativa c) rispetto alla sua stessa essenza duomo d) rispetto agli altri uomini con cui convive. Seguiamo dunque il discorso di Marx. a) Alienazione rispetto al prodotto Questo fatto non esprime altro che questo: che loggetto prodotto dal lavoro, prodotto suo, sorge di fronte al lavoro come un ente estraneo, come una potenza indipendente dal producente. (Manoscritti economico-filosofici) Il lavoro infatti si oggettiva, si cristallizza nel prodotto; ma poiché il lavoro è stato acquistato dal capitalista, il prodotto non appartiene alloperaio, ma al capitalista. Non solo. Poiché loggetto prodotto arricchisce il capitalista - producendo capitale -, esso rafforza allora il potere di questi sullesistenza delloperaio. Pertanto loggetto - prodotto dalloperaio - produce anche il suo spogliamento, la sua schiavitù. La realizzazione del lavoro si palesa tale privazione, che loperaio è spogliato fino alla morte per fame. Loggettivazione si palesa tale perdita delloggetto, che loperaio è derubato non solo degli oggetti piú necessari alla vita, ma anche degli oggetti piú necessari al lavoro... Loperaio mette nelloggetto la sua vita e questa non appartiene piú a lui, bensí alloggetto. Lalienazione delloperaio nel suo oggetto si esprime... in modo che, quanto piú loperaio produce, tanto meno ha da consumare; e quanto piú crea dei valori, tanto piú egli è senza valore e senza dignità; e quanto piú il suo prodotto ha forma, tanto piú loperaio è deforme; e quanto piú è potente il lavoro, tanto piú impotente diventa loperaio, e quanto piú è spiritualmente ricco il lavoro, tanto piú loperaio è divenuto senza spirito e schiavo della natura. (Manoscritti economico-filosofici) b) Alienazione rispetto allattività lavorativa Se infatti il lavoratore si sente estraneo al suo prodotto, ciò avviene perché egli è estraniato da se stesso nellattività di produzione. In che cosa consiste ora lespropriazione del lavoro? Primieramente in questo: che il lavoro resta esterno alloperaio, cioè non appartiene al suo essere, e che loperaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensí si nega, non si sente appagato ma infelice, non svolge alcuna libera energia fisica e spirituale, bensí mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito. Loperaio si sente quindi con se stesso soltanto fuori del lavoro, e fuori di sé nel lavoro... Il suo lavoro non è volontario, bensí forzato, è lavoro costrittivo. Il lavoro non è quindi la soddisfazione di un bisogno, bensí è soltanto un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni ad esso... Il lavoro esterno, il lavoro in cui luomo si espropria, è un lavoro-sacrificio, un lavoro-mortificazione. Finalmente lesteriorità del lavoro al lavoratore si palesa in questo: che il lavoro non è cosa sua ma di un altro; che non gli appartiene, e che in esso egli non appartiene a sé, bensí ad un altro... Il risultato è che luomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare, nel bere e nel generare, tuttal piú nellavere una casa, nella sua cura corporale ecc., e che nelle funzioni umane si sente solo piú una bestia. Il bestiale diventa lumano e lumano il bestiale. (Manoscritti economico-filosofici) c) Alienazione dallessenza umana Qual è lessenza delluomo, rispetto a quella dellanimale? Il produrre liberamente e consapevolmente. Invero anche lanimale produce: esso si costruisce un nido, delle abitazioni, come le api, i castori, le formiche ecc. Ma esso produce soltanto ciò di cui abbisogna immediatamente per sé e per i suoi nati; produce parzialmente, mentre luomo produce universalmente; produce solo sotto il dominio del bisogno fisico immediato, mentre luomo produce anche libero dal bisogno fisico e produce veramente soltanto nella libertà dal medesimo. Lanimale produce solo se stesso, mentre luomo riproduce lintera natura; il prodotto dellanimale appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre luomo conforma libero il prodotto. Lanimale forma cose solo secondo la misura e il bisogno della specie cui appartiene, mentre luomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e