La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo - TopicsExpress



          

La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo (1958-2008)L’articolo di Fernand Braudel dedicato alla lunga durata appare nelle «Annales E.S.C.» del 19581. Braudel aveva ap- pena ottenuto, dopo al morte di Lucien Febvre (settembre 1956), sia la presidenza della VI sezione dell’Ecole Pratique des Hautes Etudes (di cui era stato il segretario dalla sua creazione nel 1948, così come il fondatore e il direttore del Centre de Recherches Historiques), sia la direzione delle «Annales». Nato nel 1902, Braudel sa che, salvo incidenti, ha davanti a sé una quindicina d’anni per imporre il suo marchio. Si è preparato per questo e ha scelto di dare all’ar- ticolo la forma di un discorso programma. La sua intenzione non è soltanto scientifica. Si tratta di fissare gli orientamenti che propone non solo per la disciplina storica, ma, anco- ra di più, per l’insieme delle scienze umane e sociali, nel quadro di un loro riavvicinamento che rappresenta ai suoi occhi una priorità sia intellettuale che strategica. Fedele alla sua abitudine di non essere mai prigioniero delle parole che adopera, per designare tali orientamenti esita tra due espres- sioni: «scienze sociali» (nel titolo) e «scienze dell’uomo» (di cui constata, sin dalla prima linea, la «crisi generale» e che darà il nome alla nuova istituzione che si prepara a creare, la Maison des Sciences de l’Homme). La prima delle due de- nominazioni prevarrà sulla seconda soltanto nel 1975, in oc- casione della trasformazione della sesta sezione della EPHE in EHESS (Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales), ma essa resterà ancora in concorrenza con quella di «scienze dell’uomo e della società», scelta dal CNRS, che coesiste fino ad oggi con quella di «scienze umane e sociali», più sempli- ce da tradurre in inglese. Ma l’essenziale, nel 1958, si trova altrove: nel fatto che la lunga durata è per lui la carta princi- 1 F. Braudel, Histoire et sciences sociales. La longue durée, «Annales E.S.C.» XIII, 4, 1958, pp. 725-753.12 Maurice Aymard pale – e di fatto la sola – che gli permette di rivendicare per la storia, accanto alle matematiche, un ruolo di catalizzatore delle scienze dell’uomo. Ai suoi occhi, esse soffrono tutte di un difetto più grande: quello di concentrare la loro attenzio- ne sul presente e di non prendere in considerazione le realtà e le dinamiche del passato, che egli ritiene indispensabili per capire il presente. L’articolo è stato letto, citato e tradotto in numerose lin- gue, ma la sua ricezione ha privilegiato ciò che riguardava la storia e ha spesso lasciato in secondo piano ciò che riguarda- va le altre scienze dell’uomo. Le ragioni di questo divario tra le intenzioni dell’autore e la ricezione da parte dei suoi letto- ri meriterebbero senza dubbio di essere precisate. Mi sembra che due ragioni abbiano pesato in modo determinante. La prima: l’alleanza proposta tra storia e scienze sociali si po- neva in numerosi paesi in termini diversi, in particolare in tutti quei paesi in cui la storia era raggruppata dagli stessi storici tra le Humanities (Stati Uniti) o le Geistwissenschaf- ten (Germania). La seconda ne è complementare: è la storia che, negli anni ’60, ha costituito l’ala in movimento dell’in- fluenza delle «Annales» all’estero e che ha portato, una parte almeno degli storici, ad aderire all’identificazione della loro disciplina con le scienze sociali. Questa adesione ha luogo negli Stati Uniti intorno al 1968, successivamente negli altri paesi, ma avviene anche nel momento in cui, nella stessa Francia, l’antropologia prende il posto dell’economia come principale interlocuto- re degli storici e, in una certa misura, come loro modello. Ora, l’articolo del 1958 mirava di fatto su diversi