Le mummie ci turbano e ci affascinano. Ricche di segreti e magia, - TopicsExpress



          

Le mummie ci turbano e ci affascinano. Ricche di segreti e magia, un tempo erano persone che vivevano e amavano, proprio come noi. Credo che dovremmo rendere onore a questi antichi defunti e lasciarli riposare in pace. Tuttavia, alcuni segreti riguardanti i faraoni possono essere svelati solo studiandone le mummie. Nel 2005, grazie a una serie di TAC della mummia di Tutankhamon siamo riusciti a dimostrare che il sovrano egizio non morì per un colpo alla testa come credevano in molti. Dai nostri esami è emerso che la parte posteriore del suo cranio era stata forata durante il processo di mummificazione; lo studio dimostra inoltre che Tutankhamon morì ad appena 19 anni, forse poco dopo aver subito la frattura della gamba sinistra. Il personaggio è circondato da misteri che neppure una TAC può risolvere. Ma ora siamo in grado di fare straordinarie rivelazioni sulla sua vita, la sua nascita e la sua morte. Per me la storia di Tutankhamon (oggi chiamato anche “Tut”) è come un dramma di cui si sta ancora scrivendo il finale. Il primo atto ha inizio intorno al 1390 a.C., varie decine d’anni prima della sua nascita, quando sale al trono d’Egitto il grande faraone Amenhotep III. Questo sovrano della XVIII dinastia, il cui impero si estende per 1.900 chilometri, dall’Eufrate, a nord, alla Quarta Cataratta del Nilo, a sud, vanta ricchezze inimmaginabili. Al fianco della potente regina Tiye, Amenhotep III regna per 37 anni onorando le divinità dei suoi avi, primo fra tutti Amon, mentre il popolo prospera e le casse del regno si riempiono grazie ai possedimenti oltreconfine. Se il primo atto parla di tradizione e stabilità, nel secondo si racconta una rivoluzione. Alla morte di Amenhotep III gli succede il suo secondogenito, Amenhotep IV, personaggio singolare e sognatore, che abbandona il culto di Amon e delle altre divinità del pantheon ufficiale per abbracciare quello di un dio unico: l’Aton, ovvero il disco solare. Nel quinto anno del suo regno il sovrano ha già cambiato nome ed è diventato Akhenaton, “colui che è utile all’Aton”. Si erge a dio vivente e lascia Tebe, la capitale religiosa della tradizione, per andare a costruire una grande città di culto 290 chilometri più a nord, in una località oggi chiamata Amarna. Qui vive con la sposa, la grande e bellissima Nefertiti, e con lei assolve il ruolo di sommo sacerdote dell’Aton, assistito dalle sei figlie dilette. La classe sacerdotale devota ad Amon viene privata di ogni potere e ricchezza e l’Aton regna supremo. L’arte di questo periodo è pervasa da un naturalismo nuovo e rivoluzionario: il faraone non si fa ritrarre con un volto idealizzato e un fisico giovane e muscoloso come i suoi predecessori, ma ha un aspetto stranamente effeminato, la pancetta e un viso lungo dalle labbra carnose. La fine del regno di Akhenaton è avvolta nell’incertezza; è una scena recitata a sipario calato. Per un breve periodo il potere è in mano a uno o forse a due sovrani, che regnano insieme ad Akhenaton oppure dopo la sua morte, o entrambe le cose. Come molti altri egittologi, anch’io sono convinto che il primo di questi “re” sia Nefertiti. Il secondo è invece un personaggio misterioso chiamato Smenkhkara, di cui non si sa quasi nulla. Quel che si sa per certo invece è che quando si riapre il sipario al terzo atto, sul trono c’è un bambino di nove anni: Tutankhaton (“l’immagine vivente dell’Aton”). Nei primi due anni di regno, il sovrano e la sua sposa Ankhesenpaaton (figlia di Akhenaton e Nefertiti) lasciano Amarna e tornano a Tebe, dove riaprono i templi, ai quali restituiscono gloria e ricchezza. I reali consorti cambiano nome e diventano Tutankhamon e Ankhesenamon, ripudiano l’eresia di Akhenaton e rinnovano la propria fedeltà al culto di Amon. E qui cala il sipario. Dieci anni dopo l’ascesa al trono, Tutankhamon è già defunto e non lascia eredi. Viene sepolto frettolosamente in una piccola tomba progettata in origine non per un sovrano, ma per un privato. E per reazione all’eresia di Akhenaton, i suoi successori riescono a cancellare dalla storia quasi ogni traccia dei sovrani di Amarna, Tutankhamon compreso. Per ironia della sorte, questo tentativo di cancellare la sua memoria ha fatto sì che Tutankhamon arrivasse fino a noi. Meno di un secolo dopo la sua morte nessuno ricordava più dove fosse la sua tomba. Nascosta ai saccheggiatori dalle strutture costruite sopra, la tomba è rimasta praticamente intatta fino alla sua scoperta, nel 1922. All’interno sono stati ritrovati più di 5.000 manufatti. Ma finora i reperti archeologici non erano riusciti a fare luce sui rapporti familiari più intimi del giovane monarca. Chi erano i suoi genitori? Che fine fece la vedova Ankhesenamon? I due feti mummificati che sono stati rinvenuti nella tomba sono figli mai nati del re oppure simboli di purezza che dovevano accompagnarlo nell’aldilà? Per rispondere a questi interrogativi abbiamo deciso di analizzare il DNA di Tutankhamon insieme a quello di altre dieci mummie sospettate di far parte della cerchia più ristretta dei suoi familiari. In passato sono stato contrario a condurre studi genetici sulle mummie reali; ritenevo che le probabilità di ottenere campioni utili evitando di contaminare i reperti con Dna moderno fossero troppo ridotte per giustificare la manipolazione di quei sacri resti. Ma nel 2008 vari genetisti mi hanno convinto che nel settore erano stati fatti progressi tali da lasciar sperare in risultati fruttuosi. Perciò abbiamo allestito due laboratori all’avanguardia per il sequenziamento del Dna, uno nei sotterranei del Museo Egizio del Cairo, l’altro presso la Facoltà di Medicina dell’Università del Cairo. Le ricerche sono state dirette da due studiosi egiziani: Yehia Gad e Somaia Ismail del Centro Nazionale di Ricerca egiziano. Abbiamo anche deciso di sottoporre tutte le mummie a tomografia computerizzata sotto la guida di Ashraf Selim e Sahar Saleem della suddetta Facoltà di Medicina. L’équipe si è avvalsa della consulenza di tre esperti internazionali: Carsten Pusch dell’Università Eberhard Karls di Tubinga, Albert