La quarta settimana dei Poliziotti e la storia del Generale - TopicsExpress



          

La quarta settimana dei Poliziotti e la storia del Generale Custer, ovvero l’ira degli onesti e la fine della casta. Editoriale del Segretario Generale Felice Romano Si narra che nel 1857 George Armstrong Custer viene ammesso all’accademia militare di West Point. Nel 1861 scoppia la guerra di secessione, Custer e altri allievi vengono diplomati in anticipo. Custer diventa tenente ma non riceve incarichi perché il capo di stato maggiore, ritenendolo un incapace (si era anche opposto alla sua nomina a ufficiale), afferma di volerlo tenere come ultima riserva. Casualmente, quello stesso giorno, Custer stringe amicizia con il generale Scott e riesce a farsi destinare al 2º cavalleggeri e a partecipare alla battaglia di Bull Run dove viene ferito e in seguito decorato. Tornato al fronte, scopre di essere stato promosso generale (anche se qualcuno sostiene che è stato solo per un errore burocratico) e di comandare l’intera brigata Michigan che deve fronteggiare l’avanzata sudista verso Washington. Nonostante le gravi perdite le sue cariche hanno successo e il nemico viene respinto. Nel 1865 alla fine della guerra Custer, divenuto un eroe, viene messo a riposo e si dà al bere. Un giorno riceve la vista di due esponenti della società ferroviaria che vorrebbero sfruttare il suo nome per la loro società ferroviaria che si sta espandendo verso ovest. Custer, sdegnato, rifiuta l’offerta e il relativo compenso. La moglie, preoccupata per il marito, ottiene dal generale Scott un nuovo incarico per Custer: comandante del 7° cavalleggieri con il grado di colonnello a Fort Lincol, nel Dakota. Durante il tragitto, Custer incontra, e fa prigioniero Crazy Horse il capo dei Sioux. Arrivato al forte, trova reclute indisciplinate e ubriache a causa del fatto che il titolare che gestisce il bar, per poter vendere anche armi agli indiani, regalava il wisky ai soldati. Custer fa chiudere il bar e instilla disciplina e coraggio alle reclute che affrontano per mesi gli indiani e fino a quando, questi non chiedono la pace cedendo i loro territori ad eccezione dei Monti Neri perché ritenuti sacri. Viene firmato un trattato che Custer stesso giura di difendere con ogni mezzo; intanto la società ferroviaria, che vuole costruire la ferrovia nei Monti Neri, si accorda con il commissario dei territori indiani, per violare il trattato, e diffonde la notizia che c’era oro nei Monti Neri al fine da attirare migliaia di persone nel Dakota. Custer, saputo del progetto, va a Washington per smascherare il complotto ma gli viene detto che le sue prove sarebbero accettabili solo se fatte in punto di morte. Nel frattempo si decide di mandare la fanteria per proteggere i pionieri che stavano arrivando nel Dakota, attratti dalla notizia dell’oro sui Monti Neri che, ovviamente erano protetti dai Sioux. Custer però, sapendo che per affrontare gli indiani occorreva la cavalleria, va dal presidente Grant e lo convince a farsi ridare il suo reggimento. La sera prima della battaglia Custer scrive una lettera in cui riporta le sue accuse verso la società ferroviaria. La mattina del 25 Giugno 1876 il 7° cavalleggeri si scontra con le migliaia di indiani che difendono i Monti Neri e viene ben presto sopraffatto. Il giorno seguente, grazie alla lettera di Custer che ha valore legale in quanto scritta in punto di morte, la società ferroviaria viene sciolta, il commissario di governo si dimette e il governo si impegna a rispettare il trattato. Il generale Sheridan, nel ricordare Custer affermò lo stesso aveva vinto tutte le battaglie, anche l’ultima”. Ho riportato, seppur brevemente, la storia del noto generale americano, senza alcuna presunzione di essere scambiato per uno storico ma solamente perché