dappertutto sa conferire alloggetto la misura inerente, quindi luomo forma anche secondo le leggi della bellezza. (Manoscritti economico-filosofici) Ma allorché luomo viene espropriato del suo prodotto e del suo stesso lavoro, dal momento che in essi egli ripone tutta la sua essenza duomo, egli viene espropriato della sua essenza stessa. E infatti il suo produrre e i suoi prodotti non sono il suo fine, ma solo un mezzo per la soddisfazione del bisogno di conservazione dellesistenza fisica. d) Alienazione dallaltro uomo Se il prodotto del lavoro mi è estraneo, e mi sta di fronte come una potenza straniera, a chi esso appartiene allora? Se la mia propria attività non mi appartiene, ma è estranea e coartata attività, a chi appartiene allora? Ad un ente altro da me. Chi è questo ente? la Divinità? ... Lente estraneo, al quale appartiene il lavoro e il prodotto del lavoro, al servizio del quale sta il lavoro e per il godimento del quale sta il prodotto del lavoro, può essere soltanto luomo stesso. Quando il prodotto del lavoro non appartiene alloperaio e gli sta di fronte come una potenza estranea, ciò è solo possibile in quanto esso appartiene ad un altro uomo estraneo alloperaio. Quando la sua attività gli è penosa, essa devessere godimento per un altro, gioia di vivere di un altro. Non gli Dei, non la natura, soltanto luomo stesso può essere questa potenza estranea sopra alluomo. (Manoscritti economico-filosofici) Perché dunque il lavoro è alienante? Perché, dice Marx, è in funzione del profitto. Limpiego piú utile del capitale è per il capitalista quello che a pari sicurezza rende maggior profitto... Le operazioni più importanti del lavoro sono regolate e condotte secondo i piani e le speculazioni di coloro che impiegano i capitali, e lo scopo chessi si propongono... è il profitto. (Manoscritti economico-filosofici) La logica del profitto fa sí che il capitalista solleciti nelluomo nuovi bisogni; quindi lo costringe a nuovi sacrifici, cioè lo riduce in nuova dipendenza. E un eunuco non lusinga piú bassamente il suo despota, e non cerca con dei mezzi piú infami di eccitarne la ottusa facoltà di godimento, per carpirgli un favore, di come leunuco dellindustria, il produttore, per carpire la moneta dargento o cavar fuori luccellino doro dalle tasche del prossimo cristianamente amato, si piega ai capricci piú bassi dellaltro, fa da mezzano fra questi e il suo bisogno, eccita in lui desideri morbosi, spia ogni sua debolezza, per poi chiedere il compenso per questo affettuoso servizio. (Manoscritti economico-filosofici) Tutto ciò il capitalista fa per conquistare denaro, che nella Il denaro società borghese dà nuova essenza al suo possessore. Ciò che è mio mediante il denaro, ciò che io posso, cioè può il denaro comprare, ciò sono io, il possessore del denaro stesso. Tanto grande la mia forza quanto grande la forza del denaro. Le proprietà del denaro sono mie, di me suo possessore... Ciò che io sono e posso, dunque, non è affatto determinato dalla mia individualità... Io sono, come individuo, storpio, ma il denaro mi dà 24 gambe: non sono dunque storpio... (Manoscritti economico-filosofici) La proprietà privata è dunque la vera fonte dellalienazione del lavoro e di ogni altra alienazione. Per realizzare la disalienazione delluomo bisogna sopprimere la proprietà privata. Ma ciò è possibile solo con linstaurazione del comunismo. Il comunismo come soppressione positiva della proprietà privata... e quindi come reale appropriazione dellessenza delluomo mediante luomo e per luomo; perciò come ritorno delluomo per sé, delluomo come essere sociale, cioè umano, ritorno completo, fatto cosciente, maturato entro tutta la ricchezza dello svolgimento storico sino ad oggi. Questo comunismo... è la vera risoluzione dellantagonismo tra la natura e luomo e tra luomo e luomo... È la soluzione dellenigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione... Lintero movimento della storia è quindi latto reale di generazione del comunismo. (Manoscritti economico-filosofici) 4. Materialismo contro idealismo La