Zink dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’Eurac di Bolzano, e Paul Gostner, dell’Ospedale Centrale di Bolzano. Conoscevamo l’identità di quattro mummie: quella di Tutankhamon, ancora nella Valle dei Re, e quella delle tre mummie esposte al Museo Egizio: Amenhotep III, Yuya e Tuyu, genitori della regina Tiye consorte di Amenhotep III. Tra le mummie non identificate c’era quella di un maschio scoperto in una misteriosa tomba della Valle dei Re denominata KV55; a giudicare dalle testimonianze archeologiche e testuali sembrava molto probabile che fosse la mummia di Akhenaton o di Smenkhkara. La ricerca della madre e della sposa di Tutankhamon si è concentrata su quattro mummie femminili non identificate. Due di queste, soprannominate “la Vecchia Signora” e “la Giovane Signora”, erano state scoperte nel 1898 in una camera laterale della tomba di Amenhotep II (KV35), sbendate e abbandonate sul pavimento; forse alcuni sacerdoti le avevano nascoste lì dopo la fine del Nuovo Regno, intorno al 1000 a.C. Le altre due mummie provenivano da una piccola tomba della Valle dei Re (KV21) che sembra risalire alla XVIII dinastia; tenevano entrambe il pugno sinistro sul petto, in una posa generalmente considerata caratteristica di una sovrana. Infine, volevamo tentare di prelevare un campione di DNA dai feti rinvenuti nella tomba di Tutankhamon, impresa non facile date le cattive condizioni delle mummie. Ma se ci fossimo riusciti, forse avremmo trovato i pezzi mancanti di un puzzle che comprendeva cinque generazioni. Per disporre di materiale analizzabile i genetisti hanno prelevato dei campioni di tessuto da vari punti di ogni mummia e sempre dalla parte più interna dell’osso, dov’era impossibile che il campione fosse stato contaminato dal Dna degli archeologi precedenti o dei sacerdoti egizi che si erano occupati della mummificazione. L’équipe è stata anche particolarmente attenta a evitare qualsiasi rischio di contaminazione da parte dei ricercatori. Una volta prelevati i campioni occorreva separare il DNA da sostanze come gli unguenti e le resine usati dai sacerdoti per conservare le salme. Dal momento che le sostanze impiegate per l’imbalsamazione erano diverse per ogni mummia, si è dovuto variare il procedimento necessario a purificarne il Dna. E in ogni caso c’era sempre il pericolo di danneggiare il delicatissimo materiale. Lo studio si è incentrato proprio sulla mummia di Tutankhamon. Nel momento in cui fossimo riusciti a prelevare e isolare il suo DNA, l’avremmo immerso in una soluzione liquida trasparente per analizzarlo. Purtroppo siamo rimasti costernati vedendo che le prime soluzioni diventavano scure e torbide. Ci sono voluti sei mesi di lavoro intenso per capire come eliminare il contaminante (un prodotto per la mummificazione ancora ignoto) e ottenere un campione che si potesse amplificare e sequenziare. Una volta prelevato anche il DNA delle altre tre mummie maschili analizzate - Yuya, Amenhotep III e il misterioso KV55 - ci siamo messi all’opera per far luce sull’identità del padre di Tutankhamon. Le testimonianze archeologiche riguardanti questa questione cruciale erano ambigue. In varie iscrizioni risalenti all’epoca del suo regno, Tutankhamon parla di Amenhotep III definendolo suo padre; ma ciò non basta a sciogliere il dubbio, perché il termine usato ha anche il significato di “nonno” o “avo”. Inoltre, stando alla cronologia comunemente accettata, Amenhotep III morì circa dieci anni prima della nascita di Tutankhamon. Molti studiosi ritengono invece che il padre fosse Akhenaton. Questa tesi è confortata dalle iscrizioni di un blocco spaccato di calcare rinvenuto vicino ad Amarna in cui sia Tutankhaton che Ankhesenpaaton vengono definiti figli amati del sovrano. Poiché sappiamo per certo che Ankhesenpaaton era figlia di Akhenaton, ne consegue che anche Tutankhaton (divenuto poi Tutankhamon) era suo figlio. Ma non tutti gli studiosi giudicano convincente questa testimonianza e alcuni hanno affermato che il padre di Tutankhamon fosse invece il misterioso Smenkhkara. Per parte mia avevo sempre sostenuto la teoria di Akhenaton; ma si trattava appunto di una semplice teoria. Una volta isolato il DNA delle mummie è stato abbastanza facile confrontare i cromosomi Y di Amenhotep III, KV55 e Tutankhamon per vedere se fossero effettivamente legati da parentela (i cromosomi Y dei maschi imparentati fra di loro presentano lo stesso schema di Dna perché quella parte del genoma maschile si eredita direttamente dal padre). Per precisare i termini del rapporto, tuttavia, era necessaria un’analisi genetica più sofisticata. Sui cromosomi presenti nei nostri genomi vi sono alcune regioni specifiche in cui lo schema delle lettere del Dna (le A, le T, le G e le C che compongono il nostro codice genetico) varia moltissimo da una persona all’altra. Queste variazioni corrispondono a numeri diversi di sequenze delle stesse lettere ripetute. Per esempio, mentre una persona può avere una sequenza di lettere ripetuta dieci volte, un’altra persona, non imparentata con la prima, potrebbe avere la stessa sequenza ripetuta 15 volte, una terza persona 20 volte e così via. Per l’FBI la coincidenza di dieci di queste regioni assai variabili basta per concludere che il DNA rimasto sulla scena di un delitto può essere quello di un indiziato sottoposto al test. Riunire i membri di una famiglia di 3.300 anni fa richiede una procedura un po’ meno rigorosa rispetto ai parametri necessari per far luce su un delitto. Confrontando fra loro otto di queste regioni variabili la nostra équipe è riuscita a stabilire con una percentuale di probabilità superiore al 99,99 per cento che Amenhotep III era il padre dell’individuo sepolto nella tomba KV55, e che questo era a sua volta il padre di Tutankhamon. A questo punto sapevamo dunque di avere il corpo del padre di Tutankhamon, ma non sapevamo ancora per certo chi fosse. I nostri sospetti si concentravano soprattutto su Akhenaton e Smenkhkara. La tomba KV55 ospitava infatti un deposito di materiale che si riteneva fosse stato preso da Tutankhamon ad Amarna, dove era stato sepolto Akhenaton (e forse Smenkhkara), e da lì