credo che, parafrasando il suo vissuto sia un po’ simile a quello che stanno vivendo i poliziotti in questi mesi. La grave crisi economica, provocata dall’incapacità della politica di governare i processi di cambiamento in atto, anche per effetto del grande debito di credibilità che ha accumulato in questi ultimi anni atteso il grave malcostume venuto a galla dalla sue fila, ha creato una instabilità nella governance del Paese e nella capacità di dare risposte ai bisogni e alle esigenze dei territori e dei cittadini. L’alternarsi ormai consolidato e costante di nuovi governi, fatti nascere più come rimedi di pronto soccorso alla grave malattia che ha invaso la nostra società piuttosto che per trovare una cura concreta e definitiva per salvare l’ammalato, sembra portarci in un vortice distruttivo in cui gli apparati e la politica anziché fare tesoro dei propri errori e quindi rinnovarsi per migliorarsi in modo da riuscire di nuovo ad essere funzionali al Paese, sembrano essere sempre più proiettati all’autoconservazione fine a se stessa. E così, mentre si continuano a perdere posti di lavoro, mentre si continua a tagliare sui diritti fondamentali quali la scuola, la salute e la sicurezza (con tagli lineari pari ad oltre 4 miliardi solo per la sicurezza negli ultimi 4 anni), nessun freno viene posto al degrado e alla degenerazione della mala politica e degli apparati inutili e dispendiosi che, in barba a tutto e a tutti continuano a riciclarsi e a rafforzare il proprio potere. Lo sdegno, i mea culpa e le promesse solenni di non consentire più che il malaffare e l’appropriazione indebita di ingenti risorse pubbliche, sottratte ai servizi e al lavoro dei cittadini, scoperto in quasi tutti i templi della politica, nazionale e locale, come negli enti pubblici, a prescindere dalla veste dei vari governi che si sono succeduti, il tutto ha lasciato il posto all’irrefrenabile istinto di autoconservazione della “casta” e della sua presunzione. Una vera e propria arroganza che, nell’accecarli ed allontanarli dalla realtà di noi mortali, li porta a ritenere di essere sempre e comunque immuni poiché tanto ci saranno i “poveri fessi in uniforme” a controllare ed affrontare le masse, le loro ire e i disordini di piazza che potranno scatenare. E così, mentre i contratti e le retribuzioni dei lavoratori pubblici e dei poliziotti (i poveri fessi in uniforme, secondo la casta..) sono ormai ferme da oltre 5 anni, mentre i poliziotti fanno fatica ad arrivare a fine mese costretti a scontrarsi con il problema della quarta settimana, la casta anziché tagliare i finanziamenti pubblici ai partiti, gli sprechi, gli abusi, le appropriazioni indegne del patrimonio immobiliare pubblico con case straordinarie in posti ambitissimi vendute a pochi euro ai soliti notabili di turno (grazie anche ai “compari” compiacenti piazzati nei posti giusti e alle norme ad hoc varate perché tutto sia “nei termini di legge”), o tagliare le auto blu che hanno un costo di circa 20 miliardi l’anno e che sono una vera vergogna per l’Italia, pensa bene di agire nel solito modo. Nei primi cento giorni dell’ultimo di questi governi, quello attualmente in carica, è stato fatto uno sforzo straordinario per il Paese. Infatti, è stato risolto, con provvedimento ad hoc, il problema dei finanziamenti ai partiti attraverso due soluzioni straordinarie, la prima riferita alla contribuzione volontaria, che si può scaricare dalle tasse, la seconda con l’introduzione del 2 per mille (peccato che la nostra richiesta del 5 per mille o quella di far pagare agli organizzatori di eventi a scopo di lucro le spese relative alle indennità e i danni causati ai mezzi delle Forze di polizia, che poi sono mezzi e risorse sottratte alla sicurezza collettiva dei cittadini, non ha avuto la stessa possibilità nel medesimo