sacra famiglia fu la prima opera che Marx scrisse in collaborazione con Engels, e nacque dalla polemica con Bruno Bauer e il suo gruppo di hegeliani. Schematizzando si può dire che in essa si intrecciano tre temi fondamentali: la critica del metodo idealistico, la storia del materialismo, e la teoria della rivoluzione del proletariato. La critica allhegelismo viene condotta sulla linea delle argomentazioni già addotte nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico. Seguiamone il procedimento attraverso le stesse parole di Marx. Se io, dalle mele, pere, fragole, mandorle - reali - mi formo la rappresentazione generale frutto, se vado oltre e immagino che il frutto - la mia rappresentazione astratta, ricavata dalle frutta reali - sia unessenza esistente fuori di me, sia anzi lessenza vera della pera, della mela, ecc., io dichiaro - con espressione speculativa - che il frutto è la sostanza della pera, della mela, della mandorla ecc. Io dico quindi che per la pera non è essenziale essere pera, che per la mela non è essenziale essere mela. Lessenziale, in queste cose, non sarebbe la loro esistenza reale, sensibilmente intuibile, ma lessenza che io ho astratto da esse e ad esse ho attribuito. (La sacra famiglia) Dunque, lhegeliano svaluta la realtà empirica e attribuisce valore di realtà solo alla essenza, solo al risultato del processo di astrazione mentale. Egli, perciò, vede nella mela la stessa cosa che nella pera, e nella pera la stessa cosa che nella mandorla, cioè il frutto. Le particolari frutta reali non valgono piú che come frutta parventi, la cui vera essenza è la sostanza. (La sacra famiglia) Vale a dire, egli svuota il reale della ricchezza delle sue determinazioni empiriche, depaupera una cosa di quelle caratteristiche specifiche che la distinguono da unaltra cosa dello stesso genere. È evidente però che a questo punto gli si pone il problema di come avviene che il frutto mi si presenti ora come mela, ora come pera, ora come mandorla; ... donde venga questa parvenza della molteplicità. (La sacra famiglia) Anche a questo problema, però, egli trova una soluzione. Questo avviene, risponde il filosofo speculativo, perché il frutto non è unessenza morta, indistinta, immobile, ma unessenza vivente, auto-distinguentesi, in moto... Le diverse frutta profane sono estrinsecazioni vitali diverse dellunico frutto, sono cristallizzazioni che il frutto stesso forma. Il filosofo... ha compiuto un miracolo, ha prodotto dallessere intellettuale irreale il frutto, gli esseri naturali reali, la mela, la pera, ecc.; cioè, dal suo proprio intelletto astratto - che egli si rappresenta come un soggetto assoluto esistente fuori di sé - ... ha creato queste frutta... (La sacra famiglia) A giudizio di Marx, dunque, il metodo hegeliano è mistificante; esso è inadatto specialmente a comprendere la realtà sociale e la storia. Infatti riduce le forme reali, generate dalle condizioni concrete, in pure categorie, in concetti; trasforma catene reali, oggettive, esistenti fuori di me, in catene solo ideali, solo soggettive, esistenti solo in me. Cosí, grazie a questo procedimento di alchimia filosofica, nella concezione di Bruno Bauer e del suo gruppo tutte le lotte esterne sensibili si trovano trasformate in pure lotte di pensiero. Colui che ha smascherato la mistificazione del metodo hegeliano è stato Feuerbach, che ha rivendicato giustamente il valore di realtà al concreto, al reale, allempirico. Egli ha messo al posto della vecchia robaccia... non il significato delluomo (come se luomo avesse un altro significato oltre a quello di essere uomo) ma luomo reale vivente. (La sacra famiglia) Il che ha aperto la strada alla considerazione delluomo nei suoi rapporti materiali di esistenza. Perciò - scrive Marx - non so se deliberatamente Feuerbach ha dato al socialismo una base filosofica. Il socialismo, infatti, trova la sua coerente fondazione filosofica, piuttosto che nellidealismo, nel materialismo, i cui principi hanno avuto compiuta formulazione già in epoca illuministica. Se si muove dalle dottrine del