portato a Tebe. Benché i cartigli (ovali contenenti i nomi del faraone) fossero stati cancellati dal sarcofago, questo recava alcuni epiteti associati esclusivamente ad Akhenaton. Ma non tutte le prove raccolte rimandavano a lui. La maggior parte delle analisi aveva stabilito che il corpo contenuto al suo interno era quello di un uomo di non più di 25 anni, cioè troppo giovane per poter essere Akhenaton, che sembra abbia procreato due figlie prima di inaugurare i suoi 17 anni di regno. Molti studiosi ipotizzavano che la mummia fosse piuttosto quella del misterioso faraone Smenkhkara. Ora, però, si poteva chiamare un nuovo testimone per risolvere il mistero. La mummia della cosiddetta Vecchia Signora (KV35EL), con la sua chioma lunga e rossiccia che le cade sulle spalle, è bella anche nella morte. In passato era stata accertata la coincidenza morfologica fra un capello di questa chioma e una ciocca di capelli sepolta all’interno di un insieme di sarcofagi in miniatura scoperti nella tomba di Tutankhamon, sul quale era inciso il nome della regina Tiye, consorte di Amenhotep III e madre di Akhenaton. Confrontando il Dna della Vecchia Signora con quello delle mummie di Yuya e Tuyu, i genitori noti di Tiye, abbiamo potuto confermare che la Vecchia Signora era proprio Tiye. Adesso Tiye poteva dimostrare se la mummia KV55 era o meno quella di suo figlio. Con nostra grande gioia, il confronto del Dna dei due ha attestato la loro parentela. Da nuove tomografie computerizzate della mummia KV55 è emersa anche una degenerazione della colonna vertebrale dovuta all’età e una osteoartrite alle ginocchia e alle gambe. A differenza di quanto si pensava in precedenza, l’uomo alla sua morte era più vicino ai 40 anni che ai 25. Risolta dunque la discrepanza sull’età abbiamo potuto concludere che KV55, mummia del figlio di Amenhotep III e di Tiye nonché padre di Tutankhamon, è quasi certamente Akhenaton (anche se sapendo così poco di lui non possiamo escludere del tutto che non si tratti invece di Smenkhkara). Le nuove TAC delle mummie hanno anche smentito l’idea che la famiglia soffrisse di una malattia congenita come la sindrome di Marfan, che avrebbe potuto spiegare la lunghezza dei visi e l’aspetto femmineo delle raffigurazioni del periodo di Amarna. Non si sono riscontrate patologie del genere. I tratti di Akhenaton sembrerebbero piuttosto un riflesso stilistico della sua identificazione con l’Aton, che era una divinità sia maschile che femminile e dunque fonte di tutta la vita. E che dire della madre di Tutankhamon? Con nostra sorpresa, il DNA della cosiddetta Giovane Signora (KV35YL), scoperta accanto a Tiye nella camera laterale di KV35, era correlato a quello del giovanissimo sovrano. Ancora più stupefacente è il fatto che grazie al suo DNA si è dimostrato che anche la Giovane Signora era figlia di Amenhotep III e di Tiye come Akhenaton. Quest’ultimo aveva dunque concepito un figlio con sua sorella. Il bambino sarebbe stato chiamato Tutankhamon. Grazie a questa scoperta oggi sappiamo che è improbabile che Tutankhamon fosse figlio di una delle mogli conosciute di Akhenaton, cioè Nefertiti o una seconda consorte di nome Kiya: nulla prova che una delle due fosse sua sorella. Conosciamo i nomi di cinque figlie di Amenhotep III e Tiye, ma forse non sapremo mai quale delle sue sorelle diede un erede ad Akhenaton. Per me, tuttavia, più del nome è importante conoscere il rapporto che ebbe col fratello. Fra i reali dell’antico Egitto l’incesto non era una pratica insolita. Ma in questo caso ritengo che proprio l’incesto determinò la morte prematura di loro figlio. I risultati dell’analisi del DNA da noi condotta, pubblicati a febbraio dal Journal of the American Medical Association, mi hanno convinto che la genetica può fornire uno strumento validissimo per migliorare la nostra comprensione della storia egizia, specie se accompagnata dagli studi radiologici delle mummie e dalle deduzioni a cui ci portano le testimonianze archeologiche. Ciò risulta particolarmente evidente dal nostro tentativo di capire le cause della morte di Tutankhamon. Quando abbiamo avviato questo nuovo studio, Ashraf Selim e i suoi colleghi hanno scoperto nelle immagini tomografiche della mummia un dettaglio che era passato inosservato: Tutankhamon era affetto da equinismo del piede sinistro, a un dito del piede mancava un osso e le ossa di una parte del piede erano andate distrutte per necrosi. Tanto il piede equino quanto la malattia ossea gli impedirono senz’altro di camminare agevolmente. Alcuni studiosi avevano già rilevato che nella sua tomba erano stati rinvenuti 130 bastoni da passeggio integri o parziali, alcuni dei quali mostrano chiare tracce di usura. C’è chi sostiene che questi bastoni fossero un comune simbolo di potere e che il danno al piede di Tutankhamon possa essersi prodotto durante la mummificazione. Ma l’analisi ha mostrato una ricrescita ossea per reazione alla necrosi, provando che la malattia si era manifestata mentre il faraone era in vita. E di tutti i faraoni solo Tutankhamon viene raffigurato seduto mentre esegue attività come scoccare una freccia con l’arco o scagliare un bastone da lancio. Questo non è un sovrano che tiene in mano un bastone solo in quanto simbolo di potere: è un giovane che aveva bisogno di un bastone per camminare. Tutankhamon era afflitto da una malattia ossea invalidante, ma non fatale di per sé. Per indagare ulteriormente sulle possibili cause della sua morte abbiamo analizzato la mummia cercando tracce genetiche di varie malattie infettive. A giudicare dalla presenza di DNA proveniente da vari ceppi di un parassita denominato Plasmodium falciparum è risultato evidente che Tutankhamon era affetto da malaria, anzi, che aveva contratto più volte la forma più grave di questa malattia. Che sia stata la malaria a ucciderlo? Forse. Questa malattia può scatenare nel corpo una risposta immunitaria micidiale, causare uno choc circolatorio e provocare emorragie, convulsioni, coma e il decesso. Come hanno sottolineato altri studiosi, però, è probabile che all’epoca in quella regione la malaria fosse diffusa e che Tutankhamon fosse diventato parzialmente