LA QUESTIONE SIONISTA E IL VICINO ORIENTE Diciamo subito che - TopicsExpress



          

LA QUESTIONE SIONISTA E IL VICINO ORIENTE Diciamo subito che non condividiamo, da un punto di vista di principio e da un punto di vista politico, che si sia voluto giungere all’ONU a una votazione la quale afferma che « il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale». Su questa risoluzione si è realizzata, come si sa, una maggioranza di 70 voti contro 29 contrari e 28 astenuti in sede di commissione sociale: ora la risoluzione dovrebbe passare all’assemblea generale. Il nostro movimento ha sempre considerato la dottrina del sionismo un’ideologia conservatrice e fondamentalmente reazionaria, dannosa agli ebrei in quanto tendente a isolarli nei paesi nei quali vivono e tale da alimentare correnti scioviniste nelle comunità israelitiche. È una dottrina che ha avuto un lungo e travagliato cammino, che è fallita sul piano storico, ed è oggi rifiutata da una parte larghissima degli ebrei in ogni parte del mondo e nello stesso Stato di Israele e vicende di questi decenni hanno fatto si che essa venisse strumentalmente utilizzata dallo imperialismo e determinasse, da parte dei governanti dello Stato d’Israele, spinte aggressive ed espansionistiche: quelle su cui l’ONÙ ha più volte espresso la propria condanna, condanna che andrebbe ora fatta rispettare. L’esistenza dello Stato di Israele è un dato che per noi non è e non deve essere posto in discussione. Ma sull’organizzazione interna di quello Stato, sul suo carattere non laico, sulle discriminazioni che vi permangono non abbiamo mai cessato di appuntare la nostra denuncia e la nostra critica. Tutte queste sono però considerazioni politiche. Trasferire il dibattito, e perfino il voto, sul terreno delle definizioni ideologiche, introdurre il concetto di «razzismo», ci appare errato e infondato. Il problema reale che il mondo e l’ONU hanno di fronte è quello di ottenere da Tel Aviv la restituzione dei territori occupati con la forza, e di assicurare al popolo palestinese il rispetto dei suoi diritti nazionali. È su questi difficili punti che deve esercitarsi ogni possibile azione e pressione, e che deve essere ricercato l’appoggio del più ampio schieramento di Stati. La votazione cui si è voluto dar luogo non è coerente con tali scopi. Essa ha spinto a dissociarsi anche numerosi paesi che pure, in altre occasioni, si erano pronunciati a favore della causa araba e per il ritiro degli israeliani dai territori occupati (tra questi paesi vi è L’Italia, che pur aveva votato, per esempio, perché Arafat el’OLP venissero ascoltati al Palazzo di Vetro). Anche per questo — ma, come si è detto, non solo per questo, bensì anche per ragioni di principio – reputiamo la risoluzione un errore, o pensiamo che la linea adottata andrebbe moditicata prima che si giunga al dibattito in assemblea generale. Premesso questo, è altrettanto chiaro che respingiamo l’ipocrito chiasso sollevato sulla vicenda da chi non spende una sola parola sulle aggressioni israeliane, pur esplicitamente e ripetutamente condannate dalle risoluzioni dell’ONU, da chi è del tutto indifferente e ostile al diritto di autodeterminazione del popolo palestinese, da chi si ostina a chiudere gli occhi sulle effettive condizioni di discriminazione che colpiscono gli arabi i quali vivono nello Stato di Israele o nei territori da esso occupati. L’attacco di costoro all’ONU è spesso l’attacco di difensori della «superiorità della razza bianca» oggi messa in causa dell’emergere di sconfinate schiere di popoli liberatisi dal colonialismo. Quando non è addirittura, esso si, espressione del più vergognoso razzismo (citiamo dal giornale di Montanelli: «I sottosviluppati hanno il diritto di svilupparsi, e noi occidentali abbiamo il dovere di aiutarli a farlo. Ma non abbiamo quello di subire le distorsioni mentali che del sottosviluppo sono una delle tante conseguenze, e di assumerle come norma di condotta»). Sarebbe opportuno che molti di coloro i quali menano scalpore per la risoluzione votata dalla commissione sociale si interrogassero sulle conseguenze drammatiche della mancata applicazione delle decisioni dell’ONU circa il ritiro delle forze di Israele dalle zone invase; e sulle conseguenze drammatiche dei passi indietro che i nove paesi della Comunità europea hanno compiuto rispetto alle loro prese di posizione che parlavano apertamente del riconoscimento dei diritti nazionali del popolo palestinese. Anche i dirigenti dello