La sfida dei registi inglesi, raccontare la nuova realtà - Rita - TopicsExpress



          

La sfida dei registi inglesi, raccontare la nuova realtà - Rita Di Santo LONDRA - Il London Film Festival (fino al 20 ottobre) si conferma levento culturale più significativo della città. Una festa del cinema che mescola fiction e documentari, animazioni e film musicali, film di successo da altri festival (Cannes, Venezia, Berlino, Toronto) e anteprime mondiali come Saving Mr. Banks, di John Lee Hancock che racconta come Mary Poppins divenne un classico Walt Dysney. Alla direzione artistica, dallo scorso anno, cè il critico australiano Clare Stewart, che oltre a introdurre la competizione ha suddiviso il programma in una griglia di 16 sezioni - 9 sono tematiche. Uno dei segnali più evidenti di questa edizione 57, è limponente ritorno dei registi britannici, da Terry Gilliam, a Joanna Hog. Ralph Fiennes, al suo secondo film come regista, con The Invisible Woman, storia damore tra Charles Dickens e lattrice Nelly Ternan. Jason Reitman con Labour Day, favola amara di una famiglia moderna. Richard Ayoade con The Double, e Clio Barnard con The Selfish Giant. La filmmaker Destiny Ekaragha con Gone Too Far, commedia di teenager ambientata nel sud di Londra. Possiamo dire che nel cinema britannico rimane forte la tendenza di pensare il cinema come uno strumento di riflessione sulla società. Ne è un esempio proprio il film di Clio Barnard, che ha debuttato nel 2010, al London Film Festival con lintenso The Arbor. In The Selfish Giant la regista ritorna a Bradford, il luogo del precedente film, e lavora su un realismo lirico che rimanda alla tradizione sperimentale del cinema britannico da Kes (69) a Ratcacher (99) o Sweet Sixteen (2002). La percezione diretta delle condizioni sociali di deprivazione è raccontata dal punto di vista dei teenager e dei bambini. Uno studio che si fonda sulla doppia ambientazione, metropoli- zone rurali, allargandosi verso orizzonti post-industriali. Dove i ragazzini lottano per resistere alla violenza che spesso subiscono ma dalla quale provano a non farsi schiacciare. Ancora adolescenti nel film di Rob Brown, Sixteen, protagonista un sedicenne congolese che dopo lesperienza da soldato nel suo paese, cerca di ricostruirsi una vita a Londra. Sixteen, inoltre, è anche lesempio di nuove formule produttive, che sostengono ora il cinema indipendente british - Sixteen ha infatti usato come fonte produttiva principale kickstarter. Tra gli emergenti Mark Cousin con il doc Here Be Dragon, excursus storico-politico nellAlbania moderna. La produzione documentaria occupa un posto centrale nel festival. Vi troviamo tra gli altri Alex Gibney con The Armostrong Lie (era al festival di Venezia), ritratto ravvicinato di Lance Armstrong dal 2009 fino alla scoperta del doping. Cutie and the Boxer di Zachary Heinzerling, storia dellartista giapponese Ushio Shinohara, che arriva a New York nel 1960, accolto da Warhol, ma non riesce a raggiungere il successo. Negli anni la presenza del festival nel territorio cittadino è molto cresciuta, coinvolgendo un numero sempre più alto di sale. Ed è cresciuto anche il pubblico - il 13% lo scorso anno - un risultato che si deve anche al nuovo indirizzo della programmazione più glamour, con molte celebrities. E proprio questo cambiamento è al centro di forti critiche: la programmazione, definita troppo convenzionale e «pigra», renderebbe il London Film Festival una manifestazione sempre più allombra dei grandi festival internazionali. Eppure, anche se forse con meno sorprese, la qualità della manifestazione rimane alta. Da tenere docchio le novità, nella competizione dedicata agli esordi, come B For Boy del regista nigeriano Chika Anadu. Da ilmanifesto.it
Posted on: Tue, 15 Oct 2013 17:52:43 +0000

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