immune alla malattia. A mio parere, però, la salute di Tutankhamon era già compromessa fin da quando fu concepito. I suoi genitori erano fratelli. Quella dell’Egitto faraonico non è stata a l’unica società della storia a istituzionalizzare l’incesto tra componenti della famiglia reale, che dal punto di vista politico può avere dei vantaggi. Ma le conseguenze possono essere pericolose. Il matrimonio tra fratelli aumenta le probabilità di tramandare ai figli coppie gemelle di geni nocivi, che li rendono soggetti a un assortimento di difetti genetici. Può darsi che il piede deforme di Tutankhamon fosse un difetto di questo genere. Sospettiamo anche che il faraone soffrisse di un altro difetto congenito, una parziale malformazione del palato. Forse lottò contro altre anomalie finché un attacco di malaria o la gamba fratturata in un incidente non sottoposero a uno sforzo eccessivo il suo fisico già compromesso. La tomba di Tutankhamon potrebbe celare un’altra testimonianza del regale incesto. Benché i dati siano ancora incompleti, il nostro studio suggerisce che uno dei feti mummificati scoperti nella tomba sia quello di una figlia mai nata del faraone e che l’altro feto sia anch’esso figlio suo. Finora siamo riusciti a ricavare solo alcuni dati parziali riguardanti le due mummie femminili di KV21. Una delle due, KV21A, potrebbe essere benissimo la madre dei due piccoli, cioè Ankhesenamon, consorte di Tutankhamon. La storia ci insegna che era figlia di Akhenaton e Nefertiti, quindi è probabile che fosse sorellastra del marito. Altra conseguenza dell’accoppiamento fra consanguinei è la procreazione di figli con difetti genetici che impediscono di portare a termine la gravidanza. Forse è qui che, almeno per ora, finisce il dramma: davanti a un giovane re e alla sua regina che tentano invano di mettere al mondo un erede al trono d’Egitto. Fra i tanti splendidi oggetti sepolti con Tutankhamon c’è un cofanetto rivestito d’avorio intarsiato che raffigura il faraone con la regale consorte: Tutankhamon si appoggia al bastone mentre la sua sposa gli porge un mazzo di fiori; in questa come in altre raffigurazioni la coppia appare serena e innamorata. Il fatto che quell’amore non riuscì a dare frutti pose fine non solo a una famiglia, ma anche a una dinastia. Sappiamo che dopo la morte di Tutankhamon una regina egizia, probabilmente Ankhesenamon, si appella al re degli Ittiti, i più grandi nemici dell’Egitto, chiedendo di mandarle un principe che la sposi perché “mio marito è morto e non ho figli maschi”. Alla fine il re ittita invia uno dei suoi figli, che però muore prima di arrivare in Egitto. Ritengo che quest’ultimo sia stato ucciso da Horemheb, comandante in capo dell’esercito di Tutankhamon, che in seguito conquistò il trono. Ma anche Horemheb morì senza eredi, lasciando il trono a un altro comandante dell’esercito. Il nuovo faraone si chiamava Ramses I. Con lui ha inizio un’altra dinastia, una dinastia che sotto la guida di suo nipote Ramses il Grande portò a nuove vette l’Egitto e il potere imperiale. Questo grande sovrano si impegnò più di chiunque altro per cancellare dalla storia ogni traccia di Akhenaton, di Tutankhamon e degli altri “eretici” di Amarna. Con le nostre indagini cerchiamo di rendere omaggio a tutti loro e di mantenerne vivo il ricordo. Altro.... Circa cinque mesi dopo la scoperta della tomba il finanziatore dell’impresa, Lord Carnarvon, venne punto da una zanzara su una guancia. In seguito a questo banale incidente, le sue condizioni di salute peggiorarono fino a condurlo alla morte per setticemia. Toccò poi al fratellastro di Lord Carnarvon, Aubrey Herbert , che morì inspiegabilmente, nel 1923, a seguito di una semplice estrazione dentale [11]. L’archeologo canadese La Fleur, giunto in Egitto nell’aprile 1923 – in perfetto stato di salute – per aiutare Carter nei suoi lavori, moriva appena qualche settimana dopo per una misteriosa malattia [12]. Sempre nel 1923 moriva a causa di una strana infiammazione polmonare George Jay Gould, il più intimo amico del conte di Carnarvon. Solo un anno dopo, nel 1924, spirava anche il celebre archeologo Evelyn White, che aveva collaborato con Carter a redigere l’inventario del corredo funerario del faraone. Venne trovato impiccato, e la polizia concluse che si trattò di suicidio. Alcuni mesi a seguire perdeva la vita in circostanze poco chiare Douglas Archibald Reed [13], lo studioso inglese che era stato incaricato di svolgere le radiografie alla mummia del faraone. Nel 1926 la “maledizione” colpì Bernard Pyne Grenfell, l’insigne papirologo consultato da Carnarvon per le traduzioni dei testi egizi. Il segretario privato di Lord Carnarvon, il nobile Richard Bethell , venne trovato morto nel suo letto, nel 1929, a seguito di un anomalo caso di arresto cardiaco. Bethell aveva aiutato H. Carter proprio nel lavoro di catalogazione dei tesori di Tutankhamon, e la causa della sua morte è sempre rimasta un mistero. Lord Westbury , l’anziano padre di R. Bethell, morì appena qualche mese dopo il figlio, “precipitando” dalla finestra del suo appartamento di Londra. La polizia archiviò frettolosamente il caso come suicidio. Nella sua camera da letto venne rinvenuto un vaso di alabastro appartenuto alla famigerata tomba di Tutankhamon, un oggetto prezioso che non compariva nella lista ufficiale dei reperti scoperti. Il vaso dunque doveva essere stato trafugato durante la prima apertura clandestina della cripta … … e rivelava implicitamente che il nobile anziano era stato certamente messo a conoscenza dei retroscena della scoperta direttamente da suo figlio. Di uno “strano male” morì anche l’egittologo Arthur Cruttenden Mace , lo studioso che nel 1922 aveva collaborato con Howard Carter al restauro della tomba. Prima di morire Mace era stato molto vicino a Lord Carnarvon, e aveva contribuito alla redazione del volume “The Tomb of Tut.ankh.amon” [14] insieme ad H. Carter. Ma già all’inizio del 1923 Mace cominciò a lamentare un pessimo stato di salute che lo condusse lentamente ma inesorabilmente alla morte, avvenuta il 6 aprile del 1928 [15]. Nel 1929 la “mala sorte” toccò a Lady Almina, la moglie di Lord