“La lotta non è per noi, non per i nostri bisogni personali. - TopicsExpress



          

“La lotta non è per noi, non per i nostri bisogni personali. E’ per ogni animale che ha sempre sofferto ed è morto nei laboratori di vivisezione e per ogni animale che soffrità e morirà in quegli stessi laboratori, a meno che noi non faremo cessare ora questo sporco business. Le anime degli animali torturati gridano per la giustizia, le loro urla da vivi sono per la libertà. Noi possiamo creare quella giustizia e dargli quella libertà. Gli animali non hanno nessuno tranne noi, non possiamo abbandonarli” Queste parole appartengono a Barry Horne, attivista per la liberazione ed i diritti degli animali, morto dieci anni fa, il 5 novembre 2001, al Ronkswood Hospital, a Worcester, Gran Bretagna, a causa di complicazioni al fegato dopo l’ennesimo sciopero della fame indetto per protestare contro il governo inglese che aveva promesso di fare un’indagine pubblica sulla sperimentazione animale. Ci sono tantissimi siti che parlano di lui, quindi non starò a scrivere tutta la sua storia nei particolari, i suoi numorosi successi, l’ingiustizia della dura condanna dopo l’arresto nonostante non abbia mai - MAI - ferito, né inteso ferire alcun essere umano durante le sue azioni. Certo, era un attivista, uno che non si limitava a provare pena e a versare qualche lacrima per tutti i miliardi di animali che muoiono ogni anno a causa dell’uomo, ma che agiva, consapevole del fatto che “se non si agisce si giustifica, se non si combatte non si vince e se non si vince si è responsabili delle morti e delle sofferenze che continuano a ripetersi all’infinito”. Io vi faccio questa semplice domanda: se qualcuno dei vostri familiari, un figlio, un genitore, un fratello, venisse catturato, chiuso dentro una gabbia, torturato, ucciso, e voi aveste la possibilità di rompere quelle sbarre e di liberarlo, pur sapendo di violare la proprietà privata della struttura in cui è rinchiuso e di danneggiare quegli stessi strumenti che sono sono serviti a torturarlo, lo fareste? Sareste per questo dei terroristi, solo perché avete distrutto delle prigioni e liberato degli esseri innocenti? Se aveste avuto la possibilità di entrare nei lager nazisti, di tagliare quel filo spinato che era un affronto alla libertà di tanti esseri viventi, e se aveste avuto la possibilità di distruggere le camere a gas e tutti gli edifici ove il dolore e la sofferenza si consumavano ogni secondo, lo avreste fatto? Barry Horne non ha fatto nulla di più e nulla di peggio. Ha liberato moltissimi cani beagle ed altri animali destinati ai laboratori di vivisezione, danneggiato fabbriche in cui venivano prodotte pellicce, organizzato presidi di fronte a questi lager per raccogliere firme e sensibilizzare l’opinione pubblica ed ha ottenuto moltissimi successi, riuscendo di fatto a far chiudere molti reparti di pellicce dei grandi magazzini. Ha tentato persino la liberazione di un delfino confinato da moltissimi anni dentro una piscina in cui a malapena riusciva a compiere un giro, purtroppo non riuscendo a portare a termine l’azione. Le sue azioni, e ci tengo a ribadirlo, sono sempre state dirette contro strutture e MAI contro esseri viventi. Contro strutture di prigionia causa di sofferenza di tantissimi animali. Ha combattuto per restituire la libertà, per far cessare il dolore, si è schierato a fianco degli sfruttati e delle vittime del mondo; sin da giovanissimo si è sempre distinto per il suo impegno contro ogni forma di abuso e potere, tanto rivolto alle persone quanto agli animali, tanto che prima di dedicarsi a tempo pieno alla causa animalista si era anche impegnato nelle lotte antifasciste e di supporto alla causa dell’Irlanda del Nord; perché l’ingiustizia, sebbene sia declinabile in migliaia di forme, ha un’origine comune; perché in qualsiasi paese si vada, il dolore delle vittime e l’arroganza degli aguzzini hanno la medesima radice. Si è messo contro un sistema forte, prepotente, invasivo; si è messo contro il sistema dominante del business legato allo sfruttamento degli animali. E per questo ha pagato. Ha pagato perchè non si è fatto mettere paura, ha pagato perché non si è fatto piegare, ha pagato per il suo coraggio e coerenza di mettere in atto quanto andava professando a parole, nel tentativo di rendere il mondo un posto migliore in cui vivere. E noi ora dovremmo fare tesoro delle sue battaglie e fare in modo che la sua morte prematura abbia avuto un senso: continuare a combattere - grazie agli sforzi congiunti di pensiero ed azione - l’arroganza, la mostruosità del potere economico e della cultura dominante che considerano gli animali come semplici oggetti e che dispensano loro dolori e sofferenze inauditi. La liberazione degli animali, come ho già avuto modo di scrivere, comincia qui, ora, anche attraverso le nostre piccole - grandi - ordinarie scelte. E’ sbagliato però fare di Barry Horne un eroe; e non perché non lo sia effettivamente stato, bensì perché, così facendo, è come se volessimo porre una distanza tra lui e noi, adducendo implicitamente il pretesto che certe battaglie spettino solo a persone dotate di una natura eccezionale. Ogni volta che chiamiamo qualcuno “eroe”, è come se ci lavassimo le mani di tutte le battaglie che siamo tenuti a compiere in difesa dei più deboli implicitamente asserendo ed ammettendo che “lui sì, perché era un eroe”, “noi no, perché siamo comuni mortali”. Ebbene, Barry Horne era una persona umilissima e semplice, e se si è comportato da eroe non è perché è nato tale, bensì perché ha scelto di agire senza stare ad aspettare che qualcun altro lo facesse al posto suo. Barry Horne era uno di noi, gli animali che ha salvato erano esseri viventi come noi, noi possiamo scegliere se restare a guardare questo immane scempio che è lo sfruttamento degli animali oppure, al contrario, darci da fare. Il destino è quello che costruiamo attraverso le nostre scelte. Il nostro, quello dei nostri simili - umani ed animali (e ricordatevi che chi sfrutta gli animali, solo perché esseri deboli, indifesi e considerati, a torto, inferiori e perché, sulla base di questa debolezza, natura indifesa e pretesa di inferiorità sente di poterlo fare, è uno che, adottando i medesimi parametri, potrebbe sfruttare qualsiasi altro essere indifeso e debole o considerato inferiore: lo specismo è infatti la base del razzismo e di tante altre discriminazioni) - e del mondo che ci ospita. E le scelte implicano sempre l’azione - fosse anche quella, semplicissima, del rifiuto di mettere nel carrello una bistecca o di indossare una pelliccia. “To be or not to be?”, si domandava Amleto? Giungendo alla conclusione che è solo attraverso l’azione che si può pienamente essere. In memoria di Barry Horne (1952 - 2001).
Posted on: Thu, 17 Oct 2013 01:10:58 +0000

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