provvedimento..). Non solo: nonostante il vecchio finanziamento pubblico sia stato abrogato a partire dal prossimo anno, ci sarà una fase transitoria, che DURERA’ TRE ANNI, nella quale, oltre a continuare a percepire i finanziamenti pubblici, ridotti in verità ma comunque pari a migliaia e migliaia di milioni di euro anche per quei partiti che non esistono più, i partiti potranno beneficiare anche delle altre due fonti di alimentazione. Insomma, il Paese e i cittadini chiedono di non dare più soldi ai partiti e la politica, per esaudire questa richiesta, prospetta tre tipi di finanziamenti, sempre a carico dei cittadini che alimentano le casse della casta. Insieme a questa panacea per i mali del Paese e dei cittadini, il governo pensa bene di varare anche, questa volta sulla pelle del collega Giangrande, Brigadiere dei Carabinieri in servizio di vigilanza a Palazzo Chigi (sede esemplare di questo potere fine a se stesso…), che è stato sparato al posto dei politici (perché i politici erano il vero obiettivo dichiarato dal folle tentato omicida…) perché, indossando l’uniforme per servire il Paese, era un rappresentante dello Stato visibile per l’assurdo e folle attentatore, l’aumento delle scorte per i politici. Si, avete capito bene: l’aumento delle scorte e non dello stipendio di chi è stato sparato per proteggere le Istituzioni. A corollario, l’acquisto di aerei per costi miliardari e l’impegno per 70 milioni di euro l’anno per continuare la farsa della rassicurazione dei cittadini, ormai esasperati e incazzati, attraverso la “sfilata” dei militari per le strade di alcune città anziché impiegare, come è stato fatto per i Vigili del Fuoco quei milioni per assumere i giovani vincitori di concorso nella Polizia e nei Carabinieri. Giovani che, come ampiamente dimostrato dal SIULP, invece che fare il poliziotto fanno i cuochi, i lavandai, gli attendenti e quant’altro. Ma noi siamo “il cuore dello stato”, così amava affermare il precedente Presidente del Consiglio, e perciò l’attuale esecutivo non può non dare un segnale concreto alle donne e agli uomini del Comparto sicurezza che quotidianamente si sacrificano per la sicurezza del Paese e delle sue Istituzioni e per la garanzia dell’ordine e della sicurezza pubblica oltre che per la lotta alla criminalità (inviteremo il Presidente del Consiglio e tutti i capigruppo delle Forze politiche a far visita al sacrario dei caduti in servizio della Polizia di Stato..). E allora ecco la trovata: con un provvedimento lampo (la necessità di essere veloci nel rispondere ai sacrifici di chi serve il Paese è pressante…) il governo dà una risposta ferma e in equivoca a chi si sacrifica per la sua sicurezza e per quella dell’intero Paese. Proroga del blocco delle procedure contrattuali, rinnovo del blocco del tetto salariale al 31.12.2010, che prevede il blocco degli aumenti stipendiali e quelli delle indennità legate all’operatività che blocca la funzione di polizia anche per il 2014 e, dulcis in fundo, il Ministro della Funzione pubblica convoca i sindacati d’urgenza il 1° agosto per comunicargli che ……. il governo è intenzionato a fare il provvedimento di armonizzazione della previdenza come aveva cercato di fare il Ministro Fornero per far sì che i poliziotti lavorino sino a 65 anni e oltre. Ed è stato proprio per questo motivo, insieme al fatto che il Ministro pensava di dare al massimo 3 minuti di tempo ad ogni sindacato per esporre i problemi dei poliziotti che il SIULP ha abbandonato il tavolo ritenendolo una vera e propria beffa! Un fatto singolare, però emerge in tutta questa vicenda: il provvedimento che proroga il blocco non si applica ai magistrati ….. forse, penso io perché il TRATTAMENTO ECONOMICO DEI MAGISTRATI E’ QUELLO CHE SI APPLICA ANCHE AI POLITICI? In tutto questa situazione, che