Carnarvon, e – come già avvenuto a suo tempo per il marito – la causa del decesso venne ufficialmente attribuita ad un infezione. Il facoltoso principe egiziano Alì Kemel Fahmy Bey, che si era molto interessato ai segreti della tomba ponendosi come un potenziale acquirente dei tesori trafugati, venne trovato cadavere nel 1929 in circostanze poco chiare [17]. Il delitto avvenne in un albergo di Londra, e la polizia inglese chiuse rapidamente il caso attribuendo l’omicidio alla moglie. Anche il fratello del principe musulmano assassinato morì per l’ennesima strana coincidenza di morte violenta. E anche nel suo caso, il decesso venne sbrigativamente archiviato dalla polizia come suicidio. L’onorevole Mervyn Herbert , secondo fratellastro di Lord Carnarvon, morì nel 1930 a Roma in circostanze poco chiare[18]. Stessa “malasorte” per l’egittologo Arthur Weigallm che aveva collaborato attivamente con Carter, Carnarvorn e il resto della squadra durante i lavori di scavo. Nel 1933 fu colpito da una “febbre sconosciuta”, che lo condusse rapidamente alla morte [19]. *** Nessuno tuttavia ritenne necessario sollecitare un’ inchiesta giudiziaria in proposito, e i giornali dell’epoca preferirono trovare la spiegazione dei misteriosi decessi in una fortuita serie di coincidenze, o addirittura nella diceria secondo cui una terribile “maledizione” del faraone avrebbe fatto strage degli studiosi legati alla scoperta. E più la “maledizione” continuava a colpire, più la stampa alimentava una sempre più densa e crescente atmosfera di superstizione, da cui ebbe origine una delle leggende moderne più conosciute al mondo, che ha anche fatto da spunto a numerosi romanzi di successo. In seguito, la vicenda venne resa ancora più suggestiva dall’aggiunta di aneddoti impressionanti su alcuni presagi nefasti che si sarebbero verificati il giorno dell’apertura della cripta. Venne ad esempio fatta circolare la voce secondo la quale, al momento dell’uscita dalla tomba dell’ultimo operaio, si sarebbe scatenata una inquietante tempesta di sabbia, proprio davanti al tunnel che conduceva al sepolcro. A questo evento soprannaturale avrebbe poi fatto seguito la comparsa all’orizzonte di un maestoso falco (simbolo dell’autorità regale nell’antico Egitto) diretto verso ovest, il luogo dove gli antichi egizi ritenevano si recassero le anime dei morti. Al racconto di tale episodio – di cui non si hanno però riscontri storici – se ne vennero ad aggiungere di sempre più fantastici, che finirono per affollare le pagine dei tabloid di tutto il mondo. Uno degli episodi più inverosimili riguardava proprio la morte di Lord Carnarvon, avvenuta alla una e 55 del mattino: si disse ad esempio che nel preciso istante in cui spirò il nobile britannico si sarebbero spente tutte le luci della città del Cairo. Un presagio nefasto a cui avrebbe fatto seguito anche la morte del suo cane. Alcuni improbabili testimoni raccontarono addirittura che la povera bestiola, prima di morire, stesse ancora ululando di terrore, per avere percepito una entità ostile che la stava tormentando. E man mano che la lista dei morti si allungava, gli organi d’informazione continuavano ad alimentare la leggenda con qualsiasi circostanza “soprannaturale” in grado di avallare la storia della maledizione, secondo la quale Tutankhamon sarebbe riuscito a vendicare la profanazione della tomba reale, uccidendo tutti gli autori del “sacrilegio”. Ma qualcosa, nei conti, non tornava. Howard Carter, ovvero il principale responsabile della spedizione. e scopritore effettivo della tomba, restava stranamente immune dalle conseguenze dello “spaventoso flagello”. Le reali circostanze in cui perse la vita Carnarvon rimangono tuttavia poco chiare, poiché già molto tempo prima del giorno del decesso il nobile britannico manifestò chiari sintomi di avvelenamento. Il conte infatti, dopo avere contratto la presunta infezione letale, cominciò a soffrire inspiegabilmente anche per la frequente caduta dei denti e del loro continuo sgretolamento, che sono le tipiche conseguenze di avvelenamento da arsenico [9]. Ma, come dimostrarono le indagini chimiche e batteriologiche condotte nella tomba già dal mattino seguente dell’apertura ufficiale [10], tale sostanza risultò essere del tutto assente dalle camere funerarie di Tutankhamon. Anche la morte di Mace, che aveva lavorato molto da vicino agli scopritori della tomba, lascia dei forti dubbi, che appaiono confermati dalla stessa biografia di Mace, pubblicata nel 1992 dallo scrittore Christopher C. Lee [16] . Nell’opera viene riportato il testo di una lettera scritta da Mace il 14 gennaio 1927 al suo vecchio amico A. Lythgoe. Nella missiva Mace rivelava che le sue pessime condizioni di salute derivavano da un misterioso avvelenamento da arsenico. Ma sul modo in cui Mace avrebbe potuto subire tale intossicazione letale, il biografo non è stato in grado di fornirespiegazioni plausibili. Un segreto da nascondere Lo scrittore statunitense Arnold C. Brackman, nel suo libro “The search for the gold of Tutankhamon” (1976), si diceva convinto che all’epoca dell’apertura della tomba l’unico reperto archeologico che avrebbe potuto costituire un “grave scandalo politico e religioso” fossero dei documenti storici risalenti all’epoca di Tutankhamon. Brackman suggeriva che grazie ad essi sarebbe stato possibile dimostrare in maniera inequivocabile la stretta relazione tra il primo faraone monoteista della storia, “l’eretico” Akhenaton (probabile padre di Tutankhamon) e Mosè [37], il legislatore israelita che secondo la tradizione dell’Antico Testamento “condusse il popolo d’Israele fuori dall’Egitto” A conferma di tale ipotesi troviamo una importante testimonianza di Lee Keedick , che lo scrittore Thomas Hoving ha riportato testualmente in un suo volume del 1978, “Tutankhamon-the untold story”. Keedick ha raccontato di aver assistito ad una animata discussione tra H. Carter e un alto funzionario inglese, avvenuta nel 1924 all’ambasciata britannica del Cairo [38]. Durante l’acceso scontro Carter minacciò di rivelare pubblicamente “lo scottante contenuto dei documenti che aveva trovato nella tomba”, documenti che – stando a