fronti. Da una parte, affermava la rottura tra la storia e la concezione evenemenziale con cui essa si era a lungo identificata e dava ragione, retrospettivamente, a Simiand, la cui critica alla Méthode historique et science sociale di Langlois e Seignobos, La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo (1958-2008) 13 pubblicata nel 1903 sulla «Revue de Synthèse Historique», sarà significativamente ristampata da Braudel nelle «Anna- les» del 1960. D’altra parte, cercava di identificare i punti e i contatti possibili tra i settori più avanzati della ricerca nelle altre discipline. Ma mirava anche, su un altro piano, a espli- citare ciò che separava le ambizioni della storia dagli obiet- tivi che Claude Lévi-Strauss aveva fissato per l’antropologia: cosa che lo portava a sottolineare una doppia opposizione. Quella tra la ricerca di regole semplici e generali, ma valide per società di limitate dimensioni, e i passaggi incessanti tra modelli e realtà sociali la cui complessità appare inesauribi- le e continuamente riproposta allo storico delle società più vicine a noi. E quella tra la lunga durata degli storici – un tempo «quasi immobile, lento a scorrere» – e il «tempo im- mobile» dell’antropologia strutturale, che si sarebbe accon- tentata di lasciare alla storia solo le briciole dell’evento. Ogni successo ha la sua controparte. Per un testo, due sono le più comuni. Da un lato, esso è chiamato a circo- lare sempre più al di fuori del suo contesto, a essere letto con occhi diversi in funzione di altri dibattiti, sia per essere rivendicato come un modello da seguire, sia per essere cri- ticato o confutato: basta pensare alla famosa formula attri- buita a Keynes «in the long run we are all dead», che è stata utilizzata da molti storici per rifiutare una storia sospettata di mettere tra parentesi le decisioni, i modi di pensare e di sentire, le traiettorie individuali e collettive, le emozioni e le passioni degli uomini concreti, e per rivendicare per la storia il tempo della vita contro quello della morte. Dall’altro – e il prezzo da pagare è ancora più pesante –, il titolo del testo finisce per bastare a se stesso, per circolare da solo e per dare a coloro che lo citano l’illusione di poter fare a meno di leg- gere il testo: la pratica del name-dropping non vale soltanto per gli autori, ma anche, come sappiamo, per le parole alla14 Maurice Aymard moda. L’impatto internazionale dell’articolo di Braudel nel corso degli ultimi cinquant’anni lo ha particolarmente espo- sto a questo doppio rischio. Esso è diventato un riferimento obbligato. Ma ha, di conseguenza, conservato una influenza reale sugli orientamenti recenti della ricerca sia in storia che nelle altre scienze sociali? In altri termini, rimane di attualità oppure è diventato un testo tra gli altri, storicamente datato, il cui impatto potrebbe essere seguito e misurato, ma in fon- do superato, perché ha lasciato il posto ad altre proposizioni metodologiche o teoriche dotate di una reale capacità euri- stica e che hanno spostato il dibattito su altri terreni? Tenterò di rispondere nell’ordine a queste domande. Dunque, in primo luogo, occorre rileggere il testo stesso, nella sua totalità e nella sua complessità, per restituirlo al suo contesto. Poi bisogna studiarne le forme e le modalità di ricezione, talvolta consapevoli ed esplicite, talvolta silenziose ed anche involontarie, ma ugualmente reali: o, se si preferi- sce, seguirne e misurarne l’influenza e la posterità. E, infi- ne, terza tappa, è necessario interrogarsi sulla sua attualità. Il testo tradisce la sua data – 1958 – e deve essere letto per quello che è, ovvero un programma proposto da un uomo che, circondato dall’aura che gli era derivata dieci anni pri- ma dalla sua Méditerrannée, ha appena avuto accesso alle re- sponsabilità