materialismo sulla bontà originaria degli uomini e sulla loro eguale capacità intellettuale, sullonnipotenza dellesperienza, dellabitudine, delleducazione, sullinflusso delle circostanze esterne sulluomo, sulla grande importanza dellindustria, sul diritto al godimento, ecc., non occorre una grande acutezza per cogliere la connessione necessaria del materialismo con il comunismo e il socialismo. (La sacra famiglia) Ponendosi allora nellottica di una concezione materialistica della storia, luomo viene considerato nella trasformazione dei concreti rapporti materiali, cioè dei rapporti economici, con i quali esso è legato alla natura e agli altri uomini e per i quali, nella società, ogni uomo si identifica in una classe che si colloca in opposizione ad unaltra, sua antagonista. Proprietari e proletari dunque costituiscono una totalità. Ma tale totalità non è e non può essere armonica; in essa sussiste una contraddizione dialettica per la quale la proprietà genera e insieme nega il proletariato, e questo, a sua volta, genera e insieme nega la proprietà. Ognuno dei due termini sussiste mantenendo in vita il suo opposto, e, insieme, il suo sussistere si risolve nel tentare di distruggerlo. Ma mentre la classe proprietaria vuole distruggere il proletariato per conservare la proprietà privata (classe conservatrice), il proletariato vuole distruggere, con la classe proprietaria, la stessa proprietà privata (classe distruttrice); cioè mentre la prima vuole eliminare il conflitto conservando lopposizione, la seconda vuole annientare, insieme al conflitto, anche lopposizione. Sicché proprio quando la proprietà privata genera e sostiene la classe proletaria, genera con ciò lelemento distruttore della sua stessa essenza. E, allinverso, il proletariato non fa che eseguire, con la rivoluzione, la condanna a morte che la stessa classe proprietaria ha pronunciato per se stessa. E quando con la rivoluzione cadrà il rapporto dialettico proprietari-proletari, nello stesso momento in cui scomparirà il proprietario, sparirà anche la figura del proletario; perché questo avrà liberato se stesso dalle condizioni della sua alienazione e della sua schiavitú; cioè avrà negato in se stesso la sua essenza di proletario. 5. Importanza e limiti del discorso di Feuerbach Lantihegelismo di Feuerbach e la sua rivendicazione della realtà naturale delluomo sono oggetto di interessata e ammirata considerazione da parte di Marx. Il limite del discorso feuerbachiano tuttavia sta, per Marx, nel fatto che la sua antropologia nasce dalla polemica con la teologia; quindi il tema dellalienazione viene ristretto nellambito del fenomeno religioso; il che implica lillusione, ancora idealistica, che luomo possa disalienarsi riconoscendosi realtà naturale, riappropriandosi spiritualmente di se stesso. Le cose non stanno cosí, per Marx. Lalienazione religiosa è solo un aspetto di una piú radicale alienazione, quella economico-sociale. Queste idee sono state delineate da Marx già nella Critica della filosofia hegeliana del diritto. Qui infatti egli sostiene che Feuerbach ha colto, certo, un elemento importante della religione: Il fondamento della critica religiosa è: luomo fa la religione e non la religione luomo. Infatti la religione è la consapevolezza e la coscienza delluomo che non ha ancora acquisito o ha di nuovo perduto se stesso. (Critica della filosofia del diritto di Hegel) Ma, rileva Marx, luomo non è un essere astratto, isolato dal mondo. Luomo è il mondo delluomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società, producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, proprio perché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point-dhonneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo completamento solenne, la sua fondamentale ragione di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dellessenza umana, perché lessenza umana non possiede una vera realtà... Essa è loppio del popolo. (Critica della filosofia del diritto di Hegel) Pertanto, la critica filosofica contro la religione ha, certo, un intrinseca