La norma salva-sindaci è servita. Ecco l’ennesimo provvedimento - TopicsExpress



          

La norma salva-sindaci è servita. Ecco l’ennesimo provvedimento per mantenere i privilegi della Casta intatti, alla faccia del taglio dei costi, dei sacrifici e compagnia bella. Salta l’incompatibilità tra le cariche di parlamentare e di sindaco di comune superiore ai 5mila abitanti. Lo prevede un emendamento bipartisan approvato nella notte dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera. In poche parole, chi amministra un Comune con più di 5mila abitanti ed è stato eletto in Parlamento lo scorso febbraio, può tranquillamente continuare a fare il primo cittadino e intascarsi pure la paga da deputato. La cosa che lascia un poco perplessi, tra le altre, è che l’emendamento - firmato da Nico Stumpo del Pd, Ignazio Abrignani del PdL e Martina Nardi di Sel - sarebbe collegato al decreto “Del fare”. Cosa c’entra con lo sviluppo e la razionalizzazione dei costi? Semplice, salvaguarda il contenimento della spesa pubblica per lo svolgimento delle elezioni. L’articolo 13, comma 3, del decreto legge 13 agosto 2011, (la vecchia norma sospesa, per intenderci) dovrà, perciò, essere attuato solo per i piccoli centri, quelli che non superano i 5mila abitanti. Limitazioni anche riguardo alla data di elezione. L’incompatibilità è sospesa solo per chi è stato eletto prima dell’entrata in vigore del decreto. Per chi, invece, è stato eletto dopo l’agosto del 2011, l’incompatibilità resta. Ma se le elezioni si sono tenute prima, il primo cittadino di turno potrà restare ancorato allo scranno fino alla fine del suo mandato. Salvi tutti quei sindaci-parlamentari che sono stati eletti nel 2009. I sindaci-deputati interessati dalla nuova norma sono in tutto 18. “E’ un errore grave l’emendamento al dl del Fare approvato in commissione Bilancio della Camera con cui, nei comuni sopra i 5mila abitanti, viene eliminata l’incompatibilità con ruoli parlamentari o di governo”, tuonano gli onorevoli renziani Dario Parrini, Davide Faraone e Bruno Censore. “L’articolo 13 della legge 148 del 2011 che riguarda tutte le cariche elettive locali di natura monocratica e quindi anche i presidenti di provincia e regione – continuano i tre deputati Pd – deve tornare com’era, prima della modifica proposta congiuntamente da esponenti di Pd, PdL e Sel. Chi fa il sindaco o il presidente di provincia e di regione non può coprire altri incarichi all’interno delle istituzioni. Questa è una seria questione di principio e ci auguriamo che in primo luogo il nostro partito se ne faccia carico”. Un passo indietro che con la buona politica non ha nulla a che fare. Tra i sindaci più importanti, due su tre hanno già lasciato la carica, come Flavio Zanonato (ex sindaco di Padova e ministro dello Sviluppo) e Graziano Delrio (prima sindaco di Reggio Emilia, ora ministro per gli Affari regionali). Resiste imperterrito, invece, Vincenzo De Luca, viceministro ai Trasporti e primo cittadino di Salerno. Grazie alla norma approvata, rischia di mantenersi, assolutamente lecitamente, il doppio incarico. Ipotesi a dir poco indigesta a Mara Carfagna, portavoce del PdL alla Camera: “Ritengo sbagliata questa norma, in aula voterò contro”. La deputata azzurra, tra l’altro, è anche commissario provinciale del partito a Salerno, e ha precisato che non è “una posizione contra personam, ma solo di buon senso, visto che proprio De Luca rientra nel novero di chi è beneficiato; consentire di cumulare più cariche è un errore in un momento così delicato della vita pubblica del nostro Paese”. Insomma, un vero è proprio “schiaffo a tutti coloro che chiedono maggiore trasparenza e correttezza”. Il governo è probabile che decida di mettere la fiducia al decreto entro la fine della settimana.
Posted on: Sun, 21 Jul 2013 15:44:42 +0000

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