universitarie, a cui si è preparato in vari anni2, e che è ben deciso a non perdere l’opportunità che gli viene offerta, nel contesto francese e internazionale dell’epoca, 2 Cfr. G. Gemelli, Fernand Braudel e l’Europa universale, Marsilio, Venezia 1990, che sottolinea le tappe principali di questa preparazione dalla creazione del Centre de Recherches Historiques della VIe Section che Braudel dirige, fino al viaggio negli Stati Uniti dell’autunno 1955 organizzato in questa prospettiva da Clemens Heller insieme a Edward D’Arms, uno dei responsabili della Fondazione Rockfeller, al suo contributo alla redazione del IV Plan e ai diversi articoli che pubblica precisamente in questi stessi anni e che sono raggruppati nel primo volume dei suoi Ecrits sur l’Histoire, pubblicati undici anni più tardi, nel 1969 (Flammarion, Paris). La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo (1958-2008) 15 della doppia direzione. Da una parte, quella delle «Annales», fondate nel 1929, dirette – dopo la morte di Marc Bloch – con fermezza da Lucien Febvre dal 1944 al 1956, e che sono riuscite a imporsi come una rivista di lotta, impegnata in una revisione drastica e una modernizzazione dei modi di fare, di concepire e di scrivere la storia. Dall’altra, quella del- la sesta sezione della EPHE, una istituzione completamente nuova, creata esattamente dieci anni prima e allora in piena espansione rispetto all’università tradizionale. Un’istituzione che incarna la necessità di insegnare non soltanto i saperi acquisiti, che sarebbero solo da trasmettere, ma le stesse ri- cerche in corso. Un’istituzione infine capace di attrarre, per i numerosi posti messi a disposizione, maestri ormai con- fermati e che già disponevano di una posizione accademica prestigiosa in una Facoltà o al Collège de France, così come ricercatori che l’Università aveva mantenuto fin a quel mo- mento ai margini, o che non poteva reclutare perché stra- nieri, e che si stavano imponendo come i migliori della loro generazione: così un Jean Meuvret in Francia, bibliotecario all’Ecole Normale, o un Etienne Balazs, sinologo di primo piano di origine ungherese, che aveva trovato rifugio alla fine degli anni ’30 in una fattoria del Sudovest e la cui posizione ufficiale era quella di lavoratore agricolo. O ancora esclu- si o dissidenti tanto dell’Est come dell’Ovest, numerosi nel clima della guerra fredda – un Daniel Thorner, un Ignacy Sachs o un Georges Haupt. Infine, e soprattutto, giovani, che arrivavano alla trentina alla metà degli anni ’50 (Jacques Le Goff, François Furet o Emmanuel Le Roy Ladurie) e che erano all’inizio della loro opera, ma sui quali bisognava avere l’audacia di scommettere. Questa istituzione, che porta il nome di «Section des sciences économiques et sociales», presenta il paradosso al- meno apparente di essere stata fondata da storici – Lucien16 Maurice Aymard La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo (1958-2008) 17 Febvre, Fernand Braudel, Charles Morazé – e di essere stata Claude Lévi-Strauss hanno incontrato sulla loro strada e di diretta dalla sua creazione e per più di 25 anni ancora (fino cui hanno saputo, loro, mobilitare le risorse per «superare il al 1985, poi di nuovo dal 1995 a 2004) da storici. L’intui- valico delle scienze esatte» o, in altri termini, per riuscire nel zione di Braudel è di aver capito che questa posizione, per passaggio dall’osservazione, dalla descrizione e dalla classifi- essere accettata e mantenuta dalle altre discipline, deve esse- cazione – sempre necessarie, ma insufficienti in se stesse – re giustificata da un programma che dovrà rispondere a tre all’elaborazione di regole sufficientemente generali, valide al obiettivi. limite in tutti i tempi e in tutti i luoghi, in tutte o quasi tutte In un primo momento, sarà necessario mostrare non