importanza: La lotta contro la religione è, quindi, indirettamente la lotta contro quel mondo del quale la religione è laroma spirituale... La soppressione della religione in quanto felicità illusoria del popolo è il presupposto della sua vera felicità. La necessità di rinunciare alle illusioni sulla propria condizione è la necessità di rinunciare a una condizione che ha bisogno di illusioni. (Critica della filosofia del diritto di Hegel) Ma ciò, per Marx, non basta. È, dunque, compito della storia, una volta scomparso lal di là della verità, di ristabilire la verità dellal di qua... La critica del cielo si trasforma cosí in critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica... (Critica della filosofia del diritto di Hegel) Nelle Tesi su Feuerbach, pubblicate nel 1845, Marx poi prende sempre piú distanza da Feuerbach, precisando meglio la sua critica alla critica religiosa. Feuerbach prende le mosse dal fatto che la religione rende luomo estraneo a se stesso e sdoppia il mondo in un mondo religioso immaginario, e in un mondo reale. Il suo lavoro consiste nel dissolvere il mondo religioso nella sua base mondana. Egli non saccorge che, compiuto questo lavoro, la cosa principale resta ancora da fare. Il fatto stesso che la base mondana si distacca da sé e si stabilisce nelle nuvole come regno indipendente non si può spiegare se non con la dissociazione interna e con la contraddizione di questa base mondana con se stessa. Questa deve pertanto essere compresa prima di tutto nella sua contraddizione e poi, attraverso la rimozione della contraddizione, rivoluzionata praticamente. (Tesi su Feuerbach, IV) Egli non ha colto la contraddizione interna alla base mondana perché limpostazione del suo discorso è ancora idealistica. Ha considerato, sí, luomo come ente naturale, ma non lo ha considerato nellattività pratica con cui esso si procura la sua esistenza materiale, attività che comporta sempre, in ogni epoca della storia, un determinato rapporto con la natura e uno specifico rapporto con gli altri uomini. Non lo ha esaminato, cioè, nellinsieme dei rapporti economico-sociali. Insomma ha indugiato a contemplare luomo naturale astratto, nella sua essenza, nel suo genere, fuori di ogni contesto storico; ed è caduto in una sorta di moderno platonismo. Feuerbach risolve lessere religioso nellessere umano. Ma lessere umano non è unastrazione immanente allindividuo singolo. Nella sua realtà, esso è linsieme dei rapporti sociali. Feuerbach, che non si addentra nella critica di questo essere reale, è perciò costretto: l) a fare astrazione dal corso della storia, a fissare il sentimento religioso per sé e a presupporre un individuo umano astratto, isolato. 2) per lui perciò lessere umano può essere concepito solo come specie, come generalità interna, muta, che unisce in modo puramente naturale la molteplicità degli individui. (Tesi su Feuerbach, VI) Perciò il suo materialismo è ancora rozzo; ancora filosofico e non pratico; ancora astratto e non storico; esso propone, sí, una rivoluzione, ma solo teoretica, una rivoluzione nello spirito, nel pensiero, che, per Marx, non è sufficiente. Lautentica disalienazione delluomo si può attuare soltanto sul piano pratico, rovesciando quelle condizioni materiali che determinano la sua schiavitú e la estraniazione di sé a se stesso che si manifesta anche a livello religioso. Infatti esso vive sempre in una determinata forma di organizzazione sociale; e poiché la vita sociale è essenzialmente pratica, essa non si muta con la teoria, ma con lazione. I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; ora si tratta però di mutarlo. (Tesi su Feuerbach, XI) Ne LIdeologia tedesca, poi, Marx articola piú compiutamente le sue argomentazioni ed approfondisce laspetto idealistico del materialismo di Feuerbach, per concludere: Naturalmente non ci daremo la pena dilluminare i nostri sapienti filosofi sul fatto che la liberazione delluomo non è ancora avanzata di un passo quando essi abbiano risolto la filosofia, la teologia, la sostanza, e tutta limmondizia, nell