quanto lo stesso Carter affermava – “raccontavano il vero e scandaloso resoconto dell’esodo degli Ebrei dall’Egitto” [1]. Tuttavia, pare che al termine della discussione Carter abbia trovato un accordo vantaggioso per tacere, e di fatto, da allora, dei papiri non si è più saputo nulla. I documenti scomparsi L’esistenza di tali reperti venne registrata e catalogata durante la stesura del primo inventario ufficiale, ma fu clamorosamente smentita da Howard Carter – quando già si iniziava a parlarne dappertutto – poco dopo la morte improvvisa di Lord Carnarvon (quella “dovuta alla puntura di zanzara”). Carter spiegò che aveva erroneamente classificato alcuni bendaggi del faraone come papiri, a causa dell’assenza di luce elettrica nella cripta. Ma la sua spiegazione era decisamente fragile: se infatti si fosse trattato di una semplice svista nella catalogazione, i membri del suo team se ne sarebbero dovuti accorgere molto presto, visto l’interesse che nel frattempo i preziosi documenti avevano suscitato. La palese bugia di Carter ebbe quindi l’effetto opposto a quello desiderato: invece di seppellire per sempre la notizia del ritrovamento, i “papiri scomparsi” di Tutankhamon divennero oggetto di pettegolezzi e speculazioni [2], che si trasformarono in sospetti veri e propri, quando fu accertato che Carter e Carnarvon avevano più volte rilasciato false dichiarazioni alla stampa.Si seppe inoltre che i due protagonisti del ritrovamento erano entrati furtivamente nei locali della tomba prima dell’ apertura ufficiale, trafugando nell’occasione numerosi oggetti del corredo funebre appartenuto al faraone. Una conferma del ritrovamento dei papiri si trova in una lettera che Carnarvon inviò nel novembre del 1922 a un suo amico, l’egittologo Alan H. Gardiner . Nella riservata missiva Lord Carnarvon descriveva dettagliatamente gli oggetti scoperti nella tomba, e fra le altre cose affermava: “c’è una scatola con dentro alcuni papiri” [3]. Tale presenza venne poi confermata da una successiva missiva di Carnarvon a Sir Edgar A. Wallis Budge , il custode delle antichità egizie del British Museum, datata 1 dicembre 1922. Nella lettera Carnarvon affermava di avere trovato nella cripta del faraone alcuni documenti di notevole importanza storica [4]. L’esistenza dei papiri era confermata anche da uno dei bollettini ufficiali che partivano quotidianamente da Luxor, durante gli scavi. Nel dispaccio telegrafico inviato da Arthur Merton il 30 novembre 1922, si leggeva: “… una delle scatole trovate nella tomba conteneva dei rotoli papiracei da cui ci si attende di ricavare una grande mole di informazioni storiche”[5]. Come noto, nei casi di un importante ritrovamento archeologico, lo scopritore evita di rilasciare dichiarazioni ufficiali fino a quando non a potuto verificare a fondo l’autenticità della propria scoperta. E’ quindi poco credibile che quattro giorni dopo la scoperta nessun membro del team avesse ancora provveduto ad effettuare gli accertamenti. Sappiamo inoltre che Howard Carter non smentì mai le dichiarazioni fatte da Lord Carnarvon, e tanto l’inventario, quanto la prima versione dei fatti, vennero modificati solo dopo la morte di quest’ultimo [6]. Secondo alcune fonti [7], il conte di Carnarvon avrebbe addirittura confermato la scoperta dei papiri in un’intervista rilasciata il 17 dicembre 1922 – quindi 21 giorni dopo la scoperta ufficiale – ad un inviato speciale del Times. Ulteriori indizi importanti arrivano dall’egittologo Alan Gardiner, che all’epoca venne avvisato del ritrovamento direttamente da Carnarvon, e pubblicò le proprie opinioni sull’effettivo valore della scoperta sul “Times” del 4 dicembre 1922. Nell’intervista Gardiner dichiarava: “Le mie preferenze mi portano ad essere particolarmente interessato alla scatola dei papiri che è stata ritrovata… D’altra parte, questi documenti potrebbero in qualche modo fare luce sul cambiamento dalla religione degli eretici (cioè i faraoni di El Amarna) verso la precedente religione tradizionale, e ciò sarebbe straordinariamente interessante…” [8]. La “scandalosa”storia di Israele Pur non potendo disporre dei preziosi documenti, la maggior parte degli storici è giunta ormai ad un passo dalla soluzione del mistero che circonda sia il periodo storico di Tutankhamon (presunto figlio del faraone eretico) sia la nascita del popolo ebraico. Tali conclusioni confermano le voci che già trapelarono al tempo, quando lo stesso Carter ammise davanti ad alcuni testimoni, durante una animata discussione, che il segreto da nascondere riguardava la vera storia d’Israele. I più recenti studi condotti in materia dimostrano infatti che con ogni probabilità il popolo d’Israele trae origine dal processo di mescolanza razziale avvenuto tra le tribù semite Hyksos e le altre minoranze etniche che seguirono il faraone eretico Akhenaton con la sua casta sacerdotale Yahùd [20]. Peraltro, è sin dai tempi dell’occupazione napoleonica dell’Egitto, che l’erudito Jean-François Champollion suggerì l’esistenza di uno stretto legame del vecchio testamento con il periodo egiziano di El Amarna e il suo faraone monoteista. Si tratta quindi di una ipotesi già largamente condivisa in passato da illustri egittologi, e confermata persino da Sigmund Freud. Il padre della psicoanalisi, che era ebreo, aveva studiato a fondo i testi sacri alla ricerca delle vere origini del popolo israelita [21], e al termine delle sue ricerche aveva scritto: “Vorrei arrischiare una conclusione: se Mosè fu egizio, e se egli trasmise agli ebrei la propria religione, questa fu la religione di Akhenaton, la religione di Aton”. Altri insigni ricercatori di origine ebraica, come ad esempio Messod e Roger Sabbah (“I segreti dell’esodo”), sono arrivati arrivati alle stesse conclusioni sull’origine del popolo ebraico. Le nuove scoperte archeologiche hanno quindi costretto i ricercatori a rivedere drasticamente le proprie posizioni. Robert Feather, autore dell’importante libro “L’ultimo mistero di Qumran”, ha mostrato in maniera esauriente come il cosiddetto “rotolo di rame” del Mar Morto (i “rotoli” furono nascosti nelle grotte di Qumran dalla comunità ebraica degli Esseni) sia