la le società. La storia, come Braudel ripete loro, ha preso nota superiorità intrinseca della storia, che non è per nulla acqui- delle loro scoperte e si è messa a sua volta sulla stessa strada. sita, ma la sua capacità proprio nel momento in cui essa è, Essa è pronta a giocare con loro, senza reticenze, il gioco del- senza dubbio, tra le scienze dell’uomo quella meno costituita le matematiche, ma senza per questo rinunciare all’inesau- scientificamente e quella che non cessa di attingere alle altre ribile complessità delle realtà sociali. Essa non saprebbe, in scienze (economia, geografia, scienze politiche, demografia, effetti (e Braudel ci tiene ad affermare la sua differenza e un ecc.), offrendo in cambio ciò che manca a tutte: un inseri- altro livello di ambizione, attraverso l’opposizione tra due mento nel passato delle società che esse studiano essenzial- pratiche, una riduttrice, l’altra globalizzante), accontentar- mente nel presente (anche l’antropologia e l’etnologia, il cui si di un approccio esclusivamente microsociale, il quale, al bersaglio principale era, con le società dette «primitive», il proposito di gruppi troppo ristretti di individui, limiterebbe presente come testimonianza ancora viva di un passato e di la sua ambizione a stabilire regole la cui validità sarebbe in una «origine» dell’uomo e, specialmente, dell’uomo che vive seguito estesa all’insieme. in società). La storia, difende Braudel, è lì, a loro disposizio- Riguardo al dialogo che questo articolo, presentato come ne, per offrire loro le chiavi d’accesso a ciò di cui mancano e un appello alla discussione, vuole stabilire con le altre scienze di cui hanno, come ricorda, un bisogno assoluto: senza il suo sociali, Braudel può quindi presentare tre piste che dovreb- aiuto, esse sono condannate al fallimento. bero permettere loro di intendersi: quella delle matematiche, Ma gli sarà inoltre necessario, in un secondo momento, certamente, ma anche quella dello spazio e quella del tempo. mostrare che gli storici sono anch’essi interessati alle que- Da un lato, dunque, la geografia o, se si preferisce, l’eco- stioni più nuove che mobilitano le scienze sociali. Le dimen- logia (quarant’anni prima che il termine venisse ripreso da sioni inconsapevoli della vita degli uomini e delle società, le Peregrine Horden e Nicholas Purcell)4 in nome del principio strutture, i modelli e, ancora di più, le matematiche sociali, della «riduzione necessaria di ogni realtà sociale allo spazio statistiche o qualitative: matematiche che, con anticipo su- gli storici, gli economisti3, i linguisti e gli antropologi come 3 Ciò che non impedisce a Braudel di rimproverare a costoro (p. 736), di restare trop- 4 P. Horden e N. Purcell, The Corrupting Sea. A Study on Mediterranean History, po spesso «prigionieri dell’attualità più corta [...], incastrati in questa restrizione tem- Blackwell, Oxford 2000. porale». Un giudizio di cui Witold Kula si difenderà, mettendo in evidenza tutto ciò che le due discipline hanno da imparare l’una dall’altra: cfr. W. Kula, Histoire et économie: la longue durée, «Annales E.S.C.» XV, 2, 1960, pp. 294-313.18 Maurice Aymard che occupa». Dall’altro, la lunga durata, che non è soltanto, insiste Braudel, che «una delle possibilità di un linguaggio comune in vista di un confronto tra le scienze sociali» e che rappresenta l’apporto proprio della storia; o, piuttosto, di una storia nuova che avrebbe superato la lusinga dell’atten- zione esclusiva sull’avvenimento e sull’individuale. Questa lunga durata è sempre relativa ad altre, sia più lunghe, sia al contrario più brevi. Essa si identifica, nella sua estensione più ampia, con quella delle società e civiltà umane, ma ne ingloba altre, più brevi, anche se ciascuna di queste durate riprende su di sé una parte dell’eredità di quelle