autocoscienza...; che non è possibile attuare una liberazione reale se non nel mondo reale e con mezzi reali...; che in generale non si possono liberare gli uomini finché essi non sono in grado di procurarsi cibo e bevanda, abitazione e vestiario in qualità e quantità completa. La liberazione è un atto storico, non un atto ideale...; in realtà per il materialista pratico, cioè per il comunista, si tratta di rivoluzionare il mondo esistente, di mettere mano allo stato di cose incontrato e di trasformarlo. (LIdeologia tedesca) 6. La concezione materialistica della storia Nel 1845 Marx, espulso ufficialmente dalla Francia, fu costretto ad abbandonare Parigi e a trasferirsi a Bruxelles. In quellanno stesso poi egli compí, insieme a Engels, un viaggio a Londra, dove incontrò alcuni membri della Lega dei Giusti. Ritornato a Bruxelles, si dedicò, nel corso del 1846, alla formazione di comitati comunisti, che nel suo progetto dovevano trasmettersi notizie sulle loro attività teoriche e indicazioni sulle loro attività pratiche. Ma il biennio 1845-46 fu anche quello in cui Marx compose, in collaborazione con Engels, LIdeologia tedesca, che molti ritengono una svolta nel suo pensiero. Lerrore comune di Hegel e dei suoi seguaci da una parte, e di Feuerbach dallaltra, sta nellaver svuotato luomo storico di tutti i suoi concreti rapporti - sempre storicamente determinati - con la natura e con gli altri uomini; di aver creduto cioè di individuarne la vera natura nella Idea, gli uni, nellessenza, laltro, e di aver dedotto i caratteri delluomo concreto ricavandoli rispettivamente da quella Idea e da quella essenza astratte. Entrambe queste posizioni dunque muovono, come Marx dice, da presupposti arbitrari, da dogmi. Per riportare nei termini della concretezza e della correttezza il discorso sulluomo e sulla storia bisogna allora che questo trovi fondamento nellanalisi dei fatti specifici reali e positivi che individuano la condizione umana effettiva, ossia bisogna partire da presupposti... constatabili per via puramente empirica. Se ci si pone in questa prospettiva, allora un dato primario risulta subito evidente. Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza... Producendo i loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale. (LIdeologia tedesca) Tale produrre - ecco un secondo dato - implica necessariamente un rapportarsi delluomo alla natura e agli altri uomini, che assume forma propria e specifica in ogni epoca dello sviluppo storico, distinta quindi da quella di altre epoche. Inoltre i due rapporti uomo-natura e uomo-uomo sono connessi tra loro, interdipendenti; infatti il modo in cui luomo si adatta alle condizioni geologiche oro-idrografiche climatiche, cioè il modo in cui esso trasforma la realtà naturale per appropriarsene, per trame i mezzi di sussistenza, è condizionato dal modo in cui gli uomini si relazionano tra di loro, vale a dire dal tipo di rapporto di proprietà che essi hanno stabilito, dal tipo di organizzazione dato alla produzione (divisione del lavoro), dallorganizzazione sociale (divisione in classi), ecc; e viceversa, cioè il modo di rapportarsi degli uomini tra di loro determina quello col quale essi agiscono sulla natura. Si tratta, come si vede, di due elementi, di due aspetti connessi, reciproci e interagenti, della condizione umana effettiva: quello economico e quello sociale. Se si prescinde dal considerarne uno, non solo non si comprende laltro, ma si giunge ad una concezione astratta delluomo, della società e della storia. Andando piú in profondità, Marx specifica, anche negli scritti posteriori a LIdeologia tedesca, che la produzione è la risultante della reciproca azione di forze produttive (elemento economico), cioè di macchine, denaro, conoscenze scientifiche, tecniche di produzione, organizzazione del lavoro e, naturalmente, di braccia che lavorano; e di rapporti di produzione (elemento sociale), cioè dei rapporti tra le classi sociali che trovano il punto-cardine nella formalizzazione giuridica del tipo di proprietà, ma che, piú in generale, esprimono lorganizzazione