Stato di Israele e i loro amici dovrebbero utilmente meditare sul fatto che un numero tanto grande di paesi, di così diversa collocazione, tra i quali tutti quelli che si battono contro l’imperialismo e che rappresentano un decisivo punto di riferimento per miliardi di uomini, abbia deciso di appoggiare una risoluzione che è pur sempre di condanna della loro politica; e che altre decine di paesi neutrali e non allineati non se la siano sentita, pur non approvando, di votare contro. Non siamo d’accordo, lo abbiamo detto, che l’ONU sia portato a pronunciarsi e a votare su temi ideologici, e non siamo d’accordo con questa particolare risoluzione. Ma i problemi veri e tragici restano, e non possono essere elusi. …come pure si sono approfondite le linee di azione comuni dei membri della CEE su alcuni temi di discussione all’ONU, primo fra tutti la mozione sul sionismo presentata da un gruppo di paesi del Terzo mondo. Per quanto riguarda la mozione sul sionismo i ministri hanno ribadito l’impegno comune nel respingerla, qualora si giungesse ai voti all’Assemblea generale dell’ONU, ma hanno anche voluto mettere in chiaro che una tale posizione non può in alcun modo essere fraintesa: altrettanto comune e ferma è la posizione dei nove nella condanna di qualunque forma di razzismo che si sia manifestata o si manifesti, quel che si rifiuta è solo l’identificazione l’identificazione pura e semplice del sionismo con il razzismo… Esplosione di polemiche sull’operato dell’Assemblea generale. Waldheim parla di «situazione critica» dopo il voto all’ONU contro il sionismo. L’Assemblea si è divisa in tre tronconi. I paesi della CEE hanno bocciato la risoluzione. Paesi socialisti e Stati arabi l’hanno approvata. Esponenti USA cercano di identificare antisionismo e antisemitismo. Aspro commento del primo ministro israeliano Rabin. NEW YORK, 11. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha ieri approvato a maggioranza una risoluzione con la quale «stabilisce che il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale». La risoluzione è stata approvata con 75 voti, contro 35 e 32 astensioni. Il voto ha suscitato violentissime polemiche, come era accaduto poche settimane or sono quando il documento era stato approvato in sede di commissione sociale. Il documento elenca precedenti enunciazioni dell’Assemblea generale e di altri consessi internazionali. Cita la risoluzione n. 1904 del 20 novembre 1963 che affermò che «ogni dottrina di differenziazione o superiorità razziale è scientificamente falsa, moralmente condannabile e socialmente pericolosa», ricorda che la risoluzione 3151 del 14 settembre 1973 condannò «la sacrilega alleanza fra razzismo sudafricano e sionismo», richiama il principio adottato nella dichiarazione di Citta del Messico dalla Conferenza mondiale dell’anno internazionale della donna, principio secondo cui «la cooperazione internazionale e la pace richiedono il raggiungimento della liberazione e dell’indipendenza nazionale, l’eliminazione del colonialismo e neocolonialismo, dell’occupazione straniera del sionismo, dell’apartheid e della discriminazione razziale in tutte le sue forme, come pure il riconoscimento della dignità dei popoli e il loro diritto all’autodeterminazione», richiama le risoluzioni dei capi di Stato e di governo dell’OUA e della conferenza dei non allineati per concludere, infine, come si è detto, che l’Assemblea generale dell’ONU «stabilisce che il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale». Fra i 75 voti a favore della risoluzione ci sono quelli dei paesi socialisti (Albania, Cina e Jugoslavia compresi, ma esclusa la Romania che non ha votato), del paesi arabi e della maggioranza del paesi non allineati. I paesi della CEE hanno votato contro. Immediate e violentissime, come si è detto, le reazioni suscitate dal voto. Esponenti americani, compreso Ford (che ha ricevuto una delegazione di parlamentari israeliani), hanno condannato l’atto dell’Assemblea dell’ONU. Molti senatori hanno cercato di forzare i termini del voto presentando la risoluzione come un documento di antisemitismo, mentre il Senato USA ha condannato per alzata di mano l’operato dell’Assemblea che, esso afferma, incoraggia l’antisemitismo e la discriminazione razziale e ha chiesto che sia «rivista l’ulteriore partecipazione» degli USA al lavori dell’Assemblea. Da parte sua il Dipartimento di Stato ha annunciato, come «prima risposta», che gli USA «non parteciperanno in alcun modo» al decennio d’azione