indubbiamente di origine egizia, e come buona parte della redazione dell’antico testamento sia in realtà da attribuire alla casta sacerdotale del faraone eretico Akhenaton (Amenofi IV), i sacerdoti Yahùd. Tali affermazioni vengono a convergere con le più recenti teorie ([31] [32] [33]), che identificano le prime tribù d’Israele con gli Shasu-Hyksos (etnia semita originaria dell’area Mesopotamica), i quali adottarono la potente casta sacerdotale egiziana degli Yahùd sotto la guida del monarca monoteista Amenofi IV/ Akhenaton, che regnò nello stesso periodo in cui sarebbe vissuto il biblico. Mentre il patriarca degli ebrei Abramo, stando alla fonte biblica, proveniva proprio dalla città di Ur (poi Babilonia, oggi Baghdad), ed aveva quindi origini mesopotamiche. Akhenaton e la negletta storia del suo popolo Il nord dell’Egitto venne invaso dagli Shasu-Hyksos intorno al XVII sec. a.C., e i loro re si insediarono come legittimi faraoni egizi per ben due dinastie, la XV e la XVI. Gli Hyksos erano un popolo semita culturalmente molto avanzato, che disponeva di tecnologie belliche d’avanguardia, come i poderosi carri da guerra mesopotamici (bighe, cavalleria pesante, elmi e corazze), a cui dovettero certamente il loro rapido successo militare. Alla fine però i re Hyksos vennero sconfitti e cacciati definitivamente oltre il delta del Nilo, mentre parte del loro popolo venne catturata e costretta a rimanere in condizioni di schiavitù. I profughi Hyksos passarono così dallo status di dominatori a quello di prigionieri, e la loro permanenza in Egitto si estese per circa 400 anni: lo stesso periodo di tempo indicato dalla bibbia come “cattività egizia degli ebrei”. Con l’avvento del faraone eretico Amenofi IV (rinominatosi Akhenaton), la minoranza Hyksos si convertì al culto monoteista di Aton, seguendo la sorte del suo breve regno. Cosa accadde dopo la caduta di Akhenaton ancora oggi non è chiaro, poiché i regnanti che gli succedettero ne cancellarono ogni traccia dalla storia. L’esodo biblico appare quindi inequivocabilmente connesso alle vicende del faraone eretico Akhenaton (le uniche idonee a garantirne un fondamento storico), il quale instaurò una nuova fede monoteista dedita al culto dell’ineffabile Dio Aton. Ad esso Akhenaton dedicò la costruzione di una città intera, Akhet.aton (poi Tell el Amarna), il luogo dove radunò il suo nuovo popolo attorno al culto del sole. Molto si è discusso e scritto sull’eresia di Aton, un monoteismo in realtà molto atipico che racchiudeva in sé, senza rinnegarlo, il complesso politeismo egizio. Molti studiosi preferiscono quindi utilizzare il termine di “enoteismo”, spiegando che Aton non sarebbe stato l’unica divinità, ma bensì il dio supremo la cui venerazione avrebbe potuto sostituire tutte le altre in quanto derivanti da esso. Tra i convertiti a tale forma di monoteismo vi furono anche altre minoranze etniche allora presenti in Egitto, che una volta riunite nel culto di Aton diedero luogo alla nascita di un popolo cosmopolita e multirazziale, in cui i membri di origine semita costituivano la maggioranza. All’interno di questa nuova nazione vi erano anche razze tipicamente africane, come quella dei Falashà etiopi che ancora oggi rivendicano la propria origine ebraica. Questi ultimi tuttavia, una volta cessato il regno di Akhenaton sull’Egitto, tornarono nella regione africana di appartenenza (l’Etiopia), separando così il proprio destino da quello degli altri profughi eretici. I due esodi quindi – quello storico del faraone monoteista Akhenaton da una parte, e quello biblico di Mosè dall’altra – si verificarono esattamente nello stesso periodo storico, al punto che le due vicende narrative risultano fra loro perfettamente sovrapponibili. La stessa Bibbia inoltre ci informa che Mosè crebbe come un principe alla corte dei faraoni, dopo essere stato trovato in una cesta che galleggiava lungo il Nilo. Un episodio fiabesco che ha l’inconfondibile sapore di una invenzione letteraria volta a giustificare la presenza del proprio patriarca nella casa del faraone. Sembra quindi evidente che gli scribi dell’Antico Testamento vollero celare la vera origine di Mosè e del suo popolo ai loro stessi posteri. L’indagine di Messod e Roger Sabbah Ciò che sembra ormai certo, in ogni caso, è la corrispondenza tra l’esodo multi-etnico avvenuto ad El Amarna, al termine del regno di Akhenaton in Egitto, e quello descritto dalla Bibbia con la figura di Mosè. Tra le numerose prove raccolte in tal senso nel corso degli anni, ve ne son alcune particolarmente significative, come ad esempio il Salmo 104 dell’Antico Testamento: secondo l’interpretazione più diffusa fra gli studiosi laici, il Salmo non è altro che una rielaborazione “del Grande inno ad Aton”, un testo fatto redigere dal faraone eretico in persona (il Grande inno ad Aton è stato rinvenuto nella tomba del faraone Ay ad Akhet-Aton/ Tell el Amarna). Secondo l’autorevole interpretazione di Messod e Roger Sabbah, inoltre, il termine ebraico “adonai”, utilizzato per intendere “signore mio”, tradotto nel linguaggio dei geroglifici egizi corrisponde alla parola Aton, mentre una parte degli studiosi la traduce in adon-ay, ovvero, signore “Ay”, il nome del primo successore di Akhenaton. Anche la controversa origine della preghiera cristiana del Pater Noster (“Padre nostro che sei nei cieli…”), nonostante quanto lasciato intendere dalla Chiesa Cattolica, sembra essere, secondo alcuni studiosi (34), un inno religioso che risale all’antico Egitto, e precisamente al periodo in cui vigeva il culto del Dio-sole (da cui sarebbero nati termini come “l’altissimo” o “il signore dei cieli”). Un secolo fa Albert Churchward , studioso esperto di mitologia, affermava: “I Vangeli canonici possono essere considerati come una raccolta di detti prelevati dai miti e dalla escatologia degli Egizi”. Assai più recentemente i co-autori de “I segreti dell’esodo”, Messod e Roger Sabbah, sono arrivati a sostenere la stessa tesi partendo dall’esame rigoroso delle fonti più antiche a disposizione, come alcuni testi sacri scritti in aramaico. In tal modo hanno evitato di consultare testi già tradotti o deformati