che la società, in una determinata epoca, si è data in corrispondenza e in coerenza col grado di sviluppo delle forze produttive, al fine di favorire lespandersi di quelle forze. Dunque, per Marx, è erroneo considerare la società cioè i rapporti tra gli uomini - indipendentemente dalle condizioni delle forze produttive, cioè dalla sua base economica. Sul fatto che, anzi, la società sia corrispondente e funzionale alle forze produttive, Marx scriveva, proprio nel 1846, in una lettera a P. Annenkov: Sono gli uomini liberi di scegliersi questa o questaltra forma di società? Affatto. Scegliete uno stadio particolare di sviluppo delle forze produttive delluomo ed avrete una forma particolare di commercio e di consumo. Scegliete stadi particolari di sviluppo della produzione e avrete una organizzazione corrispondente della famiglia, degli ordini o classi, in una parola, una società civile corrispondente. Presupponete una società civile particolare e avrete condizioni politiche particolari, che sono soltanto lespressione ufficiale della società civile. (Lettera del 28.12.1846) Linsieme di forze produttive e di rapporti di produzione, dunque, costituiscono per Marx la base reale della società. Linsieme delle teorie giuridiche e politiche, dellattività culturale, delle concezioni morali e delle visioni religiose che caratterizzano una data società nel suo aspetto spirituale e che trovano concretamento nelle sue istituzioni, ne rappresentano le ideologie che variano al variare della base reale, perché sussistono in corrispondenza e in dipendenza da essa. Ma in quale modo varia la base reale? La vita di una società, sostiene Marx, è determinata dal rapporto dialettico tra forze produttive e rapporti di produzione. Essa resterà stabile finché le forze produttive e i rapporti di produzione sono in equilibrio dinamico, riescono ad adeguarsi reciprocamente in modo da essere reciprocamente funzionali. Quando poi lo sviluppo delle forze produttive, determinato dallindustria delluomo, trova un limite invalicabile nei rapporti di produzione, cioè quando questi rapporti non solo non favoriscono piú la crescita di quelle forze, ma ne diventano le catene che frenano il loro naturale espandersi, allora si verifica la rivoluzione della base materiale; a cui, naturalmente, corrisponde, di conseguenza, lo sconvolgimento dellassetto ideologico della società. Questi sono dunque i capisaldi della concezione materialistica della storia, che riproponiamo in questo riassunto che Marx redasse nella Prefazione a Per la critica delleconomia politica, che fu pubblicata parecchi anni dopo LIdeologia tedesca, ma che conserva di questopera gli elementi fondamentali. Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle forze produttive materiali. Linsieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona in generale il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto lespressione giuridica) dentro i quali tali forze per linnanzi serano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra unepoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge piú o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura... Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dar corso, nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. (Prefazione a Per la critica delleconomia politica) 7. Idee dominanti e classi dominanti Quando si parla dunque del materialismo di Marx non bisogna intendere questo termine nel senso che esso ha assunto nella tradizione filosofica, come concezione che, opponendo metafisicamente spirito e materia, ritiene questa come causa esclusiva e principio unico dellesistenza e della trasformazione di tutta la realtà, e che da questo principio fa discendere la negazione della realtà spirituale delluomo e la riduzione delle funzioni spirituali a pure funzioni materiali. Non è questo lorizzonte della riflessione marxiana. Il suo oggetto di discorso non è lastratto principio del reale, ma luomo concreto, nella sua dimensione storico-sociale, studiato sulla base di dati empiricamente rilevabili. Il materialismo