contro il razzismo, promosso dall’ONU, e «studieranno con cura possibili altre risposte». Il segretario generale dell’ONU Waldheim, in una rarissima reazione ad una decisione dell’Assemblea generale, ha dichiarato dopo l’adozione della risoluzione che assimila il sionismo al razzismo che l’ONU «si trova ancora una volta in una situazione critica della sua storia». Waldheim ha aggiunto «Sono profondamente consapevole della gravità di questa situazione che riflette una divisione profonda e amara tra gli Stati membri dell’Assemblea in un momento in cui la cooperazione su molti problemi estremamente importanti di è più necessaria che mai». Dopo aver ricordato agli Stati membri «quanto l’ONU possa perdere con la discordia e il confronto». Il segretario generale ha aggiunto: «I problemi discussi hanno suscitato dibattiti appassionati da tutte le parti. Il fatto è che questi ultimi non cesseranno e che le divisioni non saranno superate prima che siano stati realizzati progressi urgenti nella ricerca di una soluzione soddisfacente della questione del del Medio Oriente, sotto tutti i suoi aspetti. È indispensabile — ha concluso Waldheim — che noi conserviamo questo obiettivo fondamentale, e lo abbiamo sempre ben presente agli occhi». TEL AVIV, 11. Il premier israeliano, parlando dinanzi al Parlamento, ha detto che il suo governo «respinge in maniera totale e categorica» le tre risoluzioni votate dall’ONU e non parteciperà a nessuna trattativa cui sia presente l’OLP. Rabin ha definito le risoluzioni «politicamente sterili», quanto a quella sul sionismo, egli ha sostenuto che il documento «mira a cancellare le basi ideologiche, morali e giuridiche dello Stato di Israele e a «negarne il diritto alla esistenza». Il 21 ottobre scorso, commentando la risoluzione con la quale la commissione sociale dell’ONU condannava il sionismo come «una forma di razzismo», esprimemmo il nostro dissenso e ne motivammo le ragioni, di principio e politiche. Le ricordiamo qui brevemente, ora che quella risoluzione è stata fatta propria, all’ONU. dalla maggioranza dell’Assemblea generale. La dottrina del sionismo è, a giudizio del nostro movimento, un’ideologia conservatrice e reazionaria, strumentalmente utilizzata dall’imperialismo, e tale da generare spinte aggressive, espansionistiche e discriminatorie da parte dei dirigenti dello Stato di Israele. Ma noi riteniamo che sia errato e infondato trasferire sul terreno dell’ideologia una lotta, come quella diretta a ottenere la restituzione dei territori invasi da Tel Aviv e il rispetto dei diritti nazionali del popolo palestinese, che va condotta, se vuole avere successo, sul piano politico e nello sforzo costante di guadagnare consensi e appoggi allo schieramento che la conduce. Questo sia per ragioni di principio, giacché giacché non accettiamo l’equiparazione del sionismo col razzismo: sia perché consideriamo questa sollecitazione di un voto «ideologico» da parte dell’ONU nociva alla stessa causa araba, la quale così non guadagna ma perde alleati proprio in quei paesi dell’Europa occidentale da cui può venire un contributo positivo al raggiungimento di un giusto assetto di pace nel Medio Oriente. Naturalmente, come già allora, fermo è anche il nostro atteggiamento di dissociazione dallo strepito propagandistico anti-arabo che viene alimentato da governi e circoli politici occidentali. I dirigenti dello Stato di Israele e i loro sostenitori hanno ora una occasione di più per riflettere seriamente sul fatto che tanti paesi abbiano appoggiato — o non si siano sentiti di respingere — una risoluzione che suona pur sempre condanna alla politica di conquista, di aggressione, di discriminazione. È un nuovo richiamo alla realtà e alla tragicità dei problemi che restano irrisolti in quella vicina regione del mondo. E come tale va meditato. Un gruppo di intellettuali ha chiesto al presidente del Consiglio che il governo italiano si adoperi perché le Nazioni Unite revochino la risoluzione che identifica il sionismo col razzismo. La richiesta, che è stata inviata anche ai presidenti del Senato e della Camera è firmata, tra gli altri, dai professori Aloisi, Amaldi, Avveduto, Carlo Bo, Bobbio, Calogero, Cagliotti, Carnacini, Faedo, Ferrarotti, Firpo, Montalenti, Montale, premio Nobel per la letteratura, Natta, premio Nobel per la chimica, Silone e dallo storico Valiani. (tratto da un vecchio articolo dellUnità)
Posted on: Sun, 10 Nov 2013 19:52:15 +0000

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