La Lettera Tommaso adorava il suono di quella parola e quando - TopicsExpress



          

La Lettera Tommaso adorava il suono di quella parola e quando rimaneva da solo la ripeteva continuamente ad alta voce come se fosse un antico mantra. Gli bastava pronunciarla un paio di volte per avvertire un’eccitante scossa elettrica diramarsi lungo la schiena e concentrarsi con la massima intensità nella regione occipitale. Suicidio, per lui, era molto di più di una semplice parola e la vibrante energia che sprigionava riempiva tutti gli interstizi dell’anima, colmando ogni vuoto esistenziale. A Tommaso piaceva anche indugiare nella ricerca di nuove e più affascinanti definizioni: uccisione di se stesso, togliersi volontariamente la vita o provocare a se stesso la morte erano solo alcune delle tante possibili varianti. La cosa che rendeva quell’atto, tanto condannato dalla religione, così attraente ai suoi occhi, era che alla fine uccidersi rappresentava l’unica forma di libertà concessa all’uomo. La vita di ognuno è fin dalla nascita condizionata dagli altri: diciamo quello che gli altri vogliono sentire, indossiamo abiti che gli altri giudicano belli e facciamo quello che gli altri ritengono sia giusto. Durante la nostra esistenza gli altri vengono sempre prima di noi, finché un bel giorno si presenta la grande mietitrice e ci prede per portarci chissà dove. Nascita e morte sono nelle mani del caso, la vita invece, in quelle più dure delle regole degli altri. Solo con il suicidio si può uscire da questa duplice dittatura. Il caso viene annientato con la volontà di interrompere la propria vita quando lo si decide e le regole degli altri vengono completamente sovvertite, perché se c’è una cosa che gli altri non tollerano è che ci sia qualcuno capace di rinunciare a tutto quello che loro ritengono così importante da attaccarcisi a tutti i costi. Una delle regole stabilite dagli altri , per non sentire l’eco del nulla dentro di loro, è che ognuno continui ad inseguire tutte quelle false vittorie imbellettate. Fatica e dolore sono i binari su cui viaggia il treno della vita e scendere prima della fermata designata significa innestare nella mente dei passeggeri il dubbio sul reale valore di quel viaggio senza meta. Era arrivato a quelle conclusioni da molto tempo ma ancora non si era deciso a compiere quell’atto estremo di libertà. A farlo rimandare non era stata certo l’indecisione su come suicidarsi: per lui non c’era nessuna differenza tra il gas o il cappio ed avrebbe scelto al momento, così come si fa al supermercato dove entri per comprare il deodorante e poi finisci per comprare un libro in offerta. Il suo indugiare era dovuto alla sua raffinata concezione estetica. Aveva passato ogni momento della sua vita inseguendo il sogno di diventare un poeta famoso e riteneva che la lettera, con la quale avrebbe spiegato ai suoi cari i motivi di quel gesto, essendo l’ultima cosa che avrebbe scritto, doveva essere anche la più bella. Sull’altare della poesia Tommaso aveva sacrificato tutto, una facile carriera universitaria e l’amore della donna amata. Ora, a quarantacinque anni, si ritrovava da solo e senza un lavoro fisso, ed era grazie alla generosità di un piccolo gruppo di suoi estimatori se ancora non era finito a vivere in strada come un barbone. Ma, nonostante tutto, non rimpiangeva quella scelta e gli bastava rileggere qualche verso delle sue poesie più belle per sentirsi orgoglioso. Poi, come conseguenza di quella scelta, aveva condotto una vita che lo aveva posto al di sopra degli altri e per lui non esisteva una ricchezza maggiore di quella. Da anni, però, non scriveva più una poesia, aveva lasciato la sua grande passione prima che fosse questa ad abbandonarlo, così come ormai avevano fatto quasi tutti. Tommaso si riteneva un’opera incompiuta, una scultura appena abbozzata, ed era per questo che prima di suicidarsi voleva lasciare qualcosa di scritto che gli potesse dare un’identità. Ogni mattina, dopo aver sorseggiato un bicchiere di latte, si metteva subito a scrivere la fatidica lettera, passando tutto il giorno a modificarla e correggerla. Alla fine insoddisfatto e stremato andava a dormire, lasciando che tutti gli appunti decantassero durante la notte come un pregiato vino dentro la botte. La mattina dopo, però, nulla di quello che aveva scritto gli piaceva e, messi tutti i fogli in un cassetto della scrivania, riprendeva daccapo. Col tempo le bozze della lettera erano così numerose da non entrare più nei cassetti e Tommaso le trasferì in un vecchio baule. Erano passati tre anni da quando aveva deciso di suicidarsi ma ancora non era riuscito a scrivere la sua lettera d’addio. Tommaso si sentiva ogni giorno più vicino a riuscirci ma alla fine c’era sempre qualcosa che non andava, una parola che non si incastrava bene con le altre o una frase che non esprimeva completamente il suo stato d’animo. La lettera perfetta, così come l’agognato successo, non arrivò mai e Tommaso continuò per molti anni a scrivere ed a vivere, soggiogato anche lui come gli altri, da quella regola che tanto detestava e che ingenuamente pensava di aver sconfitto. Saul Ferrara Racconto tratto dalla raccolta “I sogni dell’Ombra”
Posted on: Sun, 28 Jul 2013 08:42:17 +0000

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