di Marx pertanto si definisce come tentativo di spiegare tutta la vita delluomo a partire dalle imprescindibili condizioni della sua esistenza materiale, cioè a partire dal tessuto dei rapporti socio-economici in cui esso necessariamente si trova nellazione per la produzione della sua vita fisica. In tal senso esso nasce piuttosto come radicale antitesi alla pretesa idealistica di spiegare le condizioni concrete delluomo come manifestazioni empiriche dellIdea, e di dedurre i caratteri delle società e delle epoche che si sono succedute nel tempo dalle loro ideologie, cioè dalle rappresentazioni teoriche che gli uomini hanno dato di se stessi, dal concetto di uomo che essi hanno formulato e in base a cui hanno formalizzato i loro rapporti e modellato le loro istituzioni. Non a caso infatti ne LIdeologia tedesca Marx mette a punto, nellambito del discorso sul materialismo storico, quello sul rapporto tra base materiale e ideologie, contrapponendo il suo metodo a quello idealistico. Rispetto a questo, la concezione materialistica della storia rappresenta anzitutto uninversione di tendenza nel procedimento speculativo; essa infatti non discende dal cielo sulla terra - egli dice -, ma sale dalla terra al cielo, cioè non spiega la prassi partendo dallidea, ma restando saldo costantemente sul terreno storico reale, spiega le formazioni delle idee partendo dalla prassi. Poiché non si può pensare alle attività spirituali delluomo come se luomo non avesse corpo, non dovesse provvedere quotidianamente ai bisogni della sua esistenza fisica, non si trovasse, per soddisfare questi bisogni, in relazioni concrete con la natura e con gli altri uomini. Le ideologie, dunque, non hanno una propria autonomia, una propria vita separata, disancorata, indipendente dalla realtà effettiva degli uomini che le producono. Esse, anzi, non sono che le espressioni spirituali delle oggettive condizioni materiali. La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata allattività materiale e alle relazioni materiali degli uomini... Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc. di un popolo. Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti, cosí come sono condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono... Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la loro parvenza di autonomia. (LIdeologia tedesca) Sicché - sottolinea Marx - non è neppure legittimo parlare di né hanno storia della filosofia, o della religione, o del diritto, ecc., perché il succedersi nel tempo delle ideologie filosofiche, religiose, ecc., non avviene in virtú di un loro autonomo e intrinseco processo di sviluppo. Esse, dice testualmente Marx, non hanno storia, non hanno sviluppo; ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. (LIdeologia tedesca) Pertanto è assurdo pensare che esse abbiano il potere di produrre la trasformazione della base reale. Se il produrre la propria vita materiale è il fatto fondamentale che caratterizza la realtà umana, non sono allora i principi giuridici, la forma politica dello stato, le produzioni culturali, le concezioni morali o le rappresentazioni religiose gli elementi che costituiscono luomo in un determinato luogo e in un determinato tempo; non sono essi gli elementi che ne determinano il modo di produrre e quindi i rapporti con la natura e con gli altri uomini; ma, al contrario, sono proprio quel modo di produrre, quegli specifici rapporti uomo-natura e uomo-uomo che determinano i caratteri ideologici di una società. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. (LIdeologia tedesca) Ed è parimenti assurdo pensare che lassetto ideologico di una società possa essere trasformato con la pura critica razionale; tale trasformazione, infatti, può aver luogo solo col rovesciamento della struttura economico-sociale: non la critica, ma la rivoluzione è forza motrice della storia, anche della storia della religione, della filosofia e di ogni altra teoria. (LIdeologia tedesca) continua...
Posted on: Sat, 02 Nov 2013 13:38:05 +0000

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