che l’hanno preceduta – quelle delle economie, delle religioni o delle cul- ture. Ma essa stessa è inglobata in altre durate, infinitamen- te più lunghe, che sono iniziate ben prima dell’apparizione delle prime società e anche dei primi uomini: così quelle della terra o del clima, con le quali l’uomo ha dovuto venire a patti per poter elaborare le sue proprie risposte, o ancora quelle delle specie animali e vegetali, tra le quali ha imparato a fare le sue scelte, addomesticando e adattandone alcune ai suoi bisogni, cacciandone al contrario altre fino a eliminarle, poiché giudicate nocive o pericolose. Rivolto al presente e al futuro, per il quale Braudel defi- nisce una strategia intellettuale di cooperazione tra discipli- ne in vista della conquista di una posizione dominante nel campo delle scienze sociali e umane con un centro occupato dalla storia, un tale programma è anche per lui il punto di arrivo del suo percorso personale, della maturazione del suo pensiero e, evidentemente, della sua visione dello spazio e del tempo, tra Algeria, Francia, Brasile e Germania: questo percorso l’ha condotto da una ricerca inizialmente centrata su Filippo II e il Mediterraneo, ovvero su uno studio che avrebbe potuto essere tradizionale o classico al proposito della politica estera di una grande potenza dell’epoca in una La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo (1958-2008) 19 delle direzioni della sua espansione, a un libro il cui perso- naggio centrale è diventato il Mediterraneo stesso5. Questo percorso l’ha ugualmente condotto a costruire il suo libro attorno a tre temporalità differenti, corrispondenti a tre li- velli di lettura della realtà sociale e umana. Quella degli av- venimenti, che è quella del vissuto degli uomini, ma anche quella che essi hanno registrato, almeno in parte, nelle fonti scritte che ci hanno lasciato. Quella dei movimenti di insie- me delle società, dell’economia, della politica, della guerra, che scandiscono la durata di un lungo Cinquecento. E infi- ne la lunga durata che Braudel intitola, nella Méditerranée, «l’ambiente» e che organizza intorno alle due discipline che erano, nel momento in cui scrive il suo libro, le uniche ad avere messo il tempo al centro delle loro analisi: la geografia umana e l’etnografia. Una tappa intermedia di questa riflessione ci è oggi for- nita dalla recente pubblicazione, con il titolo di «La storia, misura del mondo»6, della parte conservata delle note alle conferenze che Braudel aveva pronunciato durante i suoi cinque anni di prigionia in Germania, inizialmente nel cam- po di Mayence (1941-42), poi in quello di Lubecca (1943- 44), note che sono state riscritte da due dei suoi uditori su un piccolo quaderno con il timbro dei loro Oflag e che sono state da lui corrette. Questo testo, che si può leggere oggi come l’abbozzo di un libro che non sarà mai terminato né pubblicato, ci permette di disporre di un’altra base di lavoro, precedente al suo libro sul Mediterraneo (discusso come tesi nel 1947, ma pubblicato soltanto nel 1949) e contempora- 5 F. Braudel, La Méditerranée et le monde méditerranéen à l’ époque de Philippe II, A. Colin, Paris 1949. 6 M. Bloch, Réflexions d’un historien sur les fausses nouvelles de la Guerre, «Revue de Synthèse historique» XXXIII, 1923, pp. 13-35.20 Maurice Aymard neo di fatto alla sua redazione o, piuttosto, alle sue reda- zioni successive: non è un caso se una parte importante del suo svolgimento è dedicata alle forme e ai contenuti di un dialogo allo stesso tempo possibile e necessario tra le scienze sociali. D’altronde, come sappiamo, sopravvivere durante questi cinque anni di campo di prigionia fu per Braudel non soltanto scrivere e isolarsi dal presente: fu anche guardare oltre gli avvenimenti che si identificavano con la successione delle vittorie