da interpretazioni precedenti, recuperando il prezioso significato originale. (E’ bene sapere infatti che l’aramaico non usava le vocali , e tradurlo significa sempre in qualche modo interpretarlo a propria discrezione. Gli autori in questione hanno eseguito un rigoroso e approfondito lavoro esegetico, che si è avvalso degli autorevoli studi ermeneutici di Salomon Rashì , un traduttore ebraico medioevale molto noto e rispettato anche in ambiente ebraico ortodosso, soprattutto per essere diventato l’esclusivo depositario della loro perduta tradizione orale. Il segreto della scatola n.101 Una volta chiarita l’importanza storica di papiri eventualmente presenti nella tomba di Tutankhamon è possibile tornare ad esaminare gli indizi che suggeriscono che questi siano stati occultati, mentre dovrebbe risultare sempre più chiaro il motivo per cui documenti del genere erano, e sono ancora considerati, politicamente esplosivi. Lasciamo per un momento da parte la vicenda del ritrovamento, e facciamo un breve salto indietro nella storia. La nascita del Sionismo Le idee sioniste cominciarono a diffondersi in seno alla comunità ebraica attraverso le pubblicazioni e i discorsi di Binjamin Ze’ev, meglio noto come Theodor Herzl . Il suo volume “Der Judenstaat” (lo stato ebreo) del 1896 divenne così una sorta di “testo sacro” tra tutti i più ferventi militanti sionisti. Theodor Herzl è passato alla storia come il fondatore ufficiale del World Zionist Organization (la prima organizzazione sionista a livello mondiale), un movimento che propagandava sostanzialmente due istanze fondamentali: il concetto di “razza ebraica”, e il suo imprescindibile legame storico con la Terra Promessa, Eretz Israel (che non significa “Terra di Israele” in senso geografico, ma Terra dei discendenti di Giacobbe, ovvero “israeliti”). La lobby sionista non fù mai un movimento politico qualsiasi, in quanto potè contare sin dall’inizio sull’esclusivo appoggio dei poteri forti di allora. Il supporto finanziario ai futuri coloni ebrei infatti venne assicurato dallo storico summit tra insigni banchieri e massoni che si tenne a Basilea nel 1897, durante i lavori del Primo Congresso Sionista. Il convegno era presieduto dal barone Edmond de Rothschild , il quale mise all’ordine del giorno la nascita di un istituto di credito che avesse il precipuo scopo di sostenere la causa sionista. I sionisti viceversa, nonostante la mancanza di fondatezza sia storica che biologica, cercavano a tutti i costi di validare e diffondere il concetto di “razza ebraica”: una ideologia che venne propagandata attraverso opere [25] come quelle di Vladimir Jabotinsky (uno dei massimi attivisti storici del sionismo revisionista). Costoro infatti, proprio a causa del processo d’integrazione effettivamente in corso a quell’epoca, consideravano la purezza etnica degli ebrei in grave pericolo, arrivando a sostenere che l’unica soluzione possibile per porvi rimedio fosse l’edificazione di uno stato ebraico. A questo punto non è difficile immaginare come l’eventuale diffusione del contenuto dei papiri, che riscrivevano alla radice la storia dell’origine del popolo ebraico, avrebbe nuociuto alla causa sionista in maniera probabilmente letale. (Come già detto, in quel periodo la causa non aveva ancora riscosso molto successo. Fu solo negli anni ’30, con l’ascesa al potere di Adolf Hitler, che la politica sionista cominciò ad ottenere largo consenso anche all’interno della comunità ebraica. A seguito della propaganda anti-semita del dittatore tedesco, molti ebrei accettarono di buon grado la proposta di traslocare definitivamente in Palestina, innescando quel consistente processo di immigrazione che portò poi alla nascita dello stato ebraico. Paradossalmente quindi la politica di segregazione razziale messa in atto dal Fuhrer giocò a favore dei sionisti che premevano per un emigrazione ebraica di massa verso la Palestina. La storia deve ancora chiarire fino in fondo i diversi punti di contatto che di fatto si registrarono fra nazisti e sionisti, in questa paradossale convergenza di interessi). CONCLUSIONE Siamo quindi di fronte ad una terza ipotesi, per cercare di spiegare la serie impressionante di morti sospette che sta alla base di questa vicenda: casualità statistica, maledizione del faraone, o “intervento umano”, teso a impedire la diffusione dei contenuti dei preziosi papiri? Per quanto il cui prodest suggerisca chiaramente la terza ipotesi, non esistono prove concrete che legittimino tale accusa verso i sionisti dell’epoca. Esiste però una curiosa connessione, ben dfficile da ignorare: la presenza del barone Edmund de Rothschild nella cerchia delle persone che seppero per prime la verità sullo scottante contenuto dei documenti. L’insigne banchiere godeva infatti di una canale d’informazioni privilegiato, essendo parente stretto di Alfred de Rothschild , il finanziere che coprì i debiti dello squattrinato conte di Carnarvon. A. de Rothschild, a sua volta, era il padre naturale della moglie di Carnarvon, lady Almina , la figlia di Marie Felice Wombwell, una donna regolarmente sposata con l’inglese George Wombwell [26]. Tale grado di parentela di uno dei massimi esponenti del potente casato ebraico con Lady Almina – anch’essa fra le vittime della “maledizione” – è autorevolmente testimoniato dalle memorie del VI conte di Carnarvon [27], ed appare quindi evidente che, se davvero fosse stato trovato il resoconto storico sulle vere origini del popolo ebraico, un influente membro della lobby sionista come E. Rothschild lo avrebbe certamente saputo. Da qui in poi, lo spazio è delle illazioni. I fatti però sono quelli che ho presentato. NOTE: [1] da “La cospirazione di Tutankhamon”, Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald, Newton & Compton, p.171). [2] Ibid p.164. [3] ibidem [4] ibidem [5] ibid p.165 [6] ibidem [7] ibidem [8] ibid p.166 [9] ibid pp.132-133 [10] ibid p.118 [11] ibid p.120 [12] LINK [13] LINK [14] “La cospirazione di Tutankhamon”, Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald, Newton & Compton p.125
Posted on: Sat, 05 Oct 2013 10:38:30 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015