richiama alla mente la storia della torre di Babele, gli apparati cosa fanno? Se qualcuno pensa che stiano studiando situazioni o modalità per dare risposte ai bisogni dei propri dipendenti, ebbene ci spiace deluderli ma si sbaglia. Nessun piano, nessuna strategia, nessun battere i pugni sul tavolo dei Ministri o del governo per rivendicare il pagamento degli straordinari arretrati da quasi un anno, per le missioni che, invece, in quanto a ritardo hanno già superato l’anno, o per reperire le risorse per avere macchine funzionanti, divise nuove ed idonee, cartucce per l’addestramento, scudi o altri strumenti per fronteggiare i no tav, giubbetti e caschi antiproiettile ormai quasi tutti in scadenza per salvaguardare chi si espone nelle operazioni, insomma niente di tutto questo o di altro che interessi i poliziotti o i propri dipendenti. Eppure gli apparati sono tutto un fermento. Quasi un quadro simile a quello descritto dal fantomatico articolo 17 della Reale Marina Britannica e titola “facimme ammuina”. In realtà questo fermento, e il relativo fumo che alberga sui tetti degli edifici dei vari apparati, è dovuto essenzialmente alla fatica che la nomenclatura sta facendo, contro ogni regola e ogni principio di buona amministrazione nell’interesse dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione istituzionale che bisogna garantire, nel solo interesse di sistemare o risistemare i miei. Che, a volte pur essendo bravi, anzi bravissimi, hanno il pregio o il difetto di rendere tutti gli altri, che sino a quel momento hanno garantito la funzionalità dell’amministrazione, degli inutili quanto insignificanti numeri. A pensar male si fa peccato, diceva qualcuno aggiungendo, però che spesso ci si piglia! Tralasciando le questioni che sono proprie del teatrino dei politicanti, che in questi giorni stanno monopolizzando i mass media ma non l’attenzione della gente, e riprendendo a riferimento il generale Custer e la sua storia, credo di aver il dovere di chiarire una questione ai nostri interlocutori. In modo che sia chiara una volta e per tutte. Anche noi come il generale Custer vogliamo vincere la nostra battaglia, ma non solo nell’interesse delle donne e degli uomini che servono il Paese ma soprattutto per il bene dello Stato. E lo vogliamo fare, con tutti i mezzi che democraticamente la legge ci consente ma senza alcun tentennamento, senza dover ricorrere alla lettera scritta in punto di morte. Perché noi siamo custodi e difensori della democrazia e delle Istituzioni, e non di chi le occupa, perché noi dobbiamo lealtà e fedeltà al Popolo italiano e alle leggi che si dà e non a chi ha l’onore di rappresentarlo quando tradisce il mandato ricevuto. Speriamo non serva una nuova battaglia dei Monti Neri per far comprendere che la misura è colma e che la pazienza è esaurita. Giacché questa volta, a partire dal 4 settembre prossimo, giorno in cui incontreremo nuovamente il Ministro della Funzione Pubblica e le Amministrazioni, se insieme al progetto di armonizzazione della previdenziale, sul tavolo non troveremo anche un credibile e concreto progetto per la previdenza complementare per il Comparto sicurezza, oltre alla legge delega per il riordino delle carriere, la riapertura del tavolo negoziale e un provvedimento per sbloccare le progressioni di carriera e gli automatismi stipendiali, gli assegni di funzione, l’abbattimento del tetto salariale per usare una terminologia chiara e univoca, la sola risposta per noi possibile sarà la protesta. Una protesta ferma e dura, per dire che terribile è l’ira degli onesti e per dire basta alle caste, basta agli sprechi, basta alla quarta settimana. Per dire che, questa volta il generale Custer non siamo noi!
Posted on: Sat, 31 Aug 2013 11:37:05 +0000

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