tedesche, largamente annunciate dalla radio e dai giornali locali, e proiettarsi nel futuro. L’affermazione sul tono dello scherzo «è solo un avvenimento», che ven- ne ripetuta a proposito di questi accadimenti e che venne poi ripresa dai suoi compagni di prigionia, si iscriveva nella stessa linea della celebre frase di Churchill: «procediamo di sconfitta in sconfitta verso la vittoria finale». Resterebbe da esplorare la pista delle sue eventuali fonti e, più ampiamente, dei suoi precedenti in storia come nelle altre discipline. Per rimanere in Francia, Marc Bloch, difen- sore di una storia regressiva che risale dal presente verso il passato, aveva cercato di mettere in evidenza sia le conti- nuità lunghe (così nel suo articolo sulle notizie false)7, sia le sedimentazioni successive: tra la Germania e la Francia, l’area d’estensione dell’open field ignora e, dunque, prece- de la messa in atto delle frontiere politiche. Lucien Febvre, da parte sua, aveva posto l’accento sulla pluralità dei tempi degli uomini, in cui vedeva una vera sfida per gli storici. Prima ancora di Braudel, il gruppo di saggi che accompagna Bonaparte in Egitto ci ricorda il ruolo di laboratorio scienti- fico che aveva svolto il Mediterraneo dalla seconda metà del XVIII secolo, mobilitando l’attenzione tanto delle scienze 7 M. Bloch, Les caractères originaux de l’ histoire rurale française, A. Colin, Paris, 19522, cap. II. La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo (1958-2008) 21 della natura (zoologia, botanica, geologia, ecc.) quanto delle scienze dell’uomo in via di costituzione (storia, geografia, archeologia, etnografia): ruolo di cui Braudel raccoglierà e capitalizzerà precisamente l’eredità al fine di riappropriar- sene e di riformularla in termini diversi. Di fatto, la conce- zione della lunga durata ch’egli elabora in occasione della scrittura di La Méditerranée si distingue molto chiaramente da tutte le proposizioni alla Toynbee o alla Spengler, che si riducono ai suoi occhi a forme di lettura sub specie aeter- nitatis della storia degli uomini e a generalizzazioni disin- carnate. La lunga durata non esiste di per sé, ma solo in riferimento ad altre durate più corte, che Braudel raggruppa, per comodità e semplicità di esposizione, intorno ai due al- tri poli principali così come fa per le lunghe durate: quello dei movimenti d’insieme, che vanno dal decennio al secolo, e quello degli avvenimenti. La lunga durata definisce non un tempo immobile, anche se ha potuto essere visto come tale dagli attori e ripreso in questo modo da alcuni studiosi, ma un tempo quasi immobile, lento a scorrere. Essa si op- pone all’avvenimento soltanto nella misura in cui questo è identificato correntemente con l’eccezionale, cosa che non accade che una sola volta. Essa è costituita da piccoli fatti e da gesti regolarmente ripetuti, senza riflettere, come evi- denti. Essa è tessuta di regolarità silenziose: un silenzio che lo storico ha il ruolo di esplicitare e di far parlare. Tuttavia, anche se è fatta di regolarità e di ripetizioni che possono sembrare quasi identiche, essa è al tempo stesso costruzione, sedimentazione e cambiamento, elementi che, tutti e tre, si sviluppano in una scala temporale infinitamente più gran- de (uno o più millenni) di quella del tempo famigliare agli storici. Da ciò la domanda «il clima cambiò dopo il secolo XVI?» che Braudel pone alla fine di una lunga enumerazione di regolarità del clima, così come furono percepite, vissute22 Maurice Aymard e interiorizzate dagli uomini dell’epoca: essa apre la via alla scrittura di una vera storia del clima, finalmente liberata da ogni impressionismo giornalistico. La stessa distinzione tra tempo immobile e tempo quasi immobile permette a Braudel di distinguersi da Lévi-Strauss, pur avendo subito salutato la sua impresa: il «suo tentativo, in questi ambiti, mi sembra il più intelligente, il più chiaro, il più radicato anche nella esperienza sociale, da cui tutto deve partire e dove tutto deve ritornare». Braudel ne vede le seduzioni, ma anche i pericoli, la minaccia per la storia di essere rimandata dalla parte dell’avvenimento. Egli ne con- divide l’ambizione, che è di «superare la superficie dell’os- servazione per raggiungere la zona degli elementi incoscien- ti o poco coscienti» e di «sprigionarne le leggi di struttura più generali». Ma ne denuncia i limiti, nelle risposte date. Questi sono stabiliti a partire «da gruppi ristretti dove ogni individuo è, per così dire, osservabile», si situano «alla con- fluenza dell’infinitamente piccolo e dell’assai lunga durata», ma non «circolano che su una sola delle innumerevoli vie del tempo, quella dell’assai lunga durata, al riparo dagli acciden- ti, dalle congiunture, dalle rotture». Contro la riduzione a una lettura schematica di una «vita sociale molto omogenea» che permette di «definire a colpo sicuro le relazioni umane semplici e concrete, poco variabili», egli rivendica per la sto- ria, all’estremo opposto, l’infinita complessità del sociale, la molteplicità delle innumerevoli vie del tempo. Alla riduzio- ne del reale «in elementi minimi, in sottili tocchi, identici, di cui si possano analizzare precisamente i rapporti» al fine di sprigionarne queste «leggi di struttura più generale», egli oppone, dalla parte della storia, un procedere più sperimen- tale, fatto di passaggi continui tra realtà osservate e uso dei modelli. I modelli, sempre provvisori, sempre semplificati, devono ugualmente essere sempre sottoposti alla prova della La lunga durata oggi: bilancio di un mezzo secolo (1958-2008) 23 realtà, come navi che si varassero dopo essere state costruite e di cui, per seguire la metafora che egli ama, si osservasse- ro i movimenti fino all’affondamento. La razionalizzazione, l’uso dei modelli sono sempre per lo storico approssimazioni il cui merito è di rilanciare l’analisi: la lunga durata sarà dun- que sempre una spiegazione tra le altre. Lo stesso avviene per l’economia-mondo nel terzo volume di Civilisation matériel- le, Economie et Capitalisme, intitolato Le Temps du Monde (1979): essa non è che «un ordine di fronte ad altri ordini». Questo modello, una volta varato, ha seguito il suo cor- so, di cui è necessario ora cercare di rintracciare le tappe, i cambiamenti di rotta, gli incidenti di percorso, le soste. Era, senza dubbio, inevitabile che tale corso sfuggisse in parte al suo costruttore e ideatore, e che altri cercassero di utilizzarlo per conto proprio e di prenderne il controllo, modificando, come avviene spesso per le navi, il nome, i porti d’immatri- colazione e gli attracchi. Se Fernand Braudel non ne ha mai rivendicato né il commando né la proprietà esclusiva, non ha neppure mai smesso di utilizzarlo nelle differenti tappe del suo percorso. Percorso istituzionale, anzitutto: ossia gli orientamenti dati alla sesta sezione per il reclutamento dei giovani ricer- catori, storici, antropologi, economisti, psicologi sociali, demografi, geografi, i quali nella maggior parte, ognuno a modo suo e in tutta libertà, hanno adattato al proprio uso la nozione stessa di lunga durata, come d’altronde Braudel ave- va suggerito loro di fare, riconoscendo che ogni realtà sociale osservata rinvia alla sua propria definizione e delimitazione della lunga durata, valida per sé e soltanto per sé. Percorso intellettuale, poi. Questo condurrà Braudel a declinare gli usi della lunga durata in funzione di quattro argomenti principali, al di fuori dello stesso Mediterraneo, di cui Les mémoires de la Méditerranée, un libro redatto nel
Posted